devo27
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giovedì 2 luglio 2020
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commedia irriverente
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Una vera commedia nera all'italiana, moderna, irriverente, cinica e con un ritmo incalzante. Per tutto il film permane una sensazione di disagio e di dramma imminente; c'è tutto, sesso, droga e potere. E purtroppo tanta italianità. I colpi di scena non mancano e il finale è davvero nero. Sono entusiasta che il cinema italiano riesca a produrre commedie di alta qualità, pur sempre commedie, al pari delle migliori francesi.
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fabio 3121
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domenica 3 maggio 2020
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cena con ministro
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Film italiano davvero ben sceneggiato che narra la storia di un imprenditore che per risollevare la sua situazione finanziaria invita a cena un ministro per consegnargli una tangente per poter così vincere una gara di appalto. Siamo di fronte ad una commedia nera dai risvolti a tratti grotteschi ma, purtroppo, realistici. Tutto si svolge con ritmi teatrali attorno ad una tavola apparecchiata per la cena. L'ottimo cast di attori rende il film interessante da vedere.
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lunedì 30 marzo 2020
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film super , da vedere
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Premetto che non sono un esperto di cinema , film bellissimo che ti inchioda alla sedia dal primo minuto . Impegno civile stile anni 70 , continui colpi di scena , erotismo ,noir e cattiveria allo stato puro
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parsifal
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giovedì 7 novembre 2019
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commedia a tinte forti
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Giorgio Amato, è il demiurgo unico di questa commedia da camera, con una struttura narrativa decisamente teatrale, dipinta a tinte fosche e con notevoli sfumature di cinismo. E' il ritratto di un Paese alla deriva, descritto sapientemente da una mano che conosce molto bene i canoni della Commedia all'Italiana e dei Maestri che hanno saputo dargli vita e struttura. Il protagonista è Franco Lucci, interpretato magnificamente da un sapiente e capace G.Tognazzi. Imprenditore sull'orlo del crollo finanziario, tenta il tutto per tutto, con una mossa che appartiene da sempre , all'italica stirpe, sin dai tempi di Renzo Tramaglino; la richiesta d'aiuto ad un uomo potente e senza scrupoli, il Ministro Rolando Gardi, uno strepitoso fortunato Cerlino che conferma la sua bravura e la sua ecletticità: Aiuto che consiste nel voler vincere l'appalto per un lavoro di grande spessore nel campo dell'edilizia, grazie al quale si potranno risolvere le beghe economiche da cui è oppresso da tempo.
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Giorgio Amato, è il demiurgo unico di questa commedia da camera, con una struttura narrativa decisamente teatrale, dipinta a tinte fosche e con notevoli sfumature di cinismo. E' il ritratto di un Paese alla deriva, descritto sapientemente da una mano che conosce molto bene i canoni della Commedia all'Italiana e dei Maestri che hanno saputo dargli vita e struttura. Il protagonista è Franco Lucci, interpretato magnificamente da un sapiente e capace G.Tognazzi. Imprenditore sull'orlo del crollo finanziario, tenta il tutto per tutto, con una mossa che appartiene da sempre , all'italica stirpe, sin dai tempi di Renzo Tramaglino; la richiesta d'aiuto ad un uomo potente e senza scrupoli, il Ministro Rolando Gardi, uno strepitoso fortunato Cerlino che conferma la sua bravura e la sua ecletticità: Aiuto che consiste nel voler vincere l'appalto per un lavoro di grande spessore nel campo dell'edilizia, grazie al quale si potranno risolvere le beghe economiche da cui è oppresso da tempo. Quindi , organizza una serata, nella propria faraonica abitazione, su misura per l'illustre ospite. Il cibo servito a tavola sarà solo quello che l'ospite gradisce, il menù verrà organizzato in virtù dei suoi gusti e così tutto quel che seguirà, dando vita ad una serata, per molti versi indimenticabile. Lo accompagneranno , in questa impresa di deferenza e genuflessione, la moglie Rita, una bravissima e sensuale Alessia Barela, frustrata dalla mancata maternità e dall'assenza di rapporti sessuali e quindi spesso soggetta ad attacchi d'ira, il fratello Michele, un ottimo Edoardo Pesce, uomo molto limitato sul piano culturale ma dal notevole senso pratico e socio del protagonista , la cameriera Esmeralda ( Ira fronten) servizievole fino allo spasimo perchè terrorizzata da un possibile licenziamento, spesso paventato da Rita nei suoi deliri da nevrastenica. E poi ci sarà un ospite molto particolare, assoldata da Michele su ordine di Franco, la graziosa Zhen, cinese d'origine e italiana d'adozione, studentessa di Teologia Ermeneutica che per mantenersi agli studi fa spettacoli di Burlesque a domicilio, non disdegnando le prestazioni sessuali a pagamento, purchè lautamente retribuite. Il quadro che viene delineato in questa commedia fosca, con risvolti grotteschi, ammantati di cinismo, è quello di un Paese senza più valori, che non conosce neanche i fondamenti dell'etica ma del tutto interessato solo all'aspetto più venale dell'esistenza. Non vi sono nè scrupoli nè ostacoli, l'importante è arrivare alla meta, tutto il resto non conta. Ottimo lavoro, destinato a durare nel tempo.
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alejazz
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giovedì 28 dicembre 2017
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quando politica e corruzione si incontrano
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Ritratto di un'Italia contaminata dalla corruzione dove gli appalti provo decidersi tra un bicchiere di Vermentino è un piatto di tonnarelli cacio e pepe e....un po'di compagnia di piacere.
Sebbene il film, nel finale, possa sembrare di sfociare in un tono da eros, ho apprezzato molto la sceneggiatura (il tempo del film si risolve in una sera a cena) e l'interpretazione degli attori special modo quella di Fortunato Cerlino, Gianmarco Tognazzi e di Ira l'attrice orientale.
Suggerisco la visione ad un pubblico maggiorenne possibilmente.
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eleonorapanzeri
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venerdì 7 luglio 2017
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umanità senza né arte né parte
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Franco, un piccolo e borioso imprenditore, una vita decisamente sopra le righe e l'ultima spiaggia per evitare il tracollo. L'Italia dipinta da Amato, incarna in maniera anche troppo verosimile il vuoto di questa epoca che come un virus sta infettando tutto e tutti. Soldi, potere ed apparenza, appaiono come i soli veri valori a cui tutti tendono, incuranti di sentimenti, gentilezza e delle basi dell'umanità. Una trama semplice, il tutto sviluppato nell'arco di una cena. Un cast convincente e un dramma tragicomico che si snoda minuto dopo minuto, in cui labile è la distanza tra vittima e carnefice.
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Franco, un piccolo e borioso imprenditore, una vita decisamente sopra le righe e l'ultima spiaggia per evitare il tracollo. L'Italia dipinta da Amato, incarna in maniera anche troppo verosimile il vuoto di questa epoca che come un virus sta infettando tutto e tutti. Soldi, potere ed apparenza, appaiono come i soli veri valori a cui tutti tendono, incuranti di sentimenti, gentilezza e delle basi dell'umanità. Una trama semplice, il tutto sviluppato nell'arco di una cena. Un cast convincente e un dramma tragicomico che si snoda minuto dopo minuto, in cui labile è la distanza tra vittima e carnefice. Ognuno incarna lo stereotipo di un'umanità che non sa dove sta andando né tantomeno in che direzione andare. A partire dal succube e a tratti remissivo Michele, che si lascia manovrare in malo modo dal marito di sua sorella, fino ad arrivare a Rita, astiosa moglie di Franco che estremizza la sua lotta a favore di abusi e violenze sugli animali ma non ha la minima sensibilità ed umiltà nei confronti della sua domestica. C'è poi Jun, barellina ed escort di lusso, donna fastidiosa e saccente disposta a tutto in nome del Dio denaro. Conclude il teatrino il fantomatico ministro, uomo privo di scrupoli e moralità, schiavo di vizio e depravazione, che ha come sola virtù la sua posizione. Un mondo corrotto, in cui si perde il contatto con la realtà, con i sentimenti e le emozioni, in cui tutto ha un prezzo e niente a più valore.
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iltrequartista
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giovedì 6 luglio 2017
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il cinico amato
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Qualcuno potrebbe anche dire che il film è grottesco ed incline al surreale,tuttavia mi sembra che il cinismo la faccia da padrone.
Il regista,senza mezzi fronzoli,descrive con ferocia agghiacciante il potere, e le conseguenze dello stesso,quando usato in maniera sconsiderata ed impropria.
Volano mazzette ma questo è il minimo che vedrete e non voglio svelare i torbidi particolari a seguire.
A pagare sono tutti, anche i corruttori,anzi sopratutto loro,una sorta di tagliente monito a chi infila il primo dito nella piaga di un sistema malato.
Le donne sono spietate quanto gli uomini in una serata che moralmente non salva nessuno ,carabinieri compresi.
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Qualcuno potrebbe anche dire che il film è grottesco ed incline al surreale,tuttavia mi sembra che il cinismo la faccia da padrone.
Il regista,senza mezzi fronzoli,descrive con ferocia agghiacciante il potere, e le conseguenze dello stesso,quando usato in maniera sconsiderata ed impropria.
Volano mazzette ma questo è il minimo che vedrete e non voglio svelare i torbidi particolari a seguire.
A pagare sono tutti, anche i corruttori,anzi sopratutto loro,una sorta di tagliente monito a chi infila il primo dito nella piaga di un sistema malato.
Le donne sono spietate quanto gli uomini in una serata che moralmente non salva nessuno ,carabinieri compresi.
La pellicola si farà ricordare ma probabilmente è cinica oltre il lecito consentito.
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folgore94
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lunedì 3 luglio 2017
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ottimo
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Un film che ti cattura x la sua schiettezza e semplicita' .Sembra di assistere ad una pellicola degli anni ottanta,ambientata nei periodo attuale.Ottima interpretazione degli attori.
Non do cinque stelle solo perche' il finale a mio parere non mi ha soddisfatto.Consigliio vivamente la visione
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valterchiappa
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lunedì 12 giugno 2017
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il racconto di un mondo marcio
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Funziona la scatola chiusa, eccome. Le mura di un appartamento, il perimetro di un tavolo, sono l’ambientazione ideale per il regista che, come in una camera autoptica, voglia vivisezionare i suoi personaggi ed estrarne gli interni tumori. Film come “Festen”, “Carnage”, “Il nome del figlio”, fino al celebratissimo “Perfetti sconosciuti” hanno dimostrato l’efficacia di questo schema narrativo.
Ma in “Il ministro”, Giorgio Amato, che lo ha scritto e diretto, va oltre la commedia di Genovese. Sfronda la battuta goliardica, affida la risata (a denti strettissimi) all’intreccio delle situazioni e affonda il suo bisturi in una piaga purulenta, lasciando uscire a fiotti il marcio.
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Funziona la scatola chiusa, eccome. Le mura di un appartamento, il perimetro di un tavolo, sono l’ambientazione ideale per il regista che, come in una camera autoptica, voglia vivisezionare i suoi personaggi ed estrarne gli interni tumori. Film come “Festen”, “Carnage”, “Il nome del figlio”, fino al celebratissimo “Perfetti sconosciuti” hanno dimostrato l’efficacia di questo schema narrativo.
Ma in “Il ministro”, Giorgio Amato, che lo ha scritto e diretto, va oltre la commedia di Genovese. Sfronda la battuta goliardica, affida la risata (a denti strettissimi) all’intreccio delle situazioni e affonda il suo bisturi in una piaga purulenta, lasciando uscire a fiotti il marcio. Diversa l’architettura: se al centro della tavola di Genovese c’erano le verità nascoste, chiuse nella scatola nera dei telefoni cellulari, Amato dà un volto e una caratterizzazione, quella del Ministro appunto, al centro della galassia attorno a cui tutti i personaggi ruotano eliocentricamente: il Potere. Diverso infine il tema portante: “Il ministro” non è, nelle intenzioni del regista, un film sulla corruzione (anche se finisce inevitabilmente per esserlo), ma sulla corruttibilità: a quali compromessi si è disposti a scendere per inseguire i propri fini?
Un pugno di personaggi ributtanti, che raffigurano i più squallidi stereotipi della classe dominante: Franco (Gian Marco Tognazzi) è un imprenditore sull’orlo della bancarotta. Perennemente nervoso, parossisticamente cinico, non si cura di null’altro che dei suoi affari. La moglie trascurata (Alessia Barela) si sfoga dalle sue frustrazioni nella galleria d’arte che gestisce con dubbia competenza e vessando la domestica venezuelana (Ira Frontén), di cui è gelosa. A completare il quadro Michele (Edoardo Pesce), fratello di Rita e socio di Franco, ignorante, razzista e truffaldino.
Per cercare di ottenere un succulento appalto pubblico hanno invitato a cena un potente Ministro. Franco prepara tutto ciò che il suo ospite può gradire e che la cultura attuale suggerisce: i suoi piatti preferiti, un vino che non importa quale che sia e come si abbini alle pietanze, purché sia il più costoso; e poi cocaina e, manco a dirlo, una escort. Ma ecco l’imprevisto: la ragazza assoldata all’ultimo minuto da Michele li sorprende: è cinese, parla otto lingue, studia teologia ermeneutica. E quando l’ospite arriva mostra una sfrontata sicurezza di sé: durante la conversazione ribatte al potente interlocutore senza l’attesa deferenza e al contempo lancia a 360 gradi gli strali di un richiamo erotico irresistibile. Il Ministro gradisce, ma, a sorpresa, anche la moglie di Franco viene colpita. Le situazioni si aggrovigliano ulteriormente: la presunta squillo si rivela in realtà una ballerina di burlesque e tira sul prezzo per concedersi; la cameriera, minacciata di licenziamento dalla moglie e disperata per il suo futuro, viene adescata dal cinico Franco, perché sia lei a soddisfare l’illustre ospite. Il finale, grottesco e boccaccesco, è l’apoteosi dello squallore che pervade tutta la storia.
No, non c’è il buonismo di Genovese, che salva i suoi squallidi personaggi mettendoli al riparo dietro il paravento dell’ipocrisia delle relazioni. I protagonisti di Amato sono tutti, irrimediabilmente marci e colpevoli e per loro non ci sarà salvezza. È una commedia, “Il ministro”, ma è nera, nerissima.
Quando la macchina da presa ha spazi angusti per muoversi e può puntare l’obiettivo esclusivamente solo sugli attori, a questi viene affidato in esclusiva la potenza del messaggio. Amato non ha a disposizione il cast all-stars di Genovese, ma i suoi interpreti rispondono egregiamente. Bravissimo in particolare Fortunato Cerlino, che, indossato un perenne sorriso irridente (c’è qualche richiamo al Divo di Servillo), dipinge efficacemente l’impudente arroganza del Potere; Alessia Barela sa ben mutare lo sguardo intenso dal freddo disprezzo alla ardente voluttà; la giovane attrice italo-giapponese Jun Ichikawa si cala a fondo nel ruolo e trabocca di magnetica sensualità.
Oltre che nelle interpretazioni, “Il ministro” ha i suoi pregi maggiori nella scrittura: i suoi ingranaggi ben oliati funzionano precisamente e conducono la storia con un crescendo inesorabile al drammatico epilogo. Il riferimento immediato è alle dissacranti commedie degli anni ‘60 e ’70, di cui il padre del protagonista, Ugo Tognazzi, fu magistrale interprete. Nuovissimi mostri, ma più volgari dei loro predecessori, privi dei limiti del pudore o quanto meno della decenza.
Giorgio Amatolascia intendere di avere ancora molto da raccontare; se in futuro avrà mezzi maggiori, la sua penna e il suo obiettivo, sapranno ancora destabilizzarci. La società attuale glielo consentirà.
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liuk!
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lunedì 20 febbraio 2017
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black comedy
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Il Ministro è una commedia nera dissacrante che prende di mira la corruzione politica italiana descrivendo momenti che chissà quante volte si ripetono e si sono ripetuti nei salotti romani.
La pellicola tende al grottesco, com'è logico che fosse, ma senza scadervi completamente e senza creare caricature incredibili di personaggi impossibili. Ed è proprio la credibilità dei personaggi a rendere così forte ed incisivo il lavoro di Amato, aiutato anche da un cast eccellente che ci regala un'ottima performance globale.
Nel suo genere uno dei migliori lavori italiani di cui ho memoria.
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