The Hamiltons |
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Un film di The Butcher Brothers.
Con Cory Knauf, Samuel Child, Joseph McKelheer, Mackenzie Firgens, Rebekah Hoyle.
continua»
Horror,
- USA 2006.
MYMONETRO
The Hamiltons
valutazione media:
2,16
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Questa e' la mia famiglia ed io sono come loro.di Gus da MoscaFeedback: |
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mercoledì 24 giugno 2009 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Un interessante film underground da segnalare agli appassionati di commedie surreali, che cercano black-humor e situazioni grottesche, con squarci inaspettati di dramma esistenziale. Ad una visione superficiale il film sembra spacciare una storiella di vampiri, completamente priva di azione, di splatter e di qualsiasi convenzione marcatamente di genere. Anzi nei momenti in cui ci si aspetta l’applicazione delle classiche “regole” di genere, il film le nega, inventandosi situazioni sicuramente irritanti per chi si aspetta il compiacimento violento. Per questo il film non puo' piacere ai patiti dell'horror-standard, che lo liquidano subito, cosi' come farebbero col bellissimo scandinavo "Lasciami entrare", con lo sconosciuto anglosassone "Mum and Dad" o col clandestino germanico "Otto;or up with dead people" (il primo tutto buttato sul drop-out, il secondo gia' dichiaratamente torture-porn, il terzo di provocatoria porn-exploitation). In "The Hamiltons" sono presenti aspetti dei 3 film citati, in modo estremamente piu' misurato e decisamente soft. I problemi esistenziali di un giovane che non vuole entrare nel mondo adulto "malato" da lui rifiutato, le devianze morbose dei "normalissimi e rispettabili" vicini di casa, la diversita' che e' affermazione di individualita’ e che devia nel crimine, non trovando sbocco nella normalita'. Il tema musicale e’ essenziale, ma adattissimo all’impostazione psicologica del film. La fotografia alterna buone scelte di inquadratura a meno riuscite immagini di interni, che purtroppo evidenziano alcune forzature di recitazione. Come gia’ per altri film indipendenti a bassissimo budget, la realizzazione in full-digital contribuisce senz’altro a ridurre drasticamente i costi, ma esalta l’immaturita’ della regia, a danno di fotografia e luce, con risultati troppo “televisivi”. Usando il full-digital molti registi faticano “a far sembrare” le loro opere stilisticamente dei film. E’ come se la pellicola con la sue caratteristiche “rigide” di luce e colore costringesse automaticamente la regia ad una resa sicuramente “cinematografica”, cosa molto meno “spontanea” con gli strumenti di ripresa elettronica.
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