giuggianello
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lunedì 13 giugno 2005
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mamma mia, che bei cammelli!!!
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Se nel mondo si vedessero piu' film come questo sarebbe un mondo migliore. Questo film ci mostra una società che vive in armonia con l'ambiente e con gli animali. Miglior cammello protagonista é Botak che con i suoi primi piani ci ha aperto il cuore e rimarrà sempre nei nostri ricordi. W i cammelli, le pecorelle e tutti gli animali del mondo che nelle loro semplicità hanno tanto da insegnarci. Un saluto ai francesi, che sono venuti per la prima volta al cinema con me e castorino, a Bianchina e Peppino e a tutti gli amici della festa! Alla prossima recensione!
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lunedì 2 aprile 2007
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e' il cammello che piange, non l'uomo.
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Ebbene sì, era ancora il 2003 quando due diplomandi, un italiano e una mongola, concessero questa piccola perla ai cinefili occidentali, ormai nauseati dalla colossale Hollywood, il "mostro" che non si ricicla. Periodo buono per commuovere "gli spettatori che contano", dunque.
Escludendo qualche ripresa un po' azzardata e qualche altro particolare meramente tecnico, siamo di fronte ad un prodotto quantomeno convincente. Considerandolo un documentario, un semplice documentario sulle tradizioni mongole più antiche, i fatti narrati non sono altro che il rifacimento davanti all'obbiettivo della vita nomade; una vita fresca e pura, ossigeno per l'occidente. Fermiamoci qui. Non è neccessario tentare di individuarci un affresco globale della concezione della vita (checché fosse nelle intenzioni dei registi).
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Ebbene sì, era ancora il 2003 quando due diplomandi, un italiano e una mongola, concessero questa piccola perla ai cinefili occidentali, ormai nauseati dalla colossale Hollywood, il "mostro" che non si ricicla. Periodo buono per commuovere "gli spettatori che contano", dunque.
Escludendo qualche ripresa un po' azzardata e qualche altro particolare meramente tecnico, siamo di fronte ad un prodotto quantomeno convincente. Considerandolo un documentario, un semplice documentario sulle tradizioni mongole più antiche, i fatti narrati non sono altro che il rifacimento davanti all'obbiettivo della vita nomade; una vita fresca e pura, ossigeno per l'occidente. Fermiamoci qui. Non è neccessario tentare di individuarci un affresco globale della concezione della vita (checché fosse nelle intenzioni dei registi). Si scadrebbe nell'immaturità artistica, nella goffa strumentalizzazione. E' il cammello nella steppa che piange. Non l'uomo.
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lunedì 2 aprile 2007
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e' il cammello che piange, non l'uomo.
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Ebbene sì, era ancora il 2003 quando due diplomandi, un italiano e una mongola, concessero questa piccola perla ai cinefili occidentali, ormai nauseati dalla colossale Hollywood, il "mostro" che non si ricicla. Periodo buono per commuovere "gli spettatori che contano", dunque.
Escludendo qualche ripresa un po' azzardata e qualche altro particolare meramente tecnico, siamo di fronte ad un prodotto quantomeno convincente.
La "strumentalizzazione" dei camelli, il loro utilizzo per scopi terzi, accennato dal Morandini nel dizionario, è una grana parzialmente evitata. Se però la iscriviamo nella realtà, lo scenario cambia. Mi spiego: considerandolo un documentario, un semplice documentario sulle tradizioni mongole più antiche, i fatti narrati non sono altro che il rifacimento davanti all'obbiettivo della vita nomade; una vita fresca e pura, ossigeno per l'occidente.
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Ebbene sì, era ancora il 2003 quando due diplomandi, un italiano e una mongola, concessero questa piccola perla ai cinefili occidentali, ormai nauseati dalla colossale Hollywood, il "mostro" che non si ricicla. Periodo buono per commuovere "gli spettatori che contano", dunque.
Escludendo qualche ripresa un po' azzardata e qualche altro particolare meramente tecnico, siamo di fronte ad un prodotto quantomeno convincente.
La "strumentalizzazione" dei camelli, il loro utilizzo per scopi terzi, accennato dal Morandini nel dizionario, è una grana parzialmente evitata. Se però la iscriviamo nella realtà, lo scenario cambia. Mi spiego: considerandolo un documentario, un semplice documentario sulle tradizioni mongole più antiche, i fatti narrati non sono altro che il rifacimento davanti all'obbiettivo della vita nomade; una vita fresca e pura, ossigeno per l'occidente. Fermiamoci qui. Non è neccessario tentare di individuarci un affresco globale del rapporto madre-figlio, o della concezione della vita (checché fosse nelle intenzioni dei registi). Si scadrebbe nell'immaturità artistica, nella goffa strumentalizzazione. E' il cammello nella steppa che piange. Non l'uomo.
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