Scusa ma ti chiamo amore

Per commentare un film come "Scusa ma ti chiamo amore" non è necessario sedersi su una comoda poltroncina di velluto rossa sgranocchiando popcorn.Per fare un film come "Scusa ma ti chiamo amore" non è altrettanto necessario scrivere prima un romanzo, ma è palese che deve chiamarti Federico Moccia ed essere adorato dai "mocciosi".Et voilà, il successo è assicurato. Moccia ha voluto strafare, sostituendo al belloccio Scamarcio il bellone e più maturo Raul Bova, accaparrandosi quella fetta di pubblico che appartiene alle mamme delle tante ragazzine adoranti, in processione per l'acquisto di un biglietto davanti ad un cinema.La storia è banale quanto mai puerile, il solito liet-motiv dell'uomo maturo che perde la testa per la ragazzina con gli occhi da cerbiatta, i dialoghi scontati, le battute prese in prestito dalle cartucce dei baci perugina(quanti ne avrà mangiati Moccia?).Roma fa da sfondo, quella Roma tanto cara al regista, orfana dei lucchetti su Ponte Milvio, quella dei "tre metri sopra il cielo", Roma perbene e perbenista, ma solo all'apparenza, perchè sono tutti borghesotti senza valori. Ed allora è facile , fin troppo, introdurvi la storia d'amore, le paroline dolci, i valori preconfezionati delle moderne generazioni. Uscito in competizione con mostri sacri del cinema, come il capavoloro di Sean Penn, quest'ennesima farsa alla Moccia(potrebbe diventare un piatto tipico romano)resta inesorabilmente aggrappato alle vette della classifica. Il merito? Dei "mocciosi", ca van sa dir.