pinoalfredo
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giovedì 26 aprile 2012
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ho visto un gran film
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Film ingiustamente trascurato, un autentico cult.
Non sono riuscito a capire dove il film non convince, questo è un appunto che muovo personalmente a Marianna Cappi,
perchè non ha detto dove "NON CONVINCE?
A me è piaciuto in ogni sua sfaccettatura, la mancanza di confronto tra padre e madre per me è ciò che spicca di piu',
Infatti non c'è traccia di consulti psichiatrici.Storie come queste sono vicino a noi piu' di quanto possiamo immaginare.
Nel mio immaginario Kevin è un sociopatico puro, privo di ogni forma di empatia, ma riconosce nella madre qualcosa che gli appartiene.
Performance superba da parte degli attori, diretti magistralmente dalla Ramsey.
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Film ingiustamente trascurato, un autentico cult.
Non sono riuscito a capire dove il film non convince, questo è un appunto che muovo personalmente a Marianna Cappi,
perchè non ha detto dove "NON CONVINCE?
A me è piaciuto in ogni sua sfaccettatura, la mancanza di confronto tra padre e madre per me è ciò che spicca di piu',
Infatti non c'è traccia di consulti psichiatrici.Storie come queste sono vicino a noi piu' di quanto possiamo immaginare.
Nel mio immaginario Kevin è un sociopatico puro, privo di ogni forma di empatia, ma riconosce nella madre qualcosa che gli appartiene.
Performance superba da parte degli attori, diretti magistralmente dalla Ramsey.
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writer58
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venerdì 9 marzo 2012
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era meglio morire da piccoli...
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Sono stato molto indeciso se scrivere una recensione su questo film di Lynne Ramsay che ho visto tre settimane fa. Un film che mi ha colpito e insieme lasciato una forte sensazione di disgusto, di rifiuto istintivo. Forse perché, tra tutte le pellicole che ho visto negli ultimi tempi, è quella più chiusa alla speranza, forse perché la rappresentazione del Male nelle sembianze di un mostruoso adolescente che compie una strage senza alcuna motivazione mi ha provocato un senso di ribrezzo che ha prosciugato il desiderio di scrivere.
Kevin, prima di diventare un serial killer minorenne, è stato un neonato che piangeva ininterrottamente e poi un bambino di sei o sette anni che se la faceva addosso per fare infuriare la madre.
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Sono stato molto indeciso se scrivere una recensione su questo film di Lynne Ramsay che ho visto tre settimane fa. Un film che mi ha colpito e insieme lasciato una forte sensazione di disgusto, di rifiuto istintivo. Forse perché, tra tutte le pellicole che ho visto negli ultimi tempi, è quella più chiusa alla speranza, forse perché la rappresentazione del Male nelle sembianze di un mostruoso adolescente che compie una strage senza alcuna motivazione mi ha provocato un senso di ribrezzo che ha prosciugato il desiderio di scrivere.
Kevin, prima di diventare un serial killer minorenne, è stato un neonato che piangeva ininterrottamente e poi un bambino di sei o sette anni che se la faceva addosso per fare infuriare la madre. La madre - interpretata da un'eccellente Tilda Swinton- è perennemente in bilico tra le necessità di accudimento del figlio e il desiderio di eliminarlo dal proprio orizzonte di vita. E' fondamentalmente anaffettiva, incapace di slanci, odia il bambino che ha messo al mondo e prova sensazioni di colpa che la costringono ad avvicinamenti sempre frustrati da Kevin. Il padre sembra non accorgersi di nulla, ha un rapporto cordiale con il figlio, anche dopo che questi ha accecato la sorella minore, gli regala un arco professionale e delle frecce che Kevin utilizzerà per compiere, qualche giorno prima del suo sedicesimo compleanno, un massacro in famiglia e a scuola.
"E ora parliamo di Kevin" è un film molto curato e denso di simbolismi. il montaggio rimescola le sequenze temporali e il colore rosso, che richiama il sangue, è dappertutto. Tuttavia, la cura formale della confezione fa da contrappunto a una freddezza emozionale deliberatamente esibita e decisamente disturbante.
Il film sembra sostenere la tesi che la malvagità, le peggiori aberrazioni nascono da contesti quotidiani ordinari, soprattutto se sono segnati da un deserto di relazioni e di senso. Alcune vicende di cronaca (dal massacro di Novi Ligure al caso di Pietro Maso) sembrano confermare questa ipotesi, anche se da un'opera di fiction ci si aspetterebbe una rielaborazione narrativa meno manichea e più sfumata.
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big85
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martedì 13 marzo 2012
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il fascino del male
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Un film difficile sia per visione che per ascolto.
Le immagini forti, marcate sempre da qualcosa di rosso nell'inquadratura, il suono curatissimo per dare l'impressione di essere in un film horror angoscioso e l'aspetto etereo della bravissima Tilda Swinton, rendono il film morbosamente attraente.
La scena iniziale è un'orgia propiziatoria di cui il frutto è l'emblema del male: Kevin.
Kevin è una figura ambigua, è pura malvagità senza motivazioni. E' un bambino arrabbiato, dispettoso e intelligentissimo; è un'adolescente freddo, calcolatore e spietato. Ogni sua mossa ogni sua parola, sin dalla primissa infanzia (!) è votata per portare a termine un piano folle che forse preparava da sempre.
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Un film difficile sia per visione che per ascolto.
Le immagini forti, marcate sempre da qualcosa di rosso nell'inquadratura, il suono curatissimo per dare l'impressione di essere in un film horror angoscioso e l'aspetto etereo della bravissima Tilda Swinton, rendono il film morbosamente attraente.
La scena iniziale è un'orgia propiziatoria di cui il frutto è l'emblema del male: Kevin.
Kevin è una figura ambigua, è pura malvagità senza motivazioni. E' un bambino arrabbiato, dispettoso e intelligentissimo; è un'adolescente freddo, calcolatore e spietato. Ogni sua mossa ogni sua parola, sin dalla primissa infanzia (!) è votata per portare a termine un piano folle che forse preparava da sempre.
La lotta psicologica cui assisstiamo della madre è di quelle laceranti: una gravidanza indesiderata, un figlio odioso e un'incomunicabilità col marito rendono la figura di Tilda Swinton molto interessante e ambigua fino alla fine. Ama o odia suo figlio?
Per tutto il film assistiamo ad un'aggressività inspiegata fino a quando arriva il colpo finale ed assisstiamo ad un barlume di umanità e di pentimento sul volto di Kevin.
Consigliato da Big!
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[+] la malvagità
(di arnauld)
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numenoreano
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sabato 18 febbraio 2012
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... e ora parliamo della maternità
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voto 3,5 su 5
…E ora parliamo di Kevin è un film che, a parer mio, ha diversi buoni motivi per esistere ed essere visto ed alcuni per venire, infine, parzialmente ridimensionato.
Mi sono presentato al cinema avendo letto in suo proposito una recensione pubblicata su Nocturno, dove tale A. Nazzaro lo definiva “il fratellino autoriale de L’innocenza del diavolo con Macaulay Culkin”. Bhe, la prima cosa che ho pensato una volta partiti i titoli di coda è stata che verrebbe più facile trovarci punti in comune con Brood – La covata malefica (comunque estremamente pochi) che non con quel film.
Sui motivi per andarlo a vedere:
Ha il pregio, destreggiandosi attraverso particolari di trama e risvolti finali già battuti per esempio da Van Sant, di riuscire a distaccarsene completamente provando invece ad interrogarsi sul delicato tema della maternità e del suo essere, molto più che il matrimonio, “in salute ed in malattia” e, soprattutto, decisamente più forte del “finchè morte non vi separi”.
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voto 3,5 su 5
…E ora parliamo di Kevin è un film che, a parer mio, ha diversi buoni motivi per esistere ed essere visto ed alcuni per venire, infine, parzialmente ridimensionato.
Mi sono presentato al cinema avendo letto in suo proposito una recensione pubblicata su Nocturno, dove tale A. Nazzaro lo definiva “il fratellino autoriale de L’innocenza del diavolo con Macaulay Culkin”. Bhe, la prima cosa che ho pensato una volta partiti i titoli di coda è stata che verrebbe più facile trovarci punti in comune con Brood – La covata malefica (comunque estremamente pochi) che non con quel film.
Sui motivi per andarlo a vedere:
Ha il pregio, destreggiandosi attraverso particolari di trama e risvolti finali già battuti per esempio da Van Sant, di riuscire a distaccarsene completamente provando invece ad interrogarsi sul delicato tema della maternità e del suo essere, molto più che il matrimonio, “in salute ed in malattia” e, soprattutto, decisamente più forte del “finchè morte non vi separi”.
E’, quello della madre, secondo la Ramsay un compito estremamente delicato in cui tutte le cose fatte/dette - ed in ugual modo quelle non fatte/non dette – possono influenzare il carattere e la vita di un figlio. Come in Paranoid Park di Van Sant si cerca di capire in continuazione quante siano le colpe, in merito alla deriva finale, del genitore e del figlio, del DNA (“chissà a chi somiglio?”), della società (qui molto meno). Come in Elephant,sempredi Van Sant, è possibile che anche la mancanza di colpe ed il non esserci un motivo se non la banale quotidianità possa influire sul disastro in stile massacro della Columbine (come prova a suggerire il bravo protagonista in un video di provocazione in cui espone quanto sia banale e ripetitiva la vita dei genitori e delle persone che stanno davanti alla tv).
Ancora, di Elephant ci sono alcuni altri particolari come l’ambito scolastico della tragedia e l’indugiare di continuo su un colore per suggerire un’ossessione, un avvenimento o uno stato d’animo: qui il rosso strage (a volte il pomodoro, altre la marmellata, la vernice, la maglietta di Kevin); di là il giallo che ha simbologia di possibile pericolo (per es. semaforo giallo, bandiera gialla, codice giallo).
Sui motivi per ridimensionarlo (parzialmente):
Non i particolari presi singolarmente, ma la sua indecisione di genere, o filologica.
Indecisione sull’essere a tratti un sobrio thriller psicologico, a tratti un horror vacui in cui qualsiasi cosa ragionevole si faccia il risultato è inevitabile e soprattutto sconosciuto, alieno. Tanto quanto alieno sembra essere un lattante capace, ancora molto piccolo, di rancori degni di un carattere adulto.
Come se la mente di un bambino fosse decisa, costante, fredda e del tutto spoglia di istinti verso le emozioni: paura, gioia.
Sarebbe più concesso in un horror. Ma questo film non lo è ed è apprezzabile che non lo sia.
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filippo catani
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giovedì 2 maggio 2013
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un film struggente con una grande swindon
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Una giovane coppia decide di trasferirsi da New York in un tranquillo paese di campagna per poter meglio crescere il proprio figlio. A fare il sacrificio maggiore è la madre che lascia controvoglia il lavoro e la città che ama. Crescere questo figlio si rivela però un dolore senza fine in quanto chiuso in se stesso e scontroso. Purtroppo giunto all'età di 16 anni il ragazzo si renderà protagonista di una strage che getterà lui e la madre nell'abisso.
Un film decisamente duro come il granito e capace di colpire le emozioni più profonde dello spettatore maschile ma anche e in special modo del pubblico femminile. Tutto il film è infatti un lunghissimo flashback con qualche puntata sul presente.
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Una giovane coppia decide di trasferirsi da New York in un tranquillo paese di campagna per poter meglio crescere il proprio figlio. A fare il sacrificio maggiore è la madre che lascia controvoglia il lavoro e la città che ama. Crescere questo figlio si rivela però un dolore senza fine in quanto chiuso in se stesso e scontroso. Purtroppo giunto all'età di 16 anni il ragazzo si renderà protagonista di una strage che getterà lui e la madre nell'abisso.
Un film decisamente duro come il granito e capace di colpire le emozioni più profonde dello spettatore maschile ma anche e in special modo del pubblico femminile. Tutto il film è infatti un lunghissimo flashback con qualche puntata sul presente. Ed è proprio la madre a fare nella propria mente questo drammatico flashback per cercare di risalire alle radici di quel rapporto così difficile con il figlio fin da quando era in fasce e non smetteva mai di piangere o si rifiutava di parlare e dire la parola mamma. La donna inoltre è chiaramente angosciata dalla domanda che non potrà che perseguitarla per sempre: perchè hai fatto tutto questo?. Ci pensa continuamente anche perchè mentre il figlio è in prigione, lei deve subire le angherie della cittadina dove abita: l'indifferenza dei vicini, la casa imbrattata di vernice così come la macchina e addirittura fare la spesa diventa un vero calvario (terribile la scena in cui la protagonista prima di accedere ai vari reparti scorge di nascosto per vedere se ci siano persone). Per non farsi mancare niente è addirittura vittima di una aggressione in pieno giorno. Una donna sola, dilaniata, respinta da tutto e da tutti e ridotta a mangiare un toast con un bicchiere di vino a Natale e che ha come unico riferimento un figlio che le parla a malapena durante le visite in carcere. Un dramma diretto da una donna con maestria ma che ha in Tilda Swindon uno se non il suo principale punto di forza; l'attrice infatti si cala perfettamente in una parte a dir poco dolorosa sia per il tema che viene esplorato sia per l'orrore che è costretta a vedere. Fin da quando il bimbo era piccolo non ci sono stati che contrasti con un figlio che da adolescente invece che collezionare fumetti collezionava virus per computer. Eppure nella sua terribile furia omicida il ragazzo decide di salvare proprio quella madre che non faceva altro che disprezzare. Certo il film chiama anche a riflettere su quella che è una terribile dinamica con la quale la società statunitense si trova ciclicamente a fare i conti e cioè le stragi perpetuate a scuola da ragazzi con evidenti problemi. Insomma un film potente che avrebbe meritato maggiori riconoscimenti specialmente per la Swindon forse nel suo miglior ruolo di sempre.
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il saggio
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sabato 18 febbraio 2012
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la verita' e' senza motivo
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Subito dopo Shame arriva nelle sale un'altro piccolo capolavoro non solo di cinema ma anche di vita vera.Il titolo lo si può benissimo girare a noi stessi...E ora parliamo di...!Il regista ci prende la mano e ci porta a percorrere insieme alla protagonista(dal titolo sembrerebbe kevin ma è di chi parla che in effetti stiamo parlando)una strada piena di pericoli e difficoltà che è quella dell'autoanalisi-autogiudizio...insomma del vero e propio ESAME DI COSCIENZA.Ebbene sì..convinti che siamo gli unici registi della nostra vita ci sentiamo anche fautori della vita di chi ci stà vicino...in effetti tutto il film è un vedersi allo specchio della protagonista per capire se noi esseri umani siamo responsabili delle scelte dei nostri simili.
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Subito dopo Shame arriva nelle sale un'altro piccolo capolavoro non solo di cinema ma anche di vita vera.Il titolo lo si può benissimo girare a noi stessi...E ora parliamo di...!Il regista ci prende la mano e ci porta a percorrere insieme alla protagonista(dal titolo sembrerebbe kevin ma è di chi parla che in effetti stiamo parlando)una strada piena di pericoli e difficoltà che è quella dell'autoanalisi-autogiudizio...insomma del vero e propio ESAME DI COSCIENZA.Ebbene sì..convinti che siamo gli unici registi della nostra vita ci sentiamo anche fautori della vita di chi ci stà vicino...in effetti tutto il film è un vedersi allo specchio della protagonista per capire se noi esseri umani siamo responsabili delle scelte dei nostri simili.Ogni essere umano ha il suo ruolo(anche più di uno) su questo pianeta:una donna è allo stesso tempo una mamma,una moglie,una sorella etc...ma quello che probabilmente la razza umana non riesce a capire bene è che il proprio ruolo è tale a prescindere i ruoli e le azioni degli altri.La protagonista,invece,accetta il suo ruolo di mamma sin dall'inizio andando contro la vuotezza e la cattiveria del figlio.La prima inquadratura è un totale su una folla sporca di salsa di pomodoro(probabilmente una festa tipica spagnola)dove il rosso è il principale conduttore della vita di lei(passione libertà etc) mentre l'ultima inquadratura è il bianco della luce esterna al penitenziario che detiene kevin.Questo percorso dal rosso al bianco non è una strada di redenzione della protagonista ma è semplicemente un cercare di far luce dentro se stessa per trovare un po di pace(le cose vanno come vanno senza motivi...l'esistere delle cose è il motivo stesso).Sembra che nel finale la trovi, perchè arriva a capire che il suo dovere di mamma lo ha sempre fatto e più di tutti e più del figlio stesso ha capito i sentimenti di kevin.Musiche coinvolgenti,montaggio frenetico,accattivante e spossante,recitazione degli attori più che convincente.Un'opera da non perdere e da vedere assolutamente al cinema e non in tv.
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(di pinoalfredo)
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amicinema
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sabato 25 febbraio 2012
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una pressa che ti schiaccia forte il cuore
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Guardare questo film e’ come avere una pressa che ti schiaccia forte il cuore e ti toglie letteralmente il respiro. Kevin e’ il prodotto di un mondo irrazionale e privo di senso, nel quale i sentimenti umani non hanno nessun valore e le persone sono in un perenne stato di incomunicabilità (tutti i personaggi del film non riescono e non vogliono cercare di capire gli altri).
Eva porta addosso la colpa (quasi universale) di aver generato il Male e non riesce mai ad avere quella spiegazione del comportamento del figlio (anche contorta e negativa che possa essere) che potrebbe dare senso ed ordine razionale al suo mondo frammentato.
Quest’anno penso che le ottime interpretazioni femminili si sprechino e Tilda Swinton è pari per me alla Streep e alla Close, interpretando magistralmente Eva, persa per sempre in uno stato continuo di allucinazione, non avendo le forze mentali di poter comprendere l’enormità del male che ha davanti.
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Guardare questo film e’ come avere una pressa che ti schiaccia forte il cuore e ti toglie letteralmente il respiro. Kevin e’ il prodotto di un mondo irrazionale e privo di senso, nel quale i sentimenti umani non hanno nessun valore e le persone sono in un perenne stato di incomunicabilità (tutti i personaggi del film non riescono e non vogliono cercare di capire gli altri).
Eva porta addosso la colpa (quasi universale) di aver generato il Male e non riesce mai ad avere quella spiegazione del comportamento del figlio (anche contorta e negativa che possa essere) che potrebbe dare senso ed ordine razionale al suo mondo frammentato.
Quest’anno penso che le ottime interpretazioni femminili si sprechino e Tilda Swinton è pari per me alla Streep e alla Close, interpretando magistralmente Eva, persa per sempre in uno stato continuo di allucinazione, non avendo le forze mentali di poter comprendere l’enormità del male che ha davanti.
Brava anche la regista, con la scelta di colorare di rosso (nelle luci, negli oggetti, nei liquidi) tutte le scene del film.
Tranne il finale dove un bianco accecante ci porta alla conclusione della pellicola.
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tanus78
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mercoledì 24 ottobre 2012
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bello e intenso
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Ottimo film che affronta il tema degli adoloscenti inquieti che pianificano stragi. Il tema è ostico ma non importa perché si tratta di un'opera decisamente ben fatta. Una gigantesca Tilda Swinton domina su ogni attimo gravida di dolore e smarrimento.
Da vedere.
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kondor17
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sabato 7 marzo 2015
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un figlio non voluto. il mestiere di genitore.
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Nel micro- e macrocosmo tutto è connesso, anche il pensiero, le sensazioni e le emozioni. Il problema è semmai riuscirlo a percepire ed esserne consapevoli.
La madre, in questa storia, fa da bravina il suo dovere, ma controvoglia, rifiutando sia la gravidanza, che la provincia, che la perdita del lavoro. Già in età "sciente", dice poi a Kevin che era felice solo prima che lui nascesse. Gravi errori, che saranno poi fatali.
E lui non è il demone né il maligno: è un bambino qualunque, dolcissimo col padre, ma incazzato nero con la madre, che lo ha rifiutato già di principio. E tutta la vita medita vendetta, distruggendo chirurgicamente l'esistenza e gli affetti di chi l'ha messo al mondo e respinto.
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Nel micro- e macrocosmo tutto è connesso, anche il pensiero, le sensazioni e le emozioni. Il problema è semmai riuscirlo a percepire ed esserne consapevoli.
La madre, in questa storia, fa da bravina il suo dovere, ma controvoglia, rifiutando sia la gravidanza, che la provincia, che la perdita del lavoro. Già in età "sciente", dice poi a Kevin che era felice solo prima che lui nascesse. Gravi errori, che saranno poi fatali.
E lui non è il demone né il maligno: è un bambino qualunque, dolcissimo col padre, ma incazzato nero con la madre, che lo ha rifiutato già di principio. E tutta la vita medita vendetta, distruggendo chirurgicamente l'esistenza e gli affetti di chi l'ha messo al mondo e respinto. Sono sinergie, risonanze fatte di osmosi, di permeabilità, che il neonato percepisce già in fase embrionale, se non staminale.
Nessun bambino può essere incolpato per questo e mettere al mondo un figlio senza amore o desiderio può portare a sviluppi inaspettati e drammatici. La cronaca ce lo insegna e la "giustizia" può ben poco, come pure la società. Quale punizione è maggiore di un inferno in terra? Quale prevenzione è possibile per chi venera il secondo emendamento e manda bidelli e insegnanti armati a scuola, con a casa le pistole nei cassetti?
Film potente ed esteticamente raffinato. Un autentico pugno sullo stomaco con ottimi attori, a parte il Kevin bambino, un pò troppo cattivo per quell'età. E cattivo poi non è, lo diventa consapevolmente, per poi redimersi alla soglia dei 18, nella scena finale del l'abbraccio con la madre: i due superstiti al massacro.
Voto 9
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(di arual66)
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lisadp
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lunedì 22 luglio 2013
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l'angoscia della perfezione
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Con un cast che prevede Tilda Swinton ed Ezra Miller non ci si può che aspettare grandi cose. E con nun film come E ora parliamo di Kevin, non si può che riceverle tutte, queste grandi cose.
Con un tema tanto complicato e delicato, far funzionare le cose non è una semplice impresa, eppure il regista, grazie anche a delle interpretazioni davvero magnifiche, si potrebbe osare a dire perfette, riesce a raccontare questa storia, la storia di un disagio, di un dolore, di un'angoscia, di una prigionia.
Il film racconta di questo difficile rapporto tra madre e figlio, dove fin da piccolo Kevin ha provato una sorta di odio quasi sadico nei confronti della madre, che non entusiasta di aver avuto un figlio, non sa nemmeno da dove cominciare a migliorare le cose.
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Con un cast che prevede Tilda Swinton ed Ezra Miller non ci si può che aspettare grandi cose. E con nun film come E ora parliamo di Kevin, non si può che riceverle tutte, queste grandi cose.
Con un tema tanto complicato e delicato, far funzionare le cose non è una semplice impresa, eppure il regista, grazie anche a delle interpretazioni davvero magnifiche, si potrebbe osare a dire perfette, riesce a raccontare questa storia, la storia di un disagio, di un dolore, di un'angoscia, di una prigionia.
Il film racconta di questo difficile rapporto tra madre e figlio, dove fin da piccolo Kevin ha provato una sorta di odio quasi sadico nei confronti della madre, che non entusiasta di aver avuto un figlio, non sa nemmeno da dove cominciare a migliorare le cose. Per sfociare in un'atto decisivo ed irreparabile che Kevin compie quasi per dispetto e per finirecon un finale che non lascia solo a bocca aperta, ma lascia nello spettatore una sorta di strana angoscia che non fa che dare da pensare: sarà giusto?
Una grandissima nota di lode va al montaggio del film che sa far stare sulle spine gli spettatori fino all'ultimo, che anche se hanno ormai intuito lascia spazio alla speranza. Le scene sono incredibilmente coinvolgenti e frustranti e sanno descrivere emozioni con azioni ed immagini in modo fantastico, prima fra tutte la scena in cui la Swinton mangia le sue uova scartando i pezzi di guscio che le restano in bocca, altamente insoddisfacente ed ansiosa come cena, sinonimo di una vita altrettanto appesa ad un filo.
Una sceneggiatura che racconta lo stretto necessario poichè non c'è nulla da dirsi nel film se non questo, perchè questa è la vita dei protagonisti: fanno lo stretto necessario per assicurarsi una vita.
Questo è un film di cui le persone dovrebbero discutere, un film da poter tirare fuori tra dieci anni e più senza che nessuno l'abbia dimenticato, un film da non sottovalutare. E non dimentichiamoci l'abbraccio, quell'abbraccio che sa far chiudere lo stomaco e strozzare l'aria nei polmoni per quanto sa essere terribile e bellissimo allo stesso tempo.
Questo è quello che si può definire un gran film.
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