stefano franzoni
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martedì 13 febbraio 2007
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un cane andalusiano
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Correva l'anno 1929. Luis Bunuel e Salvador Dalì, giovani intellettuali con uno spiccato talento per le arti, si trovavano a Figueras (paese di Dalì) a discutere dei propri sogni come erano soliti. I due, che con "Un chien andalou" avrebbero creato dal nulla il primo "manifesto" del Surrealismo, avvaloravano le esperienze dell'inconscio, quali i sogni, e credevano fortemente che l'immaginazione e la fantasia fossero una realtà ben migliore della vita concreta.
Seguendo un'ottica quasi romantica svalutavano la luce illuminista della razionalità per ammirare le infinite e misteriose possibilità dell'oscurità della ragione. Così, per sollazzo, quel giorno Bunuel narrò all'amico di come la sera precedente avesse visto una sottile nuvola passare di fronte alla luna piena quasi a volerla tagliare a metà orizzontalmente, e di come questa immagine si era incuneata nei meandri del suo cervello stimolandone per associazione un altra: quella di una lama che attraversa la pupilla di un occhio.
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Correva l'anno 1929. Luis Bunuel e Salvador Dalì, giovani intellettuali con uno spiccato talento per le arti, si trovavano a Figueras (paese di Dalì) a discutere dei propri sogni come erano soliti. I due, che con "Un chien andalou" avrebbero creato dal nulla il primo "manifesto" del Surrealismo, avvaloravano le esperienze dell'inconscio, quali i sogni, e credevano fortemente che l'immaginazione e la fantasia fossero una realtà ben migliore della vita concreta.
Seguendo un'ottica quasi romantica svalutavano la luce illuminista della razionalità per ammirare le infinite e misteriose possibilità dell'oscurità della ragione. Così, per sollazzo, quel giorno Bunuel narrò all'amico di come la sera precedente avesse visto una sottile nuvola passare di fronte alla luna piena quasi a volerla tagliare a metà orizzontalmente, e di come questa immagine si era incuneata nei meandri del suo cervello stimolandone per associazione un altra: quella di una lama che attraversa la pupilla di un occhio.
Dalì fu stupito da questa associazione e a sua volta narrò a Bunuel di come invece lui avesse fatto un sogno molto particolare: una mano umana invasa da un nugolo di insetti (Dalì era notoriamente ossessionato o, comunque, affascinato dagli insetti, che riportò in numerosi suoi quadri).
Queste due immagini colpirono le geniali menti dei due artisti a tal punto che si decise di partire da esse per realizzare un film. "Un chien andalou" (un cane andalusiano) è quel film. Esso dura poco più di un quarto d'ora e fu realizzato grazie al "finanziamento" della madre di Luis Bunuel. La storia è pressochè inesistente, in quanto si tratta di un insieme di immagini e vicende legate da associazioni mentali a volte semplici, a volte complesse, a volte inspiegabili. Bunuel realizzò questo film, o meglio, questa "esperienza visiva" sapendo che mai se ne sarebbe potuta fornire una spiegazione logica,coerente ed assoluta, egli stesso affermò che "Un chien andalou" avrebbe avuto tante interpretazioni quanti sarebbero state le persone che l'avrebbero visionato.
Sebbene sia un film realizzato con pochissimi mezzi e nel lontano 1929 "Un chien andalou" colpisce ancora oggi per la sua unicità ed incomprensibilità e per la macabra bellezza di certe scene. A partire dalla celeberrima introduzione in cui lo stesso regista recide la pupilla della protagonista fino a giungere alla ripresa della celebre farfalla testa di morto (Acherontia atropos), ripresa ne "Il silenzio degli innocenti", sublime simbolo di un film secco e affilato come la morte ed affascinante come una farfalla.
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laulilla
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domenica 2 gennaio 2011
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"ciò che non siamo, ciò che non vogliamo"
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Il primo film di Buñuel, girato nel 1929, costituisce il tentativo di tradurre in linguaggio cinematografico, con la collaborazione decisiva di Salvador Dalì nel ruolo di co-sceneggiatore, il Primo Manifesto Surrealista di André Bréton, cinque anni dopo la sua pubblicazione. E’ preceduto da un prologo, celeberrimo e choccante, nel quale appare lo stesso Buñuel che affila il rasoio col quale taglierà orizzontalmente un occhio femminile, metafora della necessità, per l’occhio dello spettatore, di sviluppare la capacità di ampliare la visione della realtà, arricchendola delle scoperte freudiane dell’inconscio: quella realtà, cioè, da sempre celata e repressa, delle pulsioni, dei desideri sessuali e degli istinti, che continuamente rimuoviamo.
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Il primo film di Buñuel, girato nel 1929, costituisce il tentativo di tradurre in linguaggio cinematografico, con la collaborazione decisiva di Salvador Dalì nel ruolo di co-sceneggiatore, il Primo Manifesto Surrealista di André Bréton, cinque anni dopo la sua pubblicazione. E’ preceduto da un prologo, celeberrimo e choccante, nel quale appare lo stesso Buñuel che affila il rasoio col quale taglierà orizzontalmente un occhio femminile, metafora della necessità, per l’occhio dello spettatore, di sviluppare la capacità di ampliare la visione della realtà, arricchendola delle scoperte freudiane dell’inconscio: quella realtà, cioè, da sempre celata e repressa, delle pulsioni, dei desideri sessuali e degli istinti, che continuamente rimuoviamo. Al prologo fa seguito la seconda parte della pellicola che contiene una serie di invenzioni, riprese più volte dallo stesso Buñuel nel suo cinema successivo, che rappresentano le associazioni mentali e oniriche, intorno al tema centrale di questo breve film, che credo possa essere individuato nella nascita e nello svilupparsi dell’identità sessuale del protagonista: un giovane ciclista che percorre le vie di Parigi in buffi abiti femminili, portando al collo una scatola di legno (quante volte successivamente citata!). La caduta del ragazzo può forse essere considerata il corrispettivo del taglio dell’occhio poiché è la condizione grazie alla quale egli potrà scoprire, nella stanza in cui una giovane donna lo accoglie, la sua appartenenza al mondo maschile, e il desiderio sessuale, variamente ostacolato. Si oppongono, infatti, alla realizzazione di un rapporto amoroso con lei diversi impedimenti, rappresentati simbolicamente dal giogo a cui il ragazzo è sottomesso e dal quale cerca di liberarsi. Mi pare significativo che gli ostacoli al realizzarsi del desiderio posseggano connotati più o meno esplicitamente religiosi: due frati sono legati al giogo che egli deve trascinare, mentre la racchetta, che la donna brandisce, dopo averla staccata dal muro, richiama la forma di una croce.
Il regista, però, ci dice che attraverso un faticoso percorso di conoscenza (i due libri si trasformano in pistole, diventando armi simboliche con cui comprendere il mondo) é possibile impadronirci della nostra vera natura, uccidendo metaforicamente ciò che siamo stati, e accettandoci per quello che siamo, cioè riconoscendo “nostri” anche gli aspetti che nella considerazione sociale vengono ritenuti più vergognosi e perciò celati e rimossi (tutto ciò che ci ricorda la nostra origine animale, rappresentato dagli insetti, dai peli della barba e delle ascelle, dal riccio, attraverso immagini che si susseguono per richiami analogici). Fra i tabù dell’umanità, la morte è quello che maggiormente fatichiamo ad accettare: per questo nel film trovano spazio alcune immagini che esplicitamente la evocano: quella degli animali morti e in via di corruzione, posti fra gli elementi da trascinare col giogo, nonché quella finale dei due innamorati che, al termine della loro storia, in primavera (nella stagione che, secondo il luogo comune, dovrebbe preludere alla rinascita!), si mostrano per ciò che sono diventati: quasi mummie, sepolti nella sabbia e circondati da insetti.
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fedeleto
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domenica 26 febbraio 2012
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il rasoio della ragione nel turbine del simbolismo
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Un uomo che affila il rasoio ,si prepara, osservando una luna tagliata dalle nuvole a operare all'occhio di una donna un taglio netto.Da questo momento il film e ilpersonaggio principale del film prende vita.Il taglio incisivo sull'occhio della donna e' pari ad un parto cesareo,e pertanto ad un partorire dell'occhio e far uscire cio' che e' dentro l'occhio(appunto l'inconscio).Da questo momento un ragazzo(il parto dell'occhio della donna) gira per le strade con una bicicletta e verra' soccorso da una donna (la stessa donna a cui era stato tagliato l'occhio pertanto non e' detto che tutto quello che accade sia solamente un sogno della donna stessa)questa donna verra' ammirata da questo ragazzo bizzarro che addirittura ha una mano da cui escono formiche(la seconda forma di vita intelligente e pertanto l'essere dinamico nettamente differente dalla vita vegetale statica)tale simbolismo indica il suo essere e non essere ,oppure dato che le formiche sono grandi lavoratrici e' in procinto di consocere ed apprendere ,da quel momento il ragazzo verra' attratto sessualmente dalla donna(un chiaro riferimento freudiano)e avra' solo il desiderio e l'impulso sessuale(non a caso animale)la donna si difende e impugnando una racchetta lo allontanera' (simbolo che richiama quasi un crocifisso,arma contro la cupidigia) e da quel momento il ragazzo prova a trasportare su di se animali morti su un piano(chiaro simbolismo dove lo sforzo eccessivo del trascinare e' portato dal dolore di non poter avere e creare pesi di coscienza dove animale e musica sono entrambi morti e resi in vita nella dinamicita' dell'azione dell'essere trasportati dal ragazzo.
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Un uomo che affila il rasoio ,si prepara, osservando una luna tagliata dalle nuvole a operare all'occhio di una donna un taglio netto.Da questo momento il film e ilpersonaggio principale del film prende vita.Il taglio incisivo sull'occhio della donna e' pari ad un parto cesareo,e pertanto ad un partorire dell'occhio e far uscire cio' che e' dentro l'occhio(appunto l'inconscio).Da questo momento un ragazzo(il parto dell'occhio della donna) gira per le strade con una bicicletta e verra' soccorso da una donna (la stessa donna a cui era stato tagliato l'occhio pertanto non e' detto che tutto quello che accade sia solamente un sogno della donna stessa)questa donna verra' ammirata da questo ragazzo bizzarro che addirittura ha una mano da cui escono formiche(la seconda forma di vita intelligente e pertanto l'essere dinamico nettamente differente dalla vita vegetale statica)tale simbolismo indica il suo essere e non essere ,oppure dato che le formiche sono grandi lavoratrici e' in procinto di consocere ed apprendere ,da quel momento il ragazzo verra' attratto sessualmente dalla donna(un chiaro riferimento freudiano)e avra' solo il desiderio e l'impulso sessuale(non a caso animale)la donna si difende e impugnando una racchetta lo allontanera' (simbolo che richiama quasi un crocifisso,arma contro la cupidigia) e da quel momento il ragazzo prova a trasportare su di se animali morti su un piano(chiaro simbolismo dove lo sforzo eccessivo del trascinare e' portato dal dolore di non poter avere e creare pesi di coscienza dove animale e musica sono entrambi morti e resi in vita nella dinamicita' dell'azione dell'essere trasportati dal ragazzo.Dopodiche' vedra' una mano putrefatta dove una donna nella strada la raccoglie (la mano simbolo dell'azione e del creare viene resa in possesso della donna che vuole appropiarsene e portarla via)ma morira' forse perche' la mano seppur morta ha un contatto esterno nel muovere le mani anche dell'uomo che in macchina la investe.Da quel momento il ragazzo in stanza incontrera' il suo doppio buono (chiaro simbolo dellla mente razionale che soccombera' di fronte all'inconscio cioe' alla parte cattiva che essendo incoscio e quindi mentalita' astratta ,puo' creare e modificare dal nulla ogni cosa ,trasformando i libri in pistole e uccidendo la sua parte buona.La donna a cui vengono anche rubati le ascelle spostate sulla bocca del ragazzo e' un chiaro riferimento a impossessarsi adesso di tutto il sogno e trasformarsi dominando il sogno ,e la donna seppur fuggira' da lui morira' poiche' il sogno ora lo governa lui,e morira sulla spiaggia a testa alta sotterata in un certo senso dall'inconscio.Luis Bunuel dirige insieme a Salvador Dali un ritratto straordinario del surrealismo,scioccando lo spettatore e portandolo con soli 15 minuti al viaggio nel'incoscio e per essere la prima opera di Bunuel e' un capolavoro senza precedenti nella storia del cinema ,che fin dalle prime scene si conferma come un 'astrattezza della mente e di cio' che noi non conosciamo come appunto le nostre pèaure o i nostri desideri.Innumerevoli le interpretazioni danno sempre molto da riflettere e meditare,ma il vero cinema si riconosce a colpo d'occhio e Bunuel e' un maestro .Un capolavoro.
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great steven
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domenica 25 gennaio 2015
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un primo assaggio di surrealismo in movimento.
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UN CHIEN ANDALOU (SP, 1929) diretto da LUIS BUñUEL. Interpretato da PIERRE BATCHEFF, SIMONE MAREUIL, JAIME MIRATVILLES, SALVADOR DALì, LUIS BUñUEL, MARVAL, FANO MESSAN, ROBERT HOMMET
Esordio nel cinema di L. Buñuel, da lui prodotto con il denaro della madre, sceneggiato in collaborazione con Dalì e diretto. Vi appare nel primo piano-sequenza come l’uomo che affila il rasoio con cui recide trasversalmente l’occhio sinistro di una donna, una delle più famose immagini-choc del cinema, collegata con quella del plenilunio avvolto dalla foschia notturna. Questo agghiacciante cortometraggio non prevede una trama, ma soltanto insinuazioni, associazioni mentali, allusioni (da notare, a tal proposito, le didascalie che dividono una scena dall’altra, ispirate a progressioni temporali insensate e scollegate fra loro); non c’è una logica, tranne quella dell’incubo; non c’è una realtà, eccetto quella dell’inconscio, del sogno e del desiderio.
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UN CHIEN ANDALOU (SP, 1929) diretto da LUIS BUñUEL. Interpretato da PIERRE BATCHEFF, SIMONE MAREUIL, JAIME MIRATVILLES, SALVADOR DALì, LUIS BUñUEL, MARVAL, FANO MESSAN, ROBERT HOMMET
Esordio nel cinema di L. Buñuel, da lui prodotto con il denaro della madre, sceneggiato in collaborazione con Dalì e diretto. Vi appare nel primo piano-sequenza come l’uomo che affila il rasoio con cui recide trasversalmente l’occhio sinistro di una donna, una delle più famose immagini-choc del cinema, collegata con quella del plenilunio avvolto dalla foschia notturna. Questo agghiacciante cortometraggio non prevede una trama, ma soltanto insinuazioni, associazioni mentali, allusioni (da notare, a tal proposito, le didascalie che dividono una scena dall’altra, ispirate a progressioni temporali insensate e scollegate fra loro); non c’è una logica, tranne quella dell’incubo; non c’è una realtà, eccetto quella dell’inconscio, del sogno e del desiderio. Un qualche aggancio razionale con l’anticlericalismo e la critica alla società borghese lo si può riscontrare nella sequenza in cui gli uomini si trascinano dietro i due pianoforti con sopra altrettanti asini morti e un paio di preti ortodossi che s’aggrappano a una corda: questa trovata si può interpretare come la fatica che una società, ormai proiettata verso il moderno, effettua per sbarazzarsi di antiche convenzioni sociali e di vetusti dogmi religiosi. È possibile individuare perfino un tema centrale e conduttore: un uomo e una donna reciprocamente attratti da una pulsione erotica violenta e intensa, che devono lottare contro una serie di condizioni e figure che si frappongono tra loro. Le visioni sembrano scaturire dalla mente dell’uomo, oppressa da un subconscio denso di rimembranze e memorie antiche, ma è sempre la donna che, al momento di entrare in contatto col partner, lo respinge con orrore e disgusto. Anche gli animali giocano un ruolo decisivo nell’obiettivo fondamentale del film, ossia quello di impressionare (non per forza positivamente) lo spettatore con una caterva di immagini aggressive e di certezze smontate e poi non rielaborate: basti citare le formiche che escono dalla mano dell’uomo e la raffigurazione della sfinge-testa-di-morto come simbolo sul muro della casa, oltre ai già summenzionati cadaveri di asini. In definitiva, questa pellicola è una temperie di assurdità, oniricità, bizzarria e creatività che i suoi due autori surrealisti adoperano per contemplare l’inafferrabilità della vita e quindi la sua intrinseca meraviglia. L’impatto morale sul pubblico è garantito anche dai reconditi, ma intuibili, moniti contro la chiesa e la borghesia rampante che si mimetizzano con camaleontica abilità fra questi movimenti concitati che sembrano non cercare una cognizione per un auto-ordinamento. Nato nell’ambiente parigino del surrealismo, è con ogni probabilità il più celebre film d’avanguardia del mondo, anche se non il più significativo e importante. Una larga parte di critici e spettatori gli preferiscono il successivo L’ȃge d’or (1930). È il corrispettivo cinematografico del Primo Manifesto del Surrealismo (1924, ristampato da André Breton nel 1929), del quale condivide l’estetica di Lautréamont, l’influsso di Freud, la volontà rivoluzionaria di ispirazione marxiana con spunti presi da Buster Keaton e René Magritte. Il titolo incongruo deriva da Un perro andaluz, raccolta di poesie e testi in prosa di Buñuel, pubblicata nel 1927 sulla Gaceta Literaria di Madrid. Non è da escludere che abbia una connotazione polemica contro Federico Garcìa Lorca, che nel 1928 aveva pubblicato Primero romancero gitano, accolto da molti con entusiastici elogi, ma non dall’amico Buñuel che gli rimarcò il “terribile estetismo”. Proiettato dal giugno 1929 allo Studio des Ursulines di Parigi, tenne il cartellone per numerose settimane. Nel 1960 il regista-produttore ne cedette i diritti e fu sonorizzato con musiche ( Morte di Isotta di Wagner, tanghi argentini) scelte da Buñuel. L’attore protagonista, P. Batcheff, si suicidò pochi mesi dopo il termine delle riprese.
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darjus
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venerdì 13 aprile 2007
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surrealismo di celluloide
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Gli incubi, le difficoltà, l’amore. Un oscuro viaggio nella mente dell’uomo, dove frammenti di terrore albergano, diacronicamente e senza costrutto, in un’alacre ricerca di un padrone, pronti a spargersi nella realtà come milioni di formiche sanguinanti. Capostipite del surrealismo di celluloide, ma non capolavoro cinematografico. Storicamente importante, perché costituisce l’avant-gard del cinema surrealista e dà il via alla carriera di un grande regista, qui aiutato nella sceneggiatura dal giovane pittore Salvator Dalì e finanziato dai risparmi di famiglia. Straordinario da un punto di vista visivo e come trasposizione figurativa dell’incubo. Notevole per i simbolismi, che non sempre hanno un corrispondente logico, e per l’anarchia narrativa e comunicativa.
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Gli incubi, le difficoltà, l’amore. Un oscuro viaggio nella mente dell’uomo, dove frammenti di terrore albergano, diacronicamente e senza costrutto, in un’alacre ricerca di un padrone, pronti a spargersi nella realtà come milioni di formiche sanguinanti. Capostipite del surrealismo di celluloide, ma non capolavoro cinematografico. Storicamente importante, perché costituisce l’avant-gard del cinema surrealista e dà il via alla carriera di un grande regista, qui aiutato nella sceneggiatura dal giovane pittore Salvator Dalì e finanziato dai risparmi di famiglia. Straordinario da un punto di vista visivo e come trasposizione figurativa dell’incubo. Notevole per i simbolismi, che non sempre hanno un corrispondente logico, e per l’anarchia narrativa e comunicativa. Maggiormente visibili sono i riferimenti a: gli ostacoli del conformismo cattolico/borghese nell’unione uomo-donna, l’inevitabilità della violenza, l’istinto alla disubbidienza ed il complesso d’Edipo di Freudiana memoria. Memorabile la scena dell’occhio: nella quale lo stesso Buñuel recide a metà un bulbo oculare, usando un rasoio. ***½
http://lemierecensioni.blog.tiscali.it
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reservoir dogs
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venerdì 29 ottobre 2010
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il manifesto del surrealismo
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Definito dalla storia del cinema il film - manifesto del movimento surrealista, prodotto e diretto da Luis Buñuel assieme a Salvador Dalí.
Il film si abbandona completamente al tentativo d'intrepretare i sogni (incubi) e quindi anche l'inconscio, non vi è quindi una trama ben definita...forse si può tentare di vedere un amore impossibile tra due persone, tematica riproposta nel successivo "L'age d'or".
Memorabile la scena iniziale del taglio dell'occhio dove si può leggere l'intento del surrealismo cinematografico che è quello di scavare dentro l'occhio (specchio dell'anima) in modo da raggiungere il cervello e tentare di comprenderne i meandri più oscuri e nascosti.
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taras bulba
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lunedì 13 agosto 2007
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un incubo provocatorio
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Un cortometraggio scritto da Bunuel e Dalì, girato in 15 giorni e interpretato da soli 5 o 6 attori, tra cui gli stessi Bunuel e Dalì.
Ho visto questo film non sapendo nulla di questo film.
Mentre lo guardavo mi chiedevo se fosse un film dove non si capiva nulla o ero io a non capire nulla.
La risposta l'ho avuta dopo leggendo una intervista a Bunuel, ovvero è un film completamente senza logica e trama, una sequenza di immagini che avevano lo scopo sia di provocare, sia di creare un sogno surrealista.
Sedici minuti credo che sia stato il giusto compromesso per questo genere di film, interessante.
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