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L’inganno perfetto si interroga sulla memoria, sulle condanne, sui rimorsi.
Girato con esperienza, Condon sa sempre dove mettere la macchina da presa. E la coppia di divi non fa rimpiangere i tempi passati. Oggi per la prima volta conquistano insieme lo schermo, con il talento e la sicurezza dei grandi.
Difficile scegliere per chi parteggiare, decidere dove finisce la realtà e inizia la finzione.
Un brivido moderno, dove l’identità dei popoli sorge dalle tragedie del Novecento. Una vicenda che vive dell’acume dei suoi interpreti.
Tuttavia, di fronte a questo giallo letterario, dagli sviluppi narrativi piuttosto convenzionali, sembra che il film scivoli tra le dita, sempre impeccabile ma privo di forza.
La sceneggiatura punta più sulla sorpresa che sulla suspense: seguiamo l’inganno di Roy senza avere la versione di Betty, privando così di mistero e fascino il personaggio di Mirren. Con una duplice focale il plot avrebbe avuto una struttura più hitchcockiana e allora sì che i chiaroscuri di Condon, la sua indubbia capacità di muoversi elegantemente negli interni che uniscono e dividono i personaggi, avrebbero avuto una resa più cinematografica.
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