angelo umana
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sabato 12 ottobre 2019
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il cuore del tombeur de femmes è uno zingaro
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“Vi vedo e sento correre ridere litigare urlare... Vivere in fondo, e v'invidio”. Il tema del film è tutto qui, e lo pronuncia in chiusura niente poco di meno che Marcello Fonte, indimenticabile Dogman, che in questo film fa l'occhiuto e a volte incolpevole invadente, solitudinario, vicino di casa di una famiglia composta da madre, Micaela Ramazzotti, da padre, Adriano Giannini, da bimba affetta da “asma psicosomatica”, che con la famiglia sgangherata - come tante - che si ritrova è il minimo, ragazza inglese aupair immancabilmente sedotta dal Giannini, giornalista non molto di successo, anche qui con un viso infelice e travagliato ma sempre pronto – chissà come fa – a far “tomber (cadere) des femmes”.
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“Vi vedo e sento correre ridere litigare urlare... Vivere in fondo, e v'invidio”. Il tema del film è tutto qui, e lo pronuncia in chiusura niente poco di meno che Marcello Fonte, indimenticabile Dogman, che in questo film fa l'occhiuto e a volte incolpevole invadente, solitudinario, vicino di casa di una famiglia composta da madre, Micaela Ramazzotti, da padre, Adriano Giannini, da bimba affetta da “asma psicosomatica”, che con la famiglia sgangherata - come tante - che si ritrova è il minimo, ragazza inglese aupair immancabilmente sedotta dal Giannini, giornalista non molto di successo, anche qui con un viso infelice e travagliato ma sempre pronto – chissà come fa – a far “tomber (cadere) des femmes”. C'è poi il contorno di attori pure importanti, Massimo Ghini nella parte di un pediatra vedovo che vorrebbe esistere per qualcuno, e il qualcuno prescelto è la casalinga disperata Ramazzotti (se non urlo manco me vedi, questa dice a suo marito), la comparsa di Enrico Montesano, notaio importante che morirà tra le braccia di un trans di colore (per la frequentazione viene in mente Piero Marrazzo, ex presidente del Lazio).
In mezzo a tutto quel Vivere ci sono ovviamente baci e tradimenti, lacrimoni e pentimenti (parole da una canzone datata di Umberto Balsamo) e, canzone in colonna sonora che pare dedicata al personaggio di Giannini,che colpa ne ho se il cuore è uno zingaro e và di Nada. La trama è abbastanza esile, pur scritta a sei mani dalla Archibugi, regista, Piccolo e Virzì. Cerca di toccare molte corde così, en passant, ma qualche volta non si può fare a meno di pensare che attori e registi sanno fare soprattutto film, e quello si limitano a fare, come i costruttori che sanno solo costruire case e continuano a farne, anche se non ce n'è bisogno. La conclusione di Marcello Fonte lo nobilita.
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xoting
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martedì 1 ottobre 2019
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oltre la trama c'è di più.
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La periferia, immensa, sconfinata, è tutto ciò che abbiamo creato per poter sopravvivere alla frenesia di dover vivere schiacciati dal poco tempo, dai magri guadagni, dalle difficoltà continue. Spazi confinati di vita in cui si sovrappongono mancate realizzazioni, frustrazioni, aspettative ormai lasciate andare per andare avanti come si può. Questa è la vita che fanno i personaggi e noi, mentre guardiamo loro, troviamo pezzi della nostra stessa vita. Il vero protagonista del film è questo aver dovuto riempire tutto col niente stando al fronte come guerrieri che non possono arretrare, non possono andare via, non possono scappare ma sognano di farlo.
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La periferia, immensa, sconfinata, è tutto ciò che abbiamo creato per poter sopravvivere alla frenesia di dover vivere schiacciati dal poco tempo, dai magri guadagni, dalle difficoltà continue. Spazi confinati di vita in cui si sovrappongono mancate realizzazioni, frustrazioni, aspettative ormai lasciate andare per andare avanti come si può. Questa è la vita che fanno i personaggi e noi, mentre guardiamo loro, troviamo pezzi della nostra stessa vita. Il vero protagonista del film è questo aver dovuto riempire tutto col niente stando al fronte come guerrieri che non possono arretrare, non possono andare via, non possono scappare ma sognano di farlo. La mancanza di precisi punti di riferimento porta a confondere sentimenti con bisogno di essere capiti. Loro, tutti, non si stimano. Si guardano allo specchio vedendo qualcosa che non appartiene a ciò che avrebbero voluto essere. Le cose si complicano. I baci non sono l’inizio di relazioni felici ma, tutt’altro, portano scompigli, sotterfugi, dolore. I nostri personaggi sono naufraghi infelici alla ricerca di una scialuppa. L’uomo, post intelletuale che campa e stento dei suo articoli è, il porta bandiera di quella infinità di individui che si sono visti capovolgere i ruoli nel breve volgere di qualche decennio cercando ovunque appigli giustificativi al proprio testosterone divenendo figure patetiche, incerte, impacciate. Il figlio fa da padre al padre chiamandolo per nome. Questo è lo scenario: “Gli uomini non servono a nulla” dirà la mancata ballerina che nei fatti è pilastro portante della famiglia. Le donne, ancora una volta, sapranno tenere dritta la barra del timone nei momenti difficili. Sapranno prendere le decisioni dolorose ma doverose. Loro hanno il coraggio e la lucidità che l’uomo purtroppo ha, ormai, perso. Ma il turbine di grida, lacrime, risate, pianti è riassumibile in un solo verbo: Vivere. Chi ne è dentro fino al collo ne vede da vicino solo le difficoltà ma chi ne è fuori ne vorrebbe assolutamente fare parte. Questa è la riflessione che ci porge Francesca Archibugi, che trovo ampiamente condivisibile. Anche il dolore dal quale si cerca ragionevolmente di fuggire, è meglio del nulla. Perfetta, come sempre, la Ramazzotti e pure la piccola. La pellicola ti scorre addosso pizzicando le corde di tutte le emozioni di cui disponiamo pungendo con la punta di una matita sempre più in fondo ricordandoci quanto cupa, orribile, sorda possa essere la consapevolezza di dover soffocare un sentimento per salvarsi e non andare a fondo.
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maria f.
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sabato 14 dicembre 2019
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evviva i buoni film!
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Questo film l’ho visto un po’ di tempo fa e non mi ha entusiasmato.
In questi giorni mi è capitato di rileggere i commenti e ho cominciato a riflettere.
Il vivere frenetico dei personaggi rimanda al nostro quotidiano, sempre soffocati da problemi da risolvere, la famiglia è un luogo infernale, dove tutti sono soffocati dal lavoro, dove si sente l’urgenza di dovere dedicare ai propri cari attenzione, amore, ascolto ma che inevitabilmente tutto ciò non è trascurato ma non è di qualità. Sono solo ritagli di tempo, fra il fare la spesa, cucinare, andare al lavoro, ci s’incontra per caso forse a tavola, a letto, nel percorrere frettolosamente il corridoio di casa, tutti giorni per tutta la vita.
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Questo film l’ho visto un po’ di tempo fa e non mi ha entusiasmato.
In questi giorni mi è capitato di rileggere i commenti e ho cominciato a riflettere.
Il vivere frenetico dei personaggi rimanda al nostro quotidiano, sempre soffocati da problemi da risolvere, la famiglia è un luogo infernale, dove tutti sono soffocati dal lavoro, dove si sente l’urgenza di dovere dedicare ai propri cari attenzione, amore, ascolto ma che inevitabilmente tutto ciò non è trascurato ma non è di qualità. Sono solo ritagli di tempo, fra il fare la spesa, cucinare, andare al lavoro, ci s’incontra per caso forse a tavola, a letto, nel percorrere frettolosamente il corridoio di casa, tutti giorni per tutta la vita.
In questa babilonia, Susi, la mamma, moglie, l’organizzatrice della casa cerca di non perdere la bussola ma è provata, sfinita, oppressa per dover ricoprire sia il ruolo del burattinaio sia quello di tutti i personaggi, dirigere e allo stesso tempo muoversi alla velocità forsennata per adempiere tutte le incombenze necessarie alla famiglia, avendo costantemente la consapevolezza che non potrà farcela, di non essere all’altezza, di trascurare, insomma di non svolgere un compito utile.
Il vicino solo e solitario soprannominato buffamente dai membri della famiglia Perind (perito industriale) la rassicura rivelandole quanto per lui, attento osservatore del loro quotidiano, sia confortante e sostanziale quanto accade nelle loro vite, poiché proprio tutto questo succedersi di fatti, emozioni, sentimenti,conflitti sono semplicemente “vivere”.
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francesco izzo
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domenica 28 marzo 2021
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ancora clichés della archibugi per tutti...
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Ancora una volta Francesca Archibugi (leggo insieme ai cosceneggiatori Virzì e Piccolo) tira fuori un film che rivela tutti i suoi clichés, tutti i suoi schemi mentali e prevenzioni nei confronti del genere umano (soprattutto del da lei perennemente bistrattato genere maschile).
Radicata nella sua visione vetero-femminista, mette al centro della famiglia protagonista un omuncolo,Luca, che,schiavo dei suoi ormoni, dopo aver messo al mondo un figlio adolescente con una ricca romana, figlia di un importante avvocato maneggione,sta ora insieme ad una avvenente coattella,Susy, ex-ballerina frustrata, che corre freneticamente tra i suoi impegni di insegnante di boxing-gym, casalinga e soprattutto madre di una bimba sofferente di una grave forma di asma.
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Ancora una volta Francesca Archibugi (leggo insieme ai cosceneggiatori Virzì e Piccolo) tira fuori un film che rivela tutti i suoi clichés, tutti i suoi schemi mentali e prevenzioni nei confronti del genere umano (soprattutto del da lei perennemente bistrattato genere maschile).
Radicata nella sua visione vetero-femminista, mette al centro della famiglia protagonista un omuncolo,Luca, che,schiavo dei suoi ormoni, dopo aver messo al mondo un figlio adolescente con una ricca romana, figlia di un importante avvocato maneggione,sta ora insieme ad una avvenente coattella,Susy, ex-ballerina frustrata, che corre freneticamente tra i suoi impegni di insegnante di boxing-gym, casalinga e soprattutto madre di una bimba sofferente di una grave forma di asma. E che però (Luca) alla prima occasione, salterà addosso alla giovane collaboratrice au-pair, una irlandesotta studente di storia dell'arte.
Seguendo i problemi di salute della bambina, Susy incontrerà un bravo pneumologo pediatrico, iintelligente e professionale, che curerà per bene la figlia e col quale avrà un fugace momento di tenerezza nel di lui studio,..... e che in seguito lei provvederà a trattare come carta igienica quando si presenterà, gentile e premuroso, alle esequie dell'ex suocero-avvocato del marito (per evitare le sue avances e "salvare" così la sua famiglia??!!!)
Non manca neanche il momento di antiitalianità - retaggio forse della sua mentalità evidentemente ancora vetero-comunista- quando, indecisa se dire o no a Luca che aspettava un bambino,davanti alle Chiese gemelle di Piazza del Popolo se ne esce con un giudizio tranchant sugli italiani "geniali e ingannevoli", come il Bernini che ha progettato due Chiese che sono gemelle solo apparentemente.
Non manca l'antireligiosità (nell'immagine delle suore che goffe intravedono la scena di sesso tra l'irlandese e Luca in auto, e soprattutto nella scelta dell'aborto salvifico), nè una oramai patetica solidarietà tra donne riproposta, come da manuale, persino nella spiegazione del termine "moicanella" all'aereoporto.
Insomma non manca quasi nulla di quella ormai molto obsoleta chiave di lettura.
Non è sufficiente a mio avviso per restituirgli dignità la scelta finale di Luca di rifiutarsi di sputtanare con un articolo l'ex suocero, per proteggere il figlio, nè il suo voltarsi all'aereoporto con lieve ritardo rispetto a quanto atteso dalla ragazza, che sta per imbarcarsi sull'aereo per l'Irlanda.
Uniche note positive l'interpretazione della Ramazzotti, sempre piuttosto brava oltre che di bella presenza scenica, e della ragazza irlandese.
Piuttosto insignificante, a mio avviso -ed anzi l'ennesima ridicolizzazione tramite cliché di una particolare figura maschile- la figura del perito vicino di casa, che forse invece per la regista dovrebbe essere una figura positiva. Sicuramente però ci fa, con le sue ultime battute davanti a Susy , riflettere: è meglio la vita movimentata ed incasinata di quella famiglia o la solitudine dignitosa di quel buffo emarginato?
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maria margherita petrillo
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domenica 18 agosto 2024
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famiglia romana altolocata vs famiglia sgangherata. si poteva fare meglio!
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"Vivere" il film di Francesca Archibugi del 2019, nonostante il valido e collaudato team autoriale composto da Virzì e Piccolo e il cast di rango, risulta essere un film modesto, tenuto insieme da una trama poco convincente e affatto originale. Micaela Ramazzotti interpreta il solito personaggio di donna/madre belloccia e un po' coatta che non riesce ad esprimere un pensiero senza farcirlo di parolacce, tanto empatica e sensibile quanto priva di forza di carattere, vittima della propria madre e delle voglie di un marito smidollato. Adriano Giannini ovvero Luca, non rappresenta certo il modello di marito e padre che vorremmo avere accanto. Neppure il figlio adolescente riesce a chiamarlo papà.
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"Vivere" il film di Francesca Archibugi del 2019, nonostante il valido e collaudato team autoriale composto da Virzì e Piccolo e il cast di rango, risulta essere un film modesto, tenuto insieme da una trama poco convincente e affatto originale. Micaela Ramazzotti interpreta il solito personaggio di donna/madre belloccia e un po' coatta che non riesce ad esprimere un pensiero senza farcirlo di parolacce, tanto empatica e sensibile quanto priva di forza di carattere, vittima della propria madre e delle voglie di un marito smidollato. Adriano Giannini ovvero Luca, non rappresenta certo il modello di marito e padre che vorremmo avere accanto. Neppure il figlio adolescente riesce a chiamarlo papà. Luca non è in grado di prendersi cura di nessuno, tanto meno di una bimba asmatica; non ha un lavoro sicuro, non brilla per affidabilità e organizzazione, ma riesce a far innamorare di sé tutte le donne che lo circondano, compresa la ragazza Au pair irlandese, Mary Ann. Questo è il personaggio a mio avviso più interessante del film, l'elemento chiave che unisce le due famiglie di Luca, quella altolocata formata con Azzurra, il figlio Pierpaolo e il facoltoso suocero e la seconda, quella sgangherata composta da Susi e Lucilla. Mary Ann potrebbe essere la chiave di volta della pellicola con la sua intelligenza, la fervida devozione e la sua evidente bontà. Invece, anche Mary Ann viene risucchiata nella prevedibile spirale di sesso vissuto come autoaffermazione di virilità di Luca. Con la morte del dispotico suocero tra le braccia di un transessuale e la scena dell'aborto come scelta di autodeterminazione di Mary Ann si tocca veramente il fondo dei cliché. La banalità è il vero tema di questa pellicola priva di pathos.
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