Se già il primo Jurassic World non lasciava presagire nulla di buono per il futuro della saga, questo nuovo film la affossa (quasi) definitivamente.
Il regno distrutto è probabilmente in grado di rivaleggiare in quanto a pochezza con Jurassic Park III (addirittura!), regalando (si fa per dire) al pubblico una delle trame più esili e pretestuose della storia del cinema commerciale americano (completa di uno dei finali più tirati via di sempre).
La regia di Bayona può poco per risollevare le sorti dell’opera, la sceneggiatura non è solo scialba ma pure ridicola; gli errori, le incongruenze, le facilonerie, le assurdità si fanno man mano sempre più macroscopici, gli attori sono poco convinti e taluni dialoghi che si trovano costretti a recitare semplicemente inascoltabili, il film nel complesso è una vuota operazione commerciale che si regge unicamente sull’imperitura fascinazione dei più piccoli per le grandi bestie preistoriche (fascinazione che si sfrutta cinicamente, inserendo pura una parentesi strappalacrime [la scena del Brachiosauro]).
Lo spettatore (ingenuo) potrebbe pensare che con la “lega protezione dinosauri” si sia già raggiunto il vertice del ridicolo appena a pochi minuti dall’inizio (essendo tale lega, tra l’altro, guidata proprio da colei la quale nel film precedente era a capo del parco e alla quale di conseguenza prima quella simpatiche bestiole non facevano poi tutta questa gran simpatia), ma tale spettatore verrebbe presto smentito.
Perché è con la trovata dell’asta che si raggiunge veramente l’apoteosi dell’assurdità, la massima deflagrazione della cretineria da blockbuster “snack e Cola” (insomma, un’“arma” invincibile che si può abbattere con qualche colpo di un ben più economico mitra? E che per di più attacca un bersaglio segnalato da un laser [il che porta a domandarsi perché mai non si dovrebbe procedere direttamente ad abbattere il suddetto bersaglio col fucile o con qualunque arma da fuoco si possegga, ancora una volta sicuramente ben più economica del “killer-sauro” proposto dai geniali autori della sceneggiatura e che, pensa un po’, va’ pure a ruba tra i criminali evidentemente più lungimiranti di sempre]).
Tutte queste, e altre infinite possibili, riserve nei confronti del film potranno sicuramente essere bollate come mere “pignolerie da spettatore troppo pretenzioso/esigente” a cui verrebbe volentieri voglia di dire: “ma che ti aspettavi, un nuovo Quarto potere?”, ma il fatto è che, rispetto ad altri film di puro intrattenimento, in questo nuovo estenuante capitolo della saga “jurassica”, le svolte senza senso della trama sono veramente troppo clamorose e onnipresenti per essere ignorate, ed inficiano irrimediabilmente il piacere della visione (e questo senza per altro contare i ripetuti cliché [sì!, un altro nerd occhialuto che strilla come una ragazzina e che, essendo di colore, dev’essere naturalmente simpatico] nonché l’incrollabile sensazione di già visto e stravisto).
Comunque, inutile girarci intorno, Il regno distrutto non è altro che un fallimento, un vero e proprio fallimento, quasi da ogni punto di vista (eccezion fatta per i sempre notevoli effetti digitali).
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