nichel
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lunedì 21 maggio 2007
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un capolavoro assoluto
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Un capolavoro assoluto, non tanto per la tecnica (comunque eccellente) quanto per il contenuto eccezionale e per la trama perfetta, precisa come un orologio. Ma è sul piano del contenuto che il film entra di diritto nel panteon dei capolavori del cinema (e dell'arte in genere). Chi lo critica sotto questo punto di vista lo fa solo perchè lo TEME, teme i concetti semplici, esatti, lapalissiani che trapelano dal film; dall'incontro-scontro sanguinario con sè stessi, alla caduta del capitalismo per mano dell'anarchismo assoluto. Temete l'anarchia? E vi sembra umano il capitalismo?? Vi sempra libertà questa merda che ci circonda?? Siete davvero così deboli da scappare in una morale piuttosto che affrontare voi stessi? E in che modo siamo costretti ad affrontarci? A calci, pugni e morsi, come animali, perchè animali siamo, lo siamo sempre stati.
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Un capolavoro assoluto, non tanto per la tecnica (comunque eccellente) quanto per il contenuto eccezionale e per la trama perfetta, precisa come un orologio. Ma è sul piano del contenuto che il film entra di diritto nel panteon dei capolavori del cinema (e dell'arte in genere). Chi lo critica sotto questo punto di vista lo fa solo perchè lo TEME, teme i concetti semplici, esatti, lapalissiani che trapelano dal film; dall'incontro-scontro sanguinario con sè stessi, alla caduta del capitalismo per mano dell'anarchismo assoluto. Temete l'anarchia? E vi sembra umano il capitalismo?? Vi sempra libertà questa merda che ci circonda?? Siete davvero così deboli da scappare in una morale piuttosto che affrontare voi stessi? E in che modo siamo costretti ad affrontarci? A calci, pugni e morsi, come animali, perchè animali siamo, lo siamo sempre stati. E la disuguaglianza, l'ingiustizia che domina il mondo viene proprio dal rifiuto di accettare la nostra natura, noi stessi. E a metafora di ciò, Fincher ci propone il conflitto schizofrenico del protagonista; non sostiene la sua ragione, semplicemente affossa la nostra.
Un film pedagogico.
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[+] recensione illuminata
(di jarodillo)
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[+] si diceva, il sonno della ragione genera mostri!
(di karlov)
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raistlin
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venerdì 3 agosto 2007
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perchè ci si ostina a fare i critici...?
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Da qualche parte ho letto questa frase: "chi sa fare fa, chi non sa fare insegna e chi non sa neanche insegnare fa il critico..." , quando leggo certe recensioni (Lietta Tornabuoni...per intenderci) comprendo il senso di queste parole. E' triste, infatti, vedere certi personaggi nascondersi dietro un falso mestiere per sparare a zero sulle poche cose buone che ci vengono donate (che possono essere film, libri o altro) soltanto per ergersi a ruolo di saccenti. Non si accorgono che sembra, dalle loro recensioni, non abbiano neanche compreso il senso di fondo del film?
Contenti loro...au revoir.
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(di demetra)
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(di tyler durden)
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moro
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martedì 4 settembre 2007
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da uno scrittore eccezionale
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Forse si è parlato troppo poco di lui. Forse i critici, gli intellettuali che decidono il valore di un film in una colonnina di giornale non l'hanno mai letto, quel libro. Il suo autore, Chuck Palaniuk, rappresenta praticamente in ogni suo libro quella società malata, quell'individuo avulso dal sogno americano che a loro modo i beat rappresentavano negli anni della contestazione. Si può essere d'accordo o meno con le vie che i suoi personaggi utilizzano per fuggire, scappare e salvarsi alla loro stessa vita, ma resta innegabile che l'analisi che egli fa della società industriale, capitalista o come la vogliate chiamare (dipende dal partito preferito) è esatta. Forse non tutti penseranno al terrorismo come liberazione, forse non si finanzieranno con il lardo dei ciccioni, ma l'alienazione dell'uomo moderno è rappresentata perfettamente.
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Forse si è parlato troppo poco di lui. Forse i critici, gli intellettuali che decidono il valore di un film in una colonnina di giornale non l'hanno mai letto, quel libro. Il suo autore, Chuck Palaniuk, rappresenta praticamente in ogni suo libro quella società malata, quell'individuo avulso dal sogno americano che a loro modo i beat rappresentavano negli anni della contestazione. Si può essere d'accordo o meno con le vie che i suoi personaggi utilizzano per fuggire, scappare e salvarsi alla loro stessa vita, ma resta innegabile che l'analisi che egli fa della società industriale, capitalista o come la vogliate chiamare (dipende dal partito preferito) è esatta. Forse non tutti penseranno al terrorismo come liberazione, forse non si finanzieranno con il lardo dei ciccioni, ma l'alienazione dell'uomo moderno è rappresentata perfettamente. E nell'affannosa ricerca del divano che si intona con la personalità di Norton, ho rivisto l'assurda follia di troppe persone con cui ho lavorato... Caro Farinotti, cari critici tutti: più umiltà e meno formalismi dialettici, le cose che abbiamo intorno... chiamiamole col loro nome.
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aldo77
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lunedì 29 luglio 2002
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si deve combattere!!
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Fight Club è un film che lascia il segno, specialmente in coloro che da un determinato punto di vista si rispecchiano nel protagonista principale. Infatti alla fine ti rendi conto (nel mio caso ho rafforzato la mia convinzione) che noi non siamo uomini "liberi", ma macchine manovrate dal sistema e che ognuno di noi (chi più chi meno) ha bisogno di una "guida"
che ci faccia capire (in determinate situazioni) se un'azione che stiamo per compiere o che abbiamo compiuto sia veramente partita da noi o dal sistema che senza rendercene conto ci ha condizionato a tal punto da compierla.
A parte il discorso "filosofico" devo far notare la superba direzione di Fincher che come in The Game (o forse anche di più) ti fa credere di aver capito la svolgimento del film e poi negli ultimi 10 minuti.
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Fight Club è un film che lascia il segno, specialmente in coloro che da un determinato punto di vista si rispecchiano nel protagonista principale. Infatti alla fine ti rendi conto (nel mio caso ho rafforzato la mia convinzione) che noi non siamo uomini "liberi", ma macchine manovrate dal sistema e che ognuno di noi (chi più chi meno) ha bisogno di una "guida"
che ci faccia capire (in determinate situazioni) se un'azione che stiamo per compiere o che abbiamo compiuto sia veramente partita da noi o dal sistema che senza rendercene conto ci ha condizionato a tal punto da compierla.
A parte il discorso "filosofico" devo far notare la superba direzione di Fincher che come in The Game (o forse anche di più) ti fa credere di aver capito la svolgimento del film e poi negli ultimi 10 minuti... bè vedetevelo.
Ottime le scenografie ma soprattutto la musica che le accompagna, ottima anche la sceneggiatura e le interpretazioni di Pitt e Norton.
Comunque è un film che consiglio vivamente e al di fuori che vi possa o no piacere se non vi piace riflettere sulla realtà dei fatti, il messaggio di Fincher è piuttosto chiaro e per me giustissimo.
A voi giudicare.
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[+] un po' superficiale
(di tyler durden)
[ - ] un po' superficiale
[+] ottimo film.
(di wildcat77)
[ - ] ottimo film.
[+] una piccola sbavatura
(di wildcat77)
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[+] siamo la cantikiante e danzante merda d qst mondo!
(di il cuore spezzato d tyler)
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[+] niente picccola sbavatura
(di hbk)
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(di wildcat77)
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(di enryo)
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fabrizio cirnigliaro
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mercoledì 3 febbraio 2010
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le cose che possiedi alla fine ti possiedono
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Quando è uscita nelle sale cinematografiche questa pellicola ha suscitato molte polemiche, nonostante non abbia avuto un grande successo al botteghino. “Etichettato” come l’ “Arancia Meccanica” del secondo millennio per la violenza di certe immagini, Fight Club dopo l’uscita in Home video e grazie al passaparola è diventato un vero Cult Movie, e Tyler Durden è diventata l’icona di molti giovani.
Il film è tratto dal romanzo di Chuck Palahniuk scritto nel 1996, che ha avuto l’intuito di anticipare qualcosa che ancora non c’era. Dopo l’uscita dei film sarebbero spuntati da ogni parte del mondo dei Fight Club: ci sono dei “colletti bianchi” italiani che quasi settimanalmente si recano in Inghilterra per prendere parte a questi “combattimenti”.
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Quando è uscita nelle sale cinematografiche questa pellicola ha suscitato molte polemiche, nonostante non abbia avuto un grande successo al botteghino. “Etichettato” come l’ “Arancia Meccanica” del secondo millennio per la violenza di certe immagini, Fight Club dopo l’uscita in Home video e grazie al passaparola è diventato un vero Cult Movie, e Tyler Durden è diventata l’icona di molti giovani.
Il film è tratto dal romanzo di Chuck Palahniuk scritto nel 1996, che ha avuto l’intuito di anticipare qualcosa che ancora non c’era. Dopo l’uscita dei film sarebbero spuntati da ogni parte del mondo dei Fight Club: ci sono dei “colletti bianchi” italiani che quasi settimanalmente si recano in Inghilterra per prendere parte a questi “combattimenti”. Nel novembre del 1999 è poi nato “il movimento di Seattle”, che in Italia è stato etichettato con il termine “No Global”. Una delle critiche principali contro il G8 di Seattle era per denunciare il “peso politico “ che molte multinazionali esercitano ai grandi governi, per le loro scelte economiche, che spesso vanno a vantaggio delle Corporation e a svantaggio dei lavoratori e dei paesi più poveri. In Fight Club si mette alla berlina la società attuale, basata solo sul consumismo, ossessionata dai marchi e dall’aspetto estetico; riguardo al catalogo Ikea (che al mondo è più diffuso della Bibbia) il protagonista dice. “Una volta leggevamo pornografia, adesso siamo passati ad arredo mania”. La compagnia per cui lavora fa a capo ad una grossa corporation del settore automobilistico. Il suo compito è di stabilire il ritiro o meno di un’auto con un elemento difettoso, il tutto basato su un calcolo economico. Il fatto che ci siano delle auto in circolazione che mettono a repentaglio la vita dei cittadini, è un problema solo se il costo degli indennizzi da pagare è più alto del costo del ritiro di questo modello d’auto. Agli azionisti interessa solo questo. Gli slogan di Tyler Durden ricordano quelli utilizzati dai vari leader negli stati totalitari, il gruppo da lui formato non si limita alla lotta nei Fight Club, si evolve, dando vita al “Progetto Mayehm”. Si vestono di nero e mettono in subbuglio le città, attaccando tra l’altro le sedi d’importanti Corporation. Sembra che i Black Block siano nati da qui.. Il protagonista di questa pellicola non ha nessun nome, potrebbe essere chiunque, che vive una vita solo “consumando”, comprando oggetti che non riescono a colmare il vuoto di un’esistenza. Le scelte di ogni giorno possono riempire questo vuoto. Per ribellarsi contro questa società non è necessario incendiare cassonetti, auto o le sedi di una multinazionale. Lo si può fare leggendo un libro, riprendendo gli studi interrotti senza un valido motivo, decidendo se acquistare o meno prodotti di una certa marca. La responsabilità di queste scelte è solo nostra
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alex
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sabato 16 aprile 2005
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il male di vivere
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Decadente,ironico,cinico,Fight Club è tutto questo e molto ancora.
E' l'odissea di un uomo comune alla ricerca di se stesso; è anche la piccola-grande rivoluzione di quell'uomo nei confronti del mondo che lo circonda.
E' Taxi Driver ma corretto e riveduto,aggiornato all'epoca contemporanea.
E' il paradigma di ogni neverosi che tortura l'uomo moderno: paura delle malattie,frustrazioni sul lavoro,un amore catastrofico ed autodistruttivo.
Bravissimi gli interpreti,grande la colonna sonora e ottima fotografia:buia e decadente.
Un capolavoro che diverte,che fa riflettere e che non stanca mai. Si puo' vederlo e rivederlo cogliendone sempre un aspetto nuovo ed un nuovo spunto di riflessione.
Imperdibile in una collezione di film che si rispetti.
[+] oltre i pugni, la violenza, la superficie
(di checco)
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bevete la grappa di pino
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domenica 14 settembre 2008
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un lavoro geniale e allo stesso tempo manierista
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Fincher trova nel romanzo "Fight Club" di Chuck Palahniuk (la sceneggiatura è di Jim Uhls) pane per la sua critica alla socieà, iniziata con "Seven", dove ne era stato analizzato l'aspetto morale, e continuata con "The Game". Questa volta l'analisi riguarda il modus vivendi imposto dalla nostra socieà, ma lo stile è quello di sempre: caotico ma non gratuito, stordente ma non per questo poco chiaro, e caratterizzato da ipertecnicismo che sfiora il manierismo (fotografia di Jeff Cronenweth, musiche dei Dust Brothers, montaggio di James Haygood, scenografie di Alex McDowell. L'analisi del nostro tempo rende ragione alla complessità del romanzo originario, e come per il romanzo non sono state poche le polemiche: ed oggettivamente il film appare qualche volta confuso e autoreferenziale nella seconda parte: ma la capacità di provocare lo spettatore, soprattutto col cinismo e l'humour nero (geniale il modo in cui Tyler svolge le sue professioni al cinema e nei ristoranti) e di farlo riflettere attraverso una messa in scena ipertrofica e allo stesso tempo caratterizzata da un ordine interno stupefacente e tipicamente fincheriano.
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Fincher trova nel romanzo "Fight Club" di Chuck Palahniuk (la sceneggiatura è di Jim Uhls) pane per la sua critica alla socieà, iniziata con "Seven", dove ne era stato analizzato l'aspetto morale, e continuata con "The Game". Questa volta l'analisi riguarda il modus vivendi imposto dalla nostra socieà, ma lo stile è quello di sempre: caotico ma non gratuito, stordente ma non per questo poco chiaro, e caratterizzato da ipertecnicismo che sfiora il manierismo (fotografia di Jeff Cronenweth, musiche dei Dust Brothers, montaggio di James Haygood, scenografie di Alex McDowell. L'analisi del nostro tempo rende ragione alla complessità del romanzo originario, e come per il romanzo non sono state poche le polemiche: ed oggettivamente il film appare qualche volta confuso e autoreferenziale nella seconda parte: ma la capacità di provocare lo spettatore, soprattutto col cinismo e l'humour nero (geniale il modo in cui Tyler svolge le sue professioni al cinema e nei ristoranti) e di farlo riflettere attraverso una messa in scena ipertrofica e allo stesso tempo caratterizzata da un ordine interno stupefacente e tipicamente fincheriano. Gran cast in cui si distingue la Carter in un ruolo, la dark lady, per lei inusuale.
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(di kobayashi)
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enzoannio
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giovedì 9 aprile 2009
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ridicolo e diseducativo?
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Luoghi comuni? Fascismo? Ah, al diavolo... Nel caso in cui sei intelligente sai benissimo che non sono opportune generalizzazioni del tipo fascismo=violenza e sai anche benissimo che Stalin è stato il primo uomo su questo pianeta a chiudere i cancelli di un gulag. Se sei uno stupidone antifascista strumentalizzato da qualche idea "filo-socialista" ti do un consiglio: non studiare la storia dei testi scolastici manipolata da chi ha vinto una guerra; non abboccare a tutte le fandonie anti-violente i cui naviga l'ipocrisia comunista; esci dalla globalizzazione e dal finto buonismo, pensa con la tua testa, non ti fare film mentali autoconvincenti su un'idea sbagliata e non inserire la politica ovunque.
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Luoghi comuni? Fascismo? Ah, al diavolo... Nel caso in cui sei intelligente sai benissimo che non sono opportune generalizzazioni del tipo fascismo=violenza e sai anche benissimo che Stalin è stato il primo uomo su questo pianeta a chiudere i cancelli di un gulag. Se sei uno stupidone antifascista strumentalizzato da qualche idea "filo-socialista" ti do un consiglio: non studiare la storia dei testi scolastici manipolata da chi ha vinto una guerra; non abboccare a tutte le fandonie anti-violente i cui naviga l'ipocrisia comunista; esci dalla globalizzazione e dal finto buonismo, pensa con la tua testa, non ti fare film mentali autoconvincenti su un'idea sbagliata e non inserire la politica ovunque. Questo film esce dalla politica per affrontare temi antropologici. Questo film è una pietra miliare dell'anticonformismo e della lotta all'ipocrisia di banche, giornalismo, moda e quant'altro rovini e insulti l'intelletto e lo spirito vivo dell'uomo.
P.S.: non sono fascista (come avrai senz'altro capito), ma semplicemente odio i discorsi generalisti e di massa che individuano nel fascismo un "male assoluto". Di propaganda anti-buonista come quella di questo film dovremmo solo essere fieri e non fare i finti eroi anti-violenti.
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[+] perchè inserire la politica ovunque?
(di mr.pink321)
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ale
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lunedì 26 maggio 2008
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fincher "colpisce" ancora
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Dopo i sette peccati capitali di "Seven", Fincher colpisce ancora...E colpisce sul serio. Tratto dal libro omonimo "Fight Club", crudo e violento al punto giusto, sembra essere il tentativo di analizzare i meandri più profondi della psiche umana prendendo come cavia un insonne consulente per una casa automobilistica (Edward Norton) che sembra trovare un pò di pace nella sua frustrazione frequentando corsi d'ascolto per affetti da malattie incurabili. Il protagonista si troverà di lì a poco alle prese con il suo alter-ego (Brad Pitt), che si rivelerà presto come tutto ciò che avrebbe voluto essere e che non è riuscito a diventare. Dopo una serie di eventi i "due" fonderanno un club dove le persone possono combattere senza regole e senza conseguenze e tutto questo per divertimento.
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Dopo i sette peccati capitali di "Seven", Fincher colpisce ancora...E colpisce sul serio. Tratto dal libro omonimo "Fight Club", crudo e violento al punto giusto, sembra essere il tentativo di analizzare i meandri più profondi della psiche umana prendendo come cavia un insonne consulente per una casa automobilistica (Edward Norton) che sembra trovare un pò di pace nella sua frustrazione frequentando corsi d'ascolto per affetti da malattie incurabili. Il protagonista si troverà di lì a poco alle prese con il suo alter-ego (Brad Pitt), che si rivelerà presto come tutto ciò che avrebbe voluto essere e che non è riuscito a diventare. Dopo una serie di eventi i "due" fonderanno un club dove le persone possono combattere senza regole e senza conseguenze e tutto questo per divertimento. La violenza in "Fight Club" è lo sfogo: la sua componente taboo svanisce per lasciar posto a quella perversa e divertente. Un tocco registico unico ed esilarante con un contorno di un'interpretazione magistrale da parte di Norton e di Pitt che mostrano ancora una volta un'abilità geniale e superba, hanno reso questo film uno dei più grandi capovalori del cinema moderno.
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tony montana
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lunedì 18 ottobre 2010
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capolavoro di fine millennio
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Prima regola del Fight Club: non parlate mai del Fight Club;
Seconda regola del Fight Club: non dovete parlare mai del Fight Club;
Terza regola del Fight Club: se qualcuno grida basta, si accascia, è spompato, fine del combattimento;
Quarta regola del Fight Club: si combatte solo due per volta;
Quinta regola del Fight Club: un combattimento alla volta;
Sesta regola del Fight Club: niente camicia, niente scarpe;
Settima regola del Fight Club: i combattimenti durano per tutto il tempo necessario;
Ottava regola del Fight Club: se questa è la prima sera al Fight Club, dovete combattere!
Un film cattivo e nichilista condito da una violenza fuori dal normale, che lo rende realisticamente duro e crudo, pieno di risvolti psicologici e denunce verso una società oramai in ginocchio.
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Prima regola del Fight Club: non parlate mai del Fight Club;
Seconda regola del Fight Club: non dovete parlare mai del Fight Club;
Terza regola del Fight Club: se qualcuno grida basta, si accascia, è spompato, fine del combattimento;
Quarta regola del Fight Club: si combatte solo due per volta;
Quinta regola del Fight Club: un combattimento alla volta;
Sesta regola del Fight Club: niente camicia, niente scarpe;
Settima regola del Fight Club: i combattimenti durano per tutto il tempo necessario;
Ottava regola del Fight Club: se questa è la prima sera al Fight Club, dovete combattere!
Un film cattivo e nichilista condito da una violenza fuori dal normale, che lo rende realisticamente duro e crudo, pieno di risvolti psicologici e denunce verso una società oramai in ginocchio. Fincher è a dir pocomagistrale nell’interpretazione del romanzo. Egli, infatti, rappresenta egregiamente le atmosfere cupe di Palahniuk, i crudissimi combattimenti del Fight Club e la spaventosa ambiguità del protagonista, riuscendo dove molti altri avrebbero sicuramente fallito. Rimodellando il finale per un effetto “più realistico” il nominato regista dimostra a tutti lasua vera bravura; criticato maggiormente da una manciata di noiosi critici, egli riesce a creare un film iconoclasta, emblema dell’anticonformismo diventando immediatamente un film di culto. A contribuire ancor di più al successo sono gli attori.Brad Pitt è sublime nel suo ruolo, perfetto nei panni del pazzo anarchico e furioso sfoggia per il 90% del film tutta la sua bellezza interpretativa e il fisico marmoreo che forse un po’ cozza con i tanto acclamati ideali Durdeniani; un Norton a suo agio nei panni delloschizofrenico, messo un po’ in disparte dal compagno, dimostra comunque un notevole talento e una grande espressività. A chiudere il cerchio una Helena Bonham Carter che rappresenta tutto l’universo femminile di cui necessita il protagonista, dotata di un carisma fuori dal comune e di una femminilità fuori dal convenzionale. Un capolavoro sotto diversi punti di vista, denso di significati e dicritiche verso uno stile di vita americano, racchiudendo in sé tutto il talento letterario diPalahniuk e arricchito dalla bravura di un Fincher in grande forma. Un cult del cinema di fine millennio che nessuno dovrebbe perdersi. E ricordate, dopo aver visto Fight Club, non dite a nessuno di averlo visto: è la regola.
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