Il figlio di Saul

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Un film di László Nemes. Con Géza Röhrig, Levente Molnár, Urs Rechn, Todd Charmont.
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Titolo originale Saul Fia. Drammatico, Ratings: Kids+13, durata 107 min. - Ungheria 2015. - Teodora Film uscita giovedě 21 gennaio 2016. MYMONETRO Il figlio di Saul * * * * - valutazione media: 4,04 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Acquista »
   
   
   

il ritorno del cinema ungherese Valutazione 5 stelle su cinque

di vanessa zarastro


Feedback: 34043 | altri commenti e recensioni di vanessa zarastro
venerdě 22 gennaio 2016

Il figlio di Saul è un film molto duro dove la violenza è palese ma non è manifestata con l’immagine, non c’è descrizione o spettacolarizzazione delle camere a gas. Siamo ad Auschwitz nel 1944: ci sono i suoni, i rumori, le urla.
I corpi si possono intravedere in un voluto "fuori fuoco". Tutto è claustrofobico e visto ad altezza d’uomo. Solo un paio di scene dove si vede la natura incontaminata che contrasta con la perfida organizzazione scientifica dello sterminio. Il film parla anche dell'importanza ruolo della memoria e della testimonianza. Da un lato, il tentativo dei ribelli di rimediare una macchina fotografica per rappresentare la tragedia d’immani proporzioni del campo di sterminio, dall’altro, lo sguardo del bambino che, nel finale, vede i fuggiaschi e poi sente gli spari sarà proprio il ricordo del sopravvissuto.
Lunghi piani sequenza con la macchina da presa (in pellicola formato 4:3) ad altezza spalla che, quando non inquadra nei primi piani il protagonista eternamente in scena, lo segue ovunque: una “maschera di ferro” in cui il terrore e l’alienazione hanno tolto qualsiasi emozione. Non ci sono i buoni e non c’è pietas c’è solo la spersonalizzazione e un innato senso di sopravvivenza che è la molla dei movimenti e fa sì che non si fa più caso a nulla…a meno che non sia l’immagine di un bambino ucciso soffocato dopo essere incredibilmente sopravvissuto alla camera a gas. Così l’ebreo ungherese Saul Ausländer  (un fantastico Géza Röhring, scrittore e poeta) cerca di esorcizzare la sua colpa di collaborazionismo – era reclutato a lavorare nel sonderkommando per rimuovere i cadaveri dalle camere a gas e poi bruciarli - nel tentare di dare una dignità alla morte poiché nella vita non esiste più. Così il film tratta della sua ossessione nel cercare un rabbino che reciti il kaddish e che lo aiuti a dare una sepoltura a suo figlio (ma sarà veramente suo figlio o è solo simbolico?) per cui rischia più volte la morte pur di sottrarre il cadavere, tra le migliaia di corpi, dai forni crematori e nella ricerca di un rabbino disponibile. Gli unici momenti di tenerezza sono nello sguardo del padre, quando distende il corpo del figlio nel suo letto e quando inizia a lavarlo con amore e delicatezza (rechitzah). L’ossessione di Saul lo distoglie anche dall’impegno politico e sociale che infervora i suoi compagni ribelli: in lui c’è solo assuefazione e l’unico suo desiderio è di dignità nella morte. Infatti, nella cultura ebraica la morte ha una notevole importanza e sette sono i giorni di lutto stretto.
László Nemes è un giovane regista ungherese neanche quarantenne figlio d’arte – anche suo padre è regista – che ha studiato cinema sia a Parigi sia a New York ed è al suo primo lungometraggio. Con lui sembra di ritornare agli anni d’oro dei registi ungheresi del “Nuovo cinema ungherese” come ad esempio Miklós Jancsó negli anni Sessanta. Già premiato a Cannes e vinto il Golden Globe, il film è candidato meritatamente all’Oscar 2016 come migliore film straniero.

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angelo umana martedě 9 febbraio 2016
un innato senso di sopravvivenza...
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... ottima recensione e non sapevo che il protagonista fosse pure scrittore e poeta; non ho visto perň l'innato spirito di sopravvivenza che tu vedi, almeno non in Saul, forse solo nei suoi compagni che organizzano la ribellione, in lui mi sembra di vedere soprattutto rassegnazione alla morte, un senso di vita che non vale piů nulla, la vuole nobilitare con la sepoltura del ragazzo. La recita del kaddish č un must per gli ebrei, si vede anche in Il Labirinto del Silenzio.

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