emyliù
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sabato 7 settembre 2013
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religiosamente saffico
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Di film sulla vita monastica imposta senza vocazione, con relative vessazioni e crudelta' fino alla vera e propria tortura, s'e' avuto un tale dispiego da non concedere tante varianti dopo "Magdalene". A meno che non entri in scena Isabelle Huppert nel ruolo di una madre superiora impetuosamente saffica. Apriti cielo. Lo schermo si illumina di luce propria alla sua comparsa, nella seconda meta' del film. Non ci si stanca mai di ammirarla questa magnifica attrice, che diventa sempre piu' intensa con l'invecchiamento, come un buon vino. L'adolescente novizia tormentata e giustamente ribelle, ha il volto di una esordiente assai promettente, di slava bellezza nel diafano incarnato ieratico, degna delle attenzioni della priora, fino al passionale innamoramento con abbandono e perdizione che, seppur non ricambiato, conducono la giovane Suzanne verso la liberazione.
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Di film sulla vita monastica imposta senza vocazione, con relative vessazioni e crudelta' fino alla vera e propria tortura, s'e' avuto un tale dispiego da non concedere tante varianti dopo "Magdalene". A meno che non entri in scena Isabelle Huppert nel ruolo di una madre superiora impetuosamente saffica. Apriti cielo. Lo schermo si illumina di luce propria alla sua comparsa, nella seconda meta' del film. Non ci si stanca mai di ammirarla questa magnifica attrice, che diventa sempre piu' intensa con l'invecchiamento, come un buon vino. L'adolescente novizia tormentata e giustamente ribelle, ha il volto di una esordiente assai promettente, di slava bellezza nel diafano incarnato ieratico, degna delle attenzioni della priora, fino al passionale innamoramento con abbandono e perdizione che, seppur non ricambiato, conducono la giovane Suzanne verso la liberazione. Lavoro davvero pregevole, anche nella ricostruzione ambientale e nei costumi fine 700. Da vedere accompagnati dai propri ricordi collegiali, avendone, tra preti e suore portatori insani d'amorosa tirrania.
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simon lupin
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lunedì 9 settembre 2013
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la religiosa, di guillaume nicloux - (recensione)
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Francia, 1768. Suzanne Simonin, una talentuosa quanto semplice ragazza dedita all'amore per Cristo. La sua giovane età la conduce a rivalutare la sua scelta di prendere i voti, ma alcune rivelazioni familiari la costringeranno ad una vita di reclusione, punizioni e umiliazioni all'interno di mura ecclesiali. Adolescente, si vede scaravenata in diverse realtà monastiche a cui tenta di sfuggire, succube prima di una crudele austerità, in seguito di un affetto morboso e perverso da parte delle madri superiore.
E' interessante notare come, dopo un primo lontano tentativo di Jacques Rivette (1966), il regista Guillaume Nicloux, sia stato in grado di dar vita ad una personale versione dell'omonimo romanzo anticlericale di Diderot, nel quale vengono denunciati i modus operandi, spesso poco indagati e non sempre ortodossi del sistema ecclesiastico.
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Francia, 1768. Suzanne Simonin, una talentuosa quanto semplice ragazza dedita all'amore per Cristo. La sua giovane età la conduce a rivalutare la sua scelta di prendere i voti, ma alcune rivelazioni familiari la costringeranno ad una vita di reclusione, punizioni e umiliazioni all'interno di mura ecclesiali. Adolescente, si vede scaravenata in diverse realtà monastiche a cui tenta di sfuggire, succube prima di una crudele austerità, in seguito di un affetto morboso e perverso da parte delle madri superiore.
E' interessante notare come, dopo un primo lontano tentativo di Jacques Rivette (1966), il regista Guillaume Nicloux, sia stato in grado di dar vita ad una personale versione dell'omonimo romanzo anticlericale di Diderot, nel quale vengono denunciati i modus operandi, spesso poco indagati e non sempre ortodossi del sistema ecclesiastico. Di sicuro aiutato da una fotografia molto fredda di Yves Cape, che pervade ogni scena, il lungometraggio assume quella sensazione di intrappolamento e angoscia provate dalla povera Suzanne (Pauline Etienne), le cui scelte vengono dettate da imposizioni e ricatti morali ai quali si ribella, nell'inarrestabile ricerca di una libertà che riaffermi se stessa in un mondo tutt'altro che privo dell'amore di Dio.
Molte le tematiche trattate: dal tradimento, all'espiazione, dal maltrattamento alla perversione. Il tutto celato da una paradossale quanto verosimile autoconservazione del genere umano, laddove un velo non basta a coprire le proprie colpe o a far tacere i propri istinti.
A dispetto di quanto una trama del genere possa far prevedere, la narrazione filmica è molto scorrevole e non fa sentire la mancanza di una ricca scenografia, costituita, dunque, da pochi ambienti in cui il regista è riuscito a riassumere gli avvenimenti più importanti della storia, riducendo di molto i possibili episodi irrisolti nel racconto.
Il finale un po' tronco e la debole presenza di una reale colonna sonora hanno forse fatto perdere non poche sfumature e drammaticità in diversi contesti, di cui - forse volutamente - viene risaltata più la dura e spartana realtà dei fatti. Malgrado la performance estera non sempre straordinaria o credibile di alcuni attori, si nota, invece, molta cura nell'edizione italiana di questo prodotto cinematografico, distribuito da Officine Ubu e diretto da Monica Pariante. I dialoghi sono ben adattati al periodo storico senza cadere troppo nella aulicità che avrebbero reso poco piacevole e accessibile un film dai temi già propriamente impegnati.
Un prodotto di nicchia, sì, ma non per questo poco apprezzabile dal grande pubblico, che fino alla fine fruisce di un doppiaggio mimentico nel lessico e nell'interpretazione, che contribuisce in modo non indifferente alla veridicità dell'opera.
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bedtimedavide
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lunedì 7 aprile 2014
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la più religiosa di tutte
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La religiosa è a metà tra un film storico e un film di denuncia. Lo scenario è quello della Francia di fine '700, dove famiglie altolocate in rovina sono costrette ad organizzare matrimoni di interesse per risollevare le proprie critiche situazioni economiche, o peggio ancora, a 'vendere' le proprie figlie alla Chiesa. Suzanne è infatti la terza di tre figlie, la quale si ritroverà, costretta dalla propria famiglia,a diventare suora proprio perchè, dopo i matrimoni delle due sorelle, non ci saranno per lei le condizioni necessarie per un matrimonio; la scelta è poi incoraggiata dalla scoperta di essere figlia di un adulterio commesso dalla propria madre, perciò interessi economici legati alla necessità di celare la triste realtà sulla sua condizione spingono la protagonista ad assecondare le scelte dei propri genitori.
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La religiosa è a metà tra un film storico e un film di denuncia. Lo scenario è quello della Francia di fine '700, dove famiglie altolocate in rovina sono costrette ad organizzare matrimoni di interesse per risollevare le proprie critiche situazioni economiche, o peggio ancora, a 'vendere' le proprie figlie alla Chiesa. Suzanne è infatti la terza di tre figlie, la quale si ritroverà, costretta dalla propria famiglia,a diventare suora proprio perchè, dopo i matrimoni delle due sorelle, non ci saranno per lei le condizioni necessarie per un matrimonio; la scelta è poi incoraggiata dalla scoperta di essere figlia di un adulterio commesso dalla propria madre, perciò interessi economici legati alla necessità di celare la triste realtà sulla sua condizione spingono la protagonista ad assecondare le scelte dei propri genitori. Ci sono poi tutti i temi legati alla denuncia che i registi più audaci fanno nei confronti del mondo ecclesiastico, contornato da soprusi, rapporti saffici, interessi monetari e ingiustificate accuse di possessioni demoniache. Temi che possono essere decontestualizzati dall'epoca e risultare comunque attualissimi persino ai nostri giorni. Essi porteranno ad una lotta per la libertà che Suzanne intraprende in un contesto in cui questo diritto per molte persone sembra essere utopico (emblematica la scena dell'incontro tra Suzanne e il prete che l'aiuta a scappare, il quale si rivela un'ennesima vittima di questo meccanismo di vocazioni forzate). La sua lotta è quella di poter scegliere, di potersi sottrarre alle attenzioni morbose di una ossessiva Madre Superiora e di poter ottenere una sua famiglia, quella autentica del padre che l'ha generata e che non ha mai saputo della sua esistenza. Tutto questo fa di lei la portatrice di un principio di onestà e coerenza nei confronti di Dio che i veri ecclesiastici nel film sembrano non avere, Suzanne è così onesta che rifiuta categoricamente di prendere in giro il proprio Dio e credere in qualcosa che le è stato imposto, è forse la più cosciente dell'importanza dell'abito monacale, è insomma la più religiosa di tutte in fondo.
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carloalberto
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lunedì 13 settembre 2021
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diderot tradito
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Quando Diderot scrisse il suo romanzo anticlericale, a metà del settecento, non poteva certo immaginare che gli abusi e i soprusi che accadevano al suo tempo all’interno degli ordini monastici in Francia sarebbero sopravvissuti all’ondata rivoluzionaria dell’illuminismo per oltre due secoli, diventando una piaga purulenta, che avrebbe infettato il corpo intero della stessa chiesa, estendendosi, nel novecento, dall’Europa al Nuovo Mondo. Guillaume Nicloux, nel trasporre cinematograficamente l’opera dell’enciclopedista, non si pone la questione della sua attualità, ma rimane fedele al contesto storico, concentrando la sua attenzione sul personaggio della protagonista e sul suo vissuto personale.
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Quando Diderot scrisse il suo romanzo anticlericale, a metà del settecento, non poteva certo immaginare che gli abusi e i soprusi che accadevano al suo tempo all’interno degli ordini monastici in Francia sarebbero sopravvissuti all’ondata rivoluzionaria dell’illuminismo per oltre due secoli, diventando una piaga purulenta, che avrebbe infettato il corpo intero della stessa chiesa, estendendosi, nel novecento, dall’Europa al Nuovo Mondo. Guillaume Nicloux, nel trasporre cinematograficamente l’opera dell’enciclopedista, non si pone la questione della sua attualità, ma rimane fedele al contesto storico, concentrando la sua attenzione sul personaggio della protagonista e sul suo vissuto personale.
Costretta a prendere il velo dalla madre anaffettiva, debole e succube del marito, e dalle due sorelle interessate a suddividersi il patrimonio paterno, escludendola da ogni diritto, anche ereditario, Suzanne, interpretata da Pauline Etienne, resiste, nonostante la sua giovane età, alle pressioni familiari e a quelle del convento, ritrovando, alla fine, la libertà. Nicloux stravolge la conclusione del libro, trasformando una denuncia senza appello del mondo religioso, corrotto e corruttore di anime, in una favoletta a lieto fine. Il film si colloca, quindi, a metà strada tra una fedele rievocazione storica degli ambienti religiosi dell’epoca, in particolare, della vita monacale improntata alla rigida regola della clausura e sotto l'autorità dispotica della badessa, ed il romanzo di formazione, sfociando, tuttavia, nelle sequenze finali nell’apologo favolistico disneyano.
Quando Isabelle Huppert compare sulla scena, nella parte di una delle tre madri superiori, sposta inevitabilmente l’attenzione sul suo personaggio che diventa inevitabilmente il vero protagonista della storia, facendo slittare quello della Etienne in secondo piano, declassata a coprotagonista, se non addirittura a comparsa. La perdita di centralità del ruolo interpretato dalla Etienne non è senza conseguenze. Le sue vicende, da quel momento, non coinvolgono più come all’inizio e la sua vicenda umana si svolge, ormai, su di un piano in discesa che conduce, senza pathos, ad un finale banale quanto atteso, considerato che nelle premesse esso è già esplicitato nella prima scena e tutto il film è un lungo flash back sulle peripezie della novizia di cui conosciamo già la conclusione.
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siebenzwerg
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martedì 10 settembre 2013
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la forza di resistere è sempre attuale
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Sono stato incuriosito dalla trasposizione/riedizione cinematografica di questo romanzo e l'ho trovato estremamente ben fatto. La regia, filmicamente parlando, non mostra ambizioni artistiche ed è funzionale al progetto. Forse questo a qualcuno è sembrato limitato ma io l'ho apprezzato. La trama resta protagonista. È la storia della forza di carattere che riesce a opporsi al conformismo e al potere dell'istituzione totale. Non lo vedo un discorso solo anticlericale, potrebbe essere stato un carcere, un ospedale o un manicomio, i luoghi dove si esercita il potere in modo improprio su chi è in condizioni di debolezza o di bisogno. La protagonista Pauline Etienne, giovanissima, dopo un po' mi è risultata un po' troppo ferma nel suo ruolo, in particolare nell'incontro/confronto con la grande Isabelle Huppert mi è sembrata bloccata, quasi che la sua forza fosse solo quella di resistere, fare "muro", e che diventasse insomma una posizione di auto-protezione anche come attrice, non solo come personaggio.
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Sono stato incuriosito dalla trasposizione/riedizione cinematografica di questo romanzo e l'ho trovato estremamente ben fatto. La regia, filmicamente parlando, non mostra ambizioni artistiche ed è funzionale al progetto. Forse questo a qualcuno è sembrato limitato ma io l'ho apprezzato. La trama resta protagonista. È la storia della forza di carattere che riesce a opporsi al conformismo e al potere dell'istituzione totale. Non lo vedo un discorso solo anticlericale, potrebbe essere stato un carcere, un ospedale o un manicomio, i luoghi dove si esercita il potere in modo improprio su chi è in condizioni di debolezza o di bisogno. La protagonista Pauline Etienne, giovanissima, dopo un po' mi è risultata un po' troppo ferma nel suo ruolo, in particolare nell'incontro/confronto con la grande Isabelle Huppert mi è sembrata bloccata, quasi che la sua forza fosse solo quella di resistere, fare "muro", e che diventasse insomma una posizione di auto-protezione anche come attrice, non solo come personaggio. Poco credibile come suora anche Louise Bourgoin, l'altra badessa. Comunque nell'insieme un film che consiglio.
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