linus2k
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giovedì 12 settembre 2013
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realismo magico indiano
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Ho conosciuto la regista indiana Deepa Metha grazie alla splendida trilogia "Water-Earth-Fire", il cui film "Water" le valse la nomination all'Oscar come miglior film straniero (chiunque non l'abbia visto è caldamente invitato a recuperarlo), ed attendevo da tempo una sua nuova opera.
Il cinema della Deepa si caratterizza per uno sguardo sul suo Paese scevro di sovrastrutture "bollywoodiane" e di quel lato kitsch che accompagna a volte il cinema indiano. Uno sguardo duro, severo che in passato ha raccontato il dramma della donna in India, la scandalosa storia dei conventi delle vedove bianche, l'amore omosessuale, i contrasti religiosi, non arrendendosi nemmeno davanti ai tentativi di boicottaggio da parte del suo stesso Paese.
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Ho conosciuto la regista indiana Deepa Metha grazie alla splendida trilogia "Water-Earth-Fire", il cui film "Water" le valse la nomination all'Oscar come miglior film straniero (chiunque non l'abbia visto è caldamente invitato a recuperarlo), ed attendevo da tempo una sua nuova opera.
Il cinema della Deepa si caratterizza per uno sguardo sul suo Paese scevro di sovrastrutture "bollywoodiane" e di quel lato kitsch che accompagna a volte il cinema indiano. Uno sguardo duro, severo che in passato ha raccontato il dramma della donna in India, la scandalosa storia dei conventi delle vedove bianche, l'amore omosessuale, i contrasti religiosi, non arrendendosi nemmeno davanti ai tentativi di boicottaggio da parte del suo stesso Paese.
Una donna così non poteva che sposare l'idea di mettere sul grande schermo il testo più importante di uno degli autori più controversi, combattuti, criticati e allo stesso tempo premiati e lodati dalla critica occidentale: Salman Rushdie.
Ammetto di non aver letto "I figli della mezzanotte", pur sapendo il peso (in tutti i sensi) di quest'opera all'interno della letteratura contemporanea: una grande epopea che percorre l'intero secolo scorso attraverso le tappe più importanti della storia di India, Pakistan e Bangladesh, il tutto letto e tradotto secondo gli occhi dell'autore (che in questo caso si sposano perfettamente con quelli della regista) che lo interpretano in senso metaforico attraverso la vita dei "figli della mezzanotte", tutti quei bambini nati tra la mezzanotte e l'una del 15 agosto 1941, giorno della dichiarazione di indipendenza dell'India e del Pakistan dal Regno Unito.
Il tutto viene raccontato attraverso la vita di Saleem e Shiva, 2 bambini nati precisamente a mezzanotte,ambedue dotati di superpoteri, di 2 ceti diversi (uno ricco ed uno povero), scambiati in culla dall'ostretica e le cui vite si intersecheranno e scambieranno, seguendo i moti del Paese e saranno costantemente l'uno la nemesi dell'altro: l'unione e la divisione, il dialogo e la guerra, la mente e la forza.
Attraverso un linguaggio che si richiama fermamente al realismo magico, ecco che emerge una violenta critica alle divisione, alle guerre fratricide, alla politica corrotta, si raccontano i legami umani che vanno oltre i legami di sangue ed il superamento di caste e divisioni legate allo stato sociale.
In tutto questo la Metha è stata favolosa nel rendere la forza, la sensualità, i contrasti della trama, dirigendo un film affascinante e ipnotico che non rende minimamente pesanti le 2 ore e 20 minuti di durata.
Personaggi, paesaggi, musiche, tutto funziona perfettamente.
Se c'è qualcosa che rende il film non completamente riuscito è il permanere di alcuni momenti oscuri, non ben definiti, e forse comprensibili solo da chi ha letto il libro. Purtroppo è il rischio della riduzione cinematografica di una storia così complessa, ma non lo ritengo un vero e proprio limite, o almeno non del tutto, visto che è grazie a questi dubbi che ho avuto voglia di intraprendere la lettura del testo.
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xcacel
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mercoledì 10 giugno 2015
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pasticcio in salsa indiana
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Salim, un ragazzetto nato alla mezzanotte del giorno dell'indipendenza indiana, viene scambiato alla nascita con il fratello, manco fosse un film di Ficarra e Picone. Lui, fortunello, cresce in una famiglia ricca, ed è dotato di un potere soprannaturale che gli permette di mettersi in contatto e di parlare con gli altri "figli della mezzanotte", tra cui, ovviamente il fratello Shiva povero e giustamente incazzato. Ben presto, le sorti si invertiranno: il buon Salim non fa che prendere mazzate dall'inizio alla fine, ed è vittima di una serie di sfighe incredibile (ripudiato dai genitori, maltrattato dagli zii, seviziato a scuola, orfano di guerra, in coma per sei anni, picchiato nei sogni, incarcerato e torturato, cornuto e infine vedovo).
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Salim, un ragazzetto nato alla mezzanotte del giorno dell'indipendenza indiana, viene scambiato alla nascita con il fratello, manco fosse un film di Ficarra e Picone. Lui, fortunello, cresce in una famiglia ricca, ed è dotato di un potere soprannaturale che gli permette di mettersi in contatto e di parlare con gli altri "figli della mezzanotte", tra cui, ovviamente il fratello Shiva povero e giustamente incazzato. Ben presto, le sorti si invertiranno: il buon Salim non fa che prendere mazzate dall'inizio alla fine, ed è vittima di una serie di sfighe incredibile (ripudiato dai genitori, maltrattato dagli zii, seviziato a scuola, orfano di guerra, in coma per sei anni, picchiato nei sogni, incarcerato e torturato, cornuto e infine vedovo). Il fratello invece a furia di soprusi in breve diventa una specie di celebrità nazionale, fino al finale che rovescia i destini. Ma non è solo questa la chiave di questo "via col vento" al curry. A parte la morale dello scambio, ci sono in mezzo così tanti elementi che in breve generano nello spettatore un senso di confusione e smarrimento. Non ho letto il libro di Rushdie, per cui posso solo azzardare che ciò potrebbe essere dovuto a qualche vuoto nella narrazione nell'impossibilità di trasporre tutto il film, che scorre a volte superficiale, a volte noioso.
Il paragone con "the Millionaire" è inevitabile: perfetto, nella sua linearità, quest'ultimo. Dietro all'escamotage del gioco a premi il racconto dell'India dei bambini poveri, della delinquenza, dei soprusi. Pochi personaggi, semplici, ben marcati.
Con le grandi pretese che appartengono ad un film di quasi due ore e mezza che vuole raccontare più di mezzo secolo di storia dell'India, "I figli della mezzanotte" finisce invece per lasciare un impressione di incompiutezza e superficialità. Gli episodi politici, le guerre, le successioni al potere, vengono piazzati sullo sfondo, e trattati con marginalità, forse partendo dalla convinzione che tutti noi conosciamo bene la storia dell'India, del Pakistan e del Bangladesh. Il filone magico è in assoluto il più astruso e appare buttato lì per caso, quasi senza senso. Chi sono davvero, i figli della mezzanotte, e che ruolo hanno della storia? Appaiono e scompaiono quasi per caso. Tutti i personaggi, in generale, si susseguono con eccessiva rapidità e non vengono mai approfonditi. Per esempio, che fine fa il primo marito della mamma di Salim, il suo vero amore? Si passa da una rivoluzione a una guerra in men che non si dica. Ci si sposa in due scene (leit motiv del film), e le mogli scompaiono un paio di minuti dopo. Il povero Salim non sembra capirci niente, e noi con lui.
L'impressione finale è che la regista si sia concentrata più sulla fotografia (bella) e sul tentativo di dipingere quanti più affreschi possibile di tradizioni, miti, curiosità e strane abitudini indiane, senza preoccuparsi troppo della trama e dei dialoghi (molto poveri). Il film mi ha lasciato così la stessa l'impressione che ho avuto qualche anno fa guardando "Baaria" di Tornatore: una sterile sequenza di fatti più o meno slegati, messi assieme alla bell'e meglio, e per nulla amalgamati, a riempire 2 ore di pellicola. Un pasticcio all'indiana.
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flyanto
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martedì 2 aprile 2013
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la stgori adell'india attraverso le esistenze di d
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Film in cui si narrano le varie vicende della storia dell'India, della sua indipendenza nel 1947 alle continue guerre con il vicino Pakistan, ecc..., attraverso la storia di due bambini e della loro crescita dopo essere stati scambiati in culla alla propria nascita. Quello che avrebbe dovuto vivere e crescere con la famiglia benestante viene posto da un'infermiera dell'ospedale nella culla di quello che invece appartiene alla famiglia indigente e che invece trascorrerà così una vita più agiata presso la famiglia ricca. Ma il terribile scambio voluto dalla donna per seguire dei suoi principi di giustizia sociale certamente non risolverà nulla ma. al contrario, non farà che provocare continue incomprensioni, litigi e rivalse tra i due ragazzi scambiati portandoli a lottare sempre l' uno contro l'altro.
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Film in cui si narrano le varie vicende della storia dell'India, della sua indipendenza nel 1947 alle continue guerre con il vicino Pakistan, ecc..., attraverso la storia di due bambini e della loro crescita dopo essere stati scambiati in culla alla propria nascita. Quello che avrebbe dovuto vivere e crescere con la famiglia benestante viene posto da un'infermiera dell'ospedale nella culla di quello che invece appartiene alla famiglia indigente e che invece trascorrerà così una vita più agiata presso la famiglia ricca. Ma il terribile scambio voluto dalla donna per seguire dei suoi principi di giustizia sociale certamente non risolverà nulla ma. al contrario, non farà che provocare continue incomprensioni, litigi e rivalse tra i due ragazzi scambiati portandoli a lottare sempre l' uno contro l'altro. La pellicola in sè è interessante in quanto fa conoscere meglio allo spettatore le varie pagine di storia di un paese così lontano dal mondo occidentale, però essa è strutturata come se fosse un lungo sceneggiato, e per giunta anche altamente romanzato ed idealizzato. E' tratta da un famoso romanzo di successo di Selman Rushdie ma non avendolo personalmente letto non posso purtroppo esprimere un parere di una più o meno aderenza al testo da parte della regista indiana Deepa Mehta e di conseguenza di una sua più o meno completa riuscita. I precedenti films della regista (si pensi alla famosa trilogia "Fire", "Earth" ed al poetico ed altamente suggestivo "Water") erano senza dubbio più profondi, più interessanti e più incisivi al fine di conoscere e comprendere più appieno un paese come l' India e la sua popolazione, il più delle volte vengono conosciuti solo attraverso il folkloristico e colorato mondo cinematografico di Bollywood. Ma per trascorrere un paio d'ore abbondanti venendo a conoscenza di eventi storici importanti, lo consiglio caldamente.
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enzo70
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mercoledì 4 marzo 2015
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il ricco diventa povero e il povero diventa ricco
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I figli della mezzanotte è un importante affresco sulla storia più recente dell’India mutuata dall’omonimo libro di Salman Rushdie. Due bambini, di classi sociali diverse, nascono alla mezzanotte del giorno dell’indipendenza dell’India; un’ infermiera decide di rimettere la giustizia ad un gesto semplice, lo scambio delle culle, in modo che il povero diventi ricco ed il ricco diventi povero. Le storie delle famiglie di origine vengono tratteggiate prima del fatidico scambio, in modo da garantire allo spettatore una migliore comprensione dei contesti all’interno dei quali si svilupperanno, successivamente, le storie dei due ragazzi, Saleem e Shiva.
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I figli della mezzanotte è un importante affresco sulla storia più recente dell’India mutuata dall’omonimo libro di Salman Rushdie. Due bambini, di classi sociali diverse, nascono alla mezzanotte del giorno dell’indipendenza dell’India; un’ infermiera decide di rimettere la giustizia ad un gesto semplice, lo scambio delle culle, in modo che il povero diventi ricco ed il ricco diventi povero. Le storie delle famiglie di origine vengono tratteggiate prima del fatidico scambio, in modo da garantire allo spettatore una migliore comprensione dei contesti all’interno dei quali si svilupperanno, successivamente, le storie dei due ragazzi, Saleem e Shiva. Ma la vera protagonista di questo film è l’India, con le sue guerre, prima quella con il Pakistan e poi con il Bangladesh, le sue storie, i suoi colori, i suoi odori. Tutte le tragedie si evolvono nelle mille sfumature di questo Paese, tra feste, fuochi d’artificio, fachiri e amori. Tutto scorre nell’India e la scelta della regista, Deepa Metha, di raccontare la storia attraverso un articolato gioco tra vicende personali e storia nazionale è vincente. Ma qualcosa non va, perché alla fine, si un bel film, ma… Cosa non saprei, dite la vostra….
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vincenzo iennaco
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giovedì 1 agosto 2013
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i dolori (ironico-onirici) del giovane saleem
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I “figli della mezzanotte” sono i bambini nati il 15 agosto 1947, allo scoccare della mezzanotte: il momento in cui l'India proclamò la propria indipendenza dalla Corona inglese. Tra di loro vi sono anche due neonati di Bombay, Saleem e Shiva, che vengono scambiati volontariamente da un'infermiera colta da un inconsulto e personale moto rivoluzionario, sovvertendone l'ordine stabilito e donando al povero l'esistenza del ricco e viceversa. Ed attraverso la voce narrante di Saleem ripercorriamo la saga trentennale della sua famiglia e le sue tragicomiche vicende contornate di quel realismo magico che lo accomuna agli altri “figli della mezzanotte”, tutti dotati di poteri magici.
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I “figli della mezzanotte” sono i bambini nati il 15 agosto 1947, allo scoccare della mezzanotte: il momento in cui l'India proclamò la propria indipendenza dalla Corona inglese. Tra di loro vi sono anche due neonati di Bombay, Saleem e Shiva, che vengono scambiati volontariamente da un'infermiera colta da un inconsulto e personale moto rivoluzionario, sovvertendone l'ordine stabilito e donando al povero l'esistenza del ricco e viceversa. Ed attraverso la voce narrante di Saleem ripercorriamo la saga trentennale della sua famiglia e le sue tragicomiche vicende contornate di quel realismo magico che lo accomuna agli altri “figli della mezzanotte”, tutti dotati di poteri magici.
Tratto dall'omonimo romanzo, lo stesso autore Salman Rushdie ne condensa le oltre 600 pagine del libro in una sceneggiatura di 2 ore e mezza (forse col termine condensare sono incappato in un eufemismo), smarrendo un po', forse, quella visuale onirica e quel caleidoscopio di personaggi, luoghi e avvenimenti racchiusi nel suo romanzo-fiume. Ma al di là della complessità del testo ad una trasposizione cinematograficamente aderente, rimane la pregevole regia dell'indo-canadese Deepa Mehta che nel contesto ironico e visionario del film non viene meno nel riportare l'incanto e le contraddizioni della sua terra d'origine.
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