Scusa ma ti chiamo amore |
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Un film di Federico Moccia.
Con Raoul Bova, Michela Quattrociocche, Veronica Logan, Luca Angeletti.
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Commedia,
durata 105 min.
- Italia 2008.
- Medusa
uscita venerdì 25 gennaio 2008.
MYMONETRO
Scusa ma ti chiamo amore ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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La paura dei fantasmi!
di mariaqFeedback: |
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venerdì 15 febbraio 2008 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Il film può far emozionare, ma anche arrabbiare,dipende dal punto di vista con cui si osserva il film. Le liceali in questo film offrono un'immagine vincente, di chi può far innamorare un uomo bello come Raul, che non devono pagare l'affitto e che vivono per l'amore; e poi c'è Elena, bella, colta, affermata e...disillusa, vive per gli abiti firmati ( per poter offrire un'immagine sociale positiva, seguendo i criteri dei suoi coetanei, gli oltre trenta) e per avere un uomo di successo affianco, non è contemplato in lei il sussulto dell'amore semplice, perché dopo la laurea si cercano sicurezze, non illusioni. Chi ha trent'anni si sente raccontata in questo film come noiosa ed arrivista, è lo scarto tra quella che si è, quella che non si è stata (perché non tutte hanno avuto 2 metri di gambe)e quella che si è stata, con il terrore di diventare una moglie/o compagna noiosa e che i nostri compagni maturi rivolgano lo sguardo verso i cancelli dei licei piuttosto che verso le porte di una chiesa o di un'agenzia immobiliare. Non è poi così lontano dalle esperienze quotidiane delle ragazzine a quanto pare, quindi non capisco perché definirlo irreale o lontano dalla vita vera e poi non mi pare che non ci siano storie tra coetanei andate male o tra trentenni di cui uno sposato. Per quanto mi riguarda mi ha fatto emozionare alcune volte, altre preoccupare, ma un film può essere osservato in molti modi, visto e ascoltato da varie angolature, si può scegliere di andare a casa solo come spettatrici (e in questo caso ci si annoia o addormenta) o interrogarsi su quelle parti di noi che entrano in risonanza con i personaggi, sentendosi quindi parte del film, scegliendo di identificarsi in un personaggio piuttosto che con un altro. E' saltato fuori il discorso "dell'autostima", penso che si possa avere stima si sé come professionista, e nessuna stima come donna, spesso ( non sempre) il rapporto è inversamente proporzionale, più si è brave al lavoro e meno si coltiva l'essere una donna di un certo tipo. Quindi non penso che una laurea possa salvare dal guardarsi dentro (nella porzione della propria femminilità o capacità di farsi amare con leggerezza e passione) e sentire l'eco.
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