riccardo-87
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mercoledì 30 dicembre 2009
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inno alla giovinezza
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Beethoven scrisse l’inno alla gioia; questo film invece è un inno alla giovinezza, che racchiude in sé molto più di quanto non si sia colto, almeno di frequente. Lo spunto della favola nel reale- in effetti, come dice Wendy, Peter Pan è conosciuto come una favola anche nel film stesso,dato che il libro che l’anziana signora mostra a Peter per “ricordargli chi è” narra appunto delle sue storie-, l’importanza di ricordarsi che non si smette mai di essere un po’ bambini- e guai a chi se lo scordasse, perché perderebbe l’emozione del “vivere” che,come dice Peter alla fine, “può essere un’avventura straordinaria”; l’importanza della favola e il vivere per la favola; il non invecchiare interiormente, la serietà del bambino nel giuoco, e dunque la vita come un eterno serio giocare; la condanna “dell’avvocato- ma potremmo dire di qualsiasi uomo- ossessionato dal successo e che non ha mai tempo per la moglie e per i figli”; e ancora la ritrovata centralità della famiglia, dei valori umani, delle persone ,dei sentimenti, passioni, volizioni e quindi, in una, la ritrovata centralità della vita e della gioia di vivere.
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Beethoven scrisse l’inno alla gioia; questo film invece è un inno alla giovinezza, che racchiude in sé molto più di quanto non si sia colto, almeno di frequente. Lo spunto della favola nel reale- in effetti, come dice Wendy, Peter Pan è conosciuto come una favola anche nel film stesso,dato che il libro che l’anziana signora mostra a Peter per “ricordargli chi è” narra appunto delle sue storie-, l’importanza di ricordarsi che non si smette mai di essere un po’ bambini- e guai a chi se lo scordasse, perché perderebbe l’emozione del “vivere” che,come dice Peter alla fine, “può essere un’avventura straordinaria”; l’importanza della favola e il vivere per la favola; il non invecchiare interiormente, la serietà del bambino nel giuoco, e dunque la vita come un eterno serio giocare; la condanna “dell’avvocato- ma potremmo dire di qualsiasi uomo- ossessionato dal successo e che non ha mai tempo per la moglie e per i figli”; e ancora la ritrovata centralità della famiglia, dei valori umani, delle persone ,dei sentimenti, passioni, volizioni e quindi, in una, la ritrovata centralità della vita e della gioia di vivere. Tutto questo è “Hook- capitano uncino”, che immerge lo spettatore in una storia che trascende tempo ed età, tra “il sogno e la veglia”. l'unico difetto che gli si può trovare è che forse questo film vuol dire più di quanto non possa contenere, volendo a mio avviso da una parte essere una favola magica dall'altra una decisa critica al mondo e all'uomo d'oggi;tuttavia è da ritenersi come uno dei film che offre - per chi sa leggere è chiaro- più spunti di riflessione e che fa da degno seguito di "le avventure di peter pan", capolavoro senza tempo di Walt Disney.
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(di renato c.)
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fedson
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mercoledì 27 febbraio 2013
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cosa sarebbe il mondo senza capitan uncino?
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E se Peter Pan diventasse grande? Provate a immaginarvelo: grande e grosso, un papà sulla quarantina, dal carattere scontroso e che magari fa anche l'avvocato. Aggiungetegli un paio di occhiali, un pizzico di serietà di troppo e otterrete un vecchio e grasso Peter Pan! Con questo buffo prototipo, Steven Spielberg fa vestire i panni del leggendario bambino che si rifiuta di crescere ad un eclettico Robin Williams che dovrà vedersela faccia a faccia con un ritorno al suo passato e alle sue radici, per scoprire chi è stato, chi è e chi sarà per sempre: Peter Pan! Ormai cresciuto, con moglie e figli, Peter si ritrova come un uomo che ha perso la capacità di crescere, di credere e di sognare e, di conseguenza, di essere se stesso.
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E se Peter Pan diventasse grande? Provate a immaginarvelo: grande e grosso, un papà sulla quarantina, dal carattere scontroso e che magari fa anche l'avvocato. Aggiungetegli un paio di occhiali, un pizzico di serietà di troppo e otterrete un vecchio e grasso Peter Pan! Con questo buffo prototipo, Steven Spielberg fa vestire i panni del leggendario bambino che si rifiuta di crescere ad un eclettico Robin Williams che dovrà vedersela faccia a faccia con un ritorno al suo passato e alle sue radici, per scoprire chi è stato, chi è e chi sarà per sempre: Peter Pan! Ormai cresciuto, con moglie e figli, Peter si ritrova come un uomo che ha perso la capacità di crescere, di credere e di sognare e, di conseguenza, di essere se stesso. Dopo il rapimento dei suoi figli, l'unica cosa che gli rimane è un messaggio inchiodato al muro firmato "Giacomo Uncino". Uncino è tornato, e con lui anche i famigerati bucanieri, i bimbi sperduti, le sirene ed altre creature fiabesche. Sarà proprio Trilly, fidata fatina col quale Peter Pan è cresciuto, a convincere il burbero avvocato a ritornare a combattere il suo acerrimo nemico, Uncino, per riavere i suoi figli, la sua infanzia e tutto ciò che ha lasciato all'Isola che non c'è. Con questa incantevole sceneggiatura, il Padre di E.T. fa il suo ritorno nel mondo della fantasia, proponendoci una bellissima storia, forziere di perle magiche e nostalgiche, in grado di trascinarci, insieme a Peter Pan, verso il luogo più desiderato da ogni bambino al mondo, un luogo ove tutto è possibile e dove è l'immaginazione a popolarlo: l'isola che non c'è! Portata alla realtà da una grande accoppiata di scenografie ed effetti speciali (da vero Premio Oscar), la Neverland di Spielberg viene dotata di un potere così magico e coinvolgente da far venire veramente voglia di essere lì con Peter Pan e i bimbi sperduti a giocare e ridere e scherzare e combattere con i pirati, senza crescere mai! Gran parte dell'incanto viene affidato alle mani di immensi attori quali il vincitore del premio Oscar, Dustin Hoffman, con baffi, trucco e parrucco che lo rendono Il Vero Capitan Unicno (candidato al Golden Globe); ed un convincentissimo Robin Williams, nei panni dell'avvocato-Pan pronto a reindossare spada e calzamaglia per diventare l'immortale Peter Pan! La stupefacente colonna sonora composta da John Williams poi, caro amico di Spielberg, aggiunge al calderone magico quel pizzico in più di fantasia che renderà il film un vero e proprio sogno ad occhi aperti; un sogno dal quale noi stessi vorremmo non svegliarci mai per rimanere per sempre in questo luogo incantato e popolato da creature fatate e fantastiche, portandoci in una dimensione immortale nel tempo e dove nessuno di noi vorrebbe mai crescere. Dimensione resa ancora più magica ed epica dalla presenza di personaggi leggendari ed incancellabili (buoni e cattivi), che rimarranno per sempre nei nostri cuori. Dopotutto, cosa sarebbe il mondo senza Capitan Uncino?
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gianni lucini
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mercoledì 21 settembre 2011
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ottanta milioni di dollari per un sogno
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Ottanta milioni di dollari spesi per realizzare un sogno coltivato a lungo. Per lungo tempo Steven Spielberg insegue l’idea di portare sullo schermo la storia di Peter Pan e di Neverland, l’Isola Che Non C’è. Non è solo un capriccio. Nelle vicende del Ottantabambino “che non voleva crescere” nato nel 1902 dalla fantasia dello scrittore scozzese James Matthew Barrie, infatti, si possono ritrovare molti dei pilastri che sorreggono il suo immaginario e personale universo narrativo: il rifiuto della corruzione del tempo sugli istinti e sulla libertà personale, l’accettazione e l’inclusione della diversità, il rapporto estremamente soggettivo con lo scorrere del tempo o l’esistenza di luoghi e universi diversi il cui accesso è regolato dalla disponibilità soggettiva.
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Ottanta milioni di dollari spesi per realizzare un sogno coltivato a lungo. Per lungo tempo Steven Spielberg insegue l’idea di portare sullo schermo la storia di Peter Pan e di Neverland, l’Isola Che Non C’è. Non è solo un capriccio. Nelle vicende del Ottantabambino “che non voleva crescere” nato nel 1902 dalla fantasia dello scrittore scozzese James Matthew Barrie, infatti, si possono ritrovare molti dei pilastri che sorreggono il suo immaginario e personale universo narrativo: il rifiuto della corruzione del tempo sugli istinti e sulla libertà personale, l’accettazione e l’inclusione della diversità, il rapporto estremamente soggettivo con lo scorrere del tempo o l’esistenza di luoghi e universi diversi il cui accesso è regolato dalla disponibilità soggettiva. Il regista però, nonostante le sollecitazioni di Disney e Paramount non è disponibile a riproporre, sia pur con qualche aggiustamento di sceneggiatura, la stessa storia già raccontata dal celebre film d’animazione della Disney del 1953. Più che dall’inizio del lavoro letterario di Barrie («Tutti i bambini crescono, meno uno») Spielberg vorrebbe indagare quel che accade dopo la conclusione, quando Wendy alla finestra guarda la figlia Jane che se ne vola via con Peter, verso l’Isola Che Non C’è. Vorrebbe raccontare una storia che inizi da lì, dalle righe finali in cui lo scrittore commenta: «…mentre state guardando Wendy vedete i suoi capelli diventare bianchi, perché tutto ciò è accaduto molto tempo fa….». Che fine fa Peter Pan? Come vive e dove? Come può un Peter Pan invecchiato essere la chiave per entrare nella dimensione antica dell’Isola Che Non C’è?. L’illuminazione arriva da un soggetto dello scrittore e sceneggiatore James V. Hart, detto Jim. È lui il primo a individuare la chiave giusta per raccontare il seguito delle vicende narrate da Barrie in un Capitan Uncino sopravvissuto al coccodrillo e animato dal desiderio di rivivere gli antichi scontri con il suo vecchio rivale Peter Pan. Il vecchio pirata diventa così l’elemento centrale e caratterizzante della narrazione filmica fin dal titolo. Lui fornisce a Peter e agli spettatori gli elementi che segnano il passaggio dal reale all’alterità dell’Isola Che Non C’è. Sono la sua spada e la lettera le prime percezioni materiali del mondo parallelo nella vita dell’inconsapevole e immemore ex “bambino che non voleva crescere”.
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vapor
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martedì 12 agosto 2014
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seconda stella a destra e poi... addio peter!
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Non lascio di solito commenti su film che sono fissati nell'immaginario di tutti, pellicole intramontabili che hanno fatto la storia del cinema degli ultimi 30 anni. Stavolta invece voglio aggiungere alla scia di commenti positivi una menzione speciale per Robin Williams, un attore di quelli come pochi se ne son visti, veramente particolare, che è sempre riuscito a rendere speciale ogni film che ha girato. Se ad esempio penso a Hook-capitan uncino mi rendo conto che i singoli elementi che lo compongono presi isolatamente non sarebbero granchè, se analizzato in dettaglio non sarebbe più di un film-tv. Ma è proprio questo il caso in cui la performance di Robin Williams è riuscita da sola a legare tutti gli elementi anche mediocri del film e farne magicamente un gran film.
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Non lascio di solito commenti su film che sono fissati nell'immaginario di tutti, pellicole intramontabili che hanno fatto la storia del cinema degli ultimi 30 anni. Stavolta invece voglio aggiungere alla scia di commenti positivi una menzione speciale per Robin Williams, un attore di quelli come pochi se ne son visti, veramente particolare, che è sempre riuscito a rendere speciale ogni film che ha girato. Se ad esempio penso a Hook-capitan uncino mi rendo conto che i singoli elementi che lo compongono presi isolatamente non sarebbero granchè, se analizzato in dettaglio non sarebbe più di un film-tv. Ma è proprio questo il caso in cui la performance di Robin Williams è riuscita da sola a legare tutti gli elementi anche mediocri del film e farne magicamente un gran film. Scegliere Williams per questo ruolo è stato azzeccatissimo, vista la sua natura naturalmente infantile e giocosa, come di quelle persone che sembrano avere un eterno ragazzino nel corpo di un adulto; e sia lecito credere che Spielberg abbia cucito il personaggio del peter pan attempato direttamente su questo grande attore, che non solo mostrava di possedere il "physique du rôle" ma ne era la perfetta incarnazione. In ogni caso il cast stellare, la storia così fiabesca e la grande regia hanno trovato nel protagonista il vero punto di forza, grazie al quale Hook è quel bel film che tutti ricordano. Perchè Robin Williams l'artista aveva davvero quella capacità di dare un senso ad ogni ruolo impersonato, ad ogni copione recitato. Tranne quello della sua vita personale probabilmente, o della sua vita interiore. E' proprio lui a dire per bocca di Peter "tanto quando arriva la tua ora te ne devi andare". Perciò addio.
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valis.91
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lunedì 26 dicembre 2011
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un film per adulti e bambini
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Spielberg accetta la sfida difficile di produrre un sequel della celeberrima favola di J.M. Barrie, riuscendo a creare una trama ben congegnata con un cast, a dir poco, stellare: Robin Williams veste i panni di un Peter Pan adulto, irriconoscibile nel ruolo di padre di famiglia, troppo impegnato nella carriera di avvocato tanto da trascurare i figli e soprattutto con una grande paura di volare. Il regista è geniale nel costruire l'intreccio della vicenda, recuperando due vecchi personaggi già incontrati nella storia originale per risvegliare la coscienza di Peter : il capitano Giacomo Uncino (un magistrale Dustin Hoffmann), vero motore dell'opera, che non solo rapisce i figli ma cerca di portarli dalla propria parte e la fatina Trilli(la peperina Julia Roberts), la quale riporta il protagonista nell'Isola-che-Non-C'è e lo aiuta ad essere riconosciuto dalla tribù di Bimbi Sperduti per contare sul loro appoggio nella battaglia finale.
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Spielberg accetta la sfida difficile di produrre un sequel della celeberrima favola di J.M. Barrie, riuscendo a creare una trama ben congegnata con un cast, a dir poco, stellare: Robin Williams veste i panni di un Peter Pan adulto, irriconoscibile nel ruolo di padre di famiglia, troppo impegnato nella carriera di avvocato tanto da trascurare i figli e soprattutto con una grande paura di volare. Il regista è geniale nel costruire l'intreccio della vicenda, recuperando due vecchi personaggi già incontrati nella storia originale per risvegliare la coscienza di Peter : il capitano Giacomo Uncino (un magistrale Dustin Hoffmann), vero motore dell'opera, che non solo rapisce i figli ma cerca di portarli dalla propria parte e la fatina Trilli(la peperina Julia Roberts), la quale riporta il protagonista nell'Isola-che-Non-C'è e lo aiuta ad essere riconosciuto dalla tribù di Bimbi Sperduti per contare sul loro appoggio nella battaglia finale. Un film certamente d'infanzia, ma che riserva agli adulti la riflessione sul rapporto con i propri figli e il non dimenticarsi mai che siamo stati tutti bambini un tempo. Buona anche la colonna sonora.
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renato c.
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venerdì 16 aprile 2010
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un bel sequel!
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Nel 1953 usciva "Le avventure di Peter Pan" di Walt Disney, film a disegni animati "senza tempo" (come scive riccardo 87) che ha fatto epoca sull'infanzia di allora. Steven Spielberg ha pensato di farne un seguito con attori veri tremendamente somiglianti ai personaggi disegnati nel film d'animazione (almeno Capitan Uncino e Spugna!)Un sequel che parla d'amore! Si, infatti che cosa ha fatto decidere Peter Pan ad abbandonare il sogno di essere un eterno ragazzo e ad
abbandonare la vita avventurosa nell'Isola Che Non C'è? L'Amore!! La vecchia nonna Wendy gli ha detto "Quando hai visto la mia nipotina Moira addormentata nel suo lettino hai per sempre rinunciato a ritornare nell'Isola Che Non C'è!" E così Peter Pan è cresciuto ed è diventato l'uomo d'affari Peter Banning che, guarda caso, aveva "paura di volare"! Ma quando deve andare a salvare i suoi figli rapiti da Capitan Uncino non esita a tornare Peter Pan e ad andarli a salvare! Ma ha nostalgia!? Beh, qualche cosa, ma qual'è il suo pensiero felice? "Essere papà"
Non tornerebbe indietro! Ed anche di fronte ad una Trilly (una bellissima Julia Roberts!) da sempre innamorata di lui che diventa una vera donna delle sue dimensioni e gli offre tutto il suo amore, egli le risponde: "Io amo Moira!" In quest'epoca in cui la famiglia viene bistrattata, vengono esaltate le unioni di fatto (unioni che vogliono santificare la "provvisorietà" dell'amore!) trovo questo film altamente educativo.
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Nel 1953 usciva "Le avventure di Peter Pan" di Walt Disney, film a disegni animati "senza tempo" (come scive riccardo 87) che ha fatto epoca sull'infanzia di allora. Steven Spielberg ha pensato di farne un seguito con attori veri tremendamente somiglianti ai personaggi disegnati nel film d'animazione (almeno Capitan Uncino e Spugna!)Un sequel che parla d'amore! Si, infatti che cosa ha fatto decidere Peter Pan ad abbandonare il sogno di essere un eterno ragazzo e ad
abbandonare la vita avventurosa nell'Isola Che Non C'è? L'Amore!! La vecchia nonna Wendy gli ha detto "Quando hai visto la mia nipotina Moira addormentata nel suo lettino hai per sempre rinunciato a ritornare nell'Isola Che Non C'è!" E così Peter Pan è cresciuto ed è diventato l'uomo d'affari Peter Banning che, guarda caso, aveva "paura di volare"! Ma quando deve andare a salvare i suoi figli rapiti da Capitan Uncino non esita a tornare Peter Pan e ad andarli a salvare! Ma ha nostalgia!? Beh, qualche cosa, ma qual'è il suo pensiero felice? "Essere papà"
Non tornerebbe indietro! Ed anche di fronte ad una Trilly (una bellissima Julia Roberts!) da sempre innamorata di lui che diventa una vera donna delle sue dimensioni e gli offre tutto il suo amore, egli le risponde: "Io amo Moira!" In quest'epoca in cui la famiglia viene bistrattata, vengono esaltate le unioni di fatto (unioni che vogliono santificare la "provvisorietà" dell'amore!) trovo questo film altamente educativo. l'amore fedele per la propria moglie e la felicità di essere papà. Unico difetto: i versi volgari dei bimbi sperduti! (Walt Disney, nel suo film, se ne era guardato bene dall'inserirne! E pensare che c'è chi aveva sollevato critiche perchè si vedeva il ragazzo Peter Pan che fumava il kalumet della pace con gli Indiani!)
Quindi ottimo sequel! decisamente migliore del sequel d'animazione della Disney,uscito qualche anno dopo, dal titolo "Peter Pan - Ritorno all'Isola Che Non C'è"
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shiningeyes
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venerdì 29 marzo 2013
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il peter pan di spielberg!
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Difficile non lasciarsi trasportare dal sentimentalismo parlando di questo film, i ricordi d'infanzia sopraggiungono all'istante, e il fascino, la gioia e la commozione che ti danno “Hook”, pochi film te li trasmettono.
Spielberg sta più che mai sulla cresta dell'onda nella sua carriera, si sentono ancora gli echi di successi come “E.T” e “L'impero del sole”, e con “Hook” aggiunge un altro tassello alla sua meravigliosa filmografia, firmando un'opera che riprende ottimamente l'essenza del libro, anche se portata ai giorni nostri.
Perché il Peter che vedremo ad inizio film, non è quel fuscello di un ragazzino che facilmente ci aspettiamo: è un quarantenne agiato e rompipalle, che non fa altro che stare attaccato al telefono e riprendere continuamente i figli.
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Difficile non lasciarsi trasportare dal sentimentalismo parlando di questo film, i ricordi d'infanzia sopraggiungono all'istante, e il fascino, la gioia e la commozione che ti danno “Hook”, pochi film te li trasmettono.
Spielberg sta più che mai sulla cresta dell'onda nella sua carriera, si sentono ancora gli echi di successi come “E.T” e “L'impero del sole”, e con “Hook” aggiunge un altro tassello alla sua meravigliosa filmografia, firmando un'opera che riprende ottimamente l'essenza del libro, anche se portata ai giorni nostri.
Perché il Peter che vedremo ad inizio film, non è quel fuscello di un ragazzino che facilmente ci aspettiamo: è un quarantenne agiato e rompipalle, che non fa altro che stare attaccato al telefono e riprendere continuamente i figli.
Ma come si sa, non si può sotterrare per sempre il passato, esso ritorna sempre a farti ricordare chi sei veramente.
Ed il passato di Peter è quello della meravigliosa cornice dell'Isola che non c'è, un apparato scenografico pieno di colori e variopinto nei suoi personaggi: i pirati di Capitan Uncino e i ribelli bambini dell'Isola.
Peter dovrà ritornare il bambino che era per salvare i suoi figli, rapiti dal cattivissimo ma simpaticissimo Capitan Uncino, la cui bellissima recitazione piena di sfumature di Dustin Hoffman è un fiore all'occhiello di un film quasi perfetto.
Effetti speciali d'alta scuola, fotografia epica e sognante sono comunque secondari alla magia di Spielberg, che alla sola visione della scena di un ritrovato Peter Pan ci illumina gli occhi di felicità infantile; e aggiungo che, difficilmente non si riesce a non tornar bambini rivedendolo.
Oltre la gioia e l'allegria c'è anche spazio per la tristezza, come nei momenti riflessivi di un Peter Pan in crisi d'identità e della morte del coraggioso Rufio, che ci fanno vedere la completezza di una pellicola fantasy un po' troppo sottovaluta per i miei gusti.
Onore anche ad un grandissimo Robin Williams che gestisce la parte adulta e bambinesca in modo splendido, affermandosi come uno dei migliori attori degli anni 90.
“Hook” rimarrà sempre nella storia come il miglior adattamento cinematografico di Peter Pan, e come valido interprete di un romanzo fantasioso ed emozionante, il cui Spielberg ha saputo plasmare a livelli altissimi di bellezza.
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greatsteven
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martedì 11 luglio 2017
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un viaggio a ritroso fra gioventù, isole e pirati!
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HOOK – CAPITAN UNCINO (USA, 1991) diretto da STEVEN SPIELBERG. Interpretato da ROBIN WILLIAMS, DUSTIN HOFFMAN, JULIA ROBERTS, BOB HOSKINS, MAGGIE SMITH, DANTE BASCO, CHARLIE KORSMO, CAROLINE GOODALL, ARTHUR MALET, GWYNETH PALTROW
Peter Banning è un avvocato, sposato e padre, esperto in fusioni aziendali e professionista dell’amministrazione delegata. Oberato dal lavoro, non riesce a dedicare ai figli Jack e Maggie l’attenzione che essi desidererebbero, lui appassionato di baseball e lei attrice nella recita scolastica su Peter Pan. Un giorno i bambini vengono rapiti, e l’apparizione della simpatica e minuscola fatina volante Trilly (detta anche Campanellino e Spiritello) convince poco a poco l’uomo ormai adulto di essere nientemeno che Peter Pan, cresciuto e dimentico dei Bimbi Sperduti sull’Isola Che Non C’è e soprattutto del suo spietato nemico giurato, il diabolico Capitano Giacomo Uncino.
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HOOK – CAPITAN UNCINO (USA, 1991) diretto da STEVEN SPIELBERG. Interpretato da ROBIN WILLIAMS, DUSTIN HOFFMAN, JULIA ROBERTS, BOB HOSKINS, MAGGIE SMITH, DANTE BASCO, CHARLIE KORSMO, CAROLINE GOODALL, ARTHUR MALET, GWYNETH PALTROW
Peter Banning è un avvocato, sposato e padre, esperto in fusioni aziendali e professionista dell’amministrazione delegata. Oberato dal lavoro, non riesce a dedicare ai figli Jack e Maggie l’attenzione che essi desidererebbero, lui appassionato di baseball e lei attrice nella recita scolastica su Peter Pan. Un giorno i bambini vengono rapiti, e l’apparizione della simpatica e minuscola fatina volante Trilly (detta anche Campanellino e Spiritello) convince poco a poco l’uomo ormai adulto di essere nientemeno che Peter Pan, cresciuto e dimentico dei Bimbi Sperduti sull’Isola Che Non C’è e soprattutto del suo spietato nemico giurato, il diabolico Capitano Giacomo Uncino. Il pirata aspetta ancora la resa dei conti, ed è chiaramente lui il responsabile del sequestro dei suoi bimbi. Peter, dapprima obnubilato dalla sua memoria adulta di uomo imborghesito e civilizzato, riprende pian piano (nell’arco di tre giorni, concessigli da Uncino) confidenza col volo, il combattimento e l’esultanza, e ritorna ad essere il pargolo col costumino verde, svolazzante e inafferrabile, che i Bimbi Sperduti rammentano in lui, riuscendo a spodestare dal rango di loro capo il rude ma affabile Rufio. E, con rinnovata forza e recuperato vigore, affronta e uccide il temibile ed eterno avversario in una leale lotta faccia-a-faccia. Il coccodrillo che aveva ingoiato la sua mano e insieme una sveglia, ormai ucciso e imbalsamato, gli darà un aiuto significativo, benché morto. Terminata l’impresa, Peter è libero di salutare Trilly (che non ha mai perso la fiducia in lui) e di affidare il comando della combriccola infantile, dopo la triste dipartita di Rufio per mano (anzi, per spada) di Uncino, al simpatico e cicciottello Carambola, dopodiché, con Jack e Maggie di nuovo solidali nei suoi confronti e scevri dalla cattiva influenza del pirata, fa ritorno a casa. La felicità di Wendy, invecchiata ma col cuore sempre gioviale, sarà immensa nello riscoprire il bambino che non vuole crescere, celato in un corpo da adulto. La stessa Wendy che Peter Pan aveva condotto all’Isola Che Non C’è per tanti anni a venire, finché lei non è invecchiata con naturalezza. Appesantito da una prima parte facile e leziosa, in cui lo zucchero e il buonismo stuccano notevolmente, prende poi il via quando un R. Williams stralunato e spaesato deve fare i conti con una realtà del suo passato e impratichirsi ancora una volta con i suoi strumenti e le sue virtù abituali. È interessante, in tal senso, l’impegno che profonde nel tentativo, fortunatamente fruttuoso, di riagganciarsi alla gloria della sua infanzia mai abbandonata né trascorsa, offrendo in tal senso una conferma decisiva alla regola di Nonna Wendy – che non a caso l’ha fatto adottare quando lui era ancora piccolissimo e gli ha fornito sostegno grazie alla sua casa degli orfani –: «nella mia casa è proibito crescere». La poetica del fanciullo e la voglia di rivivere momenti addirittura epici ed eroici di un periodo felice è incarnata con vivido splendore dalla consueta mimica aerodinamica e dal linguaggio fresco e puntuale del protagonista, a proprio agio nei panni dell’eterno bambino, abilissimo nello sberleffo quanto nel maneggiare il pugnale. Ma la lode maggiore, nel cast, va a D. Hoffman: inaspettatamente adatto nel ruolo di un antagonista, fa del suo Giacomo Uncino un cattivone mellifluo, approfittatore, falsamente tenero e agghiacciante nelle sue smorfie, nel suo opportunismo e nella sua instancabile ricerca di vendette personali, e riesce a stupire anche il pubblico più scettico, che non può che trovarlo superbo con baffi neri arricciati all’insù, lenti a contatto, cappello e giacca rossi e l’immancabile uncino di ferro a sostituire la mano destra. Efficaci anche la Trilly di J. Roberts, ripresasi con savoir-faire dalle vesti della prostituta allegra di Pretty Woman, la Wendy di M. Smith (opportunamente invecchiata e resa mediante la capacità dell’attrice di mostrare affetto e cordialità in misura equilibrata) e, nel reparto maschile, il nostromo Spugna di B. Hoskins, fedele ma non troppo al suo capitano (lo dimostra tentando di arraffarne le ricchezze quando lo vede in procinto di capitombolare), caratterizzato da una personalità arcigna, sadica, giocherellona e forse persino più autoironica di Uncino, i cui duetti infiammano e scoppiettano sotto l’insegna del divertimento a ruota libera. Si può rimproverare magari a Spielberg di aver voluto volare troppo in alto e di aver speso un patrimonio evitabile (ben 80 milioni di dollari) nella foga di realizzare un fantasy che riscrivesse, non in senso parodico, ma come rivisitazione possibilmente efficiente, un classico mondiale e sempreverde della letteratura per bambini. Il denaro speso è in effetti stucchevole e inadeguato, ma all’esame dei conti e dei fatti la prova appare ben più che superata, e con un voto che trapassa di molto la spoglia sufficienza: Hook ripropone il testo teatrale di James Matthew Barry (che chiamò come sé stesso il suo personaggio malvagio e di cui Nonna Wendy sostiene di essere stata vicina di casa e di averlo conosciuto fin nei dettagli) dandogli un’ottica complementare e un po’ asciutta, costruendo nuovamente il tran-tran dell’intramontabile protagonista con un viaggio all’indietro, e non nel tempo strettamente inteso, ma nell’epicità di un’infanzia sepolta ma mai del tutto obliata, il che permette al poliedrico regista di effettuare un discorso, non troppo profondo e che gioca a non prendersi sul serio con testardaggine, sul tempo che scorre, sugli obiettivi persi da recuperare, sulle persone che invecchiano e su quelle che invece conservano la puerilità nell’animo, sul bisogno della collettività per ottenere scopi grandiosi e sugli amori che è bene coltivare a seconda dell’età. Sebbene poi Spielberg ci tenga a sottolineare che quella maggiormente significativa è quella che ci sentiamo dentro. I pensieri felici che ci consentono di spiccare il volo e di non smarrire nel recesso anfratto del dimenticatoio la fantasia e l’immaginazione, i due motori che alimentano i sogni tanto dei piccini quanto dei grandi.
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