bryan_finley
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giovedì 6 maggio 2021
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altre bugie e altre incomprensioni.
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Improba impresa per Guillame Canet, certo coraggiosa. Riproporre dopo nove anni lo stesso gruppo di amici di nuovo insieme nella casa al mare di Cap-Ferret di Max che era stata teatro di molte spensierate vacanze era molto complicato, forse troppo. Canet è bravo e gli attori che recitano altrettanto, ma purtroppo non basta. Innanzitutto... piombare all'improvviso dopo tre anni in casa di un amico senza neppure avvisarlo è una pura sciocchezza. Significa che Marie, Antoine e gli altri non hanno capito nulla di buone maniere e sono ancora degli eterni adolescenti. Ha ragione il buon Max ad arrabbiarsi e va di lusso alla compagnia che lui non li tratti più duramente. Comunque la grande e consolidata amicizia di fondo riesce a sistemare la complicata situazione.
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Improba impresa per Guillame Canet, certo coraggiosa. Riproporre dopo nove anni lo stesso gruppo di amici di nuovo insieme nella casa al mare di Cap-Ferret di Max che era stata teatro di molte spensierate vacanze era molto complicato, forse troppo. Canet è bravo e gli attori che recitano altrettanto, ma purtroppo non basta. Innanzitutto... piombare all'improvviso dopo tre anni in casa di un amico senza neppure avvisarlo è una pura sciocchezza. Significa che Marie, Antoine e gli altri non hanno capito nulla di buone maniere e sono ancora degli eterni adolescenti. Ha ragione il buon Max ad arrabbiarsi e va di lusso alla compagnia che lui non li tratti più duramente. Comunque la grande e consolidata amicizia di fondo riesce a sistemare la complicata situazione. Max è in difficoltà economiche e gli altri non lo sanno, in più vuole vendere la casa e arriverà anche Véro, la sua ex moglie. Per di più voleva stare tranquillo e arriva inaspettato il gruppo per essere ospitato... Una situazione esplosiva! Dopo nove anni tutti sono invecchiati un po' e questo rattrista anche se fa parte della vita, Antoine non ha più la compagna che nove anni prima aveva aspettato in auto per tutta la notte, Vincent sta con il vuovo compagno (ex ballerino) e anche con la moglie Isabelle che si adatta alla situazione ma si concede notti folli in locali notturni. Eric arriva con una governante per la figlia di pochi mesi. Marie ha già un bambino di otto anni. Le sottotrame non vengono svelate neppure in parte e questo disturba un po'. Prima Max aveva un grosso SUV e ora invece arriva in taxi e viaggia per Cap-Ferret con una vecchia Mehari... Ora invece è Eric ad arrivare con un SUV lussuoso. Il destino si è invertito? L'unico personaggio vero, davvero granitico per la sua possenza, è Jean-Luc: sempre di poche parole ma disponibile e gentile ma soprattutto saggio, pronto con la sua esperienza in mare a ritrovare il bambino di Marie perso tra le acque. In quel contesto Marie, Isabelle, Vincent e gli altri si dimostrano davvero poco attenti e troppo distratti. Comunque alla fine Canet riesce a creare un finale accettabile anche se un po' fiabesco. Il film è riuscito solo in parte e molto distante comunque da "Piccole bugie fra amici", capolavo assoluto di nove anni prima.
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felicity
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martedì 6 aprile 2021
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il declino fisico e morale dei protagonisti
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Grandi bugie tra amici di Guillaume Canet torna a raccontare i personaggi del suo maggior successo di pubblico, ma senza una reale necessità se non quella di puntare superficialmente il dito contro le debolezze del presente.
Smarrita la costante generazionale, lo sceneggiatore e regista sembra quasi divertirsi a osservare il declino fisico e morale dei suoi stessi protagonisti, senza più alcuna traccia della partecipazione affettiva del primo film. Più che un inno all’amicizia, il Nous finirons ensemble del titolo suona come un monito irrevocabile, sguardo desolato sul presente, tanto stereotipato quando punta il dito contro i vizi dell’epoca – le app di appuntamenti, i ragazzini chini sullo smartphone… – quanto poco convincente, forzato, quando prova a darsi slanci di entusiasmo, a credere che il gruppo possa realmente salvarci dalla solitudine delle nostre vite.
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Grandi bugie tra amici di Guillaume Canet torna a raccontare i personaggi del suo maggior successo di pubblico, ma senza una reale necessità se non quella di puntare superficialmente il dito contro le debolezze del presente.
Smarrita la costante generazionale, lo sceneggiatore e regista sembra quasi divertirsi a osservare il declino fisico e morale dei suoi stessi protagonisti, senza più alcuna traccia della partecipazione affettiva del primo film. Più che un inno all’amicizia, il Nous finirons ensemble del titolo suona come un monito irrevocabile, sguardo desolato sul presente, tanto stereotipato quando punta il dito contro i vizi dell’epoca – le app di appuntamenti, i ragazzini chini sullo smartphone… – quanto poco convincente, forzato, quando prova a darsi slanci di entusiasmo, a credere che il gruppo possa realmente salvarci dalla solitudine delle nostre vite.
Il buen retiro della villa diventa allora reclusione, in tal senso, l’unico dato interessante, seppur allarmante, del film di Canet, è la denuncia dell’inversione di rotta di una cinematografia, come quella francese, che anche quando ha affrontato smarrimenti esistenziali, drammi privati, ceti borghesi, vi ha sempre introiettato le tensioni del presente, di un fuori campo invisibile, ma comunque pressante ai margini dell’inquadratura.
Oggi, invece, anche autori solitamente engagé finiscono per macchiarsi delle colpe imputate già da diversi anni a certo cinema italiano: quelle di trincerarsi in appartamenti borghesi, con trame ammansite ed edulcorate, neanche lontanamente in grado di decifrare quello che accade nel mondo reale.
Canet per suscitare una minima reazione emotiva ha bisogno di snocciolare tutto il repertorio del rock inglese e americano dagli anni ’70 in poi.
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mardou_
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lunedì 16 settembre 2019
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un seguito fortunato
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“Come abbiamo fatto a venire in questo posto per così tanti anni rinunciando ad una vista così?” esclama Antoine quando il gruppo di parigini che avevamo lasciato otto anni prima nella casa di Max, immersa nella pineta, si sposta per qualche giorno in una villa sul mare del sempreverde paradiso francese di Cap Ferret.
Sta tutto in quelle parole sincere e disarmanti, che creano imbarazzo e rimangono sospese nell’aria, lo sviluppo del film, seguito del fortunato “Piccole Bugie Tra Amici”: ogni personaggio finalmente trova il suo punto di vista, la giusta posizione per affrontare la propria partita nella vita.
Il campo da gioco dell’esistenza, in fondo, è sempre lo stesso, ma finalmente, superati i quaranta, i protagonisti si evolvono in maniera più completa, mai liberandosi del tutto dei dettami borghesi che li accomunano, ma adattandoli ed interpretandoli secondo le proprie necessità.
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“Come abbiamo fatto a venire in questo posto per così tanti anni rinunciando ad una vista così?” esclama Antoine quando il gruppo di parigini che avevamo lasciato otto anni prima nella casa di Max, immersa nella pineta, si sposta per qualche giorno in una villa sul mare del sempreverde paradiso francese di Cap Ferret.
Sta tutto in quelle parole sincere e disarmanti, che creano imbarazzo e rimangono sospese nell’aria, lo sviluppo del film, seguito del fortunato “Piccole Bugie Tra Amici”: ogni personaggio finalmente trova il suo punto di vista, la giusta posizione per affrontare la propria partita nella vita.
Il campo da gioco dell’esistenza, in fondo, è sempre lo stesso, ma finalmente, superati i quaranta, i protagonisti si evolvono in maniera più completa, mai liberandosi del tutto dei dettami borghesi che li accomunano, ma adattandoli ed interpretandoli secondo le proprie necessità.
Da questo spunto di riflessione nasce uno spaccato bellissimo e coinvolgente, in cui si ride di gusto e ci si commuove, riconoscendo le stesse ansie, frustrazioni, difficoltà e debolezze di ognuno di noi.
Le relazioni fallite, la costante indagine sulla sessualità, il rapporto con i figli, la mancata realizzazione o il fallimento professionale sono alcuni dei punti che Guillaume Canet affronta in maniera solo apparentemente superficiale e scontata.
Lui che oggi è un regista più consapevole, ci regala una pellicola corale in cui i migliori nomi del cinema francese di questa generazione si muovono con la naturalezza di chi sta lavorando con i propri amici di sempre.
Spiccano tra gli altri Marion Cotillard, che calibra ottimamente il suo personaggio tra isteria frustrazione e rabbia repressa e Gilles Lellouche che affina il ruolo di Eric con un nuovo spessore e con il tocco cinico delle sue battute irriverenti che ci avevano deliziato già nel primo capitolo.
Elisabetta Baou Madingou
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