lukemc67
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martedì 16 aprile 2013
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pochi mezzi, tante buone idee e un grande assente
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Non è uno zombie-movie né un horror in senso stretto: in questo senso deluderà senz'altro i fans del genere; l'autore invece decide intelligentemente di concentrarsi sulla parte più emotiva rappresentata dalle reazioni al contatto con la malattia. Reazioni individuali, collettive e mass-mediatiche. Se è innegabile l'influenza del primissimo Cronenberg, di Deodato, dello stesso Romero, ma anche di una pellicola maledetta come "C'est arrivé près de chez vous" e, soprattutto, del "Blair Witch Project" e di "Rec", il film presenta tutti i suoi limiti non nella scarsezza di budget (che, anzi, ne rappresenta il punto di forza!), né tantomeno nel brillante gioco attoriale o nella eccellente fotografia "simil-televisivo-amatoriale", bensì proprio nella limitatezza nel quale viene segregato il ruolo della troupe televisiva.
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Non è uno zombie-movie né un horror in senso stretto: in questo senso deluderà senz'altro i fans del genere; l'autore invece decide intelligentemente di concentrarsi sulla parte più emotiva rappresentata dalle reazioni al contatto con la malattia. Reazioni individuali, collettive e mass-mediatiche. Se è innegabile l'influenza del primissimo Cronenberg, di Deodato, dello stesso Romero, ma anche di una pellicola maledetta come "C'est arrivé près de chez vous" e, soprattutto, del "Blair Witch Project" e di "Rec", il film presenta tutti i suoi limiti non nella scarsezza di budget (che, anzi, ne rappresenta il punto di forza!), né tantomeno nel brillante gioco attoriale o nella eccellente fotografia "simil-televisivo-amatoriale", bensì proprio nella limitatezza nel quale viene segregato il ruolo della troupe televisiva. I citati film belga, americano e quello spagnolo, anzi, giocavano sull'ambiguità della presenza televisiva e sul loro finale coinvolgimento, riuscendo così a confezionare prodotti disturbanti e molto critici sul ruolo del pubblico e dei media, e in particolare del media televisivo. In quest'opera, invece, resta incompiuto e indefinito proprio il personaggio principale: la troupe. In questo modo finisce con l'apparire artificioso l'intero (ottimo) lavoro artistico sullo stile del "mocumentary" facendolo sembrare un vuoto esercizio di stile. Peccato davvero perché gli spunti e l'accuratezza della messa in scena meritavano un prodotto magari meno perfetto tecnicamente ma più "ruvido" e inconsueto artisticamente. Cmq un'ottima prova di Maxi Dejoie che speriamo affini ulteriormente la parte artistica senza inaridirla nel perfezionismo e nel sensazionalismo tecnico-estetico, lavorando invece meglio sui personaggi e sulla sceneggiatura.
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sonoautarchico
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martedì 16 aprile 2013
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e ora qualcosa di completamente diverso...
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Guardando questo film ho pensato: "cosa c'entra con il panorama cinematografico che normalmente registi e produttori italiani ci propinano?". Non si tratta di una commedia nè di un film sulla seconda guerra mondiale o sulla mafia. Non parla di giovani disoccupati in crisi nè di coppie di trentenni con problemi esistenziali. E' un mockumentary, un finto documentario. Un genere davvero inconsueto da queste parti. E questo, per me, è già una cosa notevole. Entrando nel merito, l'opera di Dejoie coinvolge emotivamente fin dal primo minuto anche grazie all'ottima colonna sonora che accompagna in modo preciso l'evolversi della storia. Decisamente molto convincenti gli attori.
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Guardando questo film ho pensato: "cosa c'entra con il panorama cinematografico che normalmente registi e produttori italiani ci propinano?". Non si tratta di una commedia nè di un film sulla seconda guerra mondiale o sulla mafia. Non parla di giovani disoccupati in crisi nè di coppie di trentenni con problemi esistenziali. E' un mockumentary, un finto documentario. Un genere davvero inconsueto da queste parti. E questo, per me, è già una cosa notevole. Entrando nel merito, l'opera di Dejoie coinvolge emotivamente fin dal primo minuto anche grazie all'ottima colonna sonora che accompagna in modo preciso l'evolversi della storia. Decisamente molto convincenti gli attori. In un prodotto di questo tipo è sempre difficile risultare credibili. Una nota di pregio la meritano il dottore (Sax Nicosia) e la ragazza infetta (Valentina Bartolo). Straziante la scena in cui Melissa scopre di essere malata. Non mancano, però, i punti di criticità. La storia non è sicuramente tra le più originali e la carenza di mezzi (alleviata in parte dall'ottimo montaggio) si nota in alcuni momenti che avrebbero potuto essere sviluppati meglio. La cattura dell'infetto e la rissa fuori dal locale notturno sono un po' tirate per i capelli. Credo che un lavoro più attento sulla sceneggiatura avrebbe reso questo film quasi perfetto. Detto questo, si capisce che Dejoie, pur essendo alla sua prima esperienza, ha una buona padronanza del mezzo tecnico e una capacità visiva notevole. Sicuramente un prodotto esportabile, a differenza di molti altri, magari prodotti con mezzi infinitamente superiori. Per tutti questi motivi, mi sento di dover fare i complimenti al regista (ma anche ai produttori) che ha voluto confrontarsi con qualcosa di completamente diverso. Speriamo che la piccola fiammella che ha acceso questo film riporti il cinema italiano a guardare oltre i propri confini nazionali, come succedeva negli anni 60/70.
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tundercane
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martedì 16 aprile 2013
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ripartiamo da qui
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In questi ultimi anni, in Italia, confrontarsi con il genere è davvero un azzardo, per non dire (a livello produttivo) un salto nel buio. Ci provano da alcuni anni i Manetti Bros e da un po' meno tempo Zampaglione con ottimi risultati. Già, perchè in questo paese un ottimo risultato viene considerato anche solo riuscire a farsi distribuire. Se poi questo film viene anche venduto/distribuito all'estero beh, in questo caso si rasenta il miracolo. Con questi presupposti mi sono armato di tanta pazienza e buone intenzioni e ho affrontato la visione di The Gerber Syndrome...
Devo dire che sono rimasto piacevolmente stupito. Davvero interessante questo film dell'esordiente Maxì Dejoie.
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In questi ultimi anni, in Italia, confrontarsi con il genere è davvero un azzardo, per non dire (a livello produttivo) un salto nel buio. Ci provano da alcuni anni i Manetti Bros e da un po' meno tempo Zampaglione con ottimi risultati. Già, perchè in questo paese un ottimo risultato viene considerato anche solo riuscire a farsi distribuire. Se poi questo film viene anche venduto/distribuito all'estero beh, in questo caso si rasenta il miracolo. Con questi presupposti mi sono armato di tanta pazienza e buone intenzioni e ho affrontato la visione di The Gerber Syndrome...
Devo dire che sono rimasto piacevolmente stupito. Davvero interessante questo film dell'esordiente Maxì Dejoie. Non sembra nemmeno italiano come forma, messa in scena, recitazione e, soprattutto, argomento. L'evidente mancanza di mezzi costringe inevitabilmente l'autore a virare sulle situazioni emotive. Ma, a differenza di altri prodotti ben più blasonati e "costosi" dove l'empatia e la credibilità spesso sono cose sconosciute, in questo piccolo gioiellino ci si emoziona e ci si sente coinvolti dall'inizio alla fine. I componenti della famiglia di cui si parla nel film sembrano tuoi parenti o, quantomeno, amici stretti. Questo è dovuto all'ottima recitazione di tutti gli attori, compreso Luigi Piluso (l'addetto alla sicurezza) che leggo essere alla sua prima apparizione in video. Purtroppo alcune "stonature" ci sono come ad esempio i momenti del talk show televisivo e alcune scene di massa che potevano essere realizzate meglio. E poi, a onor del vero, la storia non è delle più originali. Però è qualcosa di diverso, che osa, che vuole fin da subito confrontarsi con il mercato estero. Ed è questo che rende il film ottimo e da vedere assolutamente. Perchè potrebbe essere una piacevole visione per il pubblico e una rigorosa raccomandazione per quei pochi produttori italiani che ancora investono. Si può uscire dai confini italiani, basta volerlo. Voto 8
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winstonrosse
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mercoledì 17 aprile 2013
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film interessante ma la sceneggiatura è debole
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Mi sono sempre piaciuti gli horror e l'altra sera, allettato dall'anteprima di mymovies, ho deciso di guardare questo film italiano (?) di cui da un po' di tempo sentivo parlare in rete. Più che altro perchè tra me e me ho pensato: "toh, un film indipendente che viene distribuito! vediamo se ne vale la pena".
Sapevo che si trattava di un mockumentary ma mi aspettavo qualcosa sul genere di Rec o al massimo Paranormal Activity. Invece, gradita sorpresa, scopro che il film è un vero e proprio (finto) documentario. Talmente realistico che a tratti ho pensato che alcune situazioni riportate fossero vere. La tematica del virus che contagia l'umanità è vista e stravista, questo è vero, però qui vengono approfonditi alcuni aspetti originali: la scoperta, il successivo dramma e la lotta alla malattia all'interno di una famiglia.
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Mi sono sempre piaciuti gli horror e l'altra sera, allettato dall'anteprima di mymovies, ho deciso di guardare questo film italiano (?) di cui da un po' di tempo sentivo parlare in rete. Più che altro perchè tra me e me ho pensato: "toh, un film indipendente che viene distribuito! vediamo se ne vale la pena".
Sapevo che si trattava di un mockumentary ma mi aspettavo qualcosa sul genere di Rec o al massimo Paranormal Activity. Invece, gradita sorpresa, scopro che il film è un vero e proprio (finto) documentario. Talmente realistico che a tratti ho pensato che alcune situazioni riportate fossero vere. La tematica del virus che contagia l'umanità è vista e stravista, questo è vero, però qui vengono approfonditi alcuni aspetti originali: la scoperta, il successivo dramma e la lotta alla malattia all'interno di una famiglia. Tutto il resto (le interviste ai passanti, il vigilante, il centro di quarantena) ruota come un satellite impazzito intorno allo sfortunato nucleo famigliare. Questo secondo me è il punto forte di The Gerber Syndrome. Interessanti anche l'aspetto polemico nei confronti dei media che trattano il virus con superficialità e le figure dei teppisti che vogliono farsi giustizia da soli rastrellando e uccidendo chiunque abbia contratto il virus. Divertente il finto spot con il topo che richiama alla memoria lo spot che lo stato italiano fece uscire in occasione dell'influenza suina. Al di là di questi spunti apprezzabili però, il film manca di una sceneggiatura omogenea e, il alcuni momenti, di ritmo. Non è noioso, questo no, però risulta un po' lento e privo di idee risolutive. Insomma, va bene fare un finto documentario, ma qualche colpo di scena qua e là avrebbe reso questo film migliore. Nel complesso comunque merita un'attenta visione, molto più di certe porcherie prodotte dalle major. Mi permetto di consigliare al regista di lavorare di più sulla sceneggiatura perchè le altre qualità (tecnica, stile) non gli mancano. Gli avrei dato anche 4 stelle se non fosse per le ripetute cadute di ritmo a cui accennavo prima. Comunque 3 stelle se le merita tutte. ;-)
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critichetti
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giovedì 7 aprile 2016
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ci può stare!
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"The Gerber Syndrome" andrebbe visto da tutti quelli che amano la frase "eh,ma gli italiani non sanno fare film horror",perchè se questi individui guardassero il film,credo proprio che si rimangerebbero il loro insano pregiudizio.Però mentirei se dicessi che è perfetto.Innanzitutto nella sceneggiatura,perchè diciamoci la verità:non è nulla di nuovo,in quanto la tematica del virus che trasforma le persone in zombie e il cui contagio è facilissimo e rapido l'abbiamo vista altre centinaia di volte (e non sempre con dei buoni risultati,vero Asylum?Il vostro "Zombie Apocalypse" faceva davvero schifo),quindi la storia non è nulla di nuovo,Anche l'idea dello zombie movie in mockumentary non è nulla di nuovo,basti pensare a "Rec" (anche se,a onor del vero,i due film non hanno poi così tanto in comune).
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"The Gerber Syndrome" andrebbe visto da tutti quelli che amano la frase "eh,ma gli italiani non sanno fare film horror",perchè se questi individui guardassero il film,credo proprio che si rimangerebbero il loro insano pregiudizio.Però mentirei se dicessi che è perfetto.Innanzitutto nella sceneggiatura,perchè diciamoci la verità:non è nulla di nuovo,in quanto la tematica del virus che trasforma le persone in zombie e il cui contagio è facilissimo e rapido l'abbiamo vista altre centinaia di volte (e non sempre con dei buoni risultati,vero Asylum?Il vostro "Zombie Apocalypse" faceva davvero schifo),quindi la storia non è nulla di nuovo,Anche l'idea dello zombie movie in mockumentary non è nulla di nuovo,basti pensare a "Rec" (anche se,a onor del vero,i due film non hanno poi così tanto in comune).Un'altra cosa che ho trovato fastidiosa (anche se è solo una minuzia,ma tant'è) è il nome della malattia che non mi sarebbe dispiaciuto,per rendere più realistico il film,che venisse "italianizzato" in "Il morbo di Gerber" o simili,visto che in Italia siamo abituati a italianizzare i nomi delle malattie (anche se riconosco che questo vuol dire essere troppo fiscali).Ma c'è una cosa che rende il film veramente bello:l'incredibile realismo.La fotografia è un pò sporca (ed essendo per la maggior parte riprese destinate alla televisione ci sta),ma soprattutto la storia,anche se ripeto non è nulla di originale,è resa molto bene e risulta davvero credibile.Inoltre gli attori stessi sono molto bravi a non far sembrare troppo finti i loro racconti e questo non è mai facile.Altra intuizione semplice ma geniale è stato l'nserimento del personaggio del medico che spiega la diffusione del morbo:non solo l'attore è bravo,ma quel che è meglio è che ci sta in pieno:alzi la mano chi ha visto un solo servizio in televisione che parla di malattie in cui non ci sia il dottore speciliasta di turno che ne spiega i sintomi e le cure.E ripeto:essendo un documentario destinato alla tv,è assolutamente perfetto.Il film alla luce di questo meriterebbe le quattro stelle,ma mi sono fermato a tre solo perchè una cosa che non ho gradito (e questa se vogliamo è una pecca più grave delle due sopra citate) gli effetti speciali.Certo,capisco che i soldi erano pochi ed effettivamente per il budget che avevano a disposizione sono anche più o meno decenti,ma si vede che sono finti e rovinano quell'aurea di realismo pazzesco che il film riesce a creare.Ad ogni buon conto spero di rivedere il regista e la sua squadra nuovamente all'opera,magari con una somma a disposizone più cospicua.Se con quattro monete sono riusciti a creare questo film,sono convinto che con più denaro potrebbero fare un vero capolavoro
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