donni romani
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venerdì 25 maggio 2012
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la lunga fuga di una donna fragile
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Premiato al Sudance Festival, da sempre garanzia di qualità, la pellicola di Durkin ci catapulta nell'abisso delle sette in un racconto pieno di mistero e di dolore. La giovane Martha non ha più dato notizie alla famiglia da due anni quando una mattina improvvisamente chiama la sorella e la prega di andarla a prendere. E' sperduta, senza soldi nè valigie, e non vuole raccontare nulla. La sorella la porta con sè in Connecticut dove sta trascorrendo le vacanze con il marito sperando di recuperare i rapporti e capire cosa sia successo, ma le stranezze di Martha e i suoi improvvisi sbalzi d'umore le fanno capire che il trauma subito dalla ragazza è di quelli troppo profondi per essere risolti fra le mura domestiche.
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Premiato al Sudance Festival, da sempre garanzia di qualità, la pellicola di Durkin ci catapulta nell'abisso delle sette in un racconto pieno di mistero e di dolore. La giovane Martha non ha più dato notizie alla famiglia da due anni quando una mattina improvvisamente chiama la sorella e la prega di andarla a prendere. E' sperduta, senza soldi nè valigie, e non vuole raccontare nulla. La sorella la porta con sè in Connecticut dove sta trascorrendo le vacanze con il marito sperando di recuperare i rapporti e capire cosa sia successo, ma le stranezze di Martha e i suoi improvvisi sbalzi d'umore le fanno capire che il trauma subito dalla ragazza è di quelli troppo profondi per essere risolti fra le mura domestiche. E infatti attraverso una serie di flashback scopriremo che Martha, nei due anni in cui è scomparsa, ha vissuto in una fattoria dove un padre padrone ha plagiato tutti alla sua volontà. L'originalità del film sta nel presentare la figura del santone come assolutamente banale e priva di qualsivoglia carisma, cosa che rende ancora più inspiegabile la sua capacità di farsi obbedire in tutto e per tutto trasformando degli esseri umani in fragili appendici della sua volontà. E che ci dice molto sulle creature deboli, perdute e incapaci di trovare una propria strada, ci racconta della solitudine che le spinge ad accettare anche le crudeltà più estreme pur di ricevere in cambio una parvenza di affetto. E' un film che rovescia il punto di vista che di solito si focalizza su chi fonda e comanda nelle sette, scegliendo intelligentemente di parlare dei bisogni e delle paure più che del potere di coercizione, della voglia di essere accettati più che del delirio di onnipotenza. Un film che parla più del cedere che del convincere. Perchè in fondo tutto ciò che Martha chiede è di essere amata e in nome di quell'amore è disposta anche a rinnegare se stessa ed il proprio nome, e non solo metaforicamente, visto che all'interno della comunità le verrà imposto un nuovo nome. Interpreti misurati, lontani a certi eccessi espressivi che si attribuiscono spesso a chi vive un disagio psichico e un'atmosfera tesa e inquietante che accompagna ogni svolta narrativa, fino ad un finale che sconcerta e spiazza ancora una volta.
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filippo catani
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mercoledì 21 agosto 2013
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il dramma delle sette
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USA. Una giovane ragazza scompare per un paio di anni senza lasciare alcuna traccia e senza dare alcuna notizia alla sorella. La giovane infatti, in fuga da se stessa, ha trovato "riparo" presso una fattoria dove vive una comunità all'apparenza egualitaria e benevola ma che vive del carisma del terribile capo della setta. La giovane, sconvolta da questa ennesima esperienza fallimentare, decide di rifugiarsi a casa della sorella.
Ottimo l'esordio alla regia di Durkin giustamente premiato al Soundance per un film coraggioso che affronta la terribile piaga del settarismo; un fenomeno particolarmente diffuso negli USA ma che purtroppo ha gettato radici anche da noi.
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USA. Una giovane ragazza scompare per un paio di anni senza lasciare alcuna traccia e senza dare alcuna notizia alla sorella. La giovane infatti, in fuga da se stessa, ha trovato "riparo" presso una fattoria dove vive una comunità all'apparenza egualitaria e benevola ma che vive del carisma del terribile capo della setta. La giovane, sconvolta da questa ennesima esperienza fallimentare, decide di rifugiarsi a casa della sorella.
Ottimo l'esordio alla regia di Durkin giustamente premiato al Soundance per un film coraggioso che affronta la terribile piaga del settarismo; un fenomeno particolarmente diffuso negli USA ma che purtroppo ha gettato radici anche da noi. Ovviamente il capo carismatico inventa una pseudo dottrina e si circonda di personaggi deboli o veramente bisognosi di aiuto (psicologico non certo di quello di una setta) per poter fare il buono e cattivo tempo. Tutto parte con le solite cose egualitarie come tutto è di tutti sia nei campi che nei vestiti e ovviamente bisogna tagliare ogni comunicazione con il mondo esterno pieno di persone terribili che non hanno ricevuto l'illuminazione. Una volta preso il controllo delle menti, il santone è libero di disporre delle proprie vittime come meglio crede e ovviamente nel caso delle ragazze di stuprarle a più riprese spacciando tale violenza come un atto di purificazione. Agli ospiti della fattoria addirittura viene cambiato il nome che nemmeno a dirlo è scelto dal solito padre padrone. Martha non resiste più specialmente davanti ad atti di violenza gratuita che partono dagli animali per arrivare agli esseri umani e decide di fuggire. La convivenza con la sorella è però difficile non solo per vecchie ruggini tra le due ma soprattutto perchè l'esperienza tragica vissuta da Martha le ha lasciato un pesantissimo fardello psicologico. Naturalmente però la setta non permette che qualche suo membro possa fuggire impunemente e ci si affida allora a quella terribile arma che è la violenza psicologica: la setta continua a controllarti e sa dove sei e tu non puoi sfuggirle e non puoi denunciare ciò che hai visto. Insomma un terrificante e inestricabile ginepraio dal quale si può riemergere con difficoltà. Ottima la prova anche del cast per un film che denuncia e punta il dito contro un fenomeno purtroppo ancora troppo diffuso dove un solo uomo "buono e illuminato" pretende di essere migliore di tutti gli altri esseri umani e attraverso il lavaggio del cervello porta le sue vittime dentro un abisso peggiore di quello dal quale cercavano di scappare.
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fleda
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sabato 9 giugno 2012
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la fuga dalla follia
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Un film asciutto, essenziale e dove i dialoghi scarni ma incisivi sottolineano perfettamente le scene. E sono state proprio le parole ad entrare nella testa di Martha quando viveva in comunità. Parole discrepanti con gli atti, generalmente atroci o di violenta promiscuità. Parole dette dal suo leader che tendevano a giustificare la sua sola e propria libertà in nome di una filosofia alternativa amorale e tendente a sfidare ogni limite che si deve dare una vita nella convivenza civile. Ciò creava una scissione psicotica nella ragazza che da una parte si sentiva presa in considerazione quando probabilmente cercava una sua strada. Ma che dall'altra non poteva accettare l'altissimo prezzo che questo comportava fino al punto di sentirlo fittizio in quanto tradiva la percezione appartenente alla sua intima e sana natura.
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Un film asciutto, essenziale e dove i dialoghi scarni ma incisivi sottolineano perfettamente le scene. E sono state proprio le parole ad entrare nella testa di Martha quando viveva in comunità. Parole discrepanti con gli atti, generalmente atroci o di violenta promiscuità. Parole dette dal suo leader che tendevano a giustificare la sua sola e propria libertà in nome di una filosofia alternativa amorale e tendente a sfidare ogni limite che si deve dare una vita nella convivenza civile. Ciò creava una scissione psicotica nella ragazza che da una parte si sentiva presa in considerazione quando probabilmente cercava una sua strada. Ma che dall'altra non poteva accettare l'altissimo prezzo che questo comportava fino al punto di sentirlo fittizio in quanto tradiva la percezione appartenente alla sua intima e sana natura.
La sua fuga verso la sorella è in realtà una fuga disperata dalla follia che cercava invano un'oasi di pace e di calore.La scena del cameriere è nel film piuttosto enigmatica ma probabilmente significa che in ogni "straniero" tendeva a vedere e/o a proiettare una duplicità insanabile. Attraverso il rapporto sostanzialmente sano con la sorella (veramente ben descritto), la donna riconoscerà di stare male e accetterà di avviarsi in una casa di cura. Il viaggio in macchina verso quest'ultima è magistrale:voci interne ed esterne dissociate stanno ad indicare il carico di demoni che la donna porta con se. Buon film.
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stefano pariani
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giovedì 21 giugno 2012
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smarrimento e inquietudine nell'"altra" america
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Dopo il bellissimo Frozen river e Un gelido inverno, arriva dal Sundance un nuovo film sull'"altra" America, quell'America rurale che affonda le sue radici nella povertà, nello squallore di baracche disperse tra i boschi, negli orrori nascosti che sono il rovescio della medaglia del sogno americano. Martha (Elizabeth Olsen) è un'adolescente fuggita di casa in un momento particolare della sua crescita, tra solitudine e ricerca della propria identità. Si lega ad una setta parareligiosa che vive in una sorta di comune tra i boschi, il cui leader esercita un condizionamento psicologico e sessuale sulle giovani, spingendole, tra le altre cose, a rubare nelle case e ad ucciderne i proprietari.
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Dopo il bellissimo Frozen river e Un gelido inverno, arriva dal Sundance un nuovo film sull'"altra" America, quell'America rurale che affonda le sue radici nella povertà, nello squallore di baracche disperse tra i boschi, negli orrori nascosti che sono il rovescio della medaglia del sogno americano. Martha (Elizabeth Olsen) è un'adolescente fuggita di casa in un momento particolare della sua crescita, tra solitudine e ricerca della propria identità. Si lega ad una setta parareligiosa che vive in una sorta di comune tra i boschi, il cui leader esercita un condizionamento psicologico e sessuale sulle giovani, spingendole, tra le altre cose, a rubare nelle case e ad ucciderne i proprietari. Tutto questo viene ricordato da Martha in vari flashback, perchè la vera storia del film è un'altra: il tentativo della ragazza di reinserirsi in una vita normale, dopo essere scappata dalla setta. Non ci sarà nulla di facile però, perchè nulla può essere come prima: nella bella casa sul lago della sorella maggiore, sposata e borghese, i silenzi di Martha, i suoi sguardi, gli atteggiamenti strani portano inquietudine e sbigottimento nella tranquilla vita dei due coniugi. Se fosse rimasta nella setta, molto probabilmente Martha avrebbe fatto una brutta fine, vittima forse di un suicidio collettivo, ma il suo restare in vita non è meno tragico: le violenze psicologiche subite sono una lama nell'anima che lacera progressivamente e non se ne va. Un'atmosfera di smarrimento quasi surreale pervade il film, come lo sguardo perso della brava Olsen, e lascia in chi lo guarda un senso d'impotenza che si prova quando, pur volendo, non si può aiutare chi sta male. Il finale sospeso è un'inquietudine in più che s'aggiunge e pare non lasciare via di scampo. Un film a tesi, un'opera prima interessante, dallo stile essenziale e asciutto, che rivela le doti di un regista che promette bene.
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felicity
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martedì 3 ottobre 2023
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tra dramma e thriller negli abissi dell''america
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La fuga di Martha è un film arduo, ricco di una tensione emotiva e una caratterizzazione psicologica marcata, che deve molto della sua riuscita sia alla solida, e a tratti geniale, regia di Durkin, sia alla bravura di una sorprendente Elisabeth Olsen.
Molto più spaventoso nella sua drammaticità della maggior parte degli horror moderni, La fuga di Martha si sviluppa progressivamente in un crescendo di tensione emotiva che raggiunge l'apice in alcune scene forti, dove la violenza fisica, ma soprattutto psicologica, esplode in tutta la sua brutalità. E nonostante il sangue sia limitato soltanto a una, intensa, sequenza, sarà lo sguardo della protagonista a tormentarvi anche dopo i titoli di coda.
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La fuga di Martha è un film arduo, ricco di una tensione emotiva e una caratterizzazione psicologica marcata, che deve molto della sua riuscita sia alla solida, e a tratti geniale, regia di Durkin, sia alla bravura di una sorprendente Elisabeth Olsen.
Molto più spaventoso nella sua drammaticità della maggior parte degli horror moderni, La fuga di Martha si sviluppa progressivamente in un crescendo di tensione emotiva che raggiunge l'apice in alcune scene forti, dove la violenza fisica, ma soprattutto psicologica, esplode in tutta la sua brutalità. E nonostante il sangue sia limitato soltanto a una, intensa, sequenza, sarà lo sguardo della protagonista a tormentarvi anche dopo i titoli di coda.
La narrazione si dipana tra il presente e un susseguirsi di flashback, raccontati attraverso l'espediente dei sogni, nei quali Martha ricorda con terrore i due anni bui, dalla sua iniziazione sino alla scalata nei ranghi della comunità, dal rapporto controverso con il leader Patrick (un ottimo John Hawkes) sino alla tragica rapina in cui rimase coinvolta.
Restando sempre in un efficace equilibrio tra dramma e thriller, Durkin confeziona un film non semplice, a tratti eccessivamente morboso, ma mai gratuito o moralista, raccontando un'esperienza estrema che ha, purtroppo, solide fondamenta nella realtà che si tende spesso a ignorare.
Un'opera ambigua e al contempo accattivante, in grado di indagare nelle coscienze e colpire duro lo spettatore.
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felicity
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martedì 3 ottobre 2023
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tra dramma e thriller negli abissi dell''america
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La fuga di Martha è un film arduo, ricco di una tensione emotiva e una caratterizzazione psicologica marcata, che deve molto della sua riuscita sia alla solida, e a tratti geniale, regia di Durkin, sia alla bravura di una sorprendente Elisabeth Olsen.
Molto più spaventoso nella sua drammaticità della maggior parte degli horror moderni, La fuga di Martha si sviluppa progressivamente in un crescendo di tensione emotiva che raggiunge l'apice in alcune scene forti, dove la violenza fisica, ma soprattutto psicologica, esplode in tutta la sua brutalità. E nonostante il sangue sia limitato soltanto a una, intensa, sequenza, sarà lo sguardo della protagonista a tormentarvi anche dopo i titoli di coda.
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La fuga di Martha è un film arduo, ricco di una tensione emotiva e una caratterizzazione psicologica marcata, che deve molto della sua riuscita sia alla solida, e a tratti geniale, regia di Durkin, sia alla bravura di una sorprendente Elisabeth Olsen.
Molto più spaventoso nella sua drammaticità della maggior parte degli horror moderni, La fuga di Martha si sviluppa progressivamente in un crescendo di tensione emotiva che raggiunge l'apice in alcune scene forti, dove la violenza fisica, ma soprattutto psicologica, esplode in tutta la sua brutalità. E nonostante il sangue sia limitato soltanto a una, intensa, sequenza, sarà lo sguardo della protagonista a tormentarvi anche dopo i titoli di coda.
La narrazione si dipana tra il presente e un susseguirsi di flashback, raccontati attraverso l'espediente dei sogni, nei quali Martha ricorda con terrore i due anni bui, dalla sua iniziazione sino alla scalata nei ranghi della comunità, dal rapporto controverso con il leader Patrick (un ottimo John Hawkes) sino alla tragica rapina in cui rimase coinvolta.
Restando sempre in un efficace equilibrio tra dramma e thriller, Durkin confeziona un film non semplice, a tratti eccessivamente morboso, ma mai gratuito o moralista, raccontando un'esperienza estrema che ha, purtroppo, solide fondamenta nella realtà che si tende spesso a ignorare.
Un'opera ambigua e al contempo accattivante, in grado di indagare nelle coscienze e colpire duro lo spettatore.
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gianleo67
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martedì 30 dicembre 2014
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la doppia vita di martha
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Fuggita nottetempo dalla comune hippye governata dall'influenza di un ambiguo leader carismatico, la giovane Martha si rifugia nella casa dove la sorella maggiore Lucy vive insieme al marito. Benchè si sforzi di superare i traumi subiti durante la permanenza nella comunità e ritornare con difficoltà ad una vita normale, inizia a mostrare i segni di un comportamento paranoico che sconvolge la vita della coppia, convincendoli a ricoverarla in un istituto specializzato proprio quando i vecchi compagni di Martha sembrano intenzionati a riportarla indietro.
Uscito nel Gennaio del 2011, in contemporanea con 'Sound of my voice' della premiata ditta Batmanglij-Marling, questo thriller sociologico sul diffuso fenomeno del settarismo yankee dell'esordiente Durkin segna la felice incursione del cinema Indie in quella misconosciuta sottocultura sociale che si sviluppa quale risposta al rigetto per i valori tradizionali della civiltà americana (la famiglia, la religione, il consumismo, il classismo,etc.
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Fuggita nottetempo dalla comune hippye governata dall'influenza di un ambiguo leader carismatico, la giovane Martha si rifugia nella casa dove la sorella maggiore Lucy vive insieme al marito. Benchè si sforzi di superare i traumi subiti durante la permanenza nella comunità e ritornare con difficoltà ad una vita normale, inizia a mostrare i segni di un comportamento paranoico che sconvolge la vita della coppia, convincendoli a ricoverarla in un istituto specializzato proprio quando i vecchi compagni di Martha sembrano intenzionati a riportarla indietro.
Uscito nel Gennaio del 2011, in contemporanea con 'Sound of my voice' della premiata ditta Batmanglij-Marling, questo thriller sociologico sul diffuso fenomeno del settarismo yankee dell'esordiente Durkin segna la felice incursione del cinema Indie in quella misconosciuta sottocultura sociale che si sviluppa quale risposta al rigetto per i valori tradizionali della civiltà americana (la famiglia, la religione, il consumismo, il classismo,etc.) e che spesso degera nel governo autarchico di piccoli tiranni che richiamano attorno a sè un nutrito seguito di adepti adoranti a cui spillare soldi e di giovani vergini di cui approfittare. Partendo dalla sordina della fuga inaspettata e improvvisa di una giovane disadattata, Durkin ricostruisce a ritroso, attraverso l'uso del flashback, una storia di circuizione e di disagio familiare che sta alla base della proliferazione di fenomeni del genere e nello stesso tempo ne indaga con sottile acume psicologico i risvolti legati alla ambivalenza emotiva delle vittime, sospese in una sorta di limbo esistenziale in cui si annichiliscono le sovrastrutture mentali del prima e del dopo, precipitandole nell'incertezza e nel disagio di chi non sa più risconoscersi nell'una o nell'altra identità. Frutto di un lavoro di sottrazione tanto del regista che della brava interprete femminile (una bellissima e istintiva Elizabeth Olsen), il film assume i contorni sospesi della favola morale e nello stesso tempo rimane legato alla credibilità di un realismo sociale entro cui inscrivere le contrapposizioni tra il sistema di vita tradizionale della coppia borghese (la sorella maggiore con ambizioni di maternità ed il cognato brillante imprenditore) e quello dei disadattati che si accampano nell'eremo bucolico di una comunità pseudo-patriarcale (i maschi mangiano prima delle femmine e queste ultime sono sempre condivise) seguendo il rigido disciplinare di una entità chiusa che si autofinanzia attraverso le richieste ai familiari o i proventi di piccoli furti domestici. Nel bellissimo e compiuto titolo originale (sprecato dalla banalità della distribuzione nostrana) il senso di uno smarrimento dell'identità che ci fa chiamare la protagonista con tutti i nomi che il suo percorso di vita gli ha attribuito (Martha è il nome della ragazza, Marcy May quello della nonna, Marlene quello di qualunque ragazza della comunità per chi telefoni da fuori) è che rende lo spaesamento di una personalità scissa, combattuta comè tra il ritorno alla normalità e l'abbandono alla dipendenza della tirannia ('Hai mai provato quella sensazione per cui non sai se una cosa l'hai vissuta o l'hai solo sognata?'). Oltre al già citato 'Sound of my voice' (che pure persegue una certa ambiguità metafica), sulla falsariga delle tematiche sviluppate da 'Martha Marcy May Marlene' insistono nuovamente Batmanglij-Marling (già studiosi 'sul campo' del fenomeno) con il successivo 'The East' (2013), quanto Rebecca Thomas con il suo Electrick Children (2012) che ha come protagonista la bionda e riccioluta Julia Garner che esordisce nello stesso film di Durkin. Premio per la regia al Sundance Film Festival 2011.
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