fabiofeli
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domenica 16 aprile 2017
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"non ho più parole"
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Provenza, Francia. Fine anni ’50. Gabrielle (Marion Cotillard) è una donna irrequieta; vive con la famiglia in una casa di campagna affacciata su sterminati campi di lavanda di proprietà dei suoi. Con questi non ha un buon rapporto: non siede a tavola con loro e mette un piatto sul mobile per mangiare frettolosamente. Scrive di sé, dei suoi desideri e pulsioni ad un giovane insegnante fresco di matrimonio del quale si è invaghita Sembra dissennata quando si denuda ed appare alla finestra di casa appena velata da una persiana ai braccianti che tornano dalla raccolta della lavanda. La madre Adèle conclude che un matrimonio per lei è improcrastinabile: sceglie per lei uno dei braccianti, Josè (Alex Brandeműhl), uno spagnolo di Le Ciotat che ha fatto la guerra di Spagna.
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Provenza, Francia. Fine anni ’50. Gabrielle (Marion Cotillard) è una donna irrequieta; vive con la famiglia in una casa di campagna affacciata su sterminati campi di lavanda di proprietà dei suoi. Con questi non ha un buon rapporto: non siede a tavola con loro e mette un piatto sul mobile per mangiare frettolosamente. Scrive di sé, dei suoi desideri e pulsioni ad un giovane insegnante fresco di matrimonio del quale si è invaghita Sembra dissennata quando si denuda ed appare alla finestra di casa appena velata da una persiana ai braccianti che tornano dalla raccolta della lavanda. La madre Adèle conclude che un matrimonio per lei è improcrastinabile: sceglie per lei uno dei braccianti, Josè (Alex Brandeműhl), uno spagnolo di Le Ciotat che ha fatto la guerra di Spagna. Con lui, un uomo semplice e schivo, si stipula un vero e proprio contratto: Gabrielle chiarisce subito a Josè che non lo ama e non avrà rapporti con lui; Josè non si scompone: frequenterà donne a pagamento. Gabrielle soffre di calcoli renali e per la cura andrà in una clinica tra i monti della Svizzera. Là conosce una cameriera conterranea e, attraverso lei, Andrè Sauvage (Louis Garrel), un giovane militare malato di calcoli renali, reduce dalla guerra in Indocina. Sarà finalmente l’esplosione di un grande completo amore per Gabrielle? …
Il testo dal quale è tratto il film è di Marina Angius: parla di una donna sarda con comportamenti anticonformistici per l’epoca, che usa un linguaggio spregiudicato nelle sue lettere ai pretendenti e li allontana inesorabilmente. Viene giudicata pazza, ma pazza non è. La stessa sorte è capitata a chissà quante altre donne. Allo stesso modo era accaduto a Ida Dalser, amante di Mussolini, internata come folle quando il duce si era già legato a Edda Ciano in attesa di un figlio: il film Vincere di Marco Bellocchio non è una invenzione artistica. Gabrielle è solo una donna che precorre i tempi, che cerca un amore assoluto e totale. Nelle lettere che scrive al reduce e tornano alla mittente senza risposta dice che ormai “non ha più parole”. E dire che la Cotillard è straordinaria, intensamente espressiva, convincente nel descrivere il personaggio di Gabrielle è troppo poco: per parlare della sua interpretazione non abbiamo più parole. La pellicola riserva una sorpresa finale, “rassicurante”ed inquietante al tempo stesso: è una caduta, sorretta fino a quel momento dalla grande prestazione di Marion. Ma la stessa scivolata è contenuta nel testo di origine ed allora … Un film comunque da vedere.
Valutazione ***
FabioFeli
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vanessa zarastro
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martedì 25 aprile 2017
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lo spostamento del desiderio
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Se fosse una storia ottocentesca – ad esempio di Guy di Maupassant - si potrebbe sintetizzare le vicende narrate dal film come “la storia di un’isteria”, ma io preferisco pensare che rappresentino una metafora della condizione femminile.
Mal di pietre è tratto dal libro di Milena Agus che parla proprio del destino di una donna sarda anticonformista che usa un linguaggio spregiudicato e allontana i suoi pretendenti.
La vicenda è ambientata nella campagna di Valensole, nell’Alta Provenza, alla fine della seconda guerra mondiale. Una famiglia benestante dà lavoro ai braccianti spagnoli scappati a causa dell’avvento del franchismo nel 1939.
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Se fosse una storia ottocentesca – ad esempio di Guy di Maupassant - si potrebbe sintetizzare le vicende narrate dal film come “la storia di un’isteria”, ma io preferisco pensare che rappresentino una metafora della condizione femminile.
Mal di pietre è tratto dal libro di Milena Agus che parla proprio del destino di una donna sarda anticonformista che usa un linguaggio spregiudicato e allontana i suoi pretendenti.
La vicenda è ambientata nella campagna di Valensole, nell’Alta Provenza, alla fine della seconda guerra mondiale. Una famiglia benestante dà lavoro ai braccianti spagnoli scappati a causa dell’avvento del franchismo nel 1939. Hanno due figlie femmine, ma Gabrielle (un’immensa Marion Cotillard) ha dei comportamenti a dir poco stravaganti, sembra disturbata psicologicamente, e s’invaghisce follemente del suo tutore di letteratura, felicemente sposato e in attesa di un figlio.
All’epoca la “malattia mentale” era una specie di onta, non c’erano terapie se non i manicomi, e si cercava quindi di negarla. Adéle (Brigitte Roüan), la madre di Gabrielle, pensa che un matrimonio possa risolvere i problemi della figlia, e sicuramente può risolvere quelli della famiglia. Pertanto propone a José Rabascal (Alex Brendemühl), un operaio/bracciante catalano, di sposarla in cambio di aiuti finanziari e lavorativi. E così, come si usava una volta per i matrimoni combinati, Gabrielle accetta a malavoglia – l’alternativa era di essere internata – pur ponendo una serie di restrizioni e condizionamenti a José. Con il tempo la stessa Gabrielle, apprezzando la riservatezza del marito, si scioglierà un pò e accetterà anche di avere rapporti sessuale con lui. Josè poco a poco cercherà di fare ciò che pensa la faccia felice, costruisce una bella casa sul mare a Le Ciotat, sotto Marsiglia.
Un aborto svelerà che Gabrielle ha il “mal di pietre” che sarà curato in una clinica svizzera con la terapia Kneipp delle acque e delle docce alternate. Lì incontrerà André Sauvage (Louis Garrel), un giovane tenente malatissimo (ha un solo rene) che ha combattuto in Indocina e che le farà rinascere il sentimento di passione assopito da anni. Non voglio narrare qui tutte le vicende che porteranno Gabrielle a essere madre, sempre e completamente posseduta da folle amore.
È così che molte donne hanno vissuto, e vivono ancora, una realtà che non hanno scelto e che le rendono infelici. Solo rifugiandosi nell’immaginario e nella fantasia molte donne riescono a sopravvivere a tutte le condizioni. L’attrazione per ciò che non si può avere è sempre più forte di ciò che abbiamo a portata di mano e il desiderio aumenta con l’impossibilità a ottenere ciò che si pensa possa darci la felicità.
Nicole Garcia nasce in Algeria da famiglia spagnola. In Francia dal 1960 ha ottenuto molti successi come attrice girando con famosi registi come Lelouch, Tavernier e Deville. Come regista scava spesso nella psiche dei suoi personaggi – ad esempio in L’avversario del 2002 con Daniel Auteuil – e nei rapporti interpersonali familiari.
Ottima scelta delle musiche: Bach, Purcel, Favre ecc.
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zarar
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venerdì 21 aprile 2017
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l'amour fou
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Francia, anni Cinquanta. In un villaggio del Sud, tra campi di lavanda, la giovane Gabrielle (Marion Cotillard) focosa e sentimentale, frustrata da una madre anaffettiva e perciò ancora più estrema nelle sue pulsioni, è presa da amour fou per il maestro, sposato, con moglie incinta e perfettamente indifferente alle sue avances. Completamente priva di controllo, Gabrielle si espone senza remore nel piccolo ambiente rurale in cui vive al punto da sembrare completamente folle, finché la madre, convinta freddamente che quel che ci vuole per sua figlia è un uomo, individua per Gabrielle un potenziale marito nel muratore spagnolo José, un rifugiato politico senza prospettive, che sarà incoraggiato al difficile passo con un aiuto finanziario.
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Francia, anni Cinquanta. In un villaggio del Sud, tra campi di lavanda, la giovane Gabrielle (Marion Cotillard) focosa e sentimentale, frustrata da una madre anaffettiva e perciò ancora più estrema nelle sue pulsioni, è presa da amour fou per il maestro, sposato, con moglie incinta e perfettamente indifferente alle sue avances. Completamente priva di controllo, Gabrielle si espone senza remore nel piccolo ambiente rurale in cui vive al punto da sembrare completamente folle, finché la madre, convinta freddamente che quel che ci vuole per sua figlia è un uomo, individua per Gabrielle un potenziale marito nel muratore spagnolo José, un rifugiato politico senza prospettive, che sarà incoraggiato al difficile passo con un aiuto finanziario. Se Gabrielle non l’asseconderà, la chiuderà in manicomio. Quel tanto di ignobile che è in questo progetto è attenuato da un’effettiva intensa attrazione di José per Gabrielle. Il matrimonio è ovviamente infelice, all’insegna di un profondo disprezzo per il marito da parte di Gabrielle, e di un’infinita pazienza di quest’ultimo. Su questo sfondo desolato si accende inaspettatamente un nuovo fuoco: malata di calcoli renali, Gabrielle viene quasi costretta dal sollecito José ad andare alle terme per curarsi e qui concepisce una nuova folle passione per un altro paziente, un reduce della guerra d’Indocina che ha tutto il fascino malinconico del malato senza speranza. Nell’ossessione che nuovamente la divora, Gabrielle vive questa passione a metà tra realtà e sogno, senza neppure rendersi conto di dove finisca la realtà e dove cominci il sogno. Il povero marito che viene a trovarla è solo un fastidio respinto sempre più sullo sfondo. Com’è come non è, Gabrielle tl'amorna dalla cura guarita dai calcoli e inaspettatamente incinta, dopo che il tenente è a sua volta scomparso all’orizzonte. Farà questo figlio e testardamente e ossessivamente, da subito e per anni, tenterà di rimettersi in contatto epistolare con il tenente, senza mai avere alcuna risposta, sempre più disperata da una parte, sempre più fredda dall’altra, e pur sempre affiancata dall’affettuoso e pazientissimo José, che non cessa di amarla. Fino al coup de théatre finale, che in modo melodrammatico rovescerà le carte, scoprirà segreti conservati gelosamente, sarà una vera e propria rivelazione per Gabrielle e cambierà definitivamente la sua psiche e la sua vita. Raccontato così, c’è da chiedersi se c’è qualche cosa che dia un senso a questo fumettone. Eppure allo spettatore non risulta in fondo così improbabile e persino ridicolo come potrebbe apparire. Sarà il viso intenso, chiuso e divorato dall’ossessione di Marion Cotillard, la dignità silenziosa che Alex Brendemühl presta a José, il perfetto phisique du rôle di Louis Garrel nei panni di un letterarissimo tenente Sauvage; sarà la capacità della regista Garcia di muovere i suoi burattini in un clima asettico, livido e soffocante nella sua forzata ‘normalità’, un’astratta normalità sotto cui ribolle una lava di passioni e di frustrazioni per cui non sembra esserci sfogo possibile se non nella dedizione muta e nella solitaria follia. Una buona metafora dei grigi anni Cinquanta. E così una storia improbabile riesce, nonostante tutto, a trasmettere qualcosa di autentico.
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flyanto
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giovedì 20 aprile 2017
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una donna tormentata e pazza d'amore
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Liberamente tratto dall'omonimo romanzo di Milena Agus, "Mal di Pietre" racconta una storia tutta imperniata su un personaggio femminile (interpretato magnificamente da Marion Cotillard) che vive la propria esistenza fuori dai dettami e dalle regole in cui la maggior parte delle donne invece viveva negli anni '50. Per questo motivo la donna viene considerata nel suo provinciale ambiente e dalla stessa sua famiglia come una pazza o, per lo meno, come una persona difficile da trattare. E' così che ella viene data in sposa, suo malgrado, dalla propria famiglia ad uomo buono ed onesto che ella non ama e con cui vive i primi mesi di matrimonio in maniera fredda e scostante.
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Liberamente tratto dall'omonimo romanzo di Milena Agus, "Mal di Pietre" racconta una storia tutta imperniata su un personaggio femminile (interpretato magnificamente da Marion Cotillard) che vive la propria esistenza fuori dai dettami e dalle regole in cui la maggior parte delle donne invece viveva negli anni '50. Per questo motivo la donna viene considerata nel suo provinciale ambiente e dalla stessa sua famiglia come una pazza o, per lo meno, come una persona difficile da trattare. E' così che ella viene data in sposa, suo malgrado, dalla propria famiglia ad uomo buono ed onesto che ella non ama e con cui vive i primi mesi di matrimonio in maniera fredda e scostante. Quando la protagonista deve recarsi in una clinica in Svizzera al fine di guarire dai calcoli renali da cui è affetta e per cui soffre, qui la donna sembra rinascere completamente grazie alla conoscenza di un ufficiale (Louis Garrel) proveniente dalla guerra in Indocina e gravemente malato Ricambiata dallo stesso nei sentimenti, ella piano piano se ne innamora perdutamente divenendo sempre più ostile e scontrosa nei confronti del marito che amorevolmente continua ad andarla a trovare. La situazione si evolverà in una maniera del tutto inaspettata per tutti i protagonisti in questione.....
"Mal di Pietre" nel suo complesso si rivela un film su una storia d'amore come ce ne potrebbero essere e ce ne sono state tantissime e parecchio tendente al mélo, ma la regista Nicole Garcia è riuscita fortunatamente a non banalizzare la propria opera nel genere melodrammatico ed a farne un lavoro altamente interessante e di pregio riuscendo soprattutto a cogliere e rappresentare il disagio esistenziale della protagonista, il suo isolamento forzato dalla moltitudine delle persone e la sua conseguente ed ovvia sofferenza per essere costretta a vivere secondo delle regole imposte dalla società benpensante in cui lei invece non si riconosce affatto. E ciò che determina anche il valore del film è soprattutto la performance artistica di Marion Cotillard, resa drammaticamente efficace dalle espressioni del volto, e dalla bravura artistica dei suoi compagni stessi Louis Garrel ed Alex Brendemuhl, nella parte del marito. Pertanto il film non si relega nella banalità, nella superficie e nel feuilleton ma, ben riprodotto anche per ciò che concerne i costumi dell'epoca, diventa un' attendibile testimonianza di certi aspetti degli anni passati altamente apprezzabile e veritiera.
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martedì 24 aprile 2018
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l'amore vero sa attendere....
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L’amore vero sa attendere….
Il cinema francese è grande con i suoi attori, attrici e registi, e le sue storie raccontate con equilibrio, intensità del coinvolgimento emotivo ed una bravura che non ha eguali. “Mal de pierres” (Male di pietre) diretto dalla regista Nicole Garcia non delude mai durante i suoi 116 minuti di pellicola straordinaria.
Ieri sera, il film mi è capitato durante uno zapping misto di stanchezza fisica e mentale, ma ne è valso la pena!
Ambientato nella Francia degli anni ‘50, narra le vicissitudini del divenire di un amore apparentemente irraggiungibile. I due protagonisti, Gabrielle, interpretata dalla più bella e dolce attrice europea, Marion Cotillard, e José, interpretato dall'attore spagnolo Alex Brendemühl, hanno personalità diverse che condividono la paura di guardare in faccia il loro travagliato passato ed il loro incerto futuro d’amore.
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L’amore vero sa attendere….
Il cinema francese è grande con i suoi attori, attrici e registi, e le sue storie raccontate con equilibrio, intensità del coinvolgimento emotivo ed una bravura che non ha eguali. “Mal de pierres” (Male di pietre) diretto dalla regista Nicole Garcia non delude mai durante i suoi 116 minuti di pellicola straordinaria.
Ieri sera, il film mi è capitato durante uno zapping misto di stanchezza fisica e mentale, ma ne è valso la pena!
Ambientato nella Francia degli anni ‘50, narra le vicissitudini del divenire di un amore apparentemente irraggiungibile. I due protagonisti, Gabrielle, interpretata dalla più bella e dolce attrice europea, Marion Cotillard, e José, interpretato dall'attore spagnolo Alex Brendemühl, hanno personalità diverse che condividono la paura di guardare in faccia il loro travagliato passato ed il loro incerto futuro d’amore.
Gabrielle, giovane donna passionale, romantica e prigioniera dei suoi sogni di libertà ed emancipazione, vive drammaticamente e interiormente la sua insoddisfazione per uno stile di vita gretto e represso che è imposto dalla spietata tradizione del villaggio di contadini in cui vive. José, invece, è un uomo tranquillo, tra virgolette, che non vuole parlare del suo passato di testimone non belligerante della guerra civile in Spagna. La tristezza dei loro sguardi e la cupezza dell’anima è il legame che li terrà uniti in un rapporto matrimoniale che è servito soprattutto a Gabrielle per sfuggire al pregiudizio del villaggio che la considera una ninfomane e a sua madre che vorrebbe internarla in un manicomio per la sua inaccettabile stranezza. Il matrimonio salva entrambi dall’oppressione spirituale della vita semplice e meschina nel piccolo paese che lasciano per iniziare una nuova vita più agiata non lontano da Lion, ma non dal dolore della loro incomunicabilità. Gabrielle è la persona più fragile nella coppia, e anche per questo sembra somatizzare la propria disperazione nella forma di un “male di pietre” che colpisce i suoi reni, procurandole crisi di dolore fisico che rendono più acuta la propria angoscia esistenziale. Il bravo José, che grazie alla sua attività di muratore le sta regalando una nuova comoda casa sul mare - remiscenza letteraria dell'eroina ibseniana del romanzo, "La donna del mare" -, decide di fare tutto il possibile per aiutarla a guarire dal male fisico; sceglie una clinica Svizzera tra le Alpi in cui impiegano metodiche all’avanguardia per distruggere le pietre che la intossicano. È in questo nuovo scenario semi-paradisiaco che Gabrielle incontra un giovane tenente dell’esercito francese, reduce dalla terribile guerra d’Indocina, e malato di un male all’epoca incurabile (I suoi reni non funzionano più!). I due s'innamorano l’uno dell’altro ma il loro sarà solo un amore platonico che non giungerà mai alla fusione coitale, se non nei sogni di Gabrielle che una notte, raggiunta dal marito che è in visita da lei, agisce, in uno stato di trance, una travolgente passione sessuale che attribuìrà fantasmagoricamente all’amante platonico. E questa “illusione ottica" resterà nella sua memoria per molti anni ancora, come unica motivazione a vivere, e fino all’assurdo di pensare che il talentuoso figlio sia il frutto di quella incommensurabile passione. A convincerla di questo è anche la grande maestria con la quale il bambino apprende a suonare il piano: agli occhi di Gabrielle è la prova di quella notte d’amore, in quanto anche il tenente è un talentuoso pianista.
Sarà un viaggio a Lione per un concorso pianistico del figlio a rimettere ordine tra tutte le tessere del mosaico fantasmagorico di Gabrielle. A Lione, che è la città in cui il tenente diceva di vivere, Gabrielle scoprirà qualcosa di molto importante per la vicenda d’amore coniugale con suo marito. Così come scoprirà tante altre cose sul mistero dell'amore e della passione. Gabrielle: "Perché non me l'hai detto?"; José: "Perché volevo che vivessi!!!" è la bellissima frase finale del film, pronunciata dal mai belligerante protagonista maschile sullo sfondo del suo paese spagnolo natio che guardano da una piccola distanza, metafora geniale del distacco emotivo, consapevole, dal dolore di un tempo e della riconciliazione di entrambi con il proprio turbolento e tormentato passato! Una frase che condensa tutta la magia e la grazia di un personaggio che sa partecipare alla vita della persona amata anche quando tutto sembra perduto. Le persone che amano davvero sanno congelare la verità e rimandarla a tempi migliori, se tutto questo significa salvaguardare la vita dell'altro/a. L’amore sa attendere, sa essere paziente quando è vero amore….!!!!
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mardou_
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mercoledì 9 maggio 2018
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ci si può ammalare anche solo di un ricordo...
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“ Ci si può ammalare anche solo di un ricordo..e lei era ammalata.” Parafrasando il libro di Paolo Giordano ( La Solitudine dei Numeri Primi ndr), potrebbe essere questo il leitmotiv della pellicola di Nicole Garcia, liberamente tratta dal romanzo di un'altra autrice italiana, Milena Agus... Sì perchè la vita di Gabrielle, splendidamente interpretata da Marion Cotillard, è la vita di una giovane donna in cerca d'amore, di quel sentimento forte ed incondizionato che ingenuamente immagina essere nella realtà vivo e pulsante come nelle pagine che accompagnano le sue notti di avida lettrice... L'ardente rifiuto della sua condizione di figlia incompresa prima e di moglie di un marito che non ama poi, faranno esplodere dentro di sè tutta la sofferenza mai urlata , mentre i calcoli renali, quel mal di pietre che dà il titolo al film, le impediranno di avere un figlio.
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“ Ci si può ammalare anche solo di un ricordo..e lei era ammalata.” Parafrasando il libro di Paolo Giordano ( La Solitudine dei Numeri Primi ndr), potrebbe essere questo il leitmotiv della pellicola di Nicole Garcia, liberamente tratta dal romanzo di un'altra autrice italiana, Milena Agus... Sì perchè la vita di Gabrielle, splendidamente interpretata da Marion Cotillard, è la vita di una giovane donna in cerca d'amore, di quel sentimento forte ed incondizionato che ingenuamente immagina essere nella realtà vivo e pulsante come nelle pagine che accompagnano le sue notti di avida lettrice... L'ardente rifiuto della sua condizione di figlia incompresa prima e di moglie di un marito che non ama poi, faranno esplodere dentro di sè tutta la sofferenza mai urlata , mentre i calcoli renali, quel mal di pietre che dà il titolo al film, le impediranno di avere un figlio. Ecco quindi che il corpo trova la guarigione dal male di vivere nell'incontro fatale con un affascinante tenente che ha combattuto in Indocina, un triste e rassegnato Louis Garrel: la promessa d'amore fra i due condannerà però Gabrielle ad una vita di attese e speranze infrante che la imprigioneranno nuovamente nel ricordo mentre la vita le scorre davanti. Un film di dubbi e turbamenti che si poggia lieve sulla torrida campagna della Provenza dove il tempo è scandito dal frinire di grilli e cicale nella prima parte, per aprirsi al freddo nebbioso delle Alpi Svizzere fino a concludersi in una casa che guarda il mare... Da segnalare l'ottima interpretazione di Àlex Brendemühl, nel ruolo di Josè, il marito di Gabrielle che decide di combattere la faticosa guerra famigliare con le uniche armi che conosce da buon contadino: quelle della pazienza e della perseveranza.
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