pozzo
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sabato 5 gennaio 2019
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parlami o diva del mio antico mondo
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Durante la visione della prima parte di questo poema dedicato al Chile ( mi riferisco al film " la Nostalgia de la Luz"), fin dalle prime inquadrature rimasi come in un incanto. Da lì pensai che il nome giusto per questo lavoro non poteva essere ne documentario, ne film. Era un poema, un vero poema scritto da un moderno Virgilio per il suo paese. La prima parte era una grande visione in cui cielo e terra si univano e comprendevano. Questo concetto era chiaro nelle inquadatrure finali dove l'astronomo, lo stesso che apre la storia, aiuta le due donne, uniche rimaste nella ricerca di resti dei desaparecidos nelle pampe desertiche e ventose dell'Atacama, a scrutare il cielo per riconoscere gli stessi elementi che compongono i resti dei loro cari sparsi nelle immensità delle pampas.
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Durante la visione della prima parte di questo poema dedicato al Chile ( mi riferisco al film " la Nostalgia de la Luz"), fin dalle prime inquadrature rimasi come in un incanto. Da lì pensai che il nome giusto per questo lavoro non poteva essere ne documentario, ne film. Era un poema, un vero poema scritto da un moderno Virgilio per il suo paese. La prima parte era una grande visione in cui cielo e terra si univano e comprendevano. Questo concetto era chiaro nelle inquadatrure finali dove l'astronomo, lo stesso che apre la storia, aiuta le due donne, uniche rimaste nella ricerca di resti dei desaparecidos nelle pampe desertiche e ventose dell'Atacama, a scrutare il cielo per riconoscere gli stessi elementi che compongono i resti dei loro cari sparsi nelle immensità delle pampas.
Nella seconda parte del poema passa dai secchi e caldi altopiani del nord del paese alla parte estrema del sud dove tutto è acqua, ghiaccio e neve.
Canta quei popoli coraggiosi amanti dell'acqua nel loro vivere prima, e piange del loro vivere dopo l'arrivo degli stranieri che li estraniarono irreparabilmente dal loro mondo.
In tutto il poema sepre si aggira l'ultima grande offesa subita dal popolo chileno che si vorrebbe dimenticare.
Ma la memoria e l'unico elemento che ci fa vivere nel presente e allora dimenticare significa non vivere.
Bello, poetico....incantevole
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g_andrini
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domenica 9 aprile 2017
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duro
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E' in effetti un documentario sia naturalistico che storico di ottima fattura. La storia umana è costellata da stermini, rientra nella natura umana, dove ci sono differenze razziali c'è guerra e annientamento.
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giulio vivoli
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domenica 15 maggio 2016
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memoria di un popolo
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Il principio parascientifico secondo il quale l' acqua conserverebbe memoria degli elementi con cui viene a contatto, per ricordare le origini del suo Paese e non dimenticare i sanguinosi eccidi che lo hanno segnato: cosi il regista cileno Patricio Guzmàn, premiato a Berlino con l'Orso d-Argento, attraverso una recherche antropologica, filosofica e cosmologica, esplora la remota Patagonia per ritrovare le radici esistenziali di sé e del suo Cile, una lunga e stretta landa separata dal resto del continente e racchiusa tra le Ande, il Pacifico e la Terra dei Ghiacci. Guzmàn vuole raccontare la storia delle autoctone tribù indigene prima corrotte con un bottone di madreperla e spogliate della loro identità originale, poi colonizzate e depredate della terra millenaria, raccordandola narrativamente e concettualmente con gli eccidi compiuti sotto i sedici anni della dittatura militare di Pinochet.
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Il principio parascientifico secondo il quale l' acqua conserverebbe memoria degli elementi con cui viene a contatto, per ricordare le origini del suo Paese e non dimenticare i sanguinosi eccidi che lo hanno segnato: cosi il regista cileno Patricio Guzmàn, premiato a Berlino con l'Orso d-Argento, attraverso una recherche antropologica, filosofica e cosmologica, esplora la remota Patagonia per ritrovare le radici esistenziali di sé e del suo Cile, una lunga e stretta landa separata dal resto del continente e racchiusa tra le Ande, il Pacifico e la Terra dei Ghiacci. Guzmàn vuole raccontare la storia delle autoctone tribù indigene prima corrotte con un bottone di madreperla e spogliate della loro identità originale, poi colonizzate e depredate della terra millenaria, raccordandola narrativamente e concettualmente con gli eccidi compiuti sotto i sedici anni della dittatura militare di Pinochet. La commossa ed austera narrazione in prima persona riflette il dramma personale vissuto dal regista e le ferite non ancora rimarginate di un intero popolo: Guzmàn mette indios e desaparecidos sullo stesso piano di vittime della crudeltà e delle barbarie umane, mescolando potenti immagini di un territorio selvaggio e primordiale con quelle di una sofferta ma rigorosa documentazione storica; fino a spingersi ad una rappresentazione immaginifica della natura, eleggendo l'acqua come vivo liquido amniotico nel quale è racchiusa sia la storia di un popolo che l'origine della vita. Poetico nei toni, commuovente nella rievocazione , agghiacciante nella denuncia, spettacolare nella fotografia, con l'elemento acquatico ora sotto forma di goccia, ora di grandine, di fiume, o di ghiaccio, in un continuo divenire di perfetta fusione cosmica. GV Stupefacente
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giank51
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domenica 8 maggio 2016
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guzman convince più di j.benveniste
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Nel 1988 fece scalpore un esperimento di J.Benveniste secondo il quale l'acqua conserverebbe un ricordo delle sostanze con cui è venuta in contatto anche alle più elevate diluizioni.In seguito tale esperimento non è stato confermato e la comunità scientifica non dette più credito alla cosa. Ma il film-documentario di P.Guzman rimette in gioco il vecchio concetto di "memoria" dell'acqua in un diverso contesto e forse risulta più convincente del vecchio esperimento di J.Benveniste. Per fare questo passaggio J Guzman si sposta sul piano diverso. Qui saggiamente non pùo essere attaccato; l'acqua è il tramite e conserva la cultura di coloro che con essa condividono la vita e la morte.
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Nel 1988 fece scalpore un esperimento di J.Benveniste secondo il quale l'acqua conserverebbe un ricordo delle sostanze con cui è venuta in contatto anche alle più elevate diluizioni.In seguito tale esperimento non è stato confermato e la comunità scientifica non dette più credito alla cosa. Ma il film-documentario di P.Guzman rimette in gioco il vecchio concetto di "memoria" dell'acqua in un diverso contesto e forse risulta più convincente del vecchio esperimento di J.Benveniste. Per fare questo passaggio J Guzman si sposta sul piano diverso. Qui saggiamente non pùo essere attaccato; l'acqua è il tramite e conserva la cultura di coloro che con essa condividono la vita e la morte.L'acqua non vieicola pertanto semplici molecole ma piuttosto contenuti spirituali e ricordi che fondano le comunità e ne tramette il senso nel corso delle generazioni. Se dunque è vero quello che ci dice P. Guzman, quale terribile memoria continuerà a scorrere nelle acque del Cile dopo le ecatombi di Pinochet? Non resta che consolarci guardando affascinati le terre e il mare che il regista ha immortalato in questo film.
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marcello1979
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sabato 7 maggio 2016
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pessimo
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Essendo distruibuito come film non posso che esser scontento e feroce nella disamina della trama, dei personaggi e della scenografia..
Se dovessi fare un passo indietro e considerare il film come docuemntario allora potrei parlarne bene , anzi direi splendido.
Bella la ricostruzione degli indigeni , passando per Jimmy Bottons arrivando al periodo post-moderno .
L'acqua è alla base della filosofia greca prescoratica ed è alla base di questo film.
Bella testimonianza della sofferenza dei "desaparecido".
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