greatsteven
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lunedì 8 gennaio 2018
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film che meriterebbe più considerazione.
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TOTò E I RE DI ROMA (IT, 1951-52) di STENO & MARIO MONICELLI. Con TOTò, ANNA CARENA, ALBERTO SORDI, AROLDO TIERI, GIOVANNA PALA, GIULIO STIVAL, PIETRO CARLONI, ANNA VITA, ERNESTO ALMIRANTE
Ercole Pappalardo è un archivista capo di un ministero romano che fatica a sbarcare il lunario, pur sperando da tanto tempo in una promozione a Cavaliere che però non giunge. L’impiego l’ha in realtà ottenuto, trent’anni prima (siamo nel 1952), per la raccomandazione di un cugino gerarca che fece la marcia su Roma. È sposato con Armida e deve mantenere una famiglia di cinque figlie, di cui non sopporta il fidanzato motociclista-meccanico di una fra esse.
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TOTò E I RE DI ROMA (IT, 1951-52) di STENO & MARIO MONICELLI. Con TOTò, ANNA CARENA, ALBERTO SORDI, AROLDO TIERI, GIOVANNA PALA, GIULIO STIVAL, PIETRO CARLONI, ANNA VITA, ERNESTO ALMIRANTE
Ercole Pappalardo è un archivista capo di un ministero romano che fatica a sbarcare il lunario, pur sperando da tanto tempo in una promozione a Cavaliere che però non giunge. L’impiego l’ha in realtà ottenuto, trent’anni prima (siamo nel 1952), per la raccomandazione di un cugino gerarca che fece la marcia su Roma. È sposato con Armida e deve mantenere una famiglia di cinque figlie, di cui non sopporta il fidanzato motociclista-meccanico di una fra esse. Come se non bastasse, entra in scena il leccapiedi Palocco, insegnante di scuola elementare che fin da subito conquista i favori di Langherozzi, il direttore di Ercole. Dopo uno spiacevole episodio a teatro e un pappagallo canterino morto sostituito con un altro privo di doti canore ma di apprendimento di scurrilità, Langherozzi convince Ercole a dare l’esame di quinta elementare che non ha mai sostenuto. Il povero impiegato fa del suo meglio per rimpinguare le entrate famigliari, ma all’esame viene bocciato, pur prendendosi una rivincita con Palocco, presente nella commissione, che più volte l’aveva umiliato. Affranto e deluso, Ercole non vede altra soluzione che quella di andare a morire da solo, persuadendo la famiglia a seguire il corteo di un economico funerale, e morire per un colpo al cuore, di cui soffre: avendo avuto da sempre il pallino del lotto, dall’Olimpo in cui viene mandato ottiene da un ricettatore-angelo i numeri vincenti, e in sogno li comunica ad Armida. Le cinque donne vincono alla lotteria e diventano ricche. Dati i trent’anni di servizio come impiegato ministeriale, Ercole viene premiato dal Padreterno in persona col trasferimento in Paradiso. Alla base vi sono un atto unico di Peppino De Filippo (Quale onore!) e due racconti di Anton Čechov (La morte di un impiegato ed Esami di promozione), da cui i due registi, quasi in concomitanza con l’ottimo Guardie e ladri, su soggetto di Dino Risi ed Ennio De Concini, han tratto un film un po’ in bilico fra l’incertezza stilistica e la tristezza inespressa, ma che prende di mira la burocrazia, le sue storture e le magagne sul mondo del lavoro italiano degli anni ’50 con un piglio lucido che non manca mai di sdrammatizzare, pur non perdendo di vista l’acidità di fondo che ne permea la struttura di denuncia. Questa pellicola rappresenta anche l’unica occasione che Totò e Sordi ebbero per lavorare assieme, in un virulento scambio che spesso si trasforma in duelli conditi da battute e colluttazioni. Il mondo patetico e graffiante voluto dagli autori non viene mai disatteso, e le lacrime non piante e invisibili fanno capolino in un divertimento che non perde un colpo nei cento minuti di durata e non ha cadute di tono, malgrado la sua essenza anomala e la sua schizofrenia leggera che ne altera pacatamente gli umori di recitazione. Ottima prova del Principe della Risata, coadiuvato da un giovane Sordi ormai in prodigiosa ascesa, da un A. Tieri nei panni dell’esuberante e propositivo collega e dirimpettaio e da A. Carena nei panni della paziente ma pur sempre riprovevole moglie Armida, divisa tra affetto e risentimento per il consorte. Una caterva di gag (il pappagallo, lo sputo, la derattizzazione, il funerale dell’efficiente impiegato Filippini, l’esame cui Totò sbaglia perfino le risposte più elementari, la promozione tanto sospirata e mai ottenuta, la fissazione con i numeri del lotto) che s’incastrano meravigliosamente fra loro in un insieme che si tiene unito da sé e diverte lo spettatore ricorrendo ad una comicità così semplice e genuina che nel cinema di oggi, almeno quello nostrano, non esiste più. Memorabile la sequenza in cui Totò è conducente lui stesso del suo corteo funebre a piedi, con tanto di fazzoletto bianco avvolto in testa. Il finale ha risvolti pressoché felliniani, ambientato in un Olimpo ferocemente burocratizzato e popolato da funzionari maldisposti in cui Almirante, in chiusura di carriera, recita nientemeno che la parte dell’Onnipotente. Il finale del sogno fu imposto dalla censura, che attaccò il film e lo fece distribuire nelle sale solo dopo un anno dalla fine delle riprese. Uno dei film migliori dell’attore protagonista napoletano, sebbene non figuri (purtroppo e a torto) fra le sue opere più celebri.
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luigi chierico
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venerdì 27 giugno 2014
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esilarante
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Sulla vita di Antonio De Curtis e sull’arte di Toto’si è detto tutto con milioni di parole,tuttavia non si può fare a meno di aggiungere le proprie,è un atto dovuto per quanto ha fatto ridere e piangere.Ridere con una tale genialità di trovate e giochi di parole,frasi fatte e coniate,che non troveremo mai nessuno alla sua Altezza!
Un artista delle parole,del linguaggio forbito ma passato per bislacco,un artista con una maschera facciale ineguagliabile, espressiva in ogni momento,come le mosse delle braccia,della testa e delle gambe.Sempre pronto a fare delle donne,signore o cameriere,signorine o coniugate,italiane o straniere,l’oggetto dei suoi desideri,delle sue attenzioni e doppi sensi,senza che sia mai stato volgare o indecente,calorosi abbracci.
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Sulla vita di Antonio De Curtis e sull’arte di Toto’si è detto tutto con milioni di parole,tuttavia non si può fare a meno di aggiungere le proprie,è un atto dovuto per quanto ha fatto ridere e piangere.Ridere con una tale genialità di trovate e giochi di parole,frasi fatte e coniate,che non troveremo mai nessuno alla sua Altezza!
Un artista delle parole,del linguaggio forbito ma passato per bislacco,un artista con una maschera facciale ineguagliabile, espressiva in ogni momento,come le mosse delle braccia,della testa e delle gambe.Sempre pronto a fare delle donne,signore o cameriere,signorine o coniugate,italiane o straniere,l’oggetto dei suoi desideri,delle sue attenzioni e doppi sensi,senza che sia mai stato volgare o indecente,calorosi abbracci.Non c’è stata situazione,farsa teatrale,film riuscito che lui non abbia imitato portando sullo schermo la sua parodia.Si viene così a questo film storico,non perché parli dei sette re di Roma,anzi perché su di loro cala il silenzio dovuto all’ignoranza.A cosa può servire conoscere i loro nomi ad un modesto archivista che non ha conseguito la V elementare e che abbia da mantenere moglie e 5 figlie? Se interpelliamo tantissimi attuali parlamentari,anche preposti a cariche importanti,ci accorgiamo che non serve proprio a nulla,straripano ignoranza abissale e scandalosa,altro che il povero Ercole Pappalardo!A giudicarlo agli esami di licenza elementare incontra l’integerrimo, incorruttibile maestro Palocco,interpretato da un Alberto Sordi,magnifico nella parte ma antipatico e ridicolo nell’aspetto.Due comici eccezionali a cui si unisce il grande attore,di cinema e di teatro,Aroldo Tieri.La scena in cui il povero archivista viene interrogato e bocciato,nella sua comicità nasconde una tragedia.Il riso si confonde col disappunto,molte volte si ride sulla disgrazia o sventura di qualcuno e così accade in questo episodio che distrugge i sogni e forse la vita di Pappalardo.Ma c’e anche tanta gente sensibile che è passata attraverso bocciature capricciose,quella gente tace e soffre con e per il modesto archivista.Quanti nella vita hanno incontrato un Palocco ed hanno avuto l’impulso di fargli un”paliatone”!Come commentare tutta la storia del pappagallo che è al centro dell’interesse addirittura del ministro Sua Eccellenza Langherozzi-Schianchi.Oggi ci si interessa più dei cani che dei pappagalli,salvo ad essere in ospedale!Credo che ieri ed oggi,sempre non ci sia stato nessuno al potere che non si sia adoperato per risolvere questioni private,anche se banali,troppi i casi da citare.Certo pensare che nel 1951 ci fosse un pennuto che cantasse ancora "Giovinezza” la dice lunga sulla rinascita del fascismo,ancor più se insulta Sua eccellenza il Ministro.Mi ricorda “Onorevole lei, ma mi faccia il piacere!” in “Totò a colori”.Ercole(nome infelice per il povero Pappalardo)finisce in Paradiso,dove,suo malgrado,apprende che tutto è burocratizzato,timbri,cartelle,archivi,nomi segnalati!Anche lì c’è un maestro Palocco,ma è Dio,interpretato da Ernesto Almirante(a quell’epoca il Segretario del MSI era, guarda caso,Giorgio Almirante),che però lo accoglie subito avendo appreso che per ben 30 anni è stato un modesto impiegato di stato.
I film del comico napoletano,come questo,sono spesso solo apparentemente di una comicità travolgente ed assolutamente impareggiabile,ma sono anche una denuncia di costume,in una società in cui tutto sembra dovuto,scontato ed inevitabile.
Nessuno ha fatto meglio,quindi:ottimo.
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enzo70
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domenica 3 marzo 2013
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il dramma di un uomo qualunque alla totò
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Un classico del cinema italiano, con il solito incredibile Totò. Questa volta principe, si, ma non della risata, in quanto Totò e i re di Roma è un film per molti profili duro, incredibilmente attuale. E si perché nel film Totò è un semplice impiegato pubblico che non riesce a mandare avanti la famiglia, cinque figli, mica pinzillacchere e quisquilie, e progetta di suicidarsi per dare alla moglie i numeri da giocare al lotto. A metà tra le citazioni di Cechov e la tradizione fatalista partenopea, l’unica via di uscita rimanendo all’aldiqua, è una promozione. Ma Totò non ha la licenza elementare e un Sordi incredibile gli nega la promozione all’esame.
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Un classico del cinema italiano, con il solito incredibile Totò. Questa volta principe, si, ma non della risata, in quanto Totò e i re di Roma è un film per molti profili duro, incredibilmente attuale. E si perché nel film Totò è un semplice impiegato pubblico che non riesce a mandare avanti la famiglia, cinque figli, mica pinzillacchere e quisquilie, e progetta di suicidarsi per dare alla moglie i numeri da giocare al lotto. A metà tra le citazioni di Cechov e la tradizione fatalista partenopea, l’unica via di uscita rimanendo all’aldiqua, è una promozione. Ma Totò non ha la licenza elementare e un Sordi incredibile gli nega la promozione all’esame. Film di Steno, tutta sostanza, la storia e le interpretazioni prevalgono su tutto, risulta godibilissimo e rappresenta un drammatico riscontro sui passi indietro fatti dal nostro Paese negli ultimi vent’anni.
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luca scialò
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domenica 11 luglio 2010
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un antenato di fantozzi
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Ettore Pappalardo è un comune impiegato statale, alle prese con le difficoltà economiche del quotidiano, avente infatti anche moglie e ben cinque figlie a cui tener conto. Cerca una promozione sul lavoro, ma un antipaticissimo e severo maestro si interpone tra lui e la licenza elementare. Allora, non gli resta che tentare la fortuna con il lotto...
Film che ben mostra le difficoltà economiche di un comune impiegato statale, le sue sfortune, i soprusi che è costretto a subire. Ettore Pappalardo, interpretato da un Totò che sa ben alternare momenti di comicità a momenti struggenti, può essere considerato un antenato di Ugo Fantozzi.
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Ettore Pappalardo è un comune impiegato statale, alle prese con le difficoltà economiche del quotidiano, avente infatti anche moglie e ben cinque figlie a cui tener conto. Cerca una promozione sul lavoro, ma un antipaticissimo e severo maestro si interpone tra lui e la licenza elementare. Allora, non gli resta che tentare la fortuna con il lotto...
Film che ben mostra le difficoltà economiche di un comune impiegato statale, le sue sfortune, i soprusi che è costretto a subire. Ettore Pappalardo, interpretato da un Totò che sa ben alternare momenti di comicità a momenti struggenti, può essere considerato un antenato di Ugo Fantozzi. Il film rappresenta anche l'unico incontro cinematografico tra Totò e Alberto Sordi. Peccato.
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