The Gerber Syndrome: Il contagio |
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Un film di Maxi Dejoie.
Con Valentina Bartolo, Elisabetta Fischer, Pia Lanciotti, Nicola Marchitiello, Anna Nevander.
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Titolo originale The Gerber Syndrome.
Horror,
durata 88 min.
- Italia 2011.
- Videa
MYMONETRO
The Gerber Syndrome: Il contagio
valutazione media:
2,94
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Pochi mezzi, tante buone idee e un grande assentedi LukeMC67Feedback: 943 |
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martedì 16 aprile 2013 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Non è uno zombie-movie né un horror in senso stretto: in questo senso deluderà senz'altro i fans del genere; l'autore invece decide intelligentemente di concentrarsi sulla parte più emotiva rappresentata dalle reazioni al contatto con la malattia. Reazioni individuali, collettive e mass-mediatiche. Se è innegabile l'influenza del primissimo Cronenberg, di Deodato, dello stesso Romero, ma anche di una pellicola maledetta come "C'est arrivé près de chez vous" e, soprattutto, del "Blair Witch Project" e di "Rec", il film presenta tutti i suoi limiti non nella scarsezza di budget (che, anzi, ne rappresenta il punto di forza!), né tantomeno nel brillante gioco attoriale o nella eccellente fotografia "simil-televisivo-amatoriale", bensì proprio nella limitatezza nel quale viene segregato il ruolo della troupe televisiva. I citati film belga, americano e quello spagnolo, anzi, giocavano sull'ambiguità della presenza televisiva e sul loro finale coinvolgimento, riuscendo così a confezionare prodotti disturbanti e molto critici sul ruolo del pubblico e dei media, e in particolare del media televisivo. In quest'opera, invece, resta incompiuto e indefinito proprio il personaggio principale: la troupe. In questo modo finisce con l'apparire artificioso l'intero (ottimo) lavoro artistico sullo stile del "mocumentary" facendolo sembrare un vuoto esercizio di stile. Peccato davvero perché gli spunti e l'accuratezza della messa in scena meritavano un prodotto magari meno perfetto tecnicamente ma più "ruvido" e inconsueto artisticamente. Cmq un'ottima prova di Maxi Dejoie che speriamo affini ulteriormente la parte artistica senza inaridirla nel perfezionismo e nel sensazionalismo tecnico-estetico, lavorando invece meglio sui personaggi e sulla sceneggiatura.
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