Il tempo che resta

Un film di François Ozon. Con Melvil Poupaud, Jeanne Moreau, Valeria Bruni Tedeschi, Daniel Duval, Marie Rivière Titolo originale Le temps qui reste. Drammatico, durata 85 min. - Francia 2005. uscita venerdì 23 giugno 2006. MYMONETRO Il tempo che resta * * * 1/2 - valutazione media: 3,64 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Di Ozon, Wilde e Bergman Valutazione 3 stelle su cinque

di Ditz80


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lunedì 19 aprile 2010

 Penso che ci sia un errore di fondo nell'affrontare la pellicola di Ozon: chi ritiene questo un film sul senso della morte, o un "cancer movie", è fuori strada: più simile a Dorian Gray che ad Antonius Block, a Romain viene affidato il compito di sconfiggere la morte attraverso la bellezza.

Più vicino a Oscar Wilde che a Bergman, Ozon mette al bando qualsiasi simbolismo in favore di una patina visiva e narrativa tanto pulita, limpida e perfetta da rendere davvero troppo disumana l'esperienza degli ultimi giorni di un trentenne. Durante tutto "il tempo che resta" non si fa che assistere a parole prive di qualsiasi umanità, legate a reazioni e personaggi davvero troppo poco verosimili. A partire da un protagonista che apprende di dover morire con l'aplomb che avrei nel trovare una multa sul parabrezza, per proseguire con un padre che parla al figlio delle sue amanti come se fossero gatti e con una cameriera che ferma il primo sconosciuto per chiedergli di essere concepita.
Un giudizio negativo, dunque? Assolutamente no: l'"auto da fe" nei confronti della bellezza consegna alla pellicola un senso innovativo di grande interesse, che però deve essere letto con una chiave di lettura corretta.
Ripercorriamo gli indizi: Romain è un fotografo di moda, che vive di bellezza e non fotografa la sua famiglia perché non sufficientemente "glamour". La cameriera lo sceglie insieme al marito perché entrambi lo trovano "molto bello". La nonna lo avverte: che dorma pure con lei, ma lei dorme nuda. E poi - su tutto - la perfezione formale di Ozon, che distrae tanto da desaturare la disperazione di un momento tanto drammatico.
E' evidente allora: Romain/Ozon intendono sconfiggere la paura della morte giocando la partita a scacchi sul piano estetico, dove sanno di giocare in casa. E' in questo modo che gli ultimi giorni di una vita diventano così formalmente belli da lasciar evaporare il senso di profonda frustrazione che l'argomento implicherebbe. Non esiste una reazione davvero scomposta, non esiste un solo volto terrorizzato. Non una frase spezzata, nessuna normale compassione. Nessuna riflessione su cosa ci attende.
Il tempo che resta viene vissuto nella bellezza, perché la bellezza ci salverà.

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