Una storia semplice condita abilmente con più di un ingrediente culinario e, potremmo dire, afrodisiaco. Il cibo riveste un ruolo di primo piano, infatti, è inteso non solo come piacere allo stato puro ma anche come mezzo attraverso il quale si realizzano vere e proprie relazioni sessuali tra i protagonisti. Sono tante le metafore culinarie con le quali sono descritti gli stati d’animo di Tita. Quest’ultima, infatti, sotto lo sguardo passionale di Pedro, prova la stessa sensazione di calore della pastella dei bignè messa nell’olio bollente.
È importante, inoltre, la figura della cuoca Nacha con la quale Tita instaura un rapporto materno, in contrapposizione a quello oppressivo con la dispotica e repressiva madre.
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Una storia semplice condita abilmente con più di un ingrediente culinario e, potremmo dire, afrodisiaco. Il cibo riveste un ruolo di primo piano, infatti, è inteso non solo come piacere allo stato puro ma anche come mezzo attraverso il quale si realizzano vere e proprie relazioni sessuali tra i protagonisti. Sono tante le metafore culinarie con le quali sono descritti gli stati d’animo di Tita. Quest’ultima, infatti, sotto lo sguardo passionale di Pedro, prova la stessa sensazione di calore della pastella dei bignè messa nell’olio bollente.
È importante, inoltre, la figura della cuoca Nacha con la quale Tita instaura un rapporto materno, in contrapposizione a quello oppressivo con la dispotica e repressiva madre.
Nacha, sempre pronta a dispensare buoni consigli, introduce Tita nell’arte della buona cucina, svelandone tutti i segreti e impartendole lezioni di vita attraverso piccoli gesti d’affetto e genuini proverbi.
Il regista messicano Alfonso Arau conferisce alla fotografia delle belle e calde tinte: gli interni sono, infatti, illuminati con la luce naturale delle candele e trasmettono quel senso di accoglienza e di protezione che avvolgono Tita quando cerca rifugio in cucina.
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