Il labirinto del fauno

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Un film di Guillermo Del Toro. Con Sergi López, Maribel Verdú, Ivana Baquero, Doug Jones, Alex Angulo.
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Titolo originale El laberinto del fauno. Horror, durata 112 min. - Messico, Spagna, USA 2006. uscita venerdì 24 novembre 2006. MYMONETRO Il labirinto del fauno * * * - - valutazione media: 3,00 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

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di lafcadio


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mercoledì 21 maggio 2008

Avevo comprato la registrazione di questo film su DVD per farlo vedere a mia figlia, ma, avendolo visto in sua assenza, ho cambiato idea: non è una pellicola per bambini. La locandina, come la pubblicità ne parlano come un genere “fantasy”, ma non è così. Si gioca ambiguamente e NON E’ CORRETTO. Del Toro prende a pretesto uno spaccato storico ben noto: la Spagna del Caudillo. E incentra efficacemente nel capitano Vidal tutte le brutture del regime fascista. Non solo ma coglie e suggerisce anche su quelle Istanze che sono state fin troppo compiacenti a tale regime: la Chiesa e la media e alta borghesia (si veda il prete con le sue battute, a sostegno dell’iniziativa di Vidal, sulla riduzione degli alimenti al popolo perché questi non ne passi una parte ai ribelli al regime; nonché il frasario degli altri commensali). E’ difficile collocare questo lavoro di Del Toro perché è costruito bene ma ambiguo per ciò che attiene la specificità di genere. Ibrida la realtà, ibrido il film che ne rispecchia i parametri? Può darsi. Comunque, la figura di Ofelia scopre gradatamente la durezza della sua quotidianità e per questo trova sostegno nelle storie che trae dai libri che ovunque l’accompagnano. Ma è una fantasia pur specchio di quella determinata realtà e perciò fatta di mostri: in nessun fantasy ho visto fate aventi forme di insetto (ne ho avuto quasi repulsione), così l’anfibio gigantesco, un rospo mi pare, che Ofelia incontra nell’incavo labirintico dell’albero entro cui deve deporre non ricordo bene cosa, la cui viscidità è sintomatica di quello che la fanciulla si trascina dietro e che lì ritrova reificato fantasticamente; lo stesso fauno (Pan), divinità dei boschi e del mondo sotterraneo che le suggerisce la via per tornare nella dimensione di pace e armonia che la curiosità di conoscere gli uomini le hanno fatto abbandonare in un tempo ancestrale, risulta orripilante. Ancestrale perché forse corrisponde a prima della sua venuta al mondo e a cui poi tornerà (la circolarità del film rimanda a questo significato). E l’essere non umano che incontra oltre quel passaggio che la giovinetta ricava da una porta disegnata col gesso in una parete! Più che un tipo da fiaba, corrisponde a un demone infernale o, nel passaggio simbolico, alla violenza del tutto gratuita del mentecatto di turno: produzione becera delle società attuali e propagandata da alcuni film – certo si coniuga bene anche col fascismo.- Ofelia è sola. Lo è sempre stata. Vuole bene alla madre ma Carmen (questo il suo nome) è debole e non riesce a leggere l’animo della fanciulla. La loro comunicazione si basa su cose ovvie, tanto che alla piccola le rimprovera quelle continue letture. Accetta un matrimonio di convenienza perché debole. Un matrimonio che la renderà oltre che vittima di se stessa anche del marito, Vidal, che non perde occasione di umiliarla e farla sentire a lui sottoposta. Anche quando la presenta a quella società in occasione dell’invito a cena, di cui i commensali sopra accennati, non perderà l’occasione per precisare che era prima sposata al suo sarto personale, poi morto al fronte. Questa precisazione la fa espressamente per lei, perché non dimentichi la gratitudine che gli Deve. Del resto, il compiacimento manifestato al fascismo anche dagli strati sociali meno abbienti è comprovato dal fatto che il padre di Ofelia confezionava per Vidal i capi da indossare, come poi la madre lo sposerà in seconde nozze. Aspetti che in chiave di lettura figurata la dicono lunga sul servilismo di cui sopra. L’unico personaggio pensante risulta il medico che, prima di venire ucciso dal capitano, rispondendo allo stesso, indirizza al pubblico un messaggio che mai come OGGI risulta d’effetto: ”Non obbedisco senza prima pensare, come fa lei(Vidal)” Gli stessi ribelli al regime mancano di spessore, sono presenze passive. E’ presente invece la tortura e i ferri attraverso i quali viene praticata: Vidal ne è un esperto. Perchè? Ma proprio perché questa può essere praticata solo da chi è lontano dall’essere strumento di pensiero, nonché essere umano. Sì tutto il contrario; ossia: l’orripilante e il viscido che Ofelia incontra nelle sue tre prove. Tornando ad Ofelia. Il suo personaggio a differenza dell’Alice di Carrol, la quale, attraverso l’avventura del viaggio fantastico, ma mica tanto fantastico!, supera l’imbarazzo del suo corpo(questa l’avventura che Carrol suggerisce coi suoi simboli) e quindi si accetterà in quella fase di crescita, Ofelia rinuncia al suo corpo e quindi alla vita, rinviando a un sogno che non è di questo mondo dove anche il fantastico è costretto a rispecchiare l’orrido. L’immagine che chiude il racconto è l’intimo di Ofelia fatto di purezza e armonia e coincide con un inizio che lei stessa non ricorda ma in cui vuol credere come unica possibilità (non possibilità). E’questo che commuove senza la pretesa di farlo, con una innocenza che non è più nostra. A chiusura mi sovviene forte un pensiero di Leopardi estrapolato dalle “Operette morali”:”Meglio non essere mai che non essere più. Sarà un Nulla maggiore. Più Nulla, ma meno Morte.” E’ quello che, forse, ci suggerisce Ofelia. Meravigliosa la nenia che la governante di Vidal cantava alla fanciulla, colonna sonora del film. Ripeto: la pellicola è discreta, ma non adatta ai bambini e l’ambiguità della locandina va eliminata.

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