Charlot è l'operaio di un gigantesco complesso industriale...proprio in funzione di questo ruolo egli,pultroppo,non è che uno schiavo della modernità...vale a dire,in questo caso specifico,di quel sistema teso alla massimizzazione della produzione che obbliga l'essere umano lavoratore a utilizzare fino allo sfinimento le proprie capacità fisiche e in questo il film appare anche come un affresco storico ma umoristico,diversificato nell'epoca,dello sfruttamento dei lavoratori dell'epoca della rivoluzione industriale.
Charlot lavora alla catena di montaggio fino a quando,come ho già scritto nel mio precedente commento,non entra in"tilt" e viene obbligato al ricovero...all'interno della fabbrica le categorie sociali si dividono rigorosamente in due gruppi:chi sta"sotto"e quindi gli operai...e chi sta"sopra"ovvero il padrone-dittatore,la cui immagine di simbolo dell'oppressione lo si evince anche dal volto ingigantito dallo schermo che appare a Charlot intimandogli di tornare a lavorare.
Nell'intera prima parte ambientata nella fabbrica Chaplin lascia intendere come l'essere umano,nella totale consapevolezza di essere un sottomesso e di avere dei padroni a cui obbedire ciecamente(anche a costo di sopportare qualsiasi eventuale atrocità sul lavoro come viene esplicitamente illustrato,e di cui ho già scritto,nella scena in cui il protagonista finisce per incastrarsi tra gli ingranaggi)precipita nello sconforto diventando quindi schiavo di se stesso.
Fuori dalla mostruosa azienda la situazione non è affatto migliore poichè le vittime,per definizione,sono sempre e comunque i poveri e i diseredati come si evince dall'immagine dell'orfanella...suona perciò evidente l'attacco satirico Chapliniano alla logica dei"forti che prevalgono sui deboli"sebbene sotto la scorza irresistibilmente comica delle immagini si nasconda inevitabilmente la tragedia.
Chaplin utilizza la forza della risata per raccontare una realtà devastante nella sua abnorme immoralità...si può definire questo regista un"comunista"?molto probabilmente sì ma la terribile realtà che lui ha saputo descrivere comicamente nel 1936 è,pultroppo,valida ancora oggi,specialmente nelle industrie di paesi totalitari come la Cina dove i"tempi moderni" del capitalismo sfrenato sembrano destinati a non interrompersi mai.
[+] lascia un commento a il cinefilo »
[ - ] lascia un commento a il cinefilo »
|
antonio montefalcone
|
mercoledì 10 dicembre 2014
|
un indimenticabile e affascinante capolavoro
|
|
|
|
Tra i tanti capolavori di Chaplin c’è questo dolceamaro e malinconico apologo sociopolitico sull’inferno disumanizzante dell’industrializzazione e dello sfruttamento capitalista e stakanovista. Un’opera umanista ricca di gag comiche e sferzate satiriche contro un sistema omologato e alienante che solo un personaggio romantico e sempre fedele a se stesso può resistergli. “Tempi Moderni” è quasi un kolossal per la quantità di pellicola impressionata e gli undici mesi di riprese; un film dinamico, esilarante e poetico, che va avanti per pura forza cinematografica (i concetti scaturiscono dalle immagini, non viceversa), fa a meno dei dialoghi e utilizza un sonoro musicale irresistibile (l’unico momento parlato è quando il vagabondo canta una canzone il cui testo è un susseguirsi di nonsense in una lingua inventata), per mettere in scena in modo efficace ed emozionante l’ossessivo rapporto tra l’individuo e i mali di una società progredita che lo stritola sempre più.
[+]
Tra i tanti capolavori di Chaplin c’è questo dolceamaro e malinconico apologo sociopolitico sull’inferno disumanizzante dell’industrializzazione e dello sfruttamento capitalista e stakanovista. Un’opera umanista ricca di gag comiche e sferzate satiriche contro un sistema omologato e alienante che solo un personaggio romantico e sempre fedele a se stesso può resistergli. “Tempi Moderni” è quasi un kolossal per la quantità di pellicola impressionata e gli undici mesi di riprese; un film dinamico, esilarante e poetico, che va avanti per pura forza cinematografica (i concetti scaturiscono dalle immagini, non viceversa), fa a meno dei dialoghi e utilizza un sonoro musicale irresistibile (l’unico momento parlato è quando il vagabondo canta una canzone il cui testo è un susseguirsi di nonsense in una lingua inventata), per mettere in scena in modo efficace ed emozionante l’ossessivo rapporto tra l’individuo e i mali di una società progredita che lo stritola sempre più. Struggente il finale.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a antonio montefalcone »
[ - ] lascia un commento a antonio montefalcone »
|
|
d'accordo? |
|
|