gianluca stanzani
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venerdì 2 gennaio 2009
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i furbetti del quartierino
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Filippo Costa (Michele Lastella) è un giovane agente della Guardia di Finanza, desideroso di fare carriera nel corpo. Determinato nel compiacere il proprio capitano anche a costo di danneggiare i colleghi, spingerà la propria ossessione d'ambizione a tal punto da tradire quei valori morali in cui il padre, anch'egli finanziere, tenacemente credeva. Accettando tangenti e approfittando della propria posizione privilegiata di ufficiale al servizio dello stato, incontrerà Catherine (Fanny Ardant), ricca e piacente signora con amicizie altolocate. Immediata scaturirà la relazione tra i due, tramite la quale Filippo, si renderà ben presto conto che la divisa è troppo stretta rispetto alla possibilità di una scalata sociale in grande stile (tutto ciò ci ricorda molto “i furbetti del quartierino” Ricucci & soci).
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Filippo Costa (Michele Lastella) è un giovane agente della Guardia di Finanza, desideroso di fare carriera nel corpo. Determinato nel compiacere il proprio capitano anche a costo di danneggiare i colleghi, spingerà la propria ossessione d'ambizione a tal punto da tradire quei valori morali in cui il padre, anch'egli finanziere, tenacemente credeva. Accettando tangenti e approfittando della propria posizione privilegiata di ufficiale al servizio dello stato, incontrerà Catherine (Fanny Ardant), ricca e piacente signora con amicizie altolocate. Immediata scaturirà la relazione tra i due, tramite la quale Filippo, si renderà ben presto conto che la divisa è troppo stretta rispetto alla possibilità di una scalata sociale in grande stile (tutto ciò ci ricorda molto “i furbetti del quartierino” Ricucci & soci). In un crescendo d'intrecci tra banchieri, politici e amici finanzieri, anche le relazioni intime diventeranno un mezzo per la riuscita del piano più smodato. Da un film ideato tre anni fa, Vincenzo Marra ci ripropone “quelle facili scorciatoie”, che tanto sentiamo parlare alla televisione o sui giornali. “E' il mio modo di raccontare il nostro paese attraverso il ritratto di gente senza scrupoli” sostiene il regista, la ormai classica abitudine italica di sparare sulla Croce Rossa, aggiungiamo noi, in una pellicola narrativamente sciapa dove il protagonista Michele Lastella, assume l'espressività di un modello di bronzo. In concorso alla Mostra del cinema di Venezia 2007.
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muriel
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lunedì 10 settembre 2007
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film garbato e privo di facili moralismi.
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Il film è scarno, essenziale, chiaro, con poche concessioni alla retorica,quotidiano ai limiti della nudità. Lastella ha una faccia di gomma,su cui compare un'unica espressione, quella della tensione controllata e del pensiero ambizioso che fagocita ogni altro sentimento possibile. I compromessi per la scalata al potere appaiono come inevitabile routine per il raggiungimento dell'obiettivo, quindi nulla di più che doverose noie con cui fare i conti. Non c'è grande partecipazione emotiva agli scandalosi ed immorali delitti che si snocciolano via via. I personaggi maschili imboccano una via senza ritorno,l'unica che conoscano, con consapevolezza e convinzione, mostrando che è ben possibile vivere senza moralità (v.
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Il film è scarno, essenziale, chiaro, con poche concessioni alla retorica,quotidiano ai limiti della nudità. Lastella ha una faccia di gomma,su cui compare un'unica espressione, quella della tensione controllata e del pensiero ambizioso che fagocita ogni altro sentimento possibile. I compromessi per la scalata al potere appaiono come inevitabile routine per il raggiungimento dell'obiettivo, quindi nulla di più che doverose noie con cui fare i conti. Non c'è grande partecipazione emotiva agli scandalosi ed immorali delitti che si snocciolano via via. I personaggi maschili imboccano una via senza ritorno,l'unica che conoscano, con consapevolezza e convinzione, mostrando che è ben possibile vivere senza moralità (v. il comandante, l'imprenditore Donati,il presidente della banca, il deputato). Alle donne tocca il ruolo classico dei "vinti", che amano in maniera incondizionata contro ogni ragione reale,facendosi del male in virtù di un sentimento che non esiste se non nel loro immaginario.Nessuno è vincente in questo mondo dove il dolore non ha neanche lo spazio per un commento. Il finale è da "c'este la vie". Film garbato e privo di facili moralismi.
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marina v.
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martedì 11 settembre 2007
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l'italia del malaffare (e del cattivo cinema)
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Effettivamente le fiction televisive stanno producendo uno strano fenomeno di contaminazione su certo cinema italiano, livellandolo verso il basso ed appiattendo i contenuti. Se il regista Vincenzo Marra aveva dato finora buone prove, manca totalmente il bersaglio in quest'ultima opera, e ci si meraviglia che il film sia stato selezionato per Venezia. La storia: Filippo è un giovane di umili origini, dai molti appetiti e dalla divorante ambizione, che lavora per la GdF. Non tarderà a scoprire che la via più breve per un arricchimento facile è data dalla corruzione e così, complici i buoni uffici di un'avvenente signora dell'alta borghesia romana, decide di lasciare l'arma ed intraprendere la carriera di imprenditore, scendendo sempre più in basso nei compromessi e nei comportamenti illeciti.
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Effettivamente le fiction televisive stanno producendo uno strano fenomeno di contaminazione su certo cinema italiano, livellandolo verso il basso ed appiattendo i contenuti. Se il regista Vincenzo Marra aveva dato finora buone prove, manca totalmente il bersaglio in quest'ultima opera, e ci si meraviglia che il film sia stato selezionato per Venezia. La storia: Filippo è un giovane di umili origini, dai molti appetiti e dalla divorante ambizione, che lavora per la GdF. Non tarderà a scoprire che la via più breve per un arricchimento facile è data dalla corruzione e così, complici i buoni uffici di un'avvenente signora dell'alta borghesia romana, decide di lasciare l'arma ed intraprendere la carriera di imprenditore, scendendo sempre più in basso nei compromessi e nei comportamenti illeciti. Poteva essere un buon film d'attualità, ma Marra sciupa tutto fin dal casting, che prevede nel ruolo di Filippo un insignificante Michele Lastella, totalmente inespressivo ed incolore, ed a nulla vale la radiosa presenza della carismatica Fanny Ardant nel ruolo della signora bene, per risollevare le sorti del film. Altri comprimari sono notoriamente pescati dal mondo della televisione, ma è nella banalizzazione dei dialoghi e della prevedibilità della storia che la pellicola perde molti colpi. Il regista gioca sulla sottrazione dei dialoghi, peccato che dissolvenze e silenzi non siano significativamente complementari alla storia, ma fonte di disorientamento per lo spettatore. Ed il non-finale, poi, completa il pastrocchio; forse vorrebbe accendere una discussione, riesce solo nell'intento di deludere definitivamente il pubblico. Non si sentiva il bisogno dell'ennesima, sciatta fiction italiana in versione grande schermo.
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