Tralasciando le melense e inutili digressioni drammatiche nel vissuto dei protagonisti e soprassedendo sull’evidente farraginosità drammaturgica, la forza portante a cui il regista si affida per rendere la propria opera quantomeno degna d’attenzione, risiede interamente nella vincente elementarità di una sceneggiatura capace di riproporre il meccanismo di caccia del gatto col topo.
Concedendosi in sottotraccia una più che evidente e ruffiana critica alle vessazioni umane nei confronti degli amici animali, Bullet Head opera onestamente entro i confini di un piccolo prodotto d’intrattenimento con tanti difetti, ma sorretto da un grande pregio, quello di consegnare all’immaginario filmico un ennesimo personaggio iconico a quattro zampe e canini appuntiti.
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Tralasciando le melense e inutili digressioni drammatiche nel vissuto dei protagonisti e soprassedendo sull’evidente farraginosità drammaturgica, la forza portante a cui il regista si affida per rendere la propria opera quantomeno degna d’attenzione, risiede interamente nella vincente elementarità di una sceneggiatura capace di riproporre il meccanismo di caccia del gatto col topo.
Concedendosi in sottotraccia una più che evidente e ruffiana critica alle vessazioni umane nei confronti degli amici animali, Bullet Head opera onestamente entro i confini di un piccolo prodotto d’intrattenimento con tanti difetti, ma sorretto da un grande pregio, quello di consegnare all’immaginario filmico un ennesimo personaggio iconico a quattro zampe e canini appuntiti.
Purtroppo non sono tutte rose e fiori, Bullet Head incespica un po’ nella sua parte noir. A cominciare da una struttura a flashback che se da un lato serve a caratterizzare meglio i protagonisti, dall’altro finisce per frammentare troppo il meccanismo narrativo minando puntualmente la tensione che la situazione d’assedio aveva creato.
Flashback che si inseriscono in un tono generale eccessivamente malinconico, spingendolo ulteriormente verso tristezza e pessimismo.
Piccola partecipazione per Antonio Banderas, che inizialmente compare in maniera sporadica, tenuto in caldo per il gran finale.
La regia di Paul Solet è curata, si affida ai dettagli, si avvolge di una confezione adeguata e sfrutta nel migliore dei modi una location dal potenziale grande quanto la sua metratura.
Una sceneggiatura non sempre fluida, che di tanto in tanto compromette un clima di tensione costruito con pazienza, ma che nel complesso non pregiudica la visione di un film che si fa notare per un’originale combinazione di generi, concepito con ingegno e professionalità.
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