La prima neve |
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Un film di Andrea Segre.
Con Jean-Christophe Folly, Matteo Marchel, Anita Caprioli, Peter Mitterrutzner.
continua»
Drammatico,
durata 105 min.
- Italia 2013.
- Parthénos
uscita giovedì 17 ottobre 2013.
MYMONETRO
La prima neve
valutazione media:
3,32
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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La natura di Segre bella e struggente ma anche minacciosa
di Paolo D'Agostini La Repubblica
Andrea Segre ha realizzato documentari prima di debuttare nella finzione con il notevolissimo Io sono Li. Ora la sua opera seconda La prima neve torna, ancora come nel primo film con modalità originali, indirette, a investire il tema dell'immigrazione e dell'integrazione. Siamo in una valle alpina dove hanno trovato provvisoria sistemazione profughi e rifugiati africani in attesa di permesso o del riconoscimento di asilo. Tra loro Dani, arrivato dal Togo via Libia, drammaticamente. Ha con sé sua figlia di neanche un anno Fatou ma non la madre, sua moglie Layla. Dani entra in contatto con una famiglia locale. Elisa (Anita Caprioli) fa parte dell'organizzazione che assiste i rifugiati. Suo suocero, il vecchio montanaro Pietro falegname e produttore di miele taciturno instancabile e orgoglioso (legno e miele si sposano, dice, hanno lo stesso profumo. Metafora anticipatrice dei destini umani che il film racconta), prende Dani a lavorare con sé. Il figlio dell'una e nipote dell'altro Michele è un ragazzino sveglio e senza padre. Giuseppe Battiston è il grande amico, un po' cialtrone, di questo padre assente alla cui assenza tenta malamente di supplire assecondando la scarsa voglia di studiare del ragazzo. Le due realtà si studiano, si avvicinano, si conoscono lentamente e ruvidamente. Facendo centro sul vecchio montanaro e sui ritmi imposti dalla montagna e dalla natura. C'è da sbrigarsi a fare quello che c'è da fare. Prima che cada la prima neve. Quella che Dani non ha mai visto. Le due assenze, Layla e il padre di Michele che non ci sono più, sono l'antefatto e il motore di questo lento processo di attrazione reciproca e di simmetria di destini, che condurrà alla soluzione, a un esito che scalda il cuore ma senza sbavature o faciloneria. Dani non sa occuparsi della bambina, non vuole anzi, perché rivede nei suoi gli occhi di Layla, perché ritiene che la sua vita sia finita senza Layla, perché Fatou c'è proprio in quanto Layla non c'è più. Ed è intenzionato, una volta regolarizzata la sua posizione, a prendere una decisione radicale. Michele di notte ha sempre lo stesso incubo, si rifugia spesso dal nonno che ha conosciuto la guerra e la prigionia e soffre in silenzio per il figlio perduto, che lo accoglie e lo protegge ma non è tipo di tante parole; e incolpa sua madre dell'incidente che gli ha fatto perdere il padre. Un cinema, questo di Andrea Segre (veneziano, trentasettenne) che appare abbastanza in sintonia, per esempio, con quello di Giorgio Diritti (natura maestosa, silenzi, lentezze), e che forse ha ascoltato la lezione del cinema di Ermanno Olmi. Che, ingannevolmente, può sembrare a prima vista "documentaristico" e poco elaborato, mentre è vero il contrario (un tocco importante lo dà sicuramente la fotografia di Luca Bigazzi). Certamente, la lezione della pratica documentaria ha il suo peso e interagisce con la costruzione, la narrazione, la finzione. Così come (proprio la stessa cosa di Diritti: i due hanno in comune anche la forza sorprendente dell'opera prima. Quella di Diritti era Il vento fa il suo giro, a sua volta ambientato nell'isolamento e nella specificità linguistica di una valle alpina, proprio come qui in La prima neve) gli attori di professione trovano un naturale, fluido incastro con quelli non professionisti. E con l'altro, fondamentale elemento: la natura. Vista e sentita per quello che è. Bella e struggente ma anche portatrice di minacce e pericoli.
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