valeria monti
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sabato 27 dicembre 2008
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il coraggio dell'appartenenza
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Tratto da una vicenda realmente accaduta, “Il giardino di limoni” arriva nelle nostre sale proprio come un regalo di Natale per chi ama il buon cinema.
Eran Riklis, regista israeliano già noto per “La sposa siriana”, dirige questa pellicola con drammatica eleganza.
Potrebbe essere considerato un film politico, che guarda il conflitto e le tensioni israeliano-palestinese dall’interno e nella sua quotidianità, ma in realtà, a ben guardare, la pellicola ci parla del coraggio e della determinazione che possono scaturire dalla naturale appartenenza alle cose; un coraggio che non si arrende davanti a questioni di Stato.
Non si arrende la protagonista, una bravissima Hiam Abbass, che vede minacciati i suoi alberi di limoni, unica fonte di sostentamento; non si arrende la moglie del ministro, che intuisce inzialmente come l’ipocrisia e l’ottusità del marito in realtà superano quel giardino fino a insidiarsi nel loro matrimonio; e non si arrendono, infine, quegli alberi, che nonostante l’oltraggio subìto, sembrano promettere una nuova fioritura.
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Tratto da una vicenda realmente accaduta, “Il giardino di limoni” arriva nelle nostre sale proprio come un regalo di Natale per chi ama il buon cinema.
Eran Riklis, regista israeliano già noto per “La sposa siriana”, dirige questa pellicola con drammatica eleganza.
Potrebbe essere considerato un film politico, che guarda il conflitto e le tensioni israeliano-palestinese dall’interno e nella sua quotidianità, ma in realtà, a ben guardare, la pellicola ci parla del coraggio e della determinazione che possono scaturire dalla naturale appartenenza alle cose; un coraggio che non si arrende davanti a questioni di Stato.
Non si arrende la protagonista, una bravissima Hiam Abbass, che vede minacciati i suoi alberi di limoni, unica fonte di sostentamento; non si arrende la moglie del ministro, che intuisce inzialmente come l’ipocrisia e l’ottusità del marito in realtà superano quel giardino fino a insidiarsi nel loro matrimonio; e non si arrendono, infine, quegli alberi, che nonostante l’oltraggio subìto, sembrano promettere una nuova fioritura.
La vicenda è raccontata con semplicità, ma anche con intensità: le due donne protagoniste, ognuno a proprio modo, vivono una solitudine che le porterà a spingere lo sguardo ognuna verso l’altra, scoprendo così un’empatia inaspettata e fruttuosa.
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[+] eccellente
(di tuareg)
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emanuela fiorito
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giovedì 8 gennaio 2009
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“il lieto fine c’è solo nei film americani”
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“Il lieto fine c’è solo nei film americani”: ecco, da una battuta di uno dei protagonisti, l’amaro epilogo della vicenda umana di Salma, una vedova palestinese che lotta perché il suo guardino di limoni, confinante con la abitazione-bunker del neoeletto ministro della difesa israeliano, non venga abbattuto in nome di rigide misure di sicurezza preventive.
Gli opportunistici calcoli del ministro (il cui nome di battesimo è Israel) non fermano la donna, che dichiara battaglia, decisa a non lasciar toccare quella che è ormai la sua unica fonte di sostentamento ed insieme un vivido ricordo d’infanzia.
Asciutto e aspro, in una continua tensione lirica, il film non scade mai in uno scontato patetismo, mentre gli sguardi colmi di rassegnazione eppure rabbia e coraggio della bravissima Hiam Abbass trasmettono con vivida forza tutta la dignitosa disperazione di chi sa di lottare per una causa già persa, contro qualcosa di troppo potente.
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“Il lieto fine c’è solo nei film americani”: ecco, da una battuta di uno dei protagonisti, l’amaro epilogo della vicenda umana di Salma, una vedova palestinese che lotta perché il suo guardino di limoni, confinante con la abitazione-bunker del neoeletto ministro della difesa israeliano, non venga abbattuto in nome di rigide misure di sicurezza preventive.
Gli opportunistici calcoli del ministro (il cui nome di battesimo è Israel) non fermano la donna, che dichiara battaglia, decisa a non lasciar toccare quella che è ormai la sua unica fonte di sostentamento ed insieme un vivido ricordo d’infanzia.
Asciutto e aspro, in una continua tensione lirica, il film non scade mai in uno scontato patetismo, mentre gli sguardi colmi di rassegnazione eppure rabbia e coraggio della bravissima Hiam Abbass trasmettono con vivida forza tutta la dignitosa disperazione di chi sa di lottare per una causa già persa, contro qualcosa di troppo potente. Eppure lei non si arrende, e il suo disprezzo è tutto negli sguardi muti di un silenzio quasi assordante. Il giardino di limoni di Salma diventa emblematicamente un altro pezzo di terra da difendere con le unghie e con i denti, centimetro per centimetro.
Mentre la donna trova la forza di portare la sua causa in tribunale, la moglie del ministro, Mira, calata con insofferenza nei propri panni istituzionali, la osserva da dietro le finestre della sua abitazione con una tacita solidarietà femminile. Ma Mira nulla puo’ contro quel muro di gomma che è il sorriso fiero del marito, e non riesce ad attraversare il confine tra le due abitazioni, tra i due popoli, bloccata da chi rappresenta l’autorità, da chi ha potere decisionale.
Salma si affida ad un giovane avvocato trovando in lui un conforto affettivo consapevolmente temporaneo, ma i limoni cadono e marciscono nel frutteto recintato, come le speranze che il conflitto tra israeliani e palestinesi possa un giorno risolversi. Drammaticamente attuale.
Emanuela Fiorito
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francesca meneghetti
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giovedì 15 gennaio 2009
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l'anna magnani della palestina
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E' difficile guardare il film con distacco senza pensare alle terribili bombe "dime" e a quello che sta accadendo a Gaza in questi giorni (15 gennaio 2009).
La realtà è molto più brutale di qualunque orrorifico film.
Tuttavia, se un film mira ad un valore estetico, non può essere cronaca. Ed anche lo spettatore deve distaccarsi dal telegiornale, per esprimere un giudizio indipendente.
Il regista ha il raro dono di saper decantare una materia drammatica e renderla con delicatezza (non si vede una goccia di sangue!), senza per questo sminuire le ragioni del popolo palestinese e le arroganze del governo iscraeliano. Ci ricorda, infine, data l'identità di Riklis, che tale governo non rappresenta né tutti i suoi governati,come ci hanno insegnato anche i grandi autori (Yehoshua, Oz, Grossman, Shalev) altrettanto bravi del regista a perlustrare la sfera dei sentimenti, con finezza introspettiva.
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E' difficile guardare il film con distacco senza pensare alle terribili bombe "dime" e a quello che sta accadendo a Gaza in questi giorni (15 gennaio 2009).
La realtà è molto più brutale di qualunque orrorifico film.
Tuttavia, se un film mira ad un valore estetico, non può essere cronaca. Ed anche lo spettatore deve distaccarsi dal telegiornale, per esprimere un giudizio indipendente.
Il regista ha il raro dono di saper decantare una materia drammatica e renderla con delicatezza (non si vede una goccia di sangue!), senza per questo sminuire le ragioni del popolo palestinese e le arroganze del governo iscraeliano. Ci ricorda, infine, data l'identità di Riklis, che tale governo non rappresenta né tutti i suoi governati,come ci hanno insegnato anche i grandi autori (Yehoshua, Oz, Grossman, Shalev) altrettanto bravi del regista a perlustrare la sfera dei sentimenti, con finezza introspettiva. Né tutti gli ebrei.
Affascinante la protagonista, una pasionaria forte e dolente, una via di mezzo tra Anna Magnani, Ingrid Bergman e Irene Papas. Credibile e malinconica la storia d'amore con il giovane avvocato.
La conclusione è salomonica e di compromesso, nel senso non deteriore del termine, tuttavia.
Essa sottolinea l'incapacità di arrivare a soluzioni concrete da parte degli uomini, intesi come maschi, benché armati o corazzati del loro potere. Sono figure inconsistenti, capaci solo di recitare dei ruoli preordinati. Chi lavora al cambiamento, anche senza usare le parole, sono le donne (la proprietaria del giardino dei limoni, la giornalista, la moglie del ministro e la giudice. Magari fossero loro, o donne come quelle del film, a prendere in mano la situazione e la governassero con le armi del buon senso e del buon cuore.
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august robert fogelbergrota
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martedì 16 marzo 2010
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un piccolo film che porta grandi interogativi
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il giardino dei limoni è un film che é contraddistinto da una fotografia molto realista quasi spartana e da una sceneggiatura scritta da Eran Riklis molto bella attenta all'azione ma anche ai risvolti storici dei personaggi. Il gioco delle simmetrie si nota soprattutto nelle due protagoniste
Salma Zidane molto bene interpretata da Hiam Abbass contadina palestinese e dall'israeliana Mira Navon Rona Lipaz-Michael moglie del ministro della difesa.
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il giardino dei limoni è un film che é contraddistinto da una fotografia molto realista quasi spartana e da una sceneggiatura scritta da Eran Riklis molto bella attenta all'azione ma anche ai risvolti storici dei personaggi. Il gioco delle simmetrie si nota soprattutto nelle due protagoniste
Salma Zidane molto bene interpretata da Hiam Abbass contadina palestinese e dall'israeliana Mira Navon Rona Lipaz-Michael moglie del ministro della difesa. La due donna attraenti eleganti - bellissima la scena dove la signora zidane prova da sola i gioielli della sua dote, hanno molte similitudini un figlio ed una figlia negli USA e un 'insofferenza per la società dell'uomini per l'istralelina il marito populista e facilone (uno stupendo Doron Tavory) e per la palestinese un ambiente maschile ostile ai limiti della crudeltà dove anche chi ti aiuta come l'avocato Ziad Daud (un bravo Ali Suliman) lo fa solo per il suo tornaconto. La vicenda senza particolari colpi di scena scorre liscia facile ed anche scomoda. Nessuno dalla folcoristica delegazione norvegese alla stampa sembra restarne immune. La semplicità con movimenti di camera molto belli del tedesco Rainer Klausmann ci danno sempre l'idea di trovarsi in mezzo. Un film ben fatto forse un po' statico e ben interpretato che ha moltissimo da dire
Robert Fogelberg Rota
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chiarialessandro
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venerdì 29 maggio 2009
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lo so, è solo un film .....
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Esistono dei grandi personaggi che hanno riempito con la loro vita la storia del mondo: Mahatma Gandhi, Toro Seduto, Nelson Mandela ….. Io non li ho conosciuti ma, nella mia immaginazione, li vedo procedere con un incedere lento, calmo, tranquillo, sicuro, composto, orgoglioso e determinato; proprio come l’ordito, la trama, la tessitura di questa rara perla cinematografica; proprio come la figura di Salma, capace di parlarci anche con un linguaggio talvolta difficilissimo da udire: il silenzio di uno sguardo talmente profondo da essere capace di entrarci dentro. Ma la capacità espressiva (in alcune circostanze) non conosce limiti e riesce ad esprimersi affondando le sensazioni addirittura dentro al nostro cuore e dandoci l’impressione (?) che il regista abbia girato seguendo più la sua anima che la sceneggiatura o i produttori.
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Esistono dei grandi personaggi che hanno riempito con la loro vita la storia del mondo: Mahatma Gandhi, Toro Seduto, Nelson Mandela ….. Io non li ho conosciuti ma, nella mia immaginazione, li vedo procedere con un incedere lento, calmo, tranquillo, sicuro, composto, orgoglioso e determinato; proprio come l’ordito, la trama, la tessitura di questa rara perla cinematografica; proprio come la figura di Salma, capace di parlarci anche con un linguaggio talvolta difficilissimo da udire: il silenzio di uno sguardo talmente profondo da essere capace di entrarci dentro. Ma la capacità espressiva (in alcune circostanze) non conosce limiti e riesce ad esprimersi affondando le sensazioni addirittura dentro al nostro cuore e dandoci l’impressione (?) che il regista abbia girato seguendo più la sua anima che la sceneggiatura o i produttori. Film amaro ma non disperato, lacerante ma non definitivo, realistico ma non cupo. Da ricordare tra le poche opere che riescono, con pochissime inquadrature essenziali e in uno spazio temporale angusto come quello dei secondi, a raccontarci compiutamente il significato della parola più bella e difficile: amore. Quell’amore che spero potrà dare agli israeliani il coraggio di offrire una patria ai palestinesi e ai palestinesi la forza di riconoscere il diritto alla vita degli israeliani; ognuno nella sua terra. Per arrivare, al termine di un percorso lungo e doloroso, a quella fantastica utopia che si chiama pace. P.S.: una brevissima segnalazione per gli illuminanti lampi che, aprendo un tenue varco nell’universo maschile, tentano pudicamente di sollevare un velo sui tentativi femminili di sdoganamento da una cultura repressiva, (senza dimenticare comunque che Israele, in quanto a repressione fisica, è in grado di insegnare a tutti o quasi tutti i paesi del mondo) cultura che fa da contraltare al sentimento di comune appartenenza al genere femminile di due donne le quali, nonostante simboleggino la potenza e l’impotenza di due popoli nemici, riescono a fronteggiarsi con rispetto. Lo so, è solo un film …….
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dounia
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giovedì 14 luglio 2011
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intesa senza parlarsi
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La vicenda presentata fa vedere dei personaggi israeliani e palestinesi: il Ministro della Difesa di Israele e sua moglie Mira, Salma, contadina palestinese vedova da dieci anni, un vecchio contadino che le sta accanto da quando era bambina e Ziad, avvocato giovane di Salma.
I servizi di sicurezza israeliani pensano che le piante di limoni nel giardino di Salma e che confinano con il territorio di Irsaele siano un pericolo, perché possono essere un nascondiglio. E' bene così che le piante di limoni vengano sradicate. Salma, però, non accetta la situazione e inizia così un conflitto legale arabo-israeliano, fino ad arrivare all'Alta Corte di Gerusalemme. La moglie del Ministro, Mira, è contraria alla decisione del marito.
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La vicenda presentata fa vedere dei personaggi israeliani e palestinesi: il Ministro della Difesa di Israele e sua moglie Mira, Salma, contadina palestinese vedova da dieci anni, un vecchio contadino che le sta accanto da quando era bambina e Ziad, avvocato giovane di Salma.
I servizi di sicurezza israeliani pensano che le piante di limoni nel giardino di Salma e che confinano con il territorio di Irsaele siano un pericolo, perché possono essere un nascondiglio. E' bene così che le piante di limoni vengano sradicate. Salma, però, non accetta la situazione e inizia così un conflitto legale arabo-israeliano, fino ad arrivare all'Alta Corte di Gerusalemme. La moglie del Ministro, Mira, è contraria alla decisione del marito. I limoni sul confine iniziano a seccsrsi e cadono le foglie. Il film fa notare la casetta di Salma, la fotografia di suo marito morto e i suoi figli che prendono atto della vita. Salma e Mira, pur essendo lontane e in due mondi diversi, s'intendono. Salma vuole avere giustizia, ma viene sconfitta, la potatura dei limoni è parziale. Le due protagoniste non si parlano e non s'incontrano, ma si capiscono. Mira rivela ad una giornalista che è contraria alla potatura dei limoni. Ritrae poi l'affermazione perché non trova giusto se stare dalla parte degli attentatori o da quella di chi vuole sradicare gli alberi.
Il film fa vedere com'è la vita dei due popoli, il loro conflitto che diventa anche un caso ecologico internazionale.
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filippo catani
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giovedì 8 gennaio 2015
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barriere, steccati e confini
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Linra di confine tra Israele e la Cisgiordania. Una donna ha ormai da tantissimi anni una rigogliosa piantagione di limoni che le serve da sostentamento per la famiglia. Un giorno il ministro della Difesa con la moglie prendono casa vicino a lei e viene dato ordine di abbattere la piantagione per evitare che dei terroristi possano nascondersi tra le piante. La donna si batterà con tutte le forze affinchè ciò non avvenga.
Penso che non si sarebbe potuta rendere meglio la complessità della questione israelo-palestinese se non attraverso un film del genere. Una piantagione di limoni che esiste da svariati anni diventa il pomo della discordia tanto da scomodare i tribunali israeliani.
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Linra di confine tra Israele e la Cisgiordania. Una donna ha ormai da tantissimi anni una rigogliosa piantagione di limoni che le serve da sostentamento per la famiglia. Un giorno il ministro della Difesa con la moglie prendono casa vicino a lei e viene dato ordine di abbattere la piantagione per evitare che dei terroristi possano nascondersi tra le piante. La donna si batterà con tutte le forze affinchè ciò non avvenga.
Penso che non si sarebbe potuta rendere meglio la complessità della questione israelo-palestinese se non attraverso un film del genere. Una piantagione di limoni che esiste da svariati anni diventa il pomo della discordia tanto da scomodare i tribunali israeliani. Da una parte la proprietaria che ovviamente non vuole perdere il proprio sostentamento e la propria ragione di vita visto che insieme al padre e al giardiniere hanno sempre vissuto dei frutti del campo. Dall'altra parte troviamo il paranoico ministro della Difesa che, di concerto con esercito e servizi segreti, vuole fare rimuovere la piantagione per motivi di sicurezza. Ecco allora che si ricorre ai soliti fallimentari metodi: recinzioni, barriere,muri, steccati, torrette di guardia e quant'altro solo perchè non ci si vuole sedere a dialogare. Emblamatica la scena in cui la proprietaria e la moglie del ministro si incontrano circondate dai media e non riescono a dirsi una parola. Una donna vedova che è riuscita a mandare due figli engli USA e che vorrebbe vivere un sentimento d'amore per il suo avvocato molto piùù giovane di lei incorrendo però nell'opposizione locale. Insomma un film che si compone di diverse sfaccettature e che partendo da una storia semplice mostra quanto ancora sia lontana la risoluzione della questione palestinese.
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ale
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martedì 6 gennaio 2009
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un film politico, girato bene, realist-disneyano
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Della DIFESA il ministro israeliano; legato al potere palestinese l'avvocato, una sorta di politico in erba che cerca di dialogare con le alte sfere, mira ad avvicinarsene il più possibile e finisce per riuscire a legarsene anche sentimentalmente.
Sullo sfondo l'inadeguatezza della 'politica di vicinato' di Israele, che danneggia la donna e i suoi limoni, ma anche il ministro (l'innalzamento del muro davanti alla sua stessa casa).
Si trae spunto dall'esproprio di un agrumeto per raccontare il conflitto mediorientale secondo uno dei possibili angoli di vista, forse uno dei più 'privilegiati' in questi lunghi giorni di bombardamenti. Nel film la tensione arabo-palestinese resta nei confini della battaglia legale, non si parla di guerra, nè degli aspetti più desolanti della Striscia di Gaza.
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Della DIFESA il ministro israeliano; legato al potere palestinese l'avvocato, una sorta di politico in erba che cerca di dialogare con le alte sfere, mira ad avvicinarsene il più possibile e finisce per riuscire a legarsene anche sentimentalmente.
Sullo sfondo l'inadeguatezza della 'politica di vicinato' di Israele, che danneggia la donna e i suoi limoni, ma anche il ministro (l'innalzamento del muro davanti alla sua stessa casa).
Si trae spunto dall'esproprio di un agrumeto per raccontare il conflitto mediorientale secondo uno dei possibili angoli di vista, forse uno dei più 'privilegiati' in questi lunghi giorni di bombardamenti. Nel film la tensione arabo-palestinese resta nei confini della battaglia legale, non si parla di guerra, nè degli aspetti più desolanti della Striscia di Gaza.
Lunghi sguardi legano le due donne che alla fine del film non riescono scambiare neanche una battuta. Un film muto, che non prova neanche a immaginare un dialogo tra quelle che dovrebbero rappresentare la speranza di pace e in cui indifferentemente lo spettatore può identificarsi.
La protagonista non si lascia mai andare a invettive contro il governo, la sua è una battaglia tutta privata in memoria del padre. Come tutta familiare è la dinamica tra il ministro e la moglie, fatta di classiche dinamiche piccolo borghesi. Non c'è tifo per l'uno o l'altro governo, alle fine la tesi è che cadono entrambi negli stessi vizi e bugie (come il presidente palestinese in Egitto), nelle stesse ragioni di governo.
Le due donne, ricche di giustizia, nobiltà e umanità, finiscono per essere sopraffatte dalle ragioni di carriera del marito o tradite dall'arrivismo di un legale che passa dall'odore sulle dita della sardine in scatola, all'inchiostro delle cronache dei giornali.
Le voci maschili vengono amplificate dai media, quelle delle donne sono volutamente smentite, come fa la moglie con l'intervista, o volutamente lontane, come quando la protagonista preferisce scostarsi dalla telecamere per continuare a cercare lo sguardo dell'altra donna. Un non detto che resta negli occhi delle protagoniste e non sembra preludere a nulla.
Nè la moglie del ministro, nè la protagonista sembrano volersi farsi portatrici di dialogo, di pace o di ragionevolezza, pur avendone l'opportunità.
Uno spaccato edulcorato e disincantato, al limite del qualunquismo, che racconta la distanza tra la politica e queste due donne (simbolicamente società civile) che si guardano, si sentono, si leggono, si rispettano ma non riescono mai a parlare tra loro, nè con i figli, nè con i media.
Due uomini spinti da logiche di personale successo politico, la macchina dei media che si occupa della vicenda quando assume una dimensione politica fino a tingersi di rosa (la separazione e il fidanzamento del legale), la cinica quanto inconcludente diplomazia europea che davanti alle telecamere solidarizza con la donna: sembra non esserci via di scampo a questa dinamica.
Alla fine danneggiati sono quasi tutti, vittime, complici e persecutori. L'happy end è per pochi e in ogni caso non travalica la stretta dimensione personale.
Il corso della storia non ha in serbo un nuovo Mandela o nuove forme di convivenza. Cinematograficamente la chiusura è affidata allo stato delle cose, la "barriera di separazione": desolante totem dell'ineluttabile destino del conflitto araboisraeliano o icona di moral suasion per la società israeliana?
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[+] bravo
(di elena)
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[+] non hai capito niente, nemmeno la fine.
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(di elena)
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