La lunga notte del '43

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Un film di Florestano Vancini. Con Gabriele Ferzetti, Enrico Maria Salerno, Gino Cervi, Andrea Checchi, Belinda Lee.
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Drammatico, Ratings: Kids+16, b/n durata 100 min. - Italia 1960. MYMONETRO La lunga notte del '43 * * * 1/2 - valutazione media: 3,84 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

malinconico, struggente, inutile fotoromanzo Valutazione 2 stelle su cinque

di giorgio


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giovedì 21 agosto 2008

Una cosa va data atto al film. Il film rende con commozione struggente la temperie di un'avventura amorosa impossibile eppure resa apparentemente possibile nel clima di sospensione della guerra e prima del preciptare degli eventi che conducono il protagnosita lontano da ferrara. E' una storia struggente, perchè proiettata al passato sul filo della memoria della giovinezza, del ricordo dei banchi di scuola; una storia struggente, molto valorizzata dalla malinconica musica di Rustichelli e dalle scene della nebbiosa città emiliana. Ma oltre a questo cosa c'è? C'è la guerra che incombe e con le sue dure esigenze e necessità richiama alla realtà e decreta la fine dell'idillio. Poca cosa: è la solita parabola dell'eterna "bohème"; è l'ennesima variazione sul tema "come si stava bene quando si era spensierati!". Forse (alla pari de "il giardino" di De Sica) è questa semplicità di fondo che ha garantito il successo popolare del film. Nel film (ancora più che ne "il giardino" di De Sica) viene del tutto dispersa la dimensione etico-politica del racconto di Bassani. Tutto l'impegno dell'Autore è smussato a favore di un malinconico, struggente, quanto inutile fotoromanzo. A riprova di quanto vado dicendo, mi permetto di rilevare come i due poli fondamentali della novella, la vita pubblica e la vita privata siano slegati, richiamo l'attenzione circa il fatto che nel film non è così chiara la funzione narrativa di un personaggio, quale il Gerarca (pure una delle più grandi interpretazioni di Gino Cervi), che, in fondo, non fa che giocare la "parte del cattivo", ma che non interferisce significativamente sulla storia d'amore tra Ferzetti e la Lee, la quale finisce in fondo per uno sfogo di lui, pur necessitato dal rastrellamento del padre (della serie: "devo pensare alla mia famiglia, non ho tempo per le morose!"). Meno chiara ancora è la figura di Salerno, che da "voyeur" osserva la strage degli ebrei e antifascisti dalla finestra della propria farmacia e che assiste virtualmente alla 'scappatella' della moglie. Questa figura di 'homme qui regarde' getta sul film un'ombra di sgradevole morbosità, abbastanza inutile nell'economia narrativa del film.

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