inside man
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mercoledì 2 gennaio 2008
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capolavoro da tramandare
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Due uomini, Delon e Volonte, sono in un terreno, soli (campo lungo). Si sono incontrati forse per caso, diffidano l’uno dell’altro, la musica è dissonante (qui un raro caso di utilizzo linguistico della colonna sonora, non solamente in funzione emotiva). Scambiano qualche frase, mentre le rispettive inquadrature “di quinta” hanno angolature sempre più ravvicinate, intercalate ad altri campi lunghi. I personaggi cominciano ad intendersi (le note delineano un’abbozzo di melodia). Ancora brevi battute, sguardi soprattutto, in un montaggio alternato e secco, fino a quando il feeling diviene totale, i piani si stringono, la musica si diffonde. Una simbolica offerta di sigaretta e partono i primi piani, tremendi, uno di fronte all’altro, a sancire un’amicizia, una complicità totale che durerà fino alla morte di entrambi (finalmente una pausa ed un nuovo campo lunghissimo dei due “soci” solitari a cui presto si aggregherà un terzo ancor più disilluso compagno).
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Due uomini, Delon e Volonte, sono in un terreno, soli (campo lungo). Si sono incontrati forse per caso, diffidano l’uno dell’altro, la musica è dissonante (qui un raro caso di utilizzo linguistico della colonna sonora, non solamente in funzione emotiva). Scambiano qualche frase, mentre le rispettive inquadrature “di quinta” hanno angolature sempre più ravvicinate, intercalate ad altri campi lunghi. I personaggi cominciano ad intendersi (le note delineano un’abbozzo di melodia). Ancora brevi battute, sguardi soprattutto, in un montaggio alternato e secco, fino a quando il feeling diviene totale, i piani si stringono, la musica si diffonde. Una simbolica offerta di sigaretta e partono i primi piani, tremendi, uno di fronte all’altro, a sancire un’amicizia, una complicità totale che durerà fino alla morte di entrambi (finalmente una pausa ed un nuovo campo lunghissimo dei due “soci” solitari a cui presto si aggregherà un terzo ancor più disilluso compagno). Per me questa scena, LA SCENA, è l’essenza pura del cinema, una specie di elisir finale stile “Profumo”, summa e sublime paradigma di quali potenzialità d’espressione sia capace il linguaggio cinematografico nelle mani di un grande artista. “Le cercle rouge” è il vertice del talento di Melville; se ne “Le samurai” il suo stile era sposato ad una storia arida e nichilista di un rigore probabilmente troppo bressoniano, qui egli trova l’anima e il sentimento a far quadrare il cerchio della sua poetica dominata dall’ineluttabilità del destino. E’ quest’ultimo infatti, nelle moderne tragedie melvilliane, a decidere degli eventi, ed i suoi eroi, senza retorica, non possono far altro che ritagliarsi momenti e legami indissolubili da cui trarre le uniche sensazioni vitali. I personaggi fieri ed irreali di Melville, riescono sempre a lasciare un segno in vicende governate sin dal principio dal fato, “ove tutto è già scritto”. Il film vede anche le migliori interpretazioni in carriera di Montand e Bourvil, il primo in un ruolo sofferto e tormentato, il secondo nella parte del caparbio poliziotto, nostalgico alter-ego del protagonista (com’era in voga sempre più spesso da “Sentieri Selvaggi” in poi). Indimenticabili anche le splendide scene della rapina (montaggio e tensione micidiali, con la particolarità che è muta, della durata esatta di 20 minuti, con un’unica battuta allo scoccare del 10 minuto) ed il piano-sequenza finale di Bourvil, con carrellata all’indietro, enigmatico omaggio all’attore morto subito dopo il termine delle riprese. Capolavoro da tramandare.
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alessandra verdino
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domenica 19 agosto 2007
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esistenzialismo
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Un immenso film di Melville.
Un film che sa riunire l'essenza di questo grande regista: il caso, la solitudine, il modo di vivere, il tutto nascosto sotto una trama poliziesca profondamente avvincente.
Alcuni uomini che non si conoscono affatto si riuniscono per compiere un grosso furto.
Ed ecco il caso, l'incontro fortuito tra di loro.
Il caso, quindi le sorprese della vita.
Da ciò vengono messe in luce le esistenze di questi personaggi.
Si tratta di una trama nascosta sotto un involucro di suspence, che rispecchia il cinema di Melville.
L'immagine della periferia, i lunghi silenzi, il senso della solitudine e del fato (come "Le Samourai").
Su tutto giganteggia la bravura di tre splendidi attori: Delon, Montand, Volontè.
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Un immenso film di Melville.
Un film che sa riunire l'essenza di questo grande regista: il caso, la solitudine, il modo di vivere, il tutto nascosto sotto una trama poliziesca profondamente avvincente.
Alcuni uomini che non si conoscono affatto si riuniscono per compiere un grosso furto.
Ed ecco il caso, l'incontro fortuito tra di loro.
Il caso, quindi le sorprese della vita.
Da ciò vengono messe in luce le esistenze di questi personaggi.
Si tratta di una trama nascosta sotto un involucro di suspence, che rispecchia il cinema di Melville.
L'immagine della periferia, i lunghi silenzi, il senso della solitudine e del fato (come "Le Samourai").
Su tutto giganteggia la bravura di tre splendidi attori: Delon, Montand, Volontè.
Delon inchioda con lo sguardo, abituato a muoversi in un cinema quasi muto, costruito con la sua solitudine esistenziale, con la sua bravura e complessità.
Montand ha caratteristiche simili, ma più di movimento.
Volontè è l'uomo d'azione, anche se sa smarrirci con lo sguardo.
Qui, più che di una rapina, si parla di esistenzialismo, ossia del bene e del male della vita.
Grandissimo esempio di cinema, perchè è nascosto dietro a sensazioni, ed a una trama complessa e avvincente.
Incontrarsi è sempre un caso.
Come la vita.
E il suo dipanarsi è fatto di frasi dette e non dette, e di lunghi silenzi.
Di solitudine e d'azione.
Insomma, è il modo di vivere.
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luca scialò
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mercoledì 13 luglio 2011
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destini di fuorilegge che si incrociano
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Un uomo, appena uscito di prigione, finisce per rimettersi nel giro, mettendosi contro il suo ex capo portandogli via dei soldi. Parallelamente, un uomo sotto arresto riesca a scappare. I due finiranno per incontrarsi e collaborare. Essendo molto ambiziosi, non perderanno tempo a progettare il grande colpo. Ma con la polizia alle spalle e alcuni nemici vecchi e nuovi, per loro non sarà facile.
Film poliziesco tra gli ultimi e forse più riusciti di Jean-Pierre Melville. Pochi dialoghi, quanto bastano. Perché a riempire i vuoti ci pensano due grandi attori quali Alain Delon e il nostro Gian Maria Volonté; all'epoca apprezzatissimo in Fracia, ancor più che in Italia
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ralphscott
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sabato 24 novembre 2012
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inevitabilmente
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Cupo polar che regge su fascino e bravura di tre mostri sacri del genere,ma anche e soprattutto su una sceneggiatura che non fa una grinza. Il commissario è un gelido mastino che,quando sembrerebbe aver desistito,assesta la mossa vincente. I tre protagonisti,uniti dal fato e dalla disperazione,corrono speditamente incontro ad un tragico destino. Straordinaria la maschera di Montand,ex poliziotto alla deriva tormentato dai demoni dell'alcool:per lui la rapina è sfida a se stesso,illusione di rivalsa. Due ore e venti di tensione.
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gianleo67
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martedì 28 maggio 2013
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colpo gobbo a place de la vendôme
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Impassibile criminale dalla faccia d'angelo appena uscito dal carcere incrocia, per un fortuito gioco del caso, pericoloso prigioniero fuggito dal treno che lo stava trasferendo da Nizza a Parigi. I due progettano di realizzare un mirabolante colpo nel cavou superprotetto di una gioelleria, assoldando allo scopo un ex poliziotto già campione di tiro. Il colpo riesce alla perfezione ma i due non hanno fatto i conti con i rispettivi inseguitori che alla fine stringeranno attorno a loro la morsa tenace di una trappola mortale.
Polar che si stinge nel brumoso livore di un ambientazione cupa, tra l'uggioso grigiore di una Marsiglia raggelata e placida, lo sfavillante rendenz vous di ammiccanti coreografie da streap club, l'ocra terrigno di lande rurali teatro di precipitose scorribande criminali ed una Parigi sonnacchiosa splendidamente fotografata da Henri Decaë negli esterni artificiosi di una 'notte americana'.
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Impassibile criminale dalla faccia d'angelo appena uscito dal carcere incrocia, per un fortuito gioco del caso, pericoloso prigioniero fuggito dal treno che lo stava trasferendo da Nizza a Parigi. I due progettano di realizzare un mirabolante colpo nel cavou superprotetto di una gioelleria, assoldando allo scopo un ex poliziotto già campione di tiro. Il colpo riesce alla perfezione ma i due non hanno fatto i conti con i rispettivi inseguitori che alla fine stringeranno attorno a loro la morsa tenace di una trappola mortale.
Polar che si stinge nel brumoso livore di un ambientazione cupa, tra l'uggioso grigiore di una Marsiglia raggelata e placida, lo sfavillante rendenz vous di ammiccanti coreografie da streap club, l'ocra terrigno di lande rurali teatro di precipitose scorribande criminali ed una Parigi sonnacchiosa splendidamente fotografata da Henri Decaë negli esterni artificiosi di una 'notte americana'. Come suggerisce e anticipa l'epigrafe zen che campeggia sui titoli di testa, una saggezza antica sembra segnare i percorsi obbligati di uomini sconosciuti (i 'senza nome' del titolo italiano) nel loro tragitto verso l'inevitabile rendez vous di un sorte condivisa, come le dinamiche convergenti di destini ineluttabili che perseguono l'impassibile traiettoria di un implacabile tiro al bersaglio, nel cerchio rosso di un epilogo ferale. Ritmo serrato e implacabile di un meccanismo perfetto che scandisce i tempi di azioni parallele, nel vortice inarrestabile di una rassegnato fatalismo dove tutti, buoni e cattivi, guardie e ladri pagamo lo scotto di una primitiva cattività (tutti sono sospettati ed hanno relazioni con tutti fino all'inganno finale di una beffarda simulazione, alla messa in scena di un crimine contro il crimine).
A parte l'artificio letterario di un improbabile sodalizio tra criminali in fuga che intercettano con tacita empatia le reciproche affinità elettive (classico meccanismo di un cinema di genere che lancia i dadi di un universo arbitrario e beffardo e che sembra rispondere alla logica cartesiana di una assiomatica preordinazione degli eventi) il film sviluppa efficacemente le articolate traiettorie di azioni individuali che convergono verso un destino collettivo di tragica ineluttabilità,grazie alla studiata simmetria del montaggio e ad una regia che dipana con pazienza certosina la intricata matassa di un groviglio di relazioni, regalando momenti di memorabile efficacia: la rocambolesca fuga dal treno in corsa di un Volontè dalla faccia sporca, la studiata professionalità del colpo milionario, la beffarda convergenza di peccati originali che reclamano il triste scotto di un inevitabile fallimento.
A torto od a ragione osannata o sottovalutata dalla critica, si tratta di una produzione di genere che conta su di una scrittura sobria ed efficace, sulla perentorietà del linguaggio registico e sulle solide caratterizzazioni di una compagine di professionisti del noir d'oltralpe tra cui l'ineffabile e fascinoso Delon, lo sguardo ribelle di un arruffato Volontè, il riscatto orgoglioso di un Yves Montand quale infallibile cecchino affetto da delirum tremens e la sottile ambiguità di uno straordinario André Robert Raimbourg (in arte Bourvil) nei panni dell'implacabile commissario Mattei, biondo dioscuro della polizia criminale parigina che ha tre gatti ed una lista assai più lunga di fedeli informatori. Colpo gobbo a Place de la Vendôme.
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cinofilo_bau
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lunedì 12 maggio 2008
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ochio all'intonaco!!!
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Curioso come accade che di certe cose si serbi un ricordo così intenso di un particolare, da annebbiare tutto il resto.
Di questo bel film di Melville ricordo sopratutto un paio di scedne che hanno per protagonista Montand: il suo delirium tremens dovuto ad astinenza etilica, durante il quale vede pipistrelli e ragni sbucare fuori da inesnìistenti crepe nel muro della sua stanza (bellissimo!!!) e un'altra nella quale il medesimo si riscatta sparando, con precisone degna di un accolito della lega della temperanza, una pallottola di una speciale lega nella serratura di una porta blindata situata in una stanza di impossibile accesso. Non lo nego: io sono un fanatico appassionato del cinema americano tra le due guerre.
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Curioso come accade che di certe cose si serbi un ricordo così intenso di un particolare, da annebbiare tutto il resto.
Di questo bel film di Melville ricordo sopratutto un paio di scedne che hanno per protagonista Montand: il suo delirium tremens dovuto ad astinenza etilica, durante il quale vede pipistrelli e ragni sbucare fuori da inesnìistenti crepe nel muro della sua stanza (bellissimo!!!) e un'altra nella quale il medesimo si riscatta sparando, con precisone degna di un accolito della lega della temperanza, una pallottola di una speciale lega nella serratura di una porta blindata situata in una stanza di impossibile accesso. Non lo nego: io sono un fanatico appassionato del cinema americano tra le due guerre. Melville pure lo era e qui si vede. Ho apprezzato di piu altri films di Melville ( primi tra tutti: "i ragazzi terribili" e "il silenzio del mare", ma la mano felice del regista si fa apprezzare anche qui, in questa opera che forse strizza di più l'occhio a certo cinema commerciale, ma che rimane sempre e comunque di ottimo livello.
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[+] pipistrelli
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