Essere John Malkovich

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Un film di Spike Jonze. Con John Cusack, Cameron Diaz, Catherine Keener, John Malkovich, Orson Bean.
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Titolo originale Being John Malkovich. Commedia, durata 103 min. - Gran Bretagna, USA 1999. MYMONETRO Essere John Malkovich * * * 1/2 - valutazione media: 3,83 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Un tunnel che porta nel cervello di John Malkovich Valutazione 3 stelle su cinque

di Great Steven


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lunedì 12 gennaio 2015

ESSERE JOHN MALKOVICH (USA, 1999) diretto da SPIKE JONZE. Interpretato da JOHN CUSACK, CAMERON DIAZ, CATHERINE KEENER, JOHN MALKOVICH, ORSON BEAN, MARY KAY PLACE, CHARLIE SHEEN
Craig è un burattinaio di talento che si trova spesso senza un lavoro da svolgere, e nessun guadagno da accumulare. Il suo matrimonio con Lotte è ormai scaduto nella routine e nella noia. Improvvisamente, trova un posto di archivista in un’azienda al settimo piano e mezzo di un misterioso palazzo di Manhattan, con dei soffitti ad altezza di nano; il suo direttore è il signor Lester, un vecchio sessuomane spiritoso e dissacrante. Casualmente, Craig scopre un passaggio segreto che conduce nel cervello dell’attore John Horatio Malkovich, dove si rimane ogni volta per quindici minuti. Scoperto questo fantastico tunnel, ne fa parola con la moglie, che vuole subito provare anche lei quest’emozionante esperienza. Dopo averne parlato anche con l’avvenente e cinica collega Maxine, Craig riesce a mettere in piedi un affare vantaggiosissimo per la ditta, offrendo a molti clienti la possibilità di accedere alla testa di Malkovich. Ma ben presto sorgeranno problemi di portata non indifferente quando Lotte si innamorerà di Maxine e Craig, impossessatosi della mente di Malkovich per gestirla a suo piacimento allo scopo di diventare ricco come burattinaio di successo, non vorrà più uscire dal tunnel. A complicare ulteriormente la faccenda, ci saranno Lester e i suoi decrepiti amici, intenzionati ad entrare nel cervello del povero attore (martoriato da questa agghiacciante novità per lui sfibrante) per scampare alla morte. Debutto nella regia di S. Jonze (il cui vero nome è Adam Spiegel), ingegnoso regista di spot pubblicitari e video musicali, nonché genero di Francis Ford Coppola. La sceneggiatura è nata dalla mano del fantasioso e bizzarro Charlie Kaufman, il quale, oltre a dare spessore ad una celebre affermazione di Andy Warhol («In futuro ognuno potrà avere il suo quarto d’ora di notorietà»), crea un labirintico universo parallelo che sfida le convenzioni del fantasy più spudorato e dissacra i dettami della commedia, ribaltandoli e capovolgendo la funzione ideologica sui temi dell’io, del soddisfacimento sessuale, delle duplici identità e della ricerca della felicità. Kaufman crea un miscuglio di commedia fantastica, dramma apologetico e satira scatenata dove l’assurdo diventa più credibile dell’ordinario e nel quale le apparenze vengono immediatamente sradicate e distrutte per far posto a certezze che non si confermano mai tali, ma vengono di continuo contraddette e smentite. L’unica pecca è da riscontrare nel secondo tempo: dopo il primo, infatti, ricco di ironia e irresistibile buffoneria, il film s’ingorga nella ridondanza e accentua un certo autocompiacimento troppo fine a sé stesso che risulta a tratti irritante e imbarazzante. Le interpretazioni sono senza ombra di dubbio uno dei punti di forza salienti di questo apologo a diversi piani sui temi del narcisismo e della personalità: Cusack è un eccellente burattinaio che trova dopo tanta fatica il suo ruolo dopo aver preso possesso della mente di un attore rinomato e rispettato; la Diaz (quasi irriconoscibile, con i capelli ricci, lunghi e rossi) è una moglie vivace e allegra con un’identità sessuale trasgressiva che va contro la natura della sua femminilità; la Keener è una dark lady con tutte le carte in regola, scostante e manipolatrice, che riesce a comandare gli uomini secondo il suo appetito erotico e in base alle voglie da soddisfare; infine, anche Malkovich, intorno a cui ruota tutta la pellicola, appare meno scontato di quanto si può credere ad un primo acchito, e recita la parte dell’uomo crudelmente sfruttato dall’ideologia del successo con l’ottima professionalità di un attore esperto che fa sé stesso sbarazzandosi di tutti i veli, di ogni timidezza e ritrosia di sorta. Peccato che un film del genere risulti troppo sofisticato e intelligente per riscuotere un successo straordinario, e infatti il pubblico non l’ha premiato con un incasso stupefacente.

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