Suicide Club |
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Un film di Sion Sono.
Con Ryo Ishibashi, Masatoshi Nagase, Mai Hosho, Tamao Satô, Takashi Nomura.
continua»
Titolo originale Jisatsu saakuru.
Horror,
durata 99 min.
- Giappone 2001.
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Chi ben comincia non sempre e' a meta' dell'operadi andrejFeedback: 4625 | altri commenti e recensioni di andrej |
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domenica 2 aprile 2017 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Un thriller-horror che inizia benissimo, prosegue discretamente ma che poi non mantiene le proprie promesse, franando in modo evidente nell'ultima mezz'ora: cosi' definirei questo film. Il problema e' che a un certo punto il regista sembra perdere il controllo della pellicola, accumulando troppe stranezze, lasciando inevase troppe domande, non provando neppure a dare una qualsivoglia spiegazione (anche irrazionale e fantastica, ma almeno uno straccio di spiegazione) a troppe cose: i veri responsabili del dilagante fenomeno dei suicidi, il senso dei rotoli di pelle umana collezionati e recapitati agli inquirenti e, particolare piu’ bizzarro, assurdo e inverosimile di tutti, i bambini, anche di giovanissima eta’, che perseguitano con strane telefonate gli agenti di polizia che indagano sulla vicenda e che sproloquiano in gergo da psichiatri di cose, come la connessione con se stessi e con gli altri, che in realta’ non potrebbero mai pensare ne’ capire… Davvero troppa carne al fuoco nella mezz’ora conclusiva della pellicola e, quel che e’ peggio, carne mal cotta, mal servita e alquanto indigesta. E cosi' il film, dopo un’ottima partenza e una parte centrale interessante, perde la giusta direzione e pare un treno che deraglia dai binari e non arriva da nessuna parte, mentre lo spettatore rimane perplesso e frastornato, con la fastidiosa impressione di esser stato preso in giro e di aver perso il proprio tempo a cercar di risolvere un rebus senza risposta. Metaforico, sgradevole, oscuro ed irrisolto, non e' di sicuro un film per tutti. Restano comunque i meriti di una prima mezz’ora da antologia e del coraggio di aver affrontato in modo cosi’ audace e provocatorio il tabu’ del suicidio. Decisamente certi film giapponesi, anche se imperfetti, rivelano un’audacia intellettuale che il cinema occidentale, condizionato com’e’ da calcoli di bottega, conformismo cronico alle mode del momento, desiderio di compiacere tutti e di non scontentare nessuno, non si sogna neppure di avere.
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