Come tu mi vuoi |
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Un film di Volfango De Biasi.
Con Nicolas Vaporidis, Cristiana Capotondi, Giulia Steigerwalt, Elisa Di Eusanio, Paola Carleo.
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Commedia,
durata 107 min.
- Italia 2007.
- Medusa
uscita venerdì 9 novembre 2007.
MYMONETRO
Come tu mi vuoi
valutazione media:
2,23
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Labile e privo d'un rigore utile e necessario.di Great StevenFeedback: |
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martedì 15 luglio 2014 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
COME TU MI VUOI (IT, 2007) diretto da VOLFANGO DE BIASI. Interpretato da CRISTIANA CAPOTONDI – NICOLAS VAPORIDIS – GIULIA STEIGERWALT – ELISA D'EUSANIO – PAOLA CARLEO § Giada è bruttina, occhialuta e brufolosa, molto intelligente e bravissima all’università che frequenta, alla facoltà di scienze della comunicazione. Riccardo è ricco, superficiale, viziato, dongiovanni e asino. Minacciato dal padre che intende impedirgli la vacanza ad Ibiza in mancanza di buoni risultati nello studio, si fa dare ripetizioni da lei, che si presta con riluttanza e malvolentieri al ruolo di insegnante privata. Tra i due nasce una forte passione, che si traduce in amore, ma Giada capisce che piacerebbe di più al suo fidanzato se cambiasse il proprio aspetto fisico. Così, grazie ai consigli di Fiamma, amica di Riccardo che le dà consigli su come migliorarsi e valorizzarsi, diventa una meravigliosa ragazza (almeno fisicamente parlando) ed entra a far parte di quel mondo di frivolezze e pettegolezzi che costituisce la realtà in cui Riccardo e i suoi scialbi ed edonistici amici si muovono. Ma lui non abbandonerà il suo modo menefreghista e inconsistente di vivere, tanto che la relazione con lei vacillerà, finché i due non si riavvicineranno dopo diversi scontri, la bocciatura di lui agli esami universitari e la defezione di lei al rapporto amoroso. Insaccato di sequenze languide, scene debolmente produttive, azioni odiabili e spezzoni pieni fin sopra i capelli di buonismi sbilenchi, è una brutta copia di Notte prima degli esami: stavolta non è più il palcoscenico della scuola superiore e degli esami di maturità, ma si entra nel teatro universitario, dove i voti positivi fioccano da una parte e quelli negativi impregnano l’altra, e il bisogno di integrazione e socializzazione si traduce soprattutto in una becera omologazione al ribasso (diventata carina, Giada non esita un momento a vendersi per quel che c’è di nuovo nella sua esistenza e che vuole arditamente sperimentare). Il basso livello interpretativo degli attori di questo film è figlio di una sceneggiatura malservita, instabile, barcollante e perbenista, che non sfrutta con le dovute maniere la ricchezza che si può trarre da uno studio sociologico sulla mutevolezza e sulla contraddittorietà del mondo giovanile del XXI secolo, tutto popolato da discoteche, musica a palla, droga, esperienze infantilmente eccitanti, esuberanze da scemi, elettronica e informatica a manetta (spesso a spese inutili e infruttuose), comunanze ridicole di interessi e passioni troppo insignificanti e anonimi e insulsaggini che farebbero drizzare i capelli alle generazioni passate che hanno tanto tribolato per costruire ai loro figli una realtà nella quale potessero muoversi senza eccessivi problemi e preoccupazioni. De Biasi non sa dirigere con la dovuta maestria un’opera che poteva assurgere a gioiello di indagine psicologica inghirlandato di analisi approfondite sul comportamento dei giovani nelle complicate e multiformi dimensioni del mondo globalizzato, tra cui non manca la mercificazione del corpo femminile e l’utilizzo abbondante degli stereotipi nella pubblicità, nelle comunicazioni telematiche e nell’immaginario collettivo dei ragazzi. La regia non è sicura e denota una mano malferma nella rappresentazione di un inventario che poteva sicuramente elargire e diffondere da più pori un messaggio di denuncia delle pericolose futilità che vengono gratuitamente appioppate nella vita adolescenziale e dei giovani adulti, anche con lo scopo di veicolare un monito di possibile salvezza per coloro che non vogliono adeguarsi a queste situazioni ben poco gradevoli (nel profondo, non certo in superficie). La Capotondi è bravina e si farà le ossa, ma senza dubbio non ha stile nella scelta dei film da fare, e dovrebbe prediligere opere che si propongono di trattare un tema con la debita serietà e non con la leggerezza atona e distonica che caratterizza questa pellicola, quasi la stessa superficialità che si riscontra nei comportamenti di questi personaggi insopportabili e totalmente negativi. Quindi, in conclusione, un maggior rigore registico e un copione scritto meglio e più particolareggiato avrebbero fatto di Come tu mi vuoi un’opera apprezzabile che non mirerebbe certo a vincere riconoscimenti o a fregiarsi del titolo di capolavoro, ma che si farebbe notare per il vigore e la vitalità stilistici e attirerebbe l’attenzione degli studiosi (non solo di cinema o di sociologia) per la sua pienezza analitica e la sua profonda ambiguità.
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