mcpask
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mercoledì 28 ottobre 2020
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di tutto di piu''
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Schematico, prevedibile, fin troppo scolastico anche nelle inquadrature, nessun guizzo di regia.
Vedersi alla fine si vede ma il merito è fondamentalmente del romanzo di Lehane (peraltro non certo uno dei suoi più riusciti) che sta alla base.
Diciamo che quando hai a disposizione Boston e la Florida, irlandesi e italiani, rum e cocaina, proibizionismo e gioco d’azzardo, ku klux klan e rapine in banca, tematiche religiose e quesitone cubana, una guerra mondiale e non una ma ben due storie d’amore fare un film noioso è francamente impossibile. E pure manca poco che ci riescano.
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giovedì 9 marzo 2017
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ne potrebbe uscire una bella oprara teatrale
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personalmente del film, ne ho apprezzato la contaddizione insanabile tra le battute e il formato "gangster anni venti" parecchio stereotipato di cui sembra si sia gia visto tutto; tuttavia i disloghi sono di ampio respiro, potrebbe uscirne una bella piece teatrale (se non esiste, non lo so..)
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loland10
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lunedì 6 marzo 2017
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'non è mai il momento giusto...'
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“La legge della notte” (Live by Night ,2016) è il quarto lungometraggio del regista-attore di Berkeley,Ben Affleck.
Lezione di cinema ridotto, lezione di cinema agglutinato, lezione di cinema dormiente.
L’ultimo film di Ben Affleck appare (da subito) lontano da ogni luogo di genere come cult di sopravvivenza dello stesso ma semplicemente un’amorfa prova di collage tra azione, dramma e sentimento cercando di visualizzare il meglio da ognuno. Ma ciò che si vede è un piccolo guazzabuglio non lineare con metafore e pienezze che s’arrendono all’evidenza: cioè ne viene fuori un film modesto se non scarso in alcune contrapposizioni di personaggi come di racconto di un mondo (e il suo sogno) per sempre adombrato e oscurato (soprattutto) da opere molto più consistenti e di gra
E così Ben Affleck pensa di essere tutore di se stesso e autore ( referenziale) di ogni cosa che vorrebbe far bene.
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“La legge della notte” (Live by Night ,2016) è il quarto lungometraggio del regista-attore di Berkeley,Ben Affleck.
Lezione di cinema ridotto, lezione di cinema agglutinato, lezione di cinema dormiente.
L’ultimo film di Ben Affleck appare (da subito) lontano da ogni luogo di genere come cult di sopravvivenza dello stesso ma semplicemente un’amorfa prova di collage tra azione, dramma e sentimento cercando di visualizzare il meglio da ognuno. Ma ciò che si vede è un piccolo guazzabuglio non lineare con metafore e pienezze che s’arrendono all’evidenza: cioè ne viene fuori un film modesto se non scarso in alcune contrapposizioni di personaggi come di racconto di un mondo (e il suo sogno) per sempre adombrato e oscurato (soprattutto) da opere molto più consistenti e di gra
E così Ben Affleck pensa di essere tutore di se stesso e autore ( referenziale) di ogni cosa che vorrebbe far bene. Regista, sceneggiatore e attore principale creano un effetto domino da far paura : riprese convenzionali e stereotipate, storia arrembante e fiacca, recitazione misera e fastidiosa.Quasi tutto in un miscuglio riscaldato con una convinzione poca e uno stridente piano recitativo che in alcuni frangenti rasenta il risibile e un'involontaria dissoluzione del dramma o presunto tale.
E poi l’immancabile fuori campo che vuole (meglio dire vorrebbe) essere il lasciapassare documentaristico dell'intera vicenda invece risulta alquanto fastidiosa e addirittura pesante. Il vezzo di voler dare il là ad ogni cambio di scena o di luogo o di scontro verbale scivola nel più banale dei raccontini calligrafici e per niente accattivanti. Una caduta senza schiuma, senza sosta e con verve alquanto sbiadita.
Siamo durante il proibizionismo e l’escalation di Joe Coughlin, che da figlio di un capitano di polizia si trasforma in un figlio della non regola. E diventa un fuorilegge per poi voler essere il fuorilegge: ma trova ostacoli sulla sua strada. Ci sono sempre i boss e i superpotenti. Da Boston alla Florida di Tampa il contrabbando è la nuova legge, il rum da soldi e potere. Vuole arrivare in alto e lo scontro sarà sanguinolento: senza sconti per nessuno.
Notte profonda per sceneggiatura e interpretazione(i): chi salvi è difficile dirlo.
Obbrobrio filmico di scene adescate, copiate male e recitate peggio: non ascoltare è meglio.
Triste (se non oltre) vedere un attore che scende malamente e fa molti passi al rovescio.
Taumaturgico inoperosa e inascoltato: futile aggiungere e ancora, tutto svuotato.
Esperimento fasullo e traboccante di una sequela di schemi collaudati e poco incisivi.
Nominare serie varie e registi di calibro con ben altre strutture narrative e di portanza (quasi irriverente parlare del cinema di Scorsese con differenze quasi vertiginose) è quasi superfluo: il libro di partenza va bene (di Dennis Lehane) ma l’idea di compensare il tutto con un ‘puzzle’ di incastri semplificativi e inquadrature panoramiche di raccolta sanno di posticcio e, soprattutto, di poca dimestichezza con il tema di cui si tratta.
Detto ciò, è quasi superfluo parlare di cast congruo e di regia appropriata. Ben Affleck (Joe) appare fuori dal personaggio e implicitamente soporifero in ogni suo atteggiarsi: che dire delle inquadrature ‘personali’ alla sua faccia che non buca lo schermo e al suo camminare che inciampa sul verso ‘gangster’. Ma..h?! Dopo ‘Argo’ (miglior film all’Oscar 2013) il ritorno alla regia è deludente sotto molti aspetti.
Tra i tanti (per una produzione comprensiva anche di Leonardo DiCaprio -che si legge avrebbe dovuto esserne il protagonista-) c’è anche Remo Girone (Maso Pescatore) che fa il ‘mafioso’ italiano: certo chiamato per rimescolare le carte de ‘La Piovra’ televisiva (con Tano Cariddi alle porte) ma che si tinge da solo una recita alquanto fuori tempo massimo.
L’onirico, il tragico, il dramma e l’illegalità si truccano vanamente in un calderone poco commestibile e alquanto banale. Finale poco ‘allegorico’ con un oceano quasi da ‘tavola’.
Voto: 4,5/10.
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[+] il 4° film di affleck non è del tutto riuscito
(di antonio montefalcone)
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alex62
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sabato 25 febbraio 2017
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macché noir!
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Dài, siamo seri…Ben Affleck ha finalmente capito che meno fa e meglio è: per tutto il film la sua faccia non cambia mai. Ha perduto due delle tre espressioni che aveva in repertorio. E non si può nenache accusare la sceneggiatura, giustificando la sua “prova d'attore” con l'aderenza al personaggio del gangster con paresi facciale perché massacrato di botte dai colleghi poliziotti del padre (con il permesso di quest'ultimo!). Una storia talmente sconclusionata che potrebbe essere tranquillamente spacciata per vera… e purtroppo dal naufragio generale non riesce a salvarsi una delle più promettenti attrici ventenni: Elle Fanning.
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Dài, siamo seri…Ben Affleck ha finalmente capito che meno fa e meglio è: per tutto il film la sua faccia non cambia mai. Ha perduto due delle tre espressioni che aveva in repertorio. E non si può nenache accusare la sceneggiatura, giustificando la sua “prova d'attore” con l'aderenza al personaggio del gangster con paresi facciale perché massacrato di botte dai colleghi poliziotti del padre (con il permesso di quest'ultimo!). Una storia talmente sconclusionata che potrebbe essere tranquillamente spacciata per vera… e purtroppo dal naufragio generale non riesce a salvarsi una delle più promettenti attrici ventenni: Elle Fanning. Piccolo prodigio tragico, forse più della pur superdotata sorella Dakota (Fanning)! Non convince nemmeno lei, nonostante uno di quei personaggi che avrebbe fatto andare in brodo di giuggiole la sorella: sedicenne stuprata in gruppo ed iniziata all'eroina e alla prostituzione, invece che, come sognava, alla carriera da star di Hollywood. Anche questa vicenda secondaria è terrificante ed insulsa: figuriamoci se il capo della polizia di Tampa lascia partire da sola la figlia sedicenne per rischiare la carriera nel cinema a Los Angeles - da sola! NEGLI ANNI '20 DEL SECOLO SCORSO! Eddài, sù, siamo seri!
Si ha il sospetto, dopo 10 minuti di film, che qui si voglia approfittare della buona fede del pubblico, considerandolo cerebroleso proprio come il protagonista che, poverino, s'innamora di una poco di buono, la quale lo usa vigliaccamente per spassarsela, cornificando un boss irlandese di cognome White (che fantasia).
Qui però il film c'inganna vigliaccamente perché lo sa, e sì lo sa bene che se ci mette di fronte quella stupenda, piccola, simpatica attrice che è Sienna Miller, con un accento PERFETTO e costumi e trucco (a proposito complimenti al/la costumista! - l'unico/a che si salva dal naufragio) da urlo, gli unici poi che veramente dicono “ruggenti 20th!”.
E lì, di fronte agli occhietti truccati con trucco pesante di Sienna Miller, cominciamo a sorridere inebetiti; però dura poco… perché lei scompare per tre quarti di film ed ometto di dirvi che ricompare solo negli ultimi cinque minuti... È brava qualsiasi cosa faccia, Sienna Miller, è una che ha stoffa e mestiere, tutt'e due, ma soprattutto testa. Però, che peccato: è sprecata per questa pagliacciata…
La resa dei consti è in stile “sfida all'OK Corral”, dove Wyat Earp è Ben, ma proprio “non gli somiglia per niente”! Ma com'è che madrenatura è stata così prodiga col fratellino Casey (Affleck) e a Ben non ha lasciato proprio nulla?! Un disastro d'attore. L'ho visto bene solo due volte (eppure di film ne ha girati una caterva!), in Shakespeare in love, dove come attor giovane di una compagnia di girovaghi squacquerata e come Mercutio va alla grande e in The Accountant (i maligni dicono che qui il ruolo da autistico abbia giocato a suo favore…per l'inespressività di rigore e da “copione”).
Ma ve lo ricordate Humphrey Bogart? Ma di cosa stiamo parlando? Dài e sù, un po' di obiettività o, secondo voi il cinema è nato ieri?! Ma ve lo ricordate Alan Ladd?! Andate a rivedervi (RIGOROSAMENTE-IN-LINGUA-ORIGINALE) Il fuorilegge (Ladd) e Una pallottola per Roy (Bogart).
E sono stato ancora buono perché sarei potuto andare a rispolverare Edward G. Robinson, e allora non ce ne sarebbe stata per nessuno: nessuno può paragonarsi a lui, né prima, né dopo. È il “creatore” del gangster movie e suo unico interprete per tutti gli anni '30 del '900. Da Piccolo Cesare in poi, per tutti gli anni '30.
Oppure, se volete un confronto con un genio assoluto dell'interpretazione del gangster, andate a rivedervi Nemico pubblico, con il supremo Johnny Depp, nel ruolo di John Dillinger, con al suo fianco, la bellissima e perfetta attrice, Marion Cotilalrd.
Lì sì che si capisce cosa vuol dire gangster story, cosa vuol dire recitare ed anche cosa vuol dire (al cinema!) morire per amore!
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ashtray_bliss
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domenica 19 febbraio 2017
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il ritorno del noir sul grande schermo.
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Al suo quarto film da regista, Ben Affleck decide di affondare le mani in un genere a lui completamente nuovo, il noir, anche se lo fa seguendo uno schema già sperimentato in The Town. Basato sul'omonimo libro del celebre autore Dennis Lehane (del quale aveva già trasportato sullo schermo Gone Baby Gone), Affleck affronta uno script pieno di spunti interessanti e problematiche sociali legate all'America degli anni '20 in piena recessione, scossa dal proibizionismo e ferita dalla nascita ed espansione delle mafie e dei gangster. La storia, dunque, inizia -nuovamente- a Boston e segue le vicende di Joe Coughlin, ex veterano di guerra, figlio del capo di polizia della città e dedito a piccoli crimini.
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Al suo quarto film da regista, Ben Affleck decide di affondare le mani in un genere a lui completamente nuovo, il noir, anche se lo fa seguendo uno schema già sperimentato in The Town. Basato sul'omonimo libro del celebre autore Dennis Lehane (del quale aveva già trasportato sullo schermo Gone Baby Gone), Affleck affronta uno script pieno di spunti interessanti e problematiche sociali legate all'America degli anni '20 in piena recessione, scossa dal proibizionismo e ferita dalla nascita ed espansione delle mafie e dei gangster. La storia, dunque, inizia -nuovamente- a Boston e segue le vicende di Joe Coughlin, ex veterano di guerra, figlio del capo di polizia della città e dedito a piccoli crimini. Presto però per Joe inizieranno i guai quando si scoprirà che intrattiene una relazione clandestina con Emma Gould, la ragazza del potente boss irlandese White. Tradito dalla sua compagna e rischiando di essere ucciso, Joe finirà per tre anni in carcere. Ma successivamente per lui sarà l'inizio di una repentina ascesa nel mondo dei gangster con base a Tampa, in Florida, ottenendo il monopolio della distribuzione del rum cubano proprio verso Boston. Alleatosi col boss italiano Maso Pescatore, Joe sembra dominare il microcosmo della criminalità organizzata pur mantenendo un suo codice etico e morale che lo contraddistingue dagli altri. Eppure, la nemesi busserà anche alla sua di porta chiedendo il conto per tutti i crimini commessi in passato e distruggendo la quiete e l'armonia familiare che nel frattempo aveva costruito.
Costituito da un all-star cast di rilievo, Live By Night era un soggetto interessante nelle mani di un abile regista che dopo aver vinto l'Oscar per Argo ha dimostrato di avere la stoffa necessaria per potersi destreggiare in qualsiasi genere. Eppure in questa pellicola la sensazione che manchi sempre qualcosa è permanente e costante, per l'intera durata. Ciò, non significa che sia un brutto film e anzi, può vantarsi di alcuni aspetti curati nei minimi dettagli: A partire dall'atmosfera cupa e decadente di una Boston in mano alla criminalità, alle tonalità color seppia e spiccatamente malinconiche dell'assolata Florida. La fotografia e la scenografia sono anch'esse molto accurate riuscendo a far rivivere in modo quasi impeccabile l'atmosfera affascinante ma anche decadente e violenta di quei tempi. La resa visiva estetica è comunque notevole, dalle auto d'epoca agli abiti, tuttavia il film appare privo di mordente ed eccessivamente superficiale. Privo di una propria anima, il lungometraggio di Ben Affleck sprofonda nella vastità di argomenti sociali toccati (ma non approfonditamente trattati) e nella polimorfia di personaggi che appaiono, scompaiono e poi ritornano. Sfortunatamente lo script abbonda di tematiche politiche e sociali che non trovano lo spazio adatto per essere approfondite (ad esempio: nascita del KKK, razzismo, proibizionismo, fondamentalismo religioso, recessione e, ciliegina sulla torta, accenni pure al nazismo). Così il risultato finale risulta posticcio e purtroppo superficiale senza mai riuscire a risultare incisivo o approfondito. Gli stessi personaggi, compreso quello principale interpretato dallo stesso Affleck sono privi del corretto spessore psicologico che servirebbe per creare un legame di empatia con loro. Lo stesso Affleck domina sulla camera da presa in quasi tutto il film ma risultando pericolosamente inespressivo, e talvolta irritante, senza riuscire a far emergere il ventaglio di status emotivi che investono il suo protagonista. Ben Affleck è indiscutibilmente un ottimo regista ma come attore lascia molto a desiderare, e in questo caso, la sua amorfa interpretazione peggiora il giudizio finale sul film. Dalle altre interpretazioni spicca notevolmente la giovane Elle Fanning e i veterani Chris Cooper e Brendan Gleeson. Sgargiante e inaffidabile la bella Sienna Miller in un classico ruolo da femme fatale, mentre elegante e graziosa si riconferma Zoe Saldana nel ruolo di donna dal polso di ferro e dal cuore d'oro. Belle anche le location e la ricostruzione storicamente accurata ma purtroppo il film non riesce a resuscitare lo charme dei veri e propri gangster movie che hanno segnato un'epoca, e ai quali aspira, come Il Padrino, Quei Bravi Ragazzi o ppure L.A. Confidential.
Un film esteticamente apprezzabile ma impersonale dunque La Legge della Notte che vanta alcune interpretazioni di rilievo offuscate dall'ingombrante presenza di un Ben Affleck monoespressivo che vuole ad ogni costo stare al centro della scena.
Discreto tentativo di riportare il genere noir sul grande schermo, che poteva essere gestito meglio se la sceneggiature fosse stata più accurata e approfondita. Godibile ma non incisivo, 2,5/5.
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