vuv
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lunedì 12 agosto 2024
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intelligenza, sensibilità e capacità
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Questa pellicola narra di un evento unico nella storia, sebbene apparentemente assimilato alla vicenda di Celestino V, che parte da situaziioni in larga parte differenti e si sviluppa in tutt'altra direzione.
A mio giudizio (frutto anche di una lunga esperienza manageriale in una multinazionale e in contesti a valenza sistemico-istituzionale), l'articolazione dialettica dei dialoghi coglie dinamiche sottili nella interpretazione e gestione di ruoli apicali in strutture organizzative complesse, portartici di sentimenti plurimillenari.
Il rapporto umano che si sviluppa tra persone di grande intelligenza portatrici di punti di vista persino opposti, ma accomunate dalll'etica di progetto, realizza quella sintesi così raramente ottenuta nei mercati e nella politica.
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Questa pellicola narra di un evento unico nella storia, sebbene apparentemente assimilato alla vicenda di Celestino V, che parte da situaziioni in larga parte differenti e si sviluppa in tutt'altra direzione.
A mio giudizio (frutto anche di una lunga esperienza manageriale in una multinazionale e in contesti a valenza sistemico-istituzionale), l'articolazione dialettica dei dialoghi coglie dinamiche sottili nella interpretazione e gestione di ruoli apicali in strutture organizzative complesse, portartici di sentimenti plurimillenari.
Il rapporto umano che si sviluppa tra persone di grande intelligenza portatrici di punti di vista persino opposti, ma accomunate dalll'etica di progetto, realizza quella sintesi così raramente ottenuta nei mercati e nella politica. Denota l'assenza del 'diaballo'(lemma del greco antico, radice etimologica di 'diavolo', che segnifica dividere, separare, calunniare). Una pellicola – e un documento multimediale – magistralmente sceneggiata, diretta e interpretata e di grande valore, con venature di post realismo.
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paolp78
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domenica 25 febbraio 2024
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dialoghi strepitosi
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Pellicola di straordinario valore umano, teologico e storico, che narra una delle fasi più delicate e significative della Chiesa Cattolica, almeno degli ultimi decenni.
Il racconto è molto potente ed emozionante, grazie ad una splendida sceneggiatura e a dei dialoghi intensi, molto profondi e toccanti, nei quali emergono le differenze e le somiglianze tra i due protagonisti, che vengono descritti proprio attraverso questi colloqui. Le scene con le conversazioni tra i due protagonisti sono sicuramente quelle più incisive e memorabili dell’opera e sono rese indimenticabili dai due sublimi interpreti, Jonathan Pryce e Anthony Hopkins, che interpretano appunto i due Papi.
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Pellicola di straordinario valore umano, teologico e storico, che narra una delle fasi più delicate e significative della Chiesa Cattolica, almeno degli ultimi decenni.
Il racconto è molto potente ed emozionante, grazie ad una splendida sceneggiatura e a dei dialoghi intensi, molto profondi e toccanti, nei quali emergono le differenze e le somiglianze tra i due protagonisti, che vengono descritti proprio attraverso questi colloqui. Le scene con le conversazioni tra i due protagonisti sono sicuramente quelle più incisive e memorabili dell’opera e sono rese indimenticabili dai due sublimi interpreti, Jonathan Pryce e Anthony Hopkins, che interpretano appunto i due Papi.
La pellicola è anche una biografia di alcune fasi fondamentali della vita di Papa Bergoglio: si ricordano particolarmente il momento in cui fece la scelta di diventare sacerdote, e poi la fase della difficile convivenza con la spietata dittatura militare Argentina.
Il film è molto coraggioso nel voler affrontare i due personaggi, Bergoglio e Ratzinger, senza omettere di trattare i passaggi più spinosi e controversi della vita di entrambi, ma riuscendo comunque a rendere giustizia ai due religiosi, di cui emerge in modo limpido e veritiero l’immensa statura morale e la grande umanità.
La direzione del bravo regista brasiliano Fernando Meirelles si dimostra all’altezza di assolvere un compito particolarmente arduo, scegliendo uno stile registico delicato, intenso e psicologicamente molto impegnativo, che personalmente ho molto apprezzato.
Come si diceva, l’opera si giova delle interpretazioni dei due attori protagonisti, Pryce e Hopkins, davvero due giganti che danno il meglio di loro stessi, offrendo due interpretazioni che restano nella memoria e dimostrandosi inoltre perfettamente affiatati. Ad accentuare l’ottima riuscita delle prove attoriali vi è anche la straordinaria somiglianza con i due Papi, ottenuta evidentemente anche grazie ad uno straordinario lavoro di trucco. Nella parte del giovane Bergoglio si ricorda la buona prova dell’attore argentino Juan Minujín
Molto interessanti ed istruttive le scene che mostrano come si svolge l’elezione del Pontefice.
Azzardata ma azzeccata la scelta delle musiche.
Gustosa e piacevolissima la scena finale durante i titoli di coda, coi due Papi che guardano assieme la finale dei mondiali di calcio del 2014 tra Germania e Argentina.
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ginopeloso
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mercoledì 8 giugno 2022
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una porcheria
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Un Benedetto XVI caricaturale, un Francesco super progressista. Le uniche cose vere sono i nomi dei due papi, per il resto è una farsa in cui c'è un buono buonissimo e un cattivo cattivissimo. La guerra, il nazismo, la pedofilia, è tutto raccontato per portare avanti questa narrazione, senza alcuna attinenza con i fatti reali.
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enzo70
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martedì 14 aprile 2020
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due attori incredibili per raccontare i due papi
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La decisione di Papa Benedetto XVI di lasciare l’incarico di Papa è storica. Come è storico questo momento che stiamo vivendo con due Papi. Ma oltre la storia ci sono le vicende umane, quella di due uomini diversi che, in maniera diversa, sono diventati gli eredi di Cristo. Gli scandali, i giochi di potere, le polemiche restano sullo sfondo. Meirelles, con l’ausilio di due grandissimi attori, Anthony Hopkins e Jonathan Pryce che rendono perfettamente le caratteristiche di Ratzinger e Bergoglio, presenta due ritratti di uomini deliziosi, nelle sovrapposizioni, nelle differenze. È un film di ricostruzione storica, una storia recente, ma sempre una storia, anzi due storie: storie di vite.
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La decisione di Papa Benedetto XVI di lasciare l’incarico di Papa è storica. Come è storico questo momento che stiamo vivendo con due Papi. Ma oltre la storia ci sono le vicende umane, quella di due uomini diversi che, in maniera diversa, sono diventati gli eredi di Cristo. Gli scandali, i giochi di potere, le polemiche restano sullo sfondo. Meirelles, con l’ausilio di due grandissimi attori, Anthony Hopkins e Jonathan Pryce che rendono perfettamente le caratteristiche di Ratzinger e Bergoglio, presenta due ritratti di uomini deliziosi, nelle sovrapposizioni, nelle differenze. È un film di ricostruzione storica, una storia recente, ma sempre una storia, anzi due storie: storie di vite. Le contraddizioni del Vaticano, le brutte storie di pedofilia e di truffa non meritano il palcoscenico; Ratzinger racconta le sue difficoltà a trovare un’interlocuzione con Dio, mentre Bergoglio tira fuori i dolori del passato nell’Argentina di Videla. Meirelles è bravo nell’accennare le difficoltà della Chiesa, le contrapposizioni tra due posizioni inconciliabili che con il dialogo si riavvicinano. Alcuni passaggi sono deliziosi, ma l’intero film è un bellissimo affresco della storia dei due Papi.
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cinefoglio
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domenica 1 marzo 2020
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istantanea de i due papi
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Un film-dialogo tra due grandi uomini ed attori superlativi che sullo schermo diventano piccoli ed intimi, quasi accessibili, dove ci mostrano quella grazia che solo uomini (virtualmente anche donne?) realmente devoti ad un’ideale possiedono.
Le interpretazioni di Jonathan Pryce e Anthony Hopkins impressionano, non solo nel trucco e nella somiglianza, ma oltremodo nella vivida rappresentazione gestuale del mondo interiore di un uscente papa e di un incredulo Francesco I.
Spaccato storico, intimità senile, bucoliche passeggiate teologiche e pastorali, Fernando Meirelles affresca uno degli unicum della storia della curia romana.
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Un film-dialogo tra due grandi uomini ed attori superlativi che sullo schermo diventano piccoli ed intimi, quasi accessibili, dove ci mostrano quella grazia che solo uomini (virtualmente anche donne?) realmente devoti ad un’ideale possiedono.
Le interpretazioni di Jonathan Pryce e Anthony Hopkins impressionano, non solo nel trucco e nella somiglianza, ma oltremodo nella vivida rappresentazione gestuale del mondo interiore di un uscente papa e di un incredulo Francesco I.
Spaccato storico, intimità senile, bucoliche passeggiate teologiche e pastorali, Fernando Meirelles affresca uno degli unicum della storia della curia romana.
Il gioco-intreccio si snoda sui tentativi di dimissioni del cardinale argentino, incarico indispensabile nei piani di Benedetto, che a sua volta matura e timidamente confessa il suo progetto di rinuncia dell’eredità di Pietro - come suggerito dallo stesso Hopkins al cospetto della magnificenza della Cappella Sistina, il ping-pong di opinioni porta i due ad un impasse o conundrum teologico.
La soluzione? – totale fiducia nel volere di Dio contro ogni qualsivoglia coincidenza fortuita se non segni operanti del divino che marca il sentiero, peregrino verso il silentium incarnatum.
Il film del regista brasiliano, più che stimolare la critica logica dell’archè fondante del papato (che rimane conciso ed efficace così da evitare inutili complessità dottrinali, simboleggiate dal criptico latinorum di Ratzinger), si concentra, a colpi di filetto, su suggestioni più compassionevoli. Un duello che non accetta un vincitore ed un vinto come risultato ma genuinamente marca la ricerca di un degno erede in grado di risollevare la Chiesa agli occhi del mondo dalle negligenze che il “tedesco” non è riuscito a fronteggiare.
Un film d’impatto, sicuramente, non brillante ma teso alla commozione sincera, stile a tratti documentaristico con una giusta dose di background storico – più a sostegno della figura di Bergoglio – ed un empatia accessibile universalmente a tutti gli spettatori, non rilegata solamente a coloro che si professano fedeli cattolici.
01/03/2020
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felicity
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lunedì 27 gennaio 2020
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la storia di due chiese umane e non così distanti
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Alla fine è una storia di amicizia.
In genere, chi vuole realizzare un bel racconto di un'amicizia sceglie personaggi sconosciuti, vicende minime, scenari quotidiani: perché l'amicizia è il più invisibile degli amori e il rischio di farlo sovrastare da altri sapori è fortissimo. Qui invece accade il miracolo.
È come se il regista raccontasse l'amicizia di un paio di giorni tra Messi e Ronaldo, facendo dimenticare allo spettatore che sono calciatori.
Ratzinger e Bergoglio hanno di mira la loro amicizia prima e al di sopra delle loro convinzioni su cosa siano conservazione o progresso, omosessualità e comunione ai divorziati risposati, dittatura o libertà, reggia vaticana o baraccopoli sudamericana, collusione coi preti pedofili e giudizio universale.
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Alla fine è una storia di amicizia.
In genere, chi vuole realizzare un bel racconto di un'amicizia sceglie personaggi sconosciuti, vicende minime, scenari quotidiani: perché l'amicizia è il più invisibile degli amori e il rischio di farlo sovrastare da altri sapori è fortissimo. Qui invece accade il miracolo.
È come se il regista raccontasse l'amicizia di un paio di giorni tra Messi e Ronaldo, facendo dimenticare allo spettatore che sono calciatori.
Ratzinger e Bergoglio hanno di mira la loro amicizia prima e al di sopra delle loro convinzioni su cosa siano conservazione o progresso, omosessualità e comunione ai divorziati risposati, dittatura o libertà, reggia vaticana o baraccopoli sudamericana, collusione coi preti pedofili e giudizio universale.
E ciò avviene grazie al desiderio che brucia entrambi, di ascoltare la voce di Dio.
Due uomini che secondo l'immaginario collettivo avrebbero dovuto cercare la voce di Dio stando ore in un eremo, in ginocchio e a digiuno, invece trovano Dio quando trovano l'amico.
La regia di Fernando Meirelles e la scrittura di Anthony McCarten sono compatte e ben bilanciate, perfettamente amalgamate.
Ma è soprattutto l’interpretazione dei due attori Jonathan Pryce e Anthony Hopkins a dare corpo, spessore, al film.
Due attori in grado di esplorare la vita dei due pontefici attraverso sguardi, gesti, parole, tutti così prossimi al vero da lasciare ipnotizzati.
Nel complesso il film non è al di sopra di sbavature o inciampi, soprattutto sotto il profilo della ricostruzione storica. Ma a ben vedere, non è questo che importa all’autore, che è più proteso nel consegnarci un’inedita, onirica, prospettiva di legame tra due grandi uomini di Chiesa; la prospettiva dell’amicizia che affiora e man mano si fortifica nel lavoro di messa in sicurezza della Chiesa.
Il film è consigliabile, problematico e senza dubbio adatto per dibattiti.
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stefano capasso
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venerdì 27 dicembre 2019
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gli incontri che cambiano
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Nel 2012 l’allora Papa Ratzinger e l’allora cardinale Begoglio si incontrano a Roma con motivazioni simili e opposte. Il primo sta pensando alle dimissioni e vede in Bergoglio un possibile successore; il prete argentino vuole a sua volta lasciare la conferenza episcopale per tornare alla vita di parrocchia. All’epoca dell’elezione di Ratzinger tra i due non correva buon sangue vista l’apparente inconciliabilità dei loro modi di intendere la vocazione, ma in questo incontro si scoprono più simili di quanto avessero immaginato.
Fernando Meirelles mette in scena un film dinamicoche mescola con grande maestria intelligenza e humour.
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Nel 2012 l’allora Papa Ratzinger e l’allora cardinale Begoglio si incontrano a Roma con motivazioni simili e opposte. Il primo sta pensando alle dimissioni e vede in Bergoglio un possibile successore; il prete argentino vuole a sua volta lasciare la conferenza episcopale per tornare alla vita di parrocchia. All’epoca dell’elezione di Ratzinger tra i due non correva buon sangue vista l’apparente inconciliabilità dei loro modi di intendere la vocazione, ma in questo incontro si scoprono più simili di quanto avessero immaginato.
Fernando Meirelles mette in scena un film dinamicoche mescola con grande maestria intelligenza e humour. Sin dalle prime scene il montaggio quasi frenetico e le riprese non convenzionali ci fanno intendere che la prospettiva dalla quale vedremo raccontare i fatti non sarà quella statica e tradizionale paradigmatica della solennità della chiesa, ma risponde alle esigenze di profondo cambiamento che sta attraversando in questi anni a causa di scandali e corruzioni. Sono due personalità che si confrontano, due individui piuttosto che la chiesa nel suo complesso. E’ un lungo flashback, dentro il quale si annidano altri flashback che ripercorre la storia di Bergoglio e di parte delle vicende della chiesa recenti, che vede i due protagonisti in un percorso di reciproca conoscenza che li porta ad avvicinarsi sempre di più. Le apparenti grandi distanze iniziali, uno estremamente conservatore, intellettuale, l’altro legato alla concretezza, al lavoro con le persone all’apertura finiscono per offuscarsi sempre più fino a scoprire che in entrambi esiste un conservatore ed un rivoluzionario. Sono due uomini che hanno messo al centro del loro percorso di vita l’amore e che hanno percorso strade molto diverse per portarlo a compimento. Il papa tedesco ha privilegiato lo studio, la ricerca della purezza teologica che lo ha portato a perdere il contatto con le persone; il papa argentino ha preferito l’incontro con la gente, con gli ultimi e per questa ragione, oltre ai fatti legati al periodo della dittatura, ha abbandonato l’idea di prendersi delle responsabilità, finendo anche per sviluppare un inconsapevole sentimento di onnipotenza. L’incontro sarà fruttifero per entrambi, potranno recuperare alcune parti che sembravano aver smarrito
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eden artemisio
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martedì 24 dicembre 2019
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il cambiamento per raggiungere la salvezza
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Come molti altri lavori cinematografici, anche il film “ I Due Papi” di Fernando Meirelles può essere visto e riletto da differenti angolazioni: esercizio che dovrebbe condurre ad una valutazione più equilibrata anche se inevitabilmente soggettiva.
La prima cosa sulla quale quasi ognuno può convenire è che una creazione artistica non ha il dovere di restituire una verità storica. Può bastare un’attendibile verosimiglianza nella rappresentazione dei personaggi e dei temi trattati e in questo film non manca affatto. La sola fotografia dei due protagonisti consente a chiunque di riconoscere, con immediatezza e stupore, Benedetto XVI e Papa Francesco.
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Come molti altri lavori cinematografici, anche il film “ I Due Papi” di Fernando Meirelles può essere visto e riletto da differenti angolazioni: esercizio che dovrebbe condurre ad una valutazione più equilibrata anche se inevitabilmente soggettiva.
La prima cosa sulla quale quasi ognuno può convenire è che una creazione artistica non ha il dovere di restituire una verità storica. Può bastare un’attendibile verosimiglianza nella rappresentazione dei personaggi e dei temi trattati e in questo film non manca affatto. La sola fotografia dei due protagonisti consente a chiunque di riconoscere, con immediatezza e stupore, Benedetto XVI e Papa Francesco. Non è, però, questione soltanto di trucco cinematografico. I due straordinari attori hanno affrontato questo difficile ruolo a compimento, ormai consolidato da tempo, della loro maturità artistica. Quel Cardinale aperto di mente e animato da tanto coraggio e speranza sembra veramente Bergoglio; anche se chi recita è Jonathan Pryce (in altri film solitamente utilizzato, con estrema credibilità, nel ruolo del cattivo). E quell’entità quasi totalmente cerebrale, rappresentata da Anthony Hopkins, sembra veramente Ratzinger, anche se, a volte, una certa fisicità viene fuori, come quando Benedetto XVI sostiene alcune sue posizioni con forza, con veemenza. Ma il cinema è anche accentuazione di ruoli e racconto per immagini. E’ allora concessa qualche libera interpretazione.
Personalmente ho ritenuto improbabili, anche se divertenti, alcuni spazi dedicati al tango e alle partite di calcio, tuttavia ho gradito la dose di umorismo che condisce e alleggerisce la tensione del confronto dialettico su temi gravi e di grande rilevanza non solo per la Chiesa.
I piacevoli dettagli, appena ricordati, sarebbero, però, soltanto un elegante arredo e non basterebbero a dare spessore e forza al mito di quest’incontro speciale fra due uomini inequivocabilmente fuori dal comune, ma riportati alla normalità dalla narrativa proposta.
La sostanza e la centralità del film è tutta giocata sul raffinato confronto ideologico tra i due protagonisti. E’ un confronto dialettico che ha per posta in gioco la guida della Chiesa, il destino della religione cattolica. Non sono certo argomenti di poco peso quelli che portano a scegliere tra la conservazione della tradizione e le istanze di cambiamento o che costringono i vertici della Chiesa a confrontarsi con le contraddizioni di un’istituzione ritenuta divina, ma composta e guidata da uomini che possono sbagliare e, a volte, anche delinquere.
Uno dei due interlocutori è già Papa, l’altro lo sarà subito dopo. Due uomini non comuni che stanno vivendo un’esperienza storica quasi unica. Uomini di cultura vastissima. E proprio sulla cultura riposa specialmente la grandissima autorevolezza di uno dei due, Ratzinger. Ma ambedue supportano le loro tesi senza far ricorso a faticose citazioni dottrinali. Non c’è più tempo per certe cose. Non c’è più tempo non solo perché il linguaggio cinematografico esprime l’immediatezza. Non c’è più tempo perché il mondo è cambiato. Il mondo cambia sempre. Allora anche l’uomo che tanto aveva difeso la conservazione dei valori della tradizione, quasi naturalmente lascerà la porta aperta al cambiamento.
E’ un bel film. Ritengo sia ingeneroso rimproverare gli autori di non aver approfondito alcuni momenti storici o fatti di cronaca particolari, insomma di aver confezionato un prodotto che deresponsabilizza i protagonisti per le loro scelte precedenti. Il film riguarda il confronto dialettico e umano fra due uomini speciali. I processi li fanno i giudici e la storia la scrivono gli storici. Credo che gli spettatori, quando guardano un film, desiderano essere stupiti oppure emozionati. Ormai è difficile che qualcuno riesca ancora a stupirsi. Io mi sono emozionato.
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frascop
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domenica 22 dicembre 2019
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due imperdibili grandissimi attori insieme
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Il regista brasiliano Fernando Meirelles (1955) (del quale ricordo City of God del 2002) e il drammaturgo neozelandese Antony McCarten (1961), autore di “L’ora più buia” e di “Bohemian Rhapsody”, confezionano un film intelligente che i due superbi protagonisti rendono suggestivo. Sono Jonathan Pryce (1947) (Bergoglio) e Antony Hopkins (1937) (Benedetto XVI) il vero valore artistico di un film con un chiaro impianto teatrale, scritto benissimo e confezionato in una location vaticana ancora più interessante di quella sorrentiniana del Young Pope. Infatti, a riprova, dove il film viene meno (da un punto di vista formale) è nella parte del giovane Bergoglio nell'Argentina del dittatore Videla, non all’altezza di tutto il resto.
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Il regista brasiliano Fernando Meirelles (1955) (del quale ricordo City of God del 2002) e il drammaturgo neozelandese Antony McCarten (1961), autore di “L’ora più buia” e di “Bohemian Rhapsody”, confezionano un film intelligente che i due superbi protagonisti rendono suggestivo. Sono Jonathan Pryce (1947) (Bergoglio) e Antony Hopkins (1937) (Benedetto XVI) il vero valore artistico di un film con un chiaro impianto teatrale, scritto benissimo e confezionato in una location vaticana ancora più interessante di quella sorrentiniana del Young Pope. Infatti, a riprova, dove il film viene meno (da un punto di vista formale) è nella parte del giovane Bergoglio nell'Argentina del dittatore Videla, non all’altezza di tutto il resto. La sceneggiatura di questo biopic è il vero punto di forza, il suo valore è riuscire a mettere in luce due personalità e due dottrine diverse ma con una leggerezza e uno humour davvero incredibili. Pryce è così bravo che fa dimenticare subito dopo la prima scena la sua interpretazione dell’Alto Passero di GoT, e lo fa senza neppure doversi stravolgere con un trucco pesante. Hopkins è perfetto perchè solo lui poteva rendere in questo modo così profondo, nella complessa personalità di Ratzinger, il “rottweiler del Vaticano” e il musicista colto consapevole della sua inadeguatezza a fronteggiare l’enormità dei problemi.
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