ashtray_bliss
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giovedì 5 febbraio 2015
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le dolorose conseguenze del rapimento di minori.
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Il regista canadese ci ha sicuramente abituati a vderlo trattare tematiche forti, e anche scomode. Dai fatti di cronaca (vedi Devil's Knot) a quelli inventati ma tristemente ispirati a realtà ben più crude e spaventose che riguardano migliaia di bambini in tutto il mondo. Così, anche nel ultimo sforzo registico di Egoyan abbiamo a che fare con argomenti come la pedofilia, il rapimento e sequestro di minori, il voyerismo più perverso e sadico che nell'epoca di Internet rende accessibile il tutto e carica di ulteriore dolore chi ne è vittima. La glorificazione del "grande fratello" mediatico che in certi casi può servire lo scopo insano e malato di aumentare il dolore delle vittime, strumentalizzandone il dispiacere come in un sadico reality show.
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Il regista canadese ci ha sicuramente abituati a vderlo trattare tematiche forti, e anche scomode. Dai fatti di cronaca (vedi Devil's Knot) a quelli inventati ma tristemente ispirati a realtà ben più crude e spaventose che riguardano migliaia di bambini in tutto il mondo. Così, anche nel ultimo sforzo registico di Egoyan abbiamo a che fare con argomenti come la pedofilia, il rapimento e sequestro di minori, il voyerismo più perverso e sadico che nell'epoca di Internet rende accessibile il tutto e carica di ulteriore dolore chi ne è vittima. La glorificazione del "grande fratello" mediatico che in certi casi può servire lo scopo insano e malato di aumentare il dolore delle vittime, strumentalizzandone il dispiacere come in un sadico reality show. Ma c'è anche di più. C'è l'indagine sui rapporti dei genitori, come ognuno di questi reagisca alla scomparsa del proprio figlio e delle inevitabili conseguenze nella vita di coppia.
Date queste premesse, il film narra la storia di Cass, una giovane promessa dello sport (pattinaggio artistico) che scompare misteriosamente dal pick up del padre Matthew durante una sosta di questi in una pasticceria. La bambina scompare nel nulla, non vi è traccia di lei nè di nessuno che possa aver lasciato degli indizi sul colpevole di questo crimine orrendo. Il dolore che colpisce la famiglia, e su tutti la madre Tina, è indecifrabile ma anche la risposta della polizia locale sarà immediata.
Parallelemente alla storia di Cass e famiglia, seguiamo infatti le vicende di una tenace detective (R. Dawson) che si occupa di casi di pedofilia e dichiara caccia ai predatori di minori, usando principalmente come strumento, lo stesso dei pedofili: internet. La giovane detective, aiutata da un altro partner, nella vita e nel lavoro, si mettono tempestivamente alla ricerca di Cass. Ma il caso sembra uno dei tanti, troppi Cold Case che coinvolgono i minori. Nessun indizio, nessuna traccia, nessuna pista da seguire. L'unica certezza è che la bambina era con suo padre nel momento della sparizione. Un padre devastato dalla perdita che non solo si vede costretto a sopportare il fardello della colpa 'morale', del quale viene accusato dalla moglie Tina, ma si vede gravare delle accuse infamanti da parte della polizia stessa. Matt viene considerato il colpevole e artefice materiale della scomparsa di Cass, probabilmente venduta ad un banda di criminali con lo scopo di ricavarne dei soldi. Ma in mancanza di prove, Matt non può essere arrestato, e lo stesso si vede travolgere da un doppio fardello emotivo ( sia per la scomparsa della figlia che per le accuse calunniose).
E la realtà invece dimostra ancora una volta l'ambiguità delle apparenze e dei comportamenti. Agli spettatori viene infatti ripetutamente mostrato il volto del vero mostro che tiene Cass in prigionia; un uomo apparentemente timido e pacato ma in realtà scaltro e acuto criminale e manipolatore che sà come eludere i controlli, informatici e non solo, della CIA e polizia locale per anni.
Ma se questi tasselli sono già in grado di formare il puzzle piuttosto arduo e spinoso che la pellicola propone, ecco che Egoyan aggrava la drammaticità della storia e dei suoi personaggi col l'elemento chiave del voyerismo sadico. Il rapitore infatti si diverte a spiare segretamente la madre della vittima sul posto di lavoro, seguendo tutte le sue mosse, le sue reazioni e ovviamente il suo progressivo crollo psicologico. E questo gioco crudele lo estende alla diretta interessata, a Cass. La giovane infatti può solotanto vedere la madre, attraverso gli schermi del computer, direttamente collegati con le telecamere a circuito chiuso. Ma non può comunicare con lei in alcun modo, non può (re)agire nè modificare nulla.
In questo stato di isolamento totale, le videocamere accentuano il dolore ma anche la distanza, l'impossibilità di reazione, la dissociazione tra le due vittime (la madre da un lato e la figlia sequestrata) che favorisccono la loro reciproca alienazione emotiva mentre, questo macabro 'live show' sembra gratificare il vero criminale.
Ma qualcosa è destinato a cambiare. Nonostante gli sforzi del criminale a far sparire (letteralmente) l'audace investigatrice, l'insistenza di Cass a rivedere almeno una volta il padre, convincono Mika (K.Durand) a farli incontrare per un brevissimo arco di tempo. Tempo a sufficienza per Cass di dare al padre tutti gli indizzi necessari per mettersi sulle traccie del rapitore e porre fine al calvario famigliare che si protrae da anni.
Egoyan ci regala un'altro lavoro decisamente interessante e dalla delicata e ruvida tematica. Uno spezzato che indaga, egreggiamente, la psicologia dei vari personaggi che si trovano loro malgrado travolti in una tragedia umana senza precedenti: il rapimento di una minore, e che dietro ciò si cela una realtà ancora più agghiacciante, quella della pedofilia. La solitudine, la disperazione, la rassegnazione, la speranza e tutte le sfumature che questi sentimenti acquisiscono nella psiche di Cassandra, di Matt e Tina, di Nicole e Jeffrey. L'unico, forse volutamente, a restare in penombra è proprio il criminale stesso, Mika. Di lui poco si sà, e poco viene indagato riguardo la sua motivazione nel rapire Cass e indole perversa nel protrarre avanti il dolore delle sue -molteplici- vittime.
Solidissima la regia che si sorregge su una confusionaria ma fluida narrazione fatta di costanti flashack e flashforward che servono proprio a creare un puzzle dove il crescendo di drammaticità e follia diventa sempre più forte e percepibile. Il dispiegarsi della storia segue un ritmo lento ma mai noioso e l'alternanza tra passato e presente cinematografico non risulta mai troppo pesante da seguire.
Fotografia e ambientazione impeccabile e suggestiva. Fredda, innevata, cupa, gelida e talvolta inquietante ma perfettamente adeguata alla storia e alla location ove questa è collocata (rigorosamente il Canada).
Interpretazioni convincenti e sentite, specialmente Reynolds che si riconferma un'attore versatile e carismatico, la Dawson e la Enos, particolarmente spiazzante nel ruolo di una madre e moglie tremendamente provata e psicologicamente distrutta.
Dialoghi scarni e asciutti che preferiscono lasciare spazio all'interpretazione delle immagini da parte dello spettatore ma non evitano, talvolta, di scavare a fondo nella psiche dei personaggi.
Un prodotto attuale, significativo e assolutamente consigliato.
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filippo catani
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sabato 28 marzo 2015
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l'orrore della pedofilia
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Canada. Lasciata la figlia per pochi istanti sola in macchina per comprarle una torta, un padre vede disintegrarsi la propria vita: la figlia è scomparsa, la mamma lo accusa di essere stato negligente, la polizia nutre qualche sospetto e lui è schiacciato dai sensi di colpa. L'uomo però non si lascia abbattere e dopo otto anni pare essersi messo sulla strada giusta.
Un film tosto e disturbante che non può sconvolgere le coscienze di genitori e non. Senza troppi preamboli o giri di parole lo spettatore viene messo davanti alla terrificante piaga della pedofilia e in particolare della pedofilia online. Tanti bambini e bambine che ogni anno spariscono nel nulla vittime di questi odiosi crimini.
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Canada. Lasciata la figlia per pochi istanti sola in macchina per comprarle una torta, un padre vede disintegrarsi la propria vita: la figlia è scomparsa, la mamma lo accusa di essere stato negligente, la polizia nutre qualche sospetto e lui è schiacciato dai sensi di colpa. L'uomo però non si lascia abbattere e dopo otto anni pare essersi messo sulla strada giusta.
Un film tosto e disturbante che non può sconvolgere le coscienze di genitori e non. Senza troppi preamboli o giri di parole lo spettatore viene messo davanti alla terrificante piaga della pedofilia e in particolare della pedofilia online. Tanti bambini e bambine che ogni anno spariscono nel nulla vittime di questi odiosi crimini. Specialmente nella parte iniziale ci si deve districare fra diversi flashback che servono al regista Egoyan non solo a svelarci l'andamento dei fatti ma anche e soprattutto per raccontarci i caratteri dei personaggi. Da una parte troviamo la sezione speciale della polizia alle prese ogni giorno con video terrificanti e chat nelle quali devono cercare di trovare l'aggancio giusto. Quindi poi c'è la coppia di genitori completamente devastata dalla scomparsa della figlia. Infine ci sono loro i mostri che hanno costruito una vera e propria organizzazione criminale e sadica. Cast al completo veramente ottimo per un film che ci ricorda di non abbassare mai la guardia e ci mostra la forza e la determinazione di un padre pronto a tutto pur di ritrovare sua figlia.
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minnie
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lunedì 4 settembre 2017
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un thriller agghiacciante
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E' incredibile come Egoyan cominci sempre i suoi film e li continui, con una pacatezza incredibile eppure raggiunga il suo scopo: qui di una reale rete che avvolge tutti i protagonisti e che appare inscalfibile, fino alla soluzione finale, tanto tragica quanto precipitosa. Ma nel suo andare avanti e indietro nel tempo, un particolare non mi è stato chiaro; l'ispettrice è stata imprigionata in un furgone (mezzo quanto mai tragico ai nostri giorni) e non si capisce, anzi alla fine si conferma che è ancora lì dentro, però la vediamo nell'albergo dove la madre della ragazza rapita lavora, individuare le telecamere, occhio del grande fratello che tutto avvolge e controlla.
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E' incredibile come Egoyan cominci sempre i suoi film e li continui, con una pacatezza incredibile eppure raggiunga il suo scopo: qui di una reale rete che avvolge tutti i protagonisti e che appare inscalfibile, fino alla soluzione finale, tanto tragica quanto precipitosa. Ma nel suo andare avanti e indietro nel tempo, un particolare non mi è stato chiaro; l'ispettrice è stata imprigionata in un furgone (mezzo quanto mai tragico ai nostri giorni) e non si capisce, anzi alla fine si conferma che è ancora lì dentro, però la vediamo nell'albergo dove la madre della ragazza rapita lavora, individuare le telecamere, occhio del grande fratello che tutto avvolge e controlla. Questo quando è avvenuto? Prima della sua cattura (sua, della ispettrice) o dopo? Peccato per questo unico punto perché per il resto, davvero il film raggiunge una suspense decisiva, anche e soprattutto per merito dell'insospettabilità dei criminali che spesso sono, come si evince dalla trama, i vicini, i più apparentemente normali. Ed Egoyan ci mette in guardia....
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paolp78
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mercoledì 14 agosto 2024
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sadico fino al ridicolo
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Il regista armeno, naturalizzato canadese, Atom Egoyan gira una pellicola con cui tratta tematiche delicatissime e si cimenta in una tecnica narrativa particolarmente complessa; queste due scelte sicuramente coraggiose, sono però affrontate in un modo totalmente inadeguato, sicché l’opera che ne scaturisce è quasi impresentabile, a tratti persino ridicola.
Egoyan non ha paura di trattare l’argomento della pedofilia, poi però realizza un’opera così prudente, edulcorata ed attenta a non mostrare alcuna scena neppur minimamente disturbante, che ci si chiede perché si sia accettato una tematica del genere, che certamente richiede un impegno ed un approfondimento ben più serio e maggiore.
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Il regista armeno, naturalizzato canadese, Atom Egoyan gira una pellicola con cui tratta tematiche delicatissime e si cimenta in una tecnica narrativa particolarmente complessa; queste due scelte sicuramente coraggiose, sono però affrontate in un modo totalmente inadeguato, sicché l’opera che ne scaturisce è quasi impresentabile, a tratti persino ridicola.
Egoyan non ha paura di trattare l’argomento della pedofilia, poi però realizza un’opera così prudente, edulcorata ed attenta a non mostrare alcuna scena neppur minimamente disturbante, che ci si chiede perché si sia accettato una tematica del genere, che certamente richiede un impegno ed un approfondimento ben più serio e maggiore. Al contrario la sceneggiatura sfugge a tale compito, rifugiandosi in situazioni totalmente paradossali, ai limiti della logica e della credibilità. Il risultato è che l’iniziale scelta coraggiosa, che aveva stimolato le aspettative dello spettatore, viene svilita.
C’è poi l’assiduo e confuso ricorso al flashback, che caratterizza la narrazione. La scelta sembra essere rappresentata metaforicamente da una scena del film, in cui un poliziotto con sviluppate abilità visive, riesce a individuare gli elementi di un’immagine da un puzzle scomposto; è quindi una sorta di sfida verso lo spettatore chiamato a prestare la massima attenzione per seguire il filo di una storia i cui eventi non sono raccontati secondo l’esatto ordine cronologico. L’intuizione è buona ed intrigante, tanto che tiene incollato lo spettatore che ormai è curioso di scoprire il finale per vedere andare tutti le tessere al proprio posto, ma qui Egoyan delude nuovamente, con un finale che regala ben poca soddisfazione e svela una trama finale che anziché complessa ed avvincente, si rivela banale e misera.
Il cast vede nella parte del protagonista il canadese Ryan Reynolds. Nel resto del cast non ci sono attori di richiamo per il pubblico tranne che Rosario Dawson, che pare troppo avvenente per risultare credibile nel ruolo della poliziotta. Oltre ai due interpreti più celebri si ricordano nei ruoli più importanti: Scott Speedman, Mireille Enos e Kevin Durand.
Non ci sono scene d’azione, tranne un paio nel finale, che non sono girate in modo particolarmente riuscito.
Come accennato non viene messa in scena la violenza verso i piccoli, né vengono neppure accennate scene dal contenuto sessuale; tuttavia il film risulta sadico e disturbante sul piano psicologico e morale, soprattutto per via di numerose scene del tutto fuori luogo, irrealistiche se non addirittura stupide, che mortificano la pellicola ridimensionandone inevitabilmente il valore, che viste le premesso prometteva di essere ben maggiore.
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elgatoloco
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domenica 1 aprile 2018
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l'enigma esiste
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Può essere che l'enigma non esista, come afferma Wittgenstein, in ambito materiale, di quella realtà che empiricamente riusciamo a"conoscere"(forse), ma, riprendendo una vecchia affermazione greca, esso esiste in ambito psichico e di relazioni infraumane, come sembra dimostrare anche questo film di Atom Egoyan, "The Captive"(2014), dove il rapimento di una bambina è in realtà il pre-testo(letteralmente, ossia anche semiologicamente e semioticamente, in realtà)per riflettere sul mondo umano, sulla grandezza(non in accezione morale o etica, diremmo forse meglio ampiezza...) di quanto non"appare", non risalta, non è evidente, ma certamente si nasconde nelle pieghe di ciò che, molto spesso improvvidamente, chiamiamo ancora"realtà".
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Può essere che l'enigma non esista, come afferma Wittgenstein, in ambito materiale, di quella realtà che empiricamente riusciamo a"conoscere"(forse), ma, riprendendo una vecchia affermazione greca, esso esiste in ambito psichico e di relazioni infraumane, come sembra dimostrare anche questo film di Atom Egoyan, "The Captive"(2014), dove il rapimento di una bambina è in realtà il pre-testo(letteralmente, ossia anche semiologicamente e semioticamente, in realtà)per riflettere sul mondo umano, sulla grandezza(non in accezione morale o etica, diremmo forse meglio ampiezza...) di quanto non"appare", non risalta, non è evidente, ma certamente si nasconde nelle pieghe di ciò che, molto spesso improvvidamente, chiamiamo ancora"realtà". UNa ricerca affannosa, questa qui descritta, con palesi e già iniziali contrasti tra i genitori della piccola"sequestrata"e i due detectives, senza che la vera causa di quanto è successo riesca realmente ad emergere, al di là di ipotesi ed illazioni... Una ricerca incompiuta, dovremmo dire(que^te inachevée), dove il "fantasmatico"sembra averla vinta sul"reale". Rosario Dawson, co-protagonista, è la presenza anche più interessante di questo processo che evidentemente non ha una conclusione, anche se ha-persegue, senz'altro, un fine, uno scopo. Sovvengono le affermazioni di Shakespeare e di Calderon de la Barca sul fatto che"siamo della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni", concezione invero presente già anticamente, sofisti a parte, nel biblico"Vanitas vanitatum vanitas". El Gato
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