Bombón - El perro

Fortuna che c'era il cane

Un bellissimo cane, un Dogo argentino di grande ascendenza e valore, potrebbe, materialmente e psicologicamente, salvare la vita di un uomo? In Bombón el perro, il regista argentino Carlos Sorin, al suo quarto film, dice di sě. Sorin ama gli attori non professionisti, i piccoli gesti e le poche parole, le storie minimaliste, i personaggi semplici. Ama, moltissimo, anche i cani.
Il protagonista del film (nella vita, addetto a una stazione di servizio vicina all'ufficio del regista) ha lavorato come parcheggiatore nella Patagonia deserta prima di venire licenziato "per ristrutturazione" insieme con gli altri e di diventare un disoccupato senza risorse. Una vedova per la quale ha fatto un piccolo lavoro lo paga con il bellissimo cane. Tutti ammirano l'animale, e questo gratifica l'uomo da troppo tempo soffocato dall'avvilimento; pure il fatto di essere padrone di qualcuno lo consola e inorgoglisce. Grazie al cane riesce a trovare un impiego precario, poi ad associarsi a un conoscente che prepara i cani per le esibizioni, poi a conoscere una cantante araba che gli piace, a vincere un premio per Bombón, a subire una delusione.
Insieme con il grosso muso bianco dei cane, la faccia del protagonista Juan Villegas, cosě stanca e ironica, domina il film rendendolo affettuoso, divertente, e insieme rispecchia tutto la miseria e degradazione del paese. Il regista Carlos Sorin dice che la sua fiducia nei non attori non nasce affatto dalla memoria dei cinema neorealista né dalla ammirazione dei grandi documentari. Nasce invece dalla sua esperienza di regista pubblicitario: nei ritratti, dice, la pubblicitŕ č eloquente quanto Velázquez.
Da L'Espresso, 29 giugno 2006


di Lietta Tornabuoni, 29 giugno 2006