N (Io e Napoleone) |
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Un film di Paolo Virzì.
Con Daniel Auteuil, Monica Bellucci, Elio Germano, Francesca Inaudi.
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Storico,
durata 110 min.
- Italia, Francia, Spagna 2006.
uscita sabato 14 ottobre 2006.
MYMONETRO
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LA WALTERLOO DI NOIALTRI
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domenica 15 ottobre 2006 | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
In N.( Io e Napoleone) di Paolo Virzi, liberamente ispirato a un romanzo storico di Ernesto Ferrero, la sconfitta di Waterloo è raccontata malinconicamente per lettera da una donna bellissima e ormai sfiorita e l’uomo fatal, nelle cui vicende Manzoni vedeva il segno di un imperscrutabile disegno divino, spira sbeffeggiando le intenzioni tirannicide di un giovanissimo intellettuale assetato di vendetta che arriva a Sant’Elena esattamente il giorno dopo il decesso. Di Napoleone personaggio storico nel lungometraggio si intravede appena un’ombra riflessa in una personalità in chiaroscuro, un individuo enigmatico e sfuggente, facile alle lacrime, presuntuosamente insulso nelle battute di spirito, nostalgico e meditativo, geniale nel captare lo stato d’animo di chi gli sta di fronte, affascinante e perfido con donne e nemici, bambino triste e vergognoso nei ricordi della balia, cinico massacratore di popoli, vanitoso e pieno di sé tanto da volere accanto, come Alessandro Magno, qualcuno che quotidianamente prenda nota delle sue riflessioni. L’incontro fra la Storia, a cui Napoleone/ Auteil dà volto e sguardo luciferini, con la provincia toscana dei quartieri popolari, cara alla filmografia di Virzì (Ovosodo) fa scoccare la scintilla: la mediocrità del microcosmo di Portogruaro all’isola d’Elba si illumina all’arrivo del mitico Corso e autorità e gente comune sperano nell’occasione per realizzare sogni e ambizioni. Ma ancora una volta Virzì privilegia e compiange la generosità e le velleità idealistiche della giovinezza destinate a frantumarsi di fronte alle leggi inviolabili di un mondo adulto rimasto uguale a se stesso nei secoli: il condottiero osannato dalla massa incosciente spiega al protagonista, l’adolescente Martino, aspirante assassino e giustiziere, come le folle di tutti i tempi creino gli idoli per compensare le proprie frustrazioni; l’ amante quarantenne, una Monica Bellucci autenticamente chic nei panni della nobildonna sboccata in un dialetto marchigiano quasi creato ad arte, lo abbandona, giacché il potere vince senza troppa fatica l’amore, soprattutto quando differenze di età e di condizione sociale lo renderebbero irrealizzabile; l’ammirato maestro finisce davanti al plotone d’esecuzione spinto non da astratti fedi bensì dall’odio. Solo i privilegiati o i coraggiosi realizzano nel bene e nel male destini, gli altri vivono di chimere e rimpianti una vita in famiglia pacificamente incolore, mettendo la sordina ai tormenti della passione: sorridiamo così alla goffaggine di Ceccherini e ai rimbrotti della sua buffa innamorata, che paiono omaggi un po’ fuori luogo alla toscanità di maniera di Pieraccioni e compagni, ma per fortuna l’uovo sodo continua ad andare su e giù.
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