luca scialo
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sabato 3 ottobre 2020
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chiusura alla apocalypse now della trilogia prequel
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Matt Reeves chiude con i fuochi d'artificio la trilogia dedicata alla nascita de Il Pianeta delle scimmie. Il regista si concede qualche minuto in più, nonché la presa in prestito di alcune citazioni cinematografiche. Su tutte, i riferimenti ad Apocalypse Now. Il tenente ormai impazzito, che vuole uccidere sia scimmie che soldati che vogliono ostacolarlo, somiglia non poco a quel colonnello Kurz visto in quest'ultimo capolavoro del cinema, interpretato da un inquietante Marlon Brando. Ma nelle movenze ricorda un altro gerarca sui generis di quella pellicola: Colonnello Bill Kilgore, interpretato dall'ottimo Robert Duvall. Quello a cui piaceva l'odore del Napalm al mattino. Qui il Napalm non c'è, ma ugualmente la voglia di prevaricazione che fin troppo spesso ribolle nel sangue degli esseri umani.
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Matt Reeves chiude con i fuochi d'artificio la trilogia dedicata alla nascita de Il Pianeta delle scimmie. Il regista si concede qualche minuto in più, nonché la presa in prestito di alcune citazioni cinematografiche. Su tutte, i riferimenti ad Apocalypse Now. Il tenente ormai impazzito, che vuole uccidere sia scimmie che soldati che vogliono ostacolarlo, somiglia non poco a quel colonnello Kurz visto in quest'ultimo capolavoro del cinema, interpretato da un inquietante Marlon Brando. Ma nelle movenze ricorda un altro gerarca sui generis di quella pellicola: Colonnello Bill Kilgore, interpretato dall'ottimo Robert Duvall. Quello a cui piaceva l'odore del Napalm al mattino. Qui il Napalm non c'è, ma ugualmente la voglia di prevaricazione che fin troppo spesso ribolle nel sangue degli esseri umani. Nella fattispecie, vogliono eliminare quelle scimmie intelligenti che essi stessi hanno creato con i loro esperimenti. Guidati dall'eroico Cesare. Tuttavia, viene aggiunto un contrappasso: il virus che queste scimmie trasmettono all'uomo, hanno come effetto anche la perdita della parola. Riportando pertanto l'essere umano, paradossalmente, allo stadio di quasi scimmia. Nella pellicola, inoltre, sono aggiunti altri elementi. Come l'innocenza di una bambina, che ha perso genitori e parola, che spinge sempre a riflettere. E una simpatica scimmietta, tenera e pasticciona. La quale aggiunge alla pellicola un pizzico di ironia, al fine di spezzare una trama più dura e impegnata dei primi due episodi.
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maupan
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sabato 30 novembre 2019
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film perditempo
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Film che induce lo spettatore a filosofie Fantozziane.... Dopo 40 minuti sono uscito perchè non sopportavo piu la pellicola, che dell'originale film storico con Chaltron Heston ha in comune soltanto le scimmie... mi ha ricordato quando da ragazzino andavo al cinema in quei pomeriggi d'estate a vedere i film western con Tomas Milian che erano di una bruttezza assoluta....
Concludendo Una Perdita di Tempo.
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emanuele1968
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domenica 27 agosto 2017
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belli gli effetti
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Cinema all'aperto, serata caldissima, ringraziando polifemo un'estate di fine agosto che sembra i primi di luglio, tipo estate 2003, si boccheggia tra ventagli e gelati, sedie di plastica leggermente scomode cui si fatica ha trovare una posizione decente, neppure un filo d'aria, e non mancano le zanzare, nonostante tutto un bellissimo clima di festa.
Ero piccolo, credo fosse il 1978, le prime televisioni ha colori, si condivideva la televisone ha colori, ed il telefono allora serviva solo per telefonare, forse bei ricordi, Charlton Heston, il pianeta delle scimmie, nulla ha che vedere con questo film, belli gli effetti e trama improbabile, visi dei clienti dubbiosi e contrariati, pero con quella felicita di avere condiviso un qualcosa che si voleva vedere.
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Cinema all'aperto, serata caldissima, ringraziando polifemo un'estate di fine agosto che sembra i primi di luglio, tipo estate 2003, si boccheggia tra ventagli e gelati, sedie di plastica leggermente scomode cui si fatica ha trovare una posizione decente, neppure un filo d'aria, e non mancano le zanzare, nonostante tutto un bellissimo clima di festa.
Ero piccolo, credo fosse il 1978, le prime televisioni ha colori, si condivideva la televisone ha colori, ed il telefono allora serviva solo per telefonare, forse bei ricordi, Charlton Heston, il pianeta delle scimmie, nulla ha che vedere con questo film, belli gli effetti e trama improbabile, visi dei clienti dubbiosi e contrariati, pero con quella felicita di avere condiviso un qualcosa che si voleva vedere.
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(di kyotrix)
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andreagiostra
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lunedì 14 agosto 2017
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salvaguardia del pianeta?
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Omaggio esplicito ad “Apocalypse Now” (1979) del grande maestro Francis Ford Coppola, “War for the Planet of the Apes”, scritto dai bravissimi Mark Bomback, Matt Reeves e Pierre Boulle, è certamente un film bellissimo da più punti di vista. Non solo per i cinefili amanti dei generi fantasy, action, war, ma per tutti i veri appassionati di settima arte e delle magie che riesce a creare. Senza ombra di dubbio oggi Hollywood è una spanna su tutte le altre capitali mondiali della settima arte, e questo film, se mai ce ne fosse bisogno, conferma la posizione di assoluto dominio culturale e di produzione dei californiani.
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Omaggio esplicito ad “Apocalypse Now” (1979) del grande maestro Francis Ford Coppola, “War for the Planet of the Apes”, scritto dai bravissimi Mark Bomback, Matt Reeves e Pierre Boulle, è certamente un film bellissimo da più punti di vista. Non solo per i cinefili amanti dei generi fantasy, action, war, ma per tutti i veri appassionati di settima arte e delle magie che riesce a creare. Senza ombra di dubbio oggi Hollywood è una spanna su tutte le altre capitali mondiali della settima arte, e questo film, se mai ce ne fosse bisogno, conferma la posizione di assoluto dominio culturale e di produzione dei californiani.
La vera guerra di cui narra la sceneggiatura, non è quella delle armi e delle bombe che comunque danno l’incipit alla sequenza filmica. La vera guerra intelligentemente narrata, è quella delle emozioni, dei vissuti, dei sensi di colpa, della rabbia e della paura, dei conflitti culturali e razziali, della salvaguardia della specie e della paura di estinzione, dei terribili errori del passato e delle conseguenze tsunamiche sull’intera razza umana … insomma, una perfetta metafora dei giorni nostri, del ventunesimo secolo. Già questa prospettiva è sufficiente per fiondarsi al cinema e gustarsi una prelibatezza cinematografica assoluta.
Il film è l’ultimo episodio (ma davvero sarà l’ultimo?) del sequel noto nell’intero pianeta cinematografico come “Il Pianeta delle Scimmie”. La guerra tra umani e le scimmie, esplosa nel capitolo precedente, porta in questo il Colonnello (Woody Harrelson) a uccidere diversi membri della popolazione di Cesare (Andy Serkis), che subito dopo si avventura in azioni belliche di vendetta ma al contempo di un saggio tentativo di salvaguardia del pianeta in serio pericolo di trasformarsi in inabitabile agli esseri viventi se dovesse continuare ad essere l’uomo a governarne le sorti.
Eccellente la colonna sonora Michael Giacchino, che conduce l’ascoltatore-spettatore, forse impropriamente, alle produzioni di Sergio Leone e al già citato Francis Ford Coppola. Ma qui sarà lo spettatore ad immaginare viaggi musicali all’interno della sala cinematografica.
Non credo serva altro a chi leggerà queste poche righe per chiudere in fretta questo link e recarsi di corsa al cinema per passare 140 minuti di goduria cinematografia.
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antonio
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venerdì 11 agosto 2017
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scimmia non uccide scimmia
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Film veramente molto riuscito in ogni suo aspetto, grandissima ancora una volta l'interpretazione di Andy Serkis ormai in stato di grazia. Molto bravo anche un potente Woody Harrelson nel ruolo del duro comandante. Non sono da meno però anche gli altri attori. Colonna sonora strumento fondamentale nella riuscita del film insieme ad una intensa regia di Matt Reeves, bravo regista anche del secondo film. Ottimi anche sceneggiatura e il lato tecnico del film ovvero montaggio, montaggio sonoro e il sonoro. Sempre piu riuscito l'utilizzo della motion capture ,che rende il film reale e grazie al quale il volto delle scimmie assomiglia ancora di più agli attori, e degli effetti speciali. In poche parole il film è potente, coinvolgente, umano e commovente dal primo all'ultimo minuto.
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laurence316
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mercoledì 9 agosto 2017
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il migliore della trilogia, potente ed emozionante
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Ottima conclusione di una trilogia in crescendo, The War – Il pianeta delle scimmie è un caso più unico che raro di 3° capitolo più che riuscito: si pone tranquillamente tra i primi tre per qualità nella lunga serie di film sulle scimmie iniziata nel lontano 1968 con il film di Schaffner.
Reeves, che ritorna per la seconda volta al timone, costruisce un film denso di citazioni (fin dalle primissime scene in cui sugli elmetti dei soldati si può leggere “Bedtime for Bonzo”, titolo originale di una commedia del 1951 [uscita in Italia con il titolo Bonzo la scimmia sapiente] con protagonista Ronald Reagan) che rende palesi i suoi debiti con diverso cinema del passato (il graffito sul tunnel, “Ape-pocalypse Now”, da solo dice tutto), anche e soprattutto attraverso il personaggio di Harrelson che più “kurtziano” non si può.
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Ottima conclusione di una trilogia in crescendo, The War – Il pianeta delle scimmie è un caso più unico che raro di 3° capitolo più che riuscito: si pone tranquillamente tra i primi tre per qualità nella lunga serie di film sulle scimmie iniziata nel lontano 1968 con il film di Schaffner.
Reeves, che ritorna per la seconda volta al timone, costruisce un film denso di citazioni (fin dalle primissime scene in cui sugli elmetti dei soldati si può leggere “Bedtime for Bonzo”, titolo originale di una commedia del 1951 [uscita in Italia con il titolo Bonzo la scimmia sapiente] con protagonista Ronald Reagan) che rende palesi i suoi debiti con diverso cinema del passato (il graffito sul tunnel, “Ape-pocalypse Now”, da solo dice tutto), anche e soprattutto attraverso il personaggio di Harrelson che più “kurtziano” non si può. Oltre al film di Coppola, vengono citati i western, diversi altri classici di guerra, Schindler’s List, perfino, probabilmente, Il gladiatore. Molti anche gli evidenti riferimenti biblici, tra crocifissioni, flagellazioni e l’esodo in un popolo “eletto” verso la “terra promessa”.
Il regista amalgama tutte queste influenze in un blockbuster dai grandi effetti speciali, nuova vetta della motion capture. Un blockbuster dalla storia semplice, ma non banale, talvolta commovente, talvolta, in certi momenti, patetica, perché qualche caduto di ritmo c’è e bisogna ammetterlo, ma soprattutto toccante, coinvolgente ed emozionante (complice anche l’ottima colonna sonora di Giacchino che è parte integrante del film e contribuisce non poco alla sua riuscita). Più che un film di guerra nel vero senso della parola, è per la gran parte della durata un dramma interiore, la narrazione di un conflitto, più che esterno, interno, soprattutto nel personaggio di Cesare, protagonista assoluto e indiscusso anche di questa nuova pellicola. Un blockbuster capace anche di far riflettere, e aperto a svariate interpretazioni.
Se talvolta la durata può apparire eccessiva, specialmente nella prima parte, il film di Reeves, però, decolla dopo la prima mezz’ora e diventa dinamico, avvincente e un crescendo emotivo che culmina nel tragico finale. Tutto sommato, questo capitolo conclusivo della trilogia è un ottimo film d’intrattenimento, decisamente superiore alla media dei sequel degli ultimi tempi.
La recitazione è ottima (Serkis si conferma un maestro della motion capture, ma anche gli altri interpreti delle scimmie se la cavano, così come Harrelson nel ruolo del folle colonnello McCullough che si mette a santificare la propria guerra), buona la fotografia, molto belle diverse location e scenografie. Nonostante le sue qualità e nonostante il plauso della critica, costato 150 milioni di dollari, non ottiene un grandissimo successo di pubblico, e ne incassa appena 300 nel mondo, rivelandosi l’incasso più basso della trilogia. Davvero un peccato, perché vuol dire che non in tanti sono andati a vederlo e soprattutto perché, al contrario di diversi altri seguiti dell’ultima stagione, che effettivamente si meritavano l’insuccesso di pubblico, questo The War – Il pianeta delle scimmie è invece tra i film di miglior qualità provenienti da Hollywood negli ultimi anni. Del quale qualsiasi seguito si rivelerebbe futile, nonostante si tenti debolmente di lasciarvi spazio nel finale nel dialogo tra Maurice e Cesare.
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maramaldo
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domenica 6 agosto 2017
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bedtime for bonzo
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Scritta sull'elmetto di un umano. Più gentile di quella accanto (Monkey Killer). Souvenir del Vietnam. La prima anche titolo di una commedia del 1951. Passata in Italia come Bonzo la scimmia sapiente. Attore principale, Ronald Reagan. Utilizzata nei decenni successivi per varie canzonature più o meno scorrette.
Matt Reeves fa cinema così. Confeziona un amalgama diabolico in cui riconosci almeno una dozzina dei film più importanti che hai visto in vita tua, sospetti le tracce di un'altra dozzina che non hai mai visto, nonostante ciò ti lasci coinvolgere nell'incalzare del racconto e immergere in un mondo di favola popolato da creature grottesche e spassose che trovi familiari, molto familiari.
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Scritta sull'elmetto di un umano. Più gentile di quella accanto (Monkey Killer). Souvenir del Vietnam. La prima anche titolo di una commedia del 1951. Passata in Italia come Bonzo la scimmia sapiente. Attore principale, Ronald Reagan. Utilizzata nei decenni successivi per varie canzonature più o meno scorrette.
Matt Reeves fa cinema così. Confeziona un amalgama diabolico in cui riconosci almeno una dozzina dei film più importanti che hai visto in vita tua, sospetti le tracce di un'altra dozzina che non hai mai visto, nonostante ciò ti lasci coinvolgere nell'incalzare del racconto e immergere in un mondo di favola popolato da creature grottesche e spassose che trovi familiari, molto familiari.
Diciamolo subito: il segreto del successo delle scimmie sono le scimmie. Andate allo zoo, lì, presso le gabbie dei primati che c'è più gente...ed allegria. Predilezione puerile, certo. Ma puerili ed elementari sono gli archetipi che di solito dirigono i nostri pensieri e comportamenti. Comunque, le scimmie piacciono perchè divertono ed in questa caratterizzazione Reeves è insuperabile. Limitiamoci ad un paio di new entry. Non mi stancherei di rivedere Maurice, il grosso gibbone (credo) color miele, quegli occhietti vicini, così saggio, così ...umano. E il King Kong secondino, Donkey. Asino. Non un insulto. Pari dignità per quadrupedi e quadrumani nella superiore dimensione etica che Reeves accorda alle bestie.
E già, abbiamo pure la morale. Non c'è da stupirsi. Nonostante l'uso prodigioso della tecnologia abbiamo a che fare con la fiaba antica in cui gli animali insegnano parlando ed agendo come uomini. Con tutti gli ingredienti. Il Cattivo, l'emblema del male che fa una brutta fine. Stavolta non è lo sventato Koba ma il Colonnello, tipo piuttosto comune. Look, deadly; cranio rapato; ray ban nella caligine dell'incombente catastrofe. Neanche, poi, tanto malvagio: raggiunto un accordo con le pelose maestranze, distribuisce granaglie a palate e acqua a secchiate. Ma allora, chi è Cuore di Tenebra? Reeves, temo. Ci sono indizi: il lancio di deiezioni sul soldato di guardia; la bandiera divorata dal fuoco sulla baracca che crolla. Son cose che da noi non fanno nè caldo nè freddo ma negli USA, dove patriottardi si annidano anche in ambienti insospettabili (antimilitaristi, contestatori), non vengono prrese bene e, anche se ispirate a momenti diversi e lontani, generano riprovazione e sensi di colpa. Di quest'ultimi ci si può liberare cercando o inventando l'innocenza. Chi meglio può richiamarla di un'orfanella abbandonata? La Bimba Silente. Incolpevole ma potente come la valanga della storia che seppellisce i disciplinati masniaderi vocianti sotto una coltre bianca silenziosa.
The War non ha un finale. S'interrompe bruscamente nel mezzo di una sequenza. Come se l'Autore si fosse stancato prima ancora dello spettatore che, invece, avrebbe ,volentieri continuato a bearsi di smorfie, saltelli e mossettine. Segue il nero totale, ormai di moda. Solo che il blackout si protrae un pò più del solito. Che vorrà dire? Notte fonda? Bedtime for Caesar & Co?
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loland10
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domenica 6 agosto 2017
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il volto di cesare...
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“The war. Il pianeta delle scimmie” (War for the Planet of the Apes, 2017) è il quinto lungometraggio del regista-sceneggiatore statunitense Matt Reeves.
Al nono film della serie (inizio nel 1968 con il primo ‘Il pianeta delle scimmie’ di Franklin Schaffner e l’immagine icona di Charlton Heston) e al terzo reboot dopo quello del 2011. Film continuazione del precedente 'Apes Revolution - Il pianeta delle scimmie' uscito tre anni fafirmato dallo stesso regista.
Pellicola di epigoni, roboante, intima, sociale, politica e mistica ma, anche, ammiccante, ridondante, pastosa e, allegramente, piena di riferimenti altrui.
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“The war. Il pianeta delle scimmie” (War for the Planet of the Apes, 2017) è il quinto lungometraggio del regista-sceneggiatore statunitense Matt Reeves.
Al nono film della serie (inizio nel 1968 con il primo ‘Il pianeta delle scimmie’ di Franklin Schaffner e l’immagine icona di Charlton Heston) e al terzo reboot dopo quello del 2011. Film continuazione del precedente 'Apes Revolution - Il pianeta delle scimmie' uscito tre anni fafirmato dallo stesso regista.
Pellicola di epigoni, roboante, intima, sociale, politica e mistica ma, anche, ammiccante, ridondante, pastosa e, allegramente, piena di riferimenti altrui. Ambivalente e ambi-qualitativo:
Diviso in tre parti essenziali:
a) Preludio e antefatti alla partenza; paesaggi ben ricostruiti, luoghi accattivanti, pomposità ben orchestrate, panorami e profondità di livello, scontri e cambi di tono mai banali e di buona fattura;
b) Arrivo campo e regole dello stesso: un certo meccanicismo, una mistura di lunghi discorsi e riferimenti ad altro; religiosità, antropologia, socialità, minoranze e legalità si mescolano e si alternano scambiandosi importanza, dissonanze e luoghi simbolo in riferimento a rastrellamenti, ebraismo, soluzione finale e lavori forzati.
c) Finale con guerra epilogo e morale vincente di uomini che non sanno più parlare e interagire collettivamente mentre le scimmie e tutto quello attorno ragionano e sapientemente si organizzano con la natura dalla loro parte. Ecco ciò che si allontana per qualcuno si avvicina per qualche altro.
La pellicola risulta certamente godibile e di presa ma rimane troppo 'filosofica' e con sguardi ferrei e tenebrosi tra i 'capi' (Cesare per le scimmie e il Colonnello McCullough per gli umani) che all'ennesimo sa di ripetuto e di stanchezza visiva. Il canto del cigno avviene più volte per catturare lo spettatore in un crescendo vero e di grande voracità fisica, cruenta e verrebbe da dire disumana.
Un film che non riesce a piacere appieno dove a una forma spettacolare (per certi versi trattenuta in alcuni frangenti) e altisonante (già predisposta è orientata) si contraddistingue una ricerca dell'altro in scambi (argomentati e poco innovativi) e dialoghi (tendente al mistico e all'ossequioso socializzante) che pare un aggiustamento per appaiare il film da blockbuster raffinato a seriosità ingigantita da musiche ad hoc, ambienti ridenti e, soprattutto, a digitalizzazione esagerate (forse sarebbe stato il caso di realizzare un'opera intima con puro realismo togliendo tutto il superfluo per puro piacimento o altrimenti andare completamente dall'altra parte: tutto appare una piccola furbata di immettere tutto e di tutto).
Nella prima mezz'ora si contano una decina o forse più di riferimenti ad altre pellicole e la sensazione (per chi conosce un po' di cinema anche recente) è di piccolo cabotaggio e, allergia intelligente, all'assuefazione di un immaginario oramai al limite di un fondo senza un qualcosa, non quantomeno di originale, ma almeno di scarto minore e di inquadrature anti-spot per non dire irrise al deja-vu.
Buone le intenzioni e i rimandi ma alla fine la pellicola risulta alquanto pomposa e tirata per le lunghe con un certo gusto di auto-referenzialità: certo le immagini hanno il loro gusto e le sonorità intrattengono al meglio nel cambio di passo tra un dialogo e un movimento, una battuta e uno scontro. Tutto ciò in un troppo di riferimenti (che non sono solo nel preliminare iniziale) che diventano dopo un aggiungere e mai un togliere, un soverchiante uso di eccessi e simboli, un drone continuo che ‘misura’ e ‘schizza’ lasciti passati, personaggi a ritroso, sguardi inviperiti e moniti già visti con uno schema iperbolico dirompente e pesante, posticcio e ferreo seguendo abitudini di autori senza un qualcosa di nuovo con un groviglio e accumulo accademicamente vuoto. E’ il nulla ‘pensiero’ come il tanto ‘ingrediente’ si ammassano (insieme) al debordare della camera in movimento o bloccata tra rigurgiti di pellicole poste e riposte una sopra l’altra. Troppo da dare e troppo da dire e il film diventa un ‘intrattenimento’ anche intelligente e una ‘presunta’ autorialità da film classico e non certo ‘post-modernizzato’.
E il colpo in canna sappiamo già a chi viene rivolto: lo guardo truce di Cesare (Andy Serkis) e il ghigno monocorde del Colonnello (Woody Harrelson) si incontrano spesso e lungamente fino al ‘duello’ vendetta al buio quando la ‘Apocalypse’ (riferimento esplicito e fin troppo con effetti contrari) arriva sotto e sopra le teste degli scudieri ligi e osservanti al condottiero ‘testa rasata’. E il titolo, d’altronde, dice dove si arriva e qual è il finale.
Regia di Matt Reeves che arruola il cinema di ieri per modellarlo a quello di oggi; la colonna sonora di Michael Giacchino sovrasta e addensa l’immaginario (compiaciuto).
Voto: 6/10 (**½ ).
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cristian
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mercoledì 2 agosto 2017
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ape-pocalypse now
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Con The War – Il pianeta delle scimmie, il regista Matt Reeves porta a conclusione una trilogia che ha emozionato gran parte di pubblico e critica sin dal capitolo d’apertura, guidato nel 2011 da un egregio Rupert Wyatt. Reeves, sulla falsa riga del secondo episodio sempre condotto da lui, assegna primaria importanza alla drammaticità e all’introspezione dei personaggi, soprattutto a quella del protagonista Cesare interpretato, ancora una volta, da Andy Serkis.
Continua ormai senza sosta la guerra tra umani e scimmie. I primi sono in via di estinzione a causa dell’imperversare del cosiddetto “virus delle scimmie”; i secondi cercano di asserragliarsi sempre di più all’interno della foresta sperando di evitare di ingaggiare battaglia contro eserciti di uomini super armati.
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Con The War – Il pianeta delle scimmie, il regista Matt Reeves porta a conclusione una trilogia che ha emozionato gran parte di pubblico e critica sin dal capitolo d’apertura, guidato nel 2011 da un egregio Rupert Wyatt. Reeves, sulla falsa riga del secondo episodio sempre condotto da lui, assegna primaria importanza alla drammaticità e all’introspezione dei personaggi, soprattutto a quella del protagonista Cesare interpretato, ancora una volta, da Andy Serkis.
Continua ormai senza sosta la guerra tra umani e scimmie. I primi sono in via di estinzione a causa dell’imperversare del cosiddetto “virus delle scimmie”; i secondi cercano di asserragliarsi sempre di più all’interno della foresta sperando di evitare di ingaggiare battaglia contro eserciti di uomini super armati. La pace non arriva e il Colonnello (Woody Harrelson) è intento più che mai ad eliminare le scimmie comandate da Cesare (Andy Serkis). Lo scontro risolutivo non tarderà ad arrivare.
Il film di Reeves cattura lo spettatore sin dalle prime curatissime inquadrature che richiamano note pellicole dedicate, in particolare, alla guerra del Vietnam. La cinepresa serpeggia con curiosa lentezza sopra le teste dei personaggi nei primi minuti in cui azione e tensione si mescolano e si alternano rendendo subito ben chiara la gravità di una situazione che da tempo ha raggiunto il punto di non ritorno. La guerra ha ormai prevalso definitivamente su un dialogo che non c’è mai stato.
Scimmie e uomini, le prime guidate da Cesare e i secondi dal Colonnello, rappresentano due poli mai destinati ad incontrarsi. L’effettiva regressione della specie umana, di cui siamo spettatori noi stessi nel mondo reale, prevede il rifiuto del dialogo, la paura del diverso e una soluzione di primitiva e istintiva concezione, la distruzione. I principi basilari del vivere sociale sono ormai crollati e il passaggio di consegne da una specie all’altra è reso dal regista in maniera esemplare. Tra le scimmie la percezione dell’importanza dell’unione familiare segna il definitivo affermarsi della ragione sugli istinti selvaggi.
Reeves, dopo i primi minuti di grande attrazione visiva ed emotiva, abbassa i ritmi e dà il via al viaggio che vede protagonista assoluto Cesare, senza dubbio uno dei personaggi meglio caratterizzati del cinema degli ultimi anni. Lo spazio dedicato al protagonista della trilogia e alla sua evoluzione interiore è totale, lasciando il susseguirsi degli eventi sullo sfondo. Primi e primissimi piani di Cesare e dei suoi compagni impressionano sia per la realisticità della resa grafica, sia per la capacità di trasmettere allo spettatore i loro stati d’animo. Le sofferenze che Cesare prova durante la battaglia del suo popolo bucano letteralmente lo schermo. Lo spettacolo, che di certo non manca, viene dominato dalla malinconia che aleggia in ogni sguardo e in ogni gesto. La lotta interiore del protagonista, che vede a tratti emergere la parte umana più oscura e vendicativa, è la conseguenza di tormenti troppo a lungo patiti e mai dimenticati.
Si è già parlato del Cesare di Andy Serkis ma, forse, non è abbastanza. La grandezza di questo personaggio digitale, evolutosi in questi anni sia graficamente che a livello emotivo, è immensa e Serkis si conferma essere il migliore attore nell’interpretare ruoli del genere. Convincente il Colonnello interpretato da Woody Harrelson, duro, cattivo, spietato ma tormentato non meno di Cesare. Purtroppo di nessuna rilevanza il personaggio della piccola Nova (Amiah Miller), utilizzato unicamente come escamotage per citare Il pianeta delle scimmie del 1968.
The War – Il pianeta delle scimmie è un lavoro riuscito e da applaudire in toto. Reeves, puntando tutto su Cesare, probabilmente sottrae importanza all’impresa a cui sono destinate tutte le scimmie ma, nonostante ciò, si possono giudicare superate con ottimi voti le difficoltà affrontate da Reeves per chiudere nel migliore dei modi una trilogia della cui grandezza non tutti si sono resi subito conto e probabilmente per alcuni ci vorrà ancora un po’ per comprenderla a pieno.
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tmpsvita
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sabato 29 luglio 2017
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visivamente incredibile, emotivamente potente
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Terzo capitolo della trilogia prequel de "Il pianeta delle scimme" (classico del 1968, che ancora devo vedere), torna Andy Serkis nel ruolo di Cesare e alla regia ritroviamo Matt Reeves, già regista del secondo.
Rispetto a quest'ultimo si cerca di scavare più affondo sui sentimenti delle scimme ma anche degli umani, gli ultimi rimasti, e lo si fa in maniera molto forte, con scene, visivamente e psicologicamente d'impatto, che riescono a creare un legame empatico tra lo spettatore e i personaggi, scimme e non, che difficilmente si può ottenere senza un ottimo lavoro dal punto di vista della regia e della sceneggiatura. Infatti, tramite dialoghi scritti con molta cura e attenzione per le parole, lo spettatore comprende i vari comportamenti che Cesare e compagnia hanno all'interno della pellicola e vale lo stesso per il villan di turno, interpretato da Woody Harrelson, caratterizzato in maniera sublime.
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Terzo capitolo della trilogia prequel de "Il pianeta delle scimme" (classico del 1968, che ancora devo vedere), torna Andy Serkis nel ruolo di Cesare e alla regia ritroviamo Matt Reeves, già regista del secondo.
Rispetto a quest'ultimo si cerca di scavare più affondo sui sentimenti delle scimme ma anche degli umani, gli ultimi rimasti, e lo si fa in maniera molto forte, con scene, visivamente e psicologicamente d'impatto, che riescono a creare un legame empatico tra lo spettatore e i personaggi, scimme e non, che difficilmente si può ottenere senza un ottimo lavoro dal punto di vista della regia e della sceneggiatura. Infatti, tramite dialoghi scritti con molta cura e attenzione per le parole, lo spettatore comprende i vari comportamenti che Cesare e compagnia hanno all'interno della pellicola e vale lo stesso per il villan di turno, interpretato da Woody Harrelson, caratterizzato in maniera sublime.
Ho apprezzato moltissimo la regia che, tramite inquadrature studiate, visivamente potenti (come i vari primi piani) e sequenze brillantemente girate, mi ha emozionato particolarmente, e questo, devo ammettere, mi fa ben sperare per il prossimo film che Matt Reeves dovrebbe dirigere, ovvero The Batman.
Andy Serkis ha svolto un lavoro magistrale nella parte di Cesare, ruolo che ha intrapreso per la prima volta nel 2011 con il primo capitolo, riesce davvero a rendere il suo personaggio ricco di sfumature e di espressioni che solo un attore del suo calibro avrebbe potuto offrire; spero vivamente che "l'attore senza volto" questa volta possa aggiudicarsi l'oscar che in più di un occasione si sarebbe meritato.
I fattori che più mi hanno colpito sono sicuramente la colonna sonora, curata da Michael Giacchino, che si contraddistingue da quella dei due precedenti, con temi straordinari che esaltano l'azione ed enfatizzano il dramma in maniera eccelsa; ho anche apprezzato la fotografia che dipinge il film di colori freddi, puri e molto suggestive.
Inutile menzionare la CGI, basta vedere il trailer per rendersi di che livello è, davvero impeccabile.
Purtroppo però non riesco a definire questo film un capolavoro perché non sono particolarmente affezionato alla trilogia in generale ma comunque uno dei migliori film di quest'anno.
VOTO: 8,5 /10
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