Di là dal fiume e tra gli alberi

La regista mette in scena, con bravura, coadiuvata da un cast splendido, una versione filmica tratta dal romanzo omonimo di Ernest Hemingway. Ambienta la storia in una Venezia pressoché deserta (per il Covid), siamo a poca distanza dalla fine del secondo conflitto mondiale. Il protagonista maschile è un colonnello dell’esercito americano, Richard Cantwell (Liev Schreiber) che (secondo i sapienti della critica) sarebbe caduto follemente innamorato della contessina Roberta Contarini (Matilda De Angelis), con circa trent’anni di differenza anagrafica, che avrebbe perso l’amato padre durante il conflitto, che cerca appassionatamente un padre, forse anche amante succedaneo, e che è sulle spine per sposarsi non per amore ma per convenienza economica, con il bellimbusto Antonio Ferrigo (Giulio Berruti II). Ma non penso che la storia sia così banale (anche se potrebbe piacere), ma assai più profonda. Come d’abitudine nei romanzi di Ernest Hemingway (tranne nel Vecchio e il mare), il personaggio principale beve e fuma in continuazione, e fin qua possiamo accettarlo, ma il colonnello Cantwell è anche, e lo sa bene, un cardiopatico grave, che assume dosi massicce di nitroglicerina, a rischio immediato di morte a seguito della cardiopatia ischemica. Come possiamo pensare che voglia imbarcarsi in una storia amorosa che ha tutte le caratteristiche di un vicolo senza via d’uscita, e con una giovane che richiederebbe una dose impensabile di energia? Che sia veramente folle, o c’è dell’altro? Il mio sospetto è che stia cercando la morte, e lo scopriamo per due fatti inelaborabili che gli sono capitati nel recente conflitto. Quindi si tratta di una eleborazione di due lutti, però inelaborabili. Il colonnello Cantwell forse non è andato nelle laguna veneta a caccia di anatre.