Il principale difetto di questo film è quello di essere stato realizzato troppo tardi, quando il western all’italiana è ormai finito, soffocato dall’affermazione di altri generi e dalla deriva comicarola seguita al successo di Trinità. Il secondo punto di debolezza è costituito dalla scelta per il ruolo del protagonista di Maurizio Merli, all’epoca re del poliziesco all’italiana, troppo caratterizzato nei ruoli di commissario perché il pubblico potesse accettare la sua tardiva conversione al western. Peccato perché il film è tutt’altro che disprezzabile. Cupo e crepuscolare rafforza l'impressione di un genere arrivato al capolinea riprende un po’ le atmosfere di Keoma, il film che viene considerato l’epitaffio del western all’italiana.
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Il principale difetto di questo film è quello di essere stato realizzato troppo tardi, quando il western all’italiana è ormai finito, soffocato dall’affermazione di altri generi e dalla deriva comicarola seguita al successo di Trinità. Il secondo punto di debolezza è costituito dalla scelta per il ruolo del protagonista di Maurizio Merli, all’epoca re del poliziesco all’italiana, troppo caratterizzato nei ruoli di commissario perché il pubblico potesse accettare la sua tardiva conversione al western. Peccato perché il film è tutt’altro che disprezzabile. Cupo e crepuscolare rafforza l'impressione di un genere arrivato al capolinea riprende un po’ le atmosfere di Keoma, il film che viene considerato l’epitaffio del western all’italiana. La scelta di far muovere la storia in uno scenario quasi surreale, tra fango e nebbia, secondo quanto raccontato anni dopo dal regista Sergio Martino, non sarebbe figlia di una prova di stile ma della necessità di nascondere in qualche modo le pecche degli studi della Elios ormai fatiscenti. Tra le scene rimaste nella memoria ci sono quelle iniziali, quando la mannaja di Merli, alisa Merton Blade, stacca di netto la mano di Donald O’Brien nei panni di Burt Craven. Numerose sono le citazioni e i riferimenti possibili, primo fra tutti Zagor, il personaggio dei fumetti di Sergio Bonelli fino al fango del primo Django e ai cani feroci inseriti da Lucio Fulci in Le Colt cantarono la morte e fu tempo di massacro. Interessante anche la scelta di una colonna sonora asincrona rispetto allo svolgimento dell’azione con le musichette allegre ad accompagnare le scene di violenza. Rivisto oggi mantiene una forza drammatica e una tensione che altri film del genere hanno perso. Il critico Tom Betts lo considera uno dei western all'italiana da non perdere.
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