ashtray_bliss
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martedì 5 febbraio 2013
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spy-dramma ben confezionato.
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Shadow Dancer e' un'espressione per intendere la persona che fa il doppio gioco, la spia, colei che tradisce gli uni a favore degli altri. E' questo e' cio' che e' costretta a diventare Colette, protagonista dell'ultimo film di J.Marsh.
Colette puo' essere descritta in tanti modi, ma principalmente e' una madre ed una terrorista. Milita nell'IRA e siamo all'alba degli anni '90. Colette, il cui passato di bambina e' segnato dai sensi di colpa per aver mandato il frattelo minore a comprare le sigarette al padre, ma che finisce per essere ucciso (dalla polizia o da alcuni terroristi dell'IRA stessa) e' una donna apparentemente fragile e normale, ma in realta' il suo passato determina il suo presente e lei ha scelto di far parte dell'organizzazione terroristica piu' famosa d'Irlanda, insieme a tutti i suoi fratelli.
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Shadow Dancer e' un'espressione per intendere la persona che fa il doppio gioco, la spia, colei che tradisce gli uni a favore degli altri. E' questo e' cio' che e' costretta a diventare Colette, protagonista dell'ultimo film di J.Marsh.
Colette puo' essere descritta in tanti modi, ma principalmente e' una madre ed una terrorista. Milita nell'IRA e siamo all'alba degli anni '90. Colette, il cui passato di bambina e' segnato dai sensi di colpa per aver mandato il frattelo minore a comprare le sigarette al padre, ma che finisce per essere ucciso (dalla polizia o da alcuni terroristi dell'IRA stessa) e' una donna apparentemente fragile e normale, ma in realta' il suo passato determina il suo presente e lei ha scelto di far parte dell'organizzazione terroristica piu' famosa d'Irlanda, insieme a tutti i suoi fratelli. Fino al giorno dove verra' arrestata, dopo un tentato atto terroristico in metropolitana finito male.
Verra' portata dal agente dei servizi segreti, Mac (Owen) il quale le propone un accordo: lei fara' la spia per conto dell'Intelligence brittanica e loro in cambio le lasceranno condurre una vita "normale" e sopratutto al di fuori dalla prigione per poter restare con la sua famiglia e principalmente con suo figlio. La scelta non e' semplice, ma anche se tradire i propri ideali e fare la spia ai propri compagni (e fratelli) sembra essere la scelta piu' sensata da fare il percorso di questa scelta si rivelera' essere sempre piu' arduo.
"Nessuno morira' nessuno si fara' del male" e' la frase con la quale Mac rassicura l'informatrice Colette che cerca di muoversi come una pedina nell'ombra nell'ambiente che prima le era cosi famigliare. Ma la sua copertura non durera' a lungo, grazie ad una operazione della polizia che mette in pericolo la vita stessa di Colette.
Sempre muovendosi tra luci e ombre il film evita di scavare nelle emozioni e psicologie dei protagonisti come come sfiora senza mai approfondire questioni scottanti come il ruolo dell'IRA negli anni '90, il ruolo delle spie doppiogiochiste, la polizia, la diffusione della paura per eventuali nuovi attacchi. Marsh, evita, forse apposta, di scavare nel profondo di queste questioni e cerca soltanto di creare un spy-dramma convincente e quindi le domande e i misteri ruotano solo attorno ai protagonisti: chi e' la vera spia ? Chi protegge chi ?
Anche l'interessante aspetto della violenza con la quale i membri dell'IRA affrontano i presunti traditori (vedi l'unica scena di "interrogatorio" di Connor, fratello di Colette) viene appena accennato nelle scene finali.
In definitiva si tratta pero' di un film scorrevole e gradevole, dalle tinte cupe e grigie come i predominanti colori dell'Irlanda. In bilico tra un spy-thriller e un dramma movie Shadow Dancer affronta una tematica interessante, basatasi ovviamente su un libro altrettanto interessante, ma evita di scendere nel profondo dei sentimenti ed emozioni, specialmente della protagonista Collette, anche lei in bilico tra il ruolo di donna e madre ma anche terrorista, e quello di Mac, agente solitario anche lui pedina di un gioco piu' grande di lui e dal quale viene tenuto volutamente all'oscuro.
Colpo di scena finale assicurato (se pur presentato un po' sottotono).
Sufficentemente convincenti gli interpreti, che non sfigurano mai, buona la sceneggiatura e la regia e il ritmo, mai stancante o pesante. Molto interessante lo spunto e anche lo sviluppo del film che eccetto una trama non troppo complicata o intricata, ha tutte le carte a posto per non sfigurare affianco ad altri film del genere e intrattenere lo spettatore.
Consigliato.
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filippo catani
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domenica 30 giugno 2013
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il sangue si lava con il sangue
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Londra 1993. Una giovane attivista dell'IRA viene arrestata mentre lascia la metropolitana dove ha abbandonato una borsa contenente una bomba che non sarebbe potuta esplodere. Davanti alla possibilità di finire in galera a vita e vedere il figlio affidato a una coppia inglese, la donna accetta l'offerta rivoltale da un agente segreto: diventare la sua informatrice all'interno del gruppo.
La giovane protagonista del film (e dell'omonimo romanzo) è rimasta profondamente sconvolta da quanto le era accaduto a Belfast 20 anni prima con la tragica scomparsa del fratellino minore uscito per una commissione che sarebbe spettata a lei. La famiglia, trainata dai due fratelli maggiori, finisce così per ingrossare le fila dell'IRA a discapito del volere della madre che vorrebbe per i propri figli (specialmente per l'unica femmina) una vita lontana dalla violenza.
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Londra 1993. Una giovane attivista dell'IRA viene arrestata mentre lascia la metropolitana dove ha abbandonato una borsa contenente una bomba che non sarebbe potuta esplodere. Davanti alla possibilità di finire in galera a vita e vedere il figlio affidato a una coppia inglese, la donna accetta l'offerta rivoltale da un agente segreto: diventare la sua informatrice all'interno del gruppo.
La giovane protagonista del film (e dell'omonimo romanzo) è rimasta profondamente sconvolta da quanto le era accaduto a Belfast 20 anni prima con la tragica scomparsa del fratellino minore uscito per una commissione che sarebbe spettata a lei. La famiglia, trainata dai due fratelli maggiori, finisce così per ingrossare le fila dell'IRA a discapito del volere della madre che vorrebbe per i propri figli (specialmente per l'unica femmina) una vita lontana dalla violenza. Purtroppo però era davvero difficile che questo potesse capitare a Belfast fino a pochi anni fa e senza dubbio va riconosciuto a Tony Blair il merito di aver messo un freno definitivo alle violenze nella regione. Il film si inserisce in un filone, quello dell'Irlanda del Nord, che è recentemente ritornato in auge con l'ottimo Hunger e che in precedenza ha avuto grandi pellicole tra cui basti citare Nel nome del padre e The Boxer. Ogni film ha cercato di raccontare in modo diverso varie storie tutte però accomunate da vite devastate dalla violenza e dalla vendetta. Così in questo film vediamo le storie di persone che, per evitare la prigione, sfruttavano i loro legami interni per passare le informazioni della polizia a proprio rischio e pericolo perchè ogni sgarro era punito con la morte (terribili le scene in cui si vede l'uomo con i guanti che stende il telo di plastica in cui avvolgere il corpo). Allo stesso tempo era piena di rischi anche la vita degli agenti che si esponevano a pericoli per cercare di tutelare la vita delle proprie fonti. Il tutto è ambientato in una scenografia grigia ed essenziale nei suoi interni che ci rimanda la grande tensione che si viveva ai tempi ogni qualvolta c'era il funerale di un militante dell'Ira per esempio piuttosto che una perquisizione a sorpresa della polizia. Certo la protagonista assoluta è la bravissima Andrea Riseborough che dà vita a una donna (troppo) sola dilaniata dai sensi di colpa ma che allo stesso tempo se da una parte vorrebbe abbandonare la lotta armata per dedicarsi anima e corpo al figlio sente però dall'altra parte il richiamo alla lealtà della causa nonostante si debba sottostare ad un capo senza scrupoli. Clive Owen con la sua interpretazione impreziosice un film che ci restituisce l'aria irrespirabile di quei tempi in cui il sangue si lavava con il sangue e dove la Causa prevaleva su tutto. Un film da non perdere.
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morganakam
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domenica 12 luglio 2015
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ulster noir
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Non so chi ha definito questo film thriller, fatto sta che non lo è affatto. Secondo me il genere esatto è noir. Effettivamente il film è abbastanza piatto tranne qualche scena un po' movimentata o di tensione. Già nella seconda parte infatti è migliorato, all'inizio era abbastanza lento.
Ho visto altri film del genere (Nel nome del padre, Hunger, Il vento che accarezza l'erba) e facendo un paragone è sicuramente meglio del primo che non mi è piaciuto granché ma peggio degli ultimi. La storia non è originale ma interessante, gli attori sono molto bravi ed espressivi e quello che comunica il film non è tanto con i dialoghi quanto con le immagini e le espressioni.
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Non so chi ha definito questo film thriller, fatto sta che non lo è affatto. Secondo me il genere esatto è noir. Effettivamente il film è abbastanza piatto tranne qualche scena un po' movimentata o di tensione. Già nella seconda parte infatti è migliorato, all'inizio era abbastanza lento.
Ho visto altri film del genere (Nel nome del padre, Hunger, Il vento che accarezza l'erba) e facendo un paragone è sicuramente meglio del primo che non mi è piaciuto granché ma peggio degli ultimi. La storia non è originale ma interessante, gli attori sono molto bravi ed espressivi e quello che comunica il film non è tanto con i dialoghi quanto con le immagini e le espressioni. Anche le musiche sono suggestive.
In conclusione consiglio la visione di questo film anche se ha vari difetti, il mio voto finale è 7,5.
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elgatoloco
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sabato 15 luglio 2017
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shadow dancer vero film sull'ira
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"Shadow Dancer"(danzatore nell0ombra)meglio dei titoli italiani di James Marsh di un lustro fa(2012)è film che, partendo da emozioni(paura per quanto può succedere più al suo bambino che a lei stessa, nel caso della protagonista), istinti(quello di autoconservazione)e sentimenti(odio, amore, vendetta), dove il sentimento è già una razionalizzazione di emozioni e istinti, ricostruisce la storica(e in qualche modo epica)lotta tra Inglesi e Irlandesi, dove(naturalmente)l'IRA gioca un ruolo di fondo: non è, appunto, un approccio storico-politico, che pure Marsh, noteovlissimo documentarista, non avrebbe avuto alcun problema a realizzaare, ma un punto di vista soggettivo, anzi"individuale"(e femminile, in primis, quello che il regista-autore ha scelto, concentrandosi su un caso che, forse attingendo anche alla realtà(ma che cos'è"realtà?Come la si valuta, partendo da quali presupposti?Già qui inizierebbe una serie di interrogativi), Marsh lascia non al"caso", anzi, ma appunto a quanto si è detto, incentrando tutto il film su una giovane donna, madre, che durante l'infanzia aveva visto il lutto familiare per la morte di un fratello bambino ucciso dagli Inglesi(così pare, almeno)e la famiglia stringersi intorno agli indipendentisti dell'IRA.
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"Shadow Dancer"(danzatore nell0ombra)meglio dei titoli italiani di James Marsh di un lustro fa(2012)è film che, partendo da emozioni(paura per quanto può succedere più al suo bambino che a lei stessa, nel caso della protagonista), istinti(quello di autoconservazione)e sentimenti(odio, amore, vendetta), dove il sentimento è già una razionalizzazione di emozioni e istinti, ricostruisce la storica(e in qualche modo epica)lotta tra Inglesi e Irlandesi, dove(naturalmente)l'IRA gioca un ruolo di fondo: non è, appunto, un approccio storico-politico, che pure Marsh, noteovlissimo documentarista, non avrebbe avuto alcun problema a realizzaare, ma un punto di vista soggettivo, anzi"individuale"(e femminile, in primis, quello che il regista-autore ha scelto, concentrandosi su un caso che, forse attingendo anche alla realtà(ma che cos'è"realtà?Come la si valuta, partendo da quali presupposti?Già qui inizierebbe una serie di interrogativi), Marsh lascia non al"caso", anzi, ma appunto a quanto si è detto, incentrando tutto il film su una giovane donna, madre, che durante l'infanzia aveva visto il lutto familiare per la morte di un fratello bambino ucciso dagli Inglesi(così pare, almeno)e la famiglia stringersi intorno agli indipendentisti dell'IRA. La sua scelta, peraltro "ancipite", come dimostra il finale o meglio il sottofinale, nasce non a caso, appunto, ma da quanto detto, da un percorso esistenziale(certo contestualizzato in una realtà storico-politica molto complessa e problematica)estremamente sofferto. IL tutto con non troppi movimenti di macchina, con una suspense essenziale(non è un thriller, se vogliamo la definizione dal punto di vista del genere, certo importante), dove non è certo il whodunit hitchockiano a giocare un ruolo pre-dominante, dove la ricostruzione è tutta soggettiva, pur se l'uso di sequenze "in soggettiva"non è certo martellante, anzi... Un film che, senza molti colpi di scena, anzi scegliendo una via difficile quanto impegnativa, realizza un film che, oltre ai meriti realizzativi, riesce ad essere una testimonianza di rarissimo equilibrio su un tema, quello appunto del conflitto anglo-irlandese, che già nell'Ottocento era oggetto di studi e riflessioni di grande rilievo. Andrea Riseborough e Clive Owen sono interpreti perfetti di questo dramma esistenziale(sia permesso di dire così)con forti valenze storico-politiche. El Gato
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felicity
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giovedì 14 febbraio 2019
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spy-story con tanti chiaroscuri morali
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Dramma psicologico poco incentrato sugli eventi e molto sui personaggi.
Il regista valorizza molto l'ambientazione, il periodo di transizione tra la fine del conflitto irlandese e l'inizio del processo di pace.
Un tempo di ripensamento e di riflessione che rende credibili i personaggi, in bilico tra ciò che credono ancora sia il loro dovere e il bisogno di evadere dalla spirale del tradimento e del sangue.
Il thriller si incrocia con il racconto della vita familiare e il conflitto interiore dei personaggi mostrando le conseguenze che difficili scelte morali possono avere sulla vita di ciascuno di noi.
Minimalista, essenziale e diretto al cuore della questione, "Doppio gioco" si prefigge di raccontare il dramma del conflitto nordirlandese senza spreco di retorica, con intelligenza e asciuttezza.
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Dramma psicologico poco incentrato sugli eventi e molto sui personaggi.
Il regista valorizza molto l'ambientazione, il periodo di transizione tra la fine del conflitto irlandese e l'inizio del processo di pace.
Un tempo di ripensamento e di riflessione che rende credibili i personaggi, in bilico tra ciò che credono ancora sia il loro dovere e il bisogno di evadere dalla spirale del tradimento e del sangue.
Il thriller si incrocia con il racconto della vita familiare e il conflitto interiore dei personaggi mostrando le conseguenze che difficili scelte morali possono avere sulla vita di ciascuno di noi.
Minimalista, essenziale e diretto al cuore della questione, "Doppio gioco" si prefigge di raccontare il dramma del conflitto nordirlandese senza spreco di retorica, con intelligenza e asciuttezza.
Oscuro e livido nella fotografia e nelle atmosfere, beneficia anche di una buona chimica tra i due protagonisti, la Riseborough raffinata e tormentata, e Clive Owen, granitico nel ruolo dell'agente dell'MI5.
Una pellicola impegnata e ben confezionata, solida e poco incline a farsi tentare da orpelli e artifici, non originalissima, ma senz'altro consigliabile.
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luca scialo
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giovedì 30 aprile 2020
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trovarsi tra due fuochi
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Dopo un attentato volutamente incompiuto da parte della nordirlandese Colette, i servizi segreti britannici la catturano, spingendola a collaborare in cambio di una libertà vigilata. Intravedendo in lei margini di umanità e voglia di cambiare vita. Collaborare però, per lei significa tradire in primis i due fratelli, anche loro attivisti dell'IRA. Nonché il fratellino morto quando era bambina, di cui si sente responsabile. Ma è tentata a farlo, in primis per dare una vita normale al figlio. Già senza padre e che ancora fa la pipì a letto, soprattutto quando la madre si trova immischiata nelle sue attività. James Marsh sta dedicando la sua carriera di regista al racconto di fatti storici.
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Dopo un attentato volutamente incompiuto da parte della nordirlandese Colette, i servizi segreti britannici la catturano, spingendola a collaborare in cambio di una libertà vigilata. Intravedendo in lei margini di umanità e voglia di cambiare vita. Collaborare però, per lei significa tradire in primis i due fratelli, anche loro attivisti dell'IRA. Nonché il fratellino morto quando era bambina, di cui si sente responsabile. Ma è tentata a farlo, in primis per dare una vita normale al figlio. Già senza padre e che ancora fa la pipì a letto, soprattutto quando la madre si trova immischiata nelle sue attività. James Marsh sta dedicando la sua carriera di regista al racconto di fatti storici. Mettendoci comunque il suo zampino. In questa trasposizione di un romanzo omonimo di Tom Bradby, la pellicola dà spesso l'impressione di sbandare e di incanalare risvolti banali e scontati. Ma per fortuna, ogni volta ritorna sui binari giusti fino al finale. Non disdegnando anche delle interessanti sorprese.
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elgatoloco
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lunedì 12 aprile 2021
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ever...the irish problem
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Questo"Shadow Dancer"-altra cosa, stranvolgente il senso e banale è"Doppio gioco", titolo italiano(James Marsh, dal romanzo di Tom Bradby, anche autore della sceneggiatura, 2012)parla di una bambina degli anni 1970 che ha visto uccidere il fratellino in strada, durante la guerra civile in Irlanda del Nord, diventando quasi"obbligatoriamente, adepta dell'IRA. Vent'anni dopo circa, la ri costringe a lavorare per i servizi segreti britannici, ossia inglesi, ma...naturalmente non tutto va così semplicemente come si potrebbe credere. Anche se il film ha una"patina"thiller, ma con dei tempi cadenzati che decisamente non fanno pesnare al"thiller"quale in genere lo concepiamo, dove le pause decisamente soptavanzano l'action, dove le riflessioni-m,editazioni dlela donna sono "oltre"i ritmi che in genere noi intediamo"normali"(ma in realtà abituali, routinari)per un thriller.
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Questo"Shadow Dancer"-altra cosa, stranvolgente il senso e banale è"Doppio gioco", titolo italiano(James Marsh, dal romanzo di Tom Bradby, anche autore della sceneggiatura, 2012)parla di una bambina degli anni 1970 che ha visto uccidere il fratellino in strada, durante la guerra civile in Irlanda del Nord, diventando quasi"obbligatoriamente, adepta dell'IRA. Vent'anni dopo circa, la ri costringe a lavorare per i servizi segreti britannici, ossia inglesi, ma...naturalmente non tutto va così semplicemente come si potrebbe credere. Anche se il film ha una"patina"thiller, ma con dei tempi cadenzati che decisamente non fanno pesnare al"thiller"quale in genere lo concepiamo, dove le pause decisamente soptavanzano l'action, dove le riflessioni-m,editazioni dlela donna sono "oltre"i ritmi che in genere noi intediamo"normali"(ma in realtà abituali, routinari)per un thriller. IN realtà il film, diretto da un intelligente documentarsita e da uno scrittore di rango,vuol mostrare come, a dispetto di una rinconquistata"lealtà"delle parti, vi sia una sostanziale "irrisolutezza" della questione, visto che l'atavica lotta tra Inglesi e Irlandesi non è cosa da accantonare come fosse questione"superata", ma vive ancora oggi a pieno titolo, anche se non come"guerra guerreggiata". L'accordo tra United Kingdom e IRA tiene, ma non potremmo escludere una recrudescenza del conflitto tra x anni... Sempre sperando che così non sia, rimane prioritario il dramma di una donna che ha visto questioni irrisolte, rispetto alla suspenese, in un film come questo, nel quale Andrea Riseborough, Clie Owen e la sempre brava Gillain ANderson rendono un conflitto che, anche psicologico, è però radicato in un"inconscio collettivo"profondo quanto insidioso. Un film da discutere, da centellinare, magari esaminandone anche le singole sequenze, per studiarne eventuali riflessi a lunga scadenza.... El Gato
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