fabiofeli
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lunedì 10 luglio 2017
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periferia -> centro, centro -> periferie
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Roma, quartiere La Rustica. Mirko (Mirko Frezza) è appena uscito dal carcere quando torna nel suo quartiere periferico per riallacciare il legame con le figlie che crescono in fretta, ma la moglie fa muro; col fido amico Alessandro (Alessandro Borghi) cerca di orientarsi navigando a vista nel buio pesto de La Rustica, assediata da tralicci dell’alta tensione, tra abitazioni anonime e piccoli spazi verdi destinati ad essere fagocitati da qualche speculazione. Non presta soverchia attenzione ad una giovane che vuole convincerlo a diventare presidente del Comitato di quartiere. E’ preso dai suoi problemi e anche Alessandro lo sconsiglia vivamente.
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Roma, quartiere La Rustica. Mirko (Mirko Frezza) è appena uscito dal carcere quando torna nel suo quartiere periferico per riallacciare il legame con le figlie che crescono in fretta, ma la moglie fa muro; col fido amico Alessandro (Alessandro Borghi) cerca di orientarsi navigando a vista nel buio pesto de La Rustica, assediata da tralicci dell’alta tensione, tra abitazioni anonime e piccoli spazi verdi destinati ad essere fagocitati da qualche speculazione. Non presta soverchia attenzione ad una giovane che vuole convincerlo a diventare presidente del Comitato di quartiere. E’ preso dai suoi problemi e anche Alessandro lo sconsiglia vivamente. Ma la cosa va da sola in quel luogo che sembra un cratere lunare, senza una scuola superiore, una biblioteca, un cinema o un teatro, o uno straccio di centro sociale; Mirko si trova col altri amici e conoscenti a gestire un banco alimentare e ad organizzare una festa che sembra la celebrazione del compleanno di un adolescente con i coetanei in una dei tanti Mc Qualcosa, con tanti palloncini colorati ed un karaoke. E’ nato qualcosa? Sembra di sì, perché Mirko insiste. Vuole creare un orto in un piccolo spazio verde a sostegno del banco alimentare …-
Gli attori recitano se stessi, protagonisti assieme alla Periferia. Le figure somigliano a quelle create da scritti e film di Pasolini degli anni ’50 – ’70. Le periferie di allora – Pigneto, Mandrione, Casilino, Alto Aniene, San Basilio o Borgata Alessandrina – si sono trasformate: il Pigneto, pedonalizzato, è teatro di movida; il Mandrione non ha più le baracche a ridosso degli archi, trasformate in piccole sovraffollate abitazioni o sedi notturne in terra battuta ed una tenda come porta di ingresso per visite a prostitute. Le linee metropolitane A, B e C hanno ricucito il territorio cittadino collegando al centro zone come Rebibbia, Cinecittà e Torre Angela; lo stesso Trullo, dominato dal Monte dei Cocci dove Pasolini ha diretto Totò in Uccellacci e uccellini, ha vicino la stazione Magliana tra l’aeroporto di Fiumicino e Stazione Trastevere. E’ passato molto tempo da allora. Ma c’è sempre una periferia un po’ più in là, dove l’interazione con il Centro e le decisioni che ivi si prendono, ha poche possibilità di essere ascoltata e/o narrata. Il grande merito di questo film , presentato a Venezia nella sezione Orizzonti è quello di tentare di riattivare il circolo virtuoso: periferia--> centro, centro-->periferie e così via. La proiezione gratuita in una piazza di Trastevere – dopo che lo stesso film due giorni prima in una titolata sala di un cinema d’essai a due passi aveva raccolto un pubblico pagante di 400 persone –, organizzata dai benemeriti Ragazzi del Cinema America, è piaciuta a 300 spettatori, a dimostrazione che la chiusura di sale come il Cinema America, Troisi, Roma, Garden, Alcazar è una ferita grave. Al di là di pur apprezzabili amatriciane, cacio e pepe, pizza e gricia, nel centralissimo quartiere di Trastevere c’è una richiesta, una necessità culturale che contrasti questo impoverimento e che magari si realizzi stabilmente, come fu per le rassegne delle notti alla Basilica di Massenzio, il sogno più bello di un vero Festival del Cinema per ragazze e ragazzi, donne e uomini di tutte le età. Non sarebbe poco.
Valutazione *** e ½
FabioFeli
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peer gynt
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domenica 4 settembre 2016
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sogni infranti in un dramma già visto
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Purtroppo il cinema italiano è ancora molto malato di neorealismo. E per convincere lo spettatore che la storia che racconta è vera, il regista si attarda ancora ad insistere su un dialetto mal recitato e mezzo masticato (va benissimo il dialetto e il romanesco è splendido per ricchezza espressiva, ma recitare è una cosa e parlare un'altra!) e su una ripresa stilisticamente piatta, fatta quasi esclusivamente di un'insistente mdp a spalla che cammina con i personaggi, li tallona e gli gira intorno, e di primi e primissimi piani, senza contemplare altri tipi di inquadrature (eccetto dei cartolineschi tramonti e visioni del cielo rannuvolato che assomigliano più al vecchio Intervallo che vedevamo una volta in tv che a variazioni stilistiche).
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Purtroppo il cinema italiano è ancora molto malato di neorealismo. E per convincere lo spettatore che la storia che racconta è vera, il regista si attarda ancora ad insistere su un dialetto mal recitato e mezzo masticato (va benissimo il dialetto e il romanesco è splendido per ricchezza espressiva, ma recitare è una cosa e parlare un'altra!) e su una ripresa stilisticamente piatta, fatta quasi esclusivamente di un'insistente mdp a spalla che cammina con i personaggi, li tallona e gli gira intorno, e di primi e primissimi piani, senza contemplare altri tipi di inquadrature (eccetto dei cartolineschi tramonti e visioni del cielo rannuvolato che assomigliano più al vecchio Intervallo che vedevamo una volta in tv che a variazioni stilistiche). Bisognerebbe che i giovani registi italiani la smettessero di rifare al cinema la vita, perché il cinema è un linguaggio, una codificazione narrativa. Quindi la storia narrata in questo film, il tentativo di un uomo uscito di galera di assumersi le sue responsabilità e dedicarsi una volta tanto con generosità agli altri, rimane sterile a causa della solita tendenza a raccontare il reale così com'è, senza tradurlo in un fatto filmico. E non migliorano il risultato il tono sentenzioso del protagonista e le sue riflessioni in voce fuori campo. Resta la descrizione di zone degradate e abbandonate, location che il cinema italiano ha già mostrato in abbondanza in altre pellicole ben più riuscite, e una storia comunque già vista mille volte.
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