kimkiduk
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martedì 17 settembre 2013
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tra i loro migliori film
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Un film molto Coen e per me quasi autobiografico. Barton Fink sono loro? Critica spietata al mondo Hollywoodiano che compra, crea geni e distrugge. Un mondo che sceglie cosa deve fare chi viene messo a contratto per il bene del mercato e del business con contropartita il successo offerto a piene mani ma spesso effimero e distruggente. Barton prova a entrare in questo mondo (INFERNO) ma alla fine sceglie l'arte (QUADRO DI DONNA) perchè solo con quella ed aiutato dalla follia e dal diavolo (Charlie Meadows) ritroverà se stesso. Il diavolo prova a comprarlo regalando un pacchetto che nel momento della tranquillità nessuno di noi aprirebbe. Per me è questa la trama e nel mezzo troviamo Caronte (splendido ascensorista) e uno splendido Buscemi come portiere dell'inferno.
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Un film molto Coen e per me quasi autobiografico. Barton Fink sono loro? Critica spietata al mondo Hollywoodiano che compra, crea geni e distrugge. Un mondo che sceglie cosa deve fare chi viene messo a contratto per il bene del mercato e del business con contropartita il successo offerto a piene mani ma spesso effimero e distruggente. Barton prova a entrare in questo mondo (INFERNO) ma alla fine sceglie l'arte (QUADRO DI DONNA) perchè solo con quella ed aiutato dalla follia e dal diavolo (Charlie Meadows) ritroverà se stesso. Il diavolo prova a comprarlo regalando un pacchetto che nel momento della tranquillità nessuno di noi aprirebbe. Per me è questa la trama e nel mezzo troviamo Caronte (splendido ascensorista) e uno splendido Buscemi come portiere dell'inferno. Due o tre scene da cinema assoluto: la carta da parati intrisa di colla, sudore, sangue?. La zanzara, il dialogo con chi lo consiglia di provarci, il servilismo totale al soldo dello spietato Lipnick che arriva anche a baciare i piedi pur di ottenere quello che vuole e che vorrà. Il rito del bere nella stanza di albergo dove Meadows asciugherà igienicamente il bicchiere con fazzoletto sudato. Ma soprattutto l'omaggio a Mezzogiorno di Fuoco nel mezzo al corridoio tra le fiamme in un "Meraviglioso" duello tra il bene ed il male lasciando decidere poi a noi stessi chi è il bene e chi il male. Solo questa scena vale un 8 al film completata dal rientro nella stanza privata del diavolo tra le fiamme. Il finale bellissimo con la visione dell'arte, con la felicità di non aver ceduto al diavolo business senza vendersi al diavolo vero. Film dei Coen forse autobiografico sicuramente bellissimo.
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kondor17
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sabato 17 ottobre 2015
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profondo e sorprendente
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Il commediografo Barton Fink viene lanciato da un buffo mentore ebraico, che bacia i piedi per chiedere perdono, nel mondo del cinema. Siamo negli anni trenta e per passare da Broadway a Hollywood a Barton viene affidata la sceneggiatura di un film sulla lotta. Alloggiato in una stanza fatiscente alla periferlia di Los Angeles con Steve Buscemi ambiguo portiere, Barton non riesce a scrivere, sia per il rumore del vicinato che per la sua assoluta ignoranza in materia. Per fortuna lega con il vicino Charlie, assicuratore ed ex lottatore, che quando è a LA risiede sempre all'Earl Hotel. Charlie insegna qualcosa sul wrestling all'amico disperato che, in prossimità di una scadenza improbabile, chiede anche aiuto all'amica Audrey, compagna di un famoso scrittore ormai bruciato dall'alcol e logorato dai rimpianti.
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Il commediografo Barton Fink viene lanciato da un buffo mentore ebraico, che bacia i piedi per chiedere perdono, nel mondo del cinema. Siamo negli anni trenta e per passare da Broadway a Hollywood a Barton viene affidata la sceneggiatura di un film sulla lotta. Alloggiato in una stanza fatiscente alla periferlia di Los Angeles con Steve Buscemi ambiguo portiere, Barton non riesce a scrivere, sia per il rumore del vicinato che per la sua assoluta ignoranza in materia. Per fortuna lega con il vicino Charlie, assicuratore ed ex lottatore, che quando è a LA risiede sempre all'Earl Hotel. Charlie insegna qualcosa sul wrestling all'amico disperato che, in prossimità di una scadenza improbabile, chiede anche aiuto all'amica Audrey, compagna di un famoso scrittore ormai bruciato dall'alcol e logorato dai rimpianti. La cosa avrà sviluppi insospettabili.
Con Barton Fink i fratelli Coen raggiungono forse uno dei loro vertici assoluti, che nel finale pulp avranno sicuramente ispirato anche Tarantino. Il film è intriso di simbologie e scava profondo nell'animo introverso e presuntuoso di un giovane scrittore ebreo,personaggio che sicuramente ha un che di autobiografico. La scatola con cui Charlie si congeda affidandola all'amico rappresenta il contenuto misterioso di un segreto. È la scatola azzurra di Mulholand Drive o la trottola di Inception. È il mistero, è il collante per ogni lettore e ogni spettatore, quella cosa che ti fa voltare pagina o fermare il dvd per prendere un altro po di popcorn, altrimenti ti divori le unghie.Chissà quanti film o opere ancora ha ispirato, questo film! Grande l'idea il soggetto e l'interpretazione. Un must per chi ama il cinema.
Voto 8
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tarantinofan96
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domenica 21 giugno 2015
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barton fink
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Una critica del mondo di Hollywood raccontata attraverso l'inettitudine di un commediografo newyorkese che riceve l'incarico di sceneggiare per il cinema un film sul wrestling.
Barton Fink è il tipico personaggio coeniano, perdente fino al midollo che rappresenta perfettamente tutti i bravi artisti messi a confronto con il duro mondo di Hollywood, in cui si è assoggettati al volere dei produttori e non si è mai lasciati liberi di dare sfogo alla propria creatività.
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Una critica del mondo di Hollywood raccontata attraverso l'inettitudine di un commediografo newyorkese che riceve l'incarico di sceneggiare per il cinema un film sul wrestling.
Barton Fink è il tipico personaggio coeniano, perdente fino al midollo che rappresenta perfettamente tutti i bravi artisti messi a confronto con il duro mondo di Hollywood, in cui si è assoggettati al volere dei produttori e non si è mai lasciati liberi di dare sfogo alla propria creatività.
I Coen sono riusciti a raccontare e criticare questo sistema mantenendo uno stile leggero, ironico e grottesco tipico della loro filmografia, giocando su alcuni momenti assurdi e onirici e sull'illogicità dei personaggi sempre ben caratterizzati come al solito, dal protagonista principale fino alla comparsa.
Tra i migliori prodotti dei Coen, anche se, sinceramente, i due fratelli non hanno mai sbagliato un film e rimangono tra i miei autori preferiti.
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howlingfantod
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sabato 21 gennaio 2017
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micidiale
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Ricordando film come Fargo, A serious man, Non è un paese per vecchi, gli appassionati dei Coen potrebbero rimanere inizialmente spiazzati da questo Barton Fink. Che poi il suo personaggio (un bravissimo John Turturro) è in tutto e per tutto coeniano, stralunato, pensoso, dilaniato internamente. In questa fattispecie assume gli aspetti di un giovane commediografo di New York che dopo un inaspettato successo all’esordio viene cooptato dal fantasmagorico mondo di Hollywood. Il film ti entra dentro lentamente, almeno a me è successo così, ha dovuto macerare lentamente poi ti polverizza in tutta la sua essenzialità, nei dialoghi, nella vaga atmosfera noir da catastrofe incombente, nei ritmi cadenzati e nelle pause, ad un primo impatto incomprensibili ma infallibili e micidiali.
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Ricordando film come Fargo, A serious man, Non è un paese per vecchi, gli appassionati dei Coen potrebbero rimanere inizialmente spiazzati da questo Barton Fink. Che poi il suo personaggio (un bravissimo John Turturro) è in tutto e per tutto coeniano, stralunato, pensoso, dilaniato internamente. In questa fattispecie assume gli aspetti di un giovane commediografo di New York che dopo un inaspettato successo all’esordio viene cooptato dal fantasmagorico mondo di Hollywood. Il film ti entra dentro lentamente, almeno a me è successo così, ha dovuto macerare lentamente poi ti polverizza in tutta la sua essenzialità, nei dialoghi, nella vaga atmosfera noir da catastrofe incombente, nei ritmi cadenzati e nelle pause, ad un primo impatto incomprensibili ma infallibili e micidiali. C’è la solita tremenda ironia a tratti esilarante tramite la voce dei personaggi fin troppo esemplificativi di quello che i due fratelli vogliono dire sul funzionamento stesso del grande baraccone della macchina cinematografica hollywoodiana (il produttore che si trasforma in colonnello ed il suo lacchè), ci sono le ossessioni ed i rovelli dello scrittore in preda al blocco creativo ed infine c’è il più bello che accade e che uno che vede un film dei Coen si aspetta sempre: l’irrazionale, il perturbante, il surreale ed il finale del film è tutto questo.
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noia1
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venerdì 3 febbraio 2017
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uno degli apici dei fratelli cohen
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Uno stimato scrittore teatrale viene chiamato ad Hollywood per scrivere la sceneggiatura di un film sul wrestling, sarà un’esperienza devastante.
I Cohen sanno fare quello che fanno come pochi altri, i loro film sono unici ed il loro marchio d’autore è indistinguibile, questo forse è uno dei loro apici.
Una storia che pone davanti a tutto un dato di fatto più che una morale o un consiglio, il messaggio c’è ma è quanto più di demoralizzante possa esserci, più che per pessimismo forse, proprio perché è puro e semplice realismo. Lo svolgimento è un dramma da prendere con le pinze col povero protagonista sballottato di qua e di là in un ambiente che non è il suo.
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Uno stimato scrittore teatrale viene chiamato ad Hollywood per scrivere la sceneggiatura di un film sul wrestling, sarà un’esperienza devastante.
I Cohen sanno fare quello che fanno come pochi altri, i loro film sono unici ed il loro marchio d’autore è indistinguibile, questo forse è uno dei loro apici.
Una storia che pone davanti a tutto un dato di fatto più che una morale o un consiglio, il messaggio c’è ma è quanto più di demoralizzante possa esserci, più che per pessimismo forse, proprio perché è puro e semplice realismo. Lo svolgimento è un dramma da prendere con le pinze col povero protagonista sballottato di qua e di là in un ambiente che non è il suo.
Salta all’occhio la consapevolezza dei fratelli registi verso un cinema passato che ormai si è perso, non parlo solo delle inquadrature e del gusto ma proprio del tema trattato che fa rivivere un certo modo di fare le cose negli anni passati e che, sorprendentemente, non è poi così nostalgico o utopico, anzi.
L’approccio agli eventi è irresistibile con personaggi perfettamente caratterizzati e reali proprio perché assurdi, terrorizzanti a volte, in una messa in scena grottesca ed incredibile proprio perché posta in un contesto che più reale non si può. Ma non è solo la genialità ad essere così straordinaria, sì perché l’assurdo delle situazioni e l’imponenza dei personaggi sono tali proprio per il fatto d’aver le basi d’una sceneggiatura brillante e di un aspetto tecnico perfetto.
Infine c’è poi la scoperta del dramma del protagonista che si rivela in realtà non essere un dramma bensì la smania megalomane d’una persona che forse più che altro si compiace della propria distanza dall’ambiente proletario di cui ama narrare e che, a conti fatti, più che eroico si rivela squallido e senza speranza.
L’ammissione che la mania di far soldi di Hollywood niente ha in comune con l’arte, ad un certo punto l’immagine del quadro che tanto coinvolge Berry durante il suo tanto atroce dovere di scrittore si rivelerà nella realtà davanti ai suoi occhi come per una magica coincidenza, sintomo che l’ispirazione per definizione non può venire per dovere verso un contratto firmato.
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paride86
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mercoledì 11 febbraio 2009
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interessante ma con qualche riserva
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Barton Fink è uno svagato e supponente scrittore di commedie che, una colta conosciuto il successo in teatro approda ad Hollywood.
Ambientato negli anni '40, a ridosso della seconda guerra mondiale, "Burton Fink" conserva le atmosfere e i colori del precedente "Crocevia della Morte", questa volta utilizzati con considerevoli picchi visionari e simbolici che puntano il dito dritto contro il tritacarne hollywoodiano, metafora di un successo banale e fatiscente.
Alla fine, se ho ben interpretato la storia, Barton, ormai preda dei suoi fantasmi, rimarrà intrappolato nelle sue fantasie di scrittore bloccato (e sciroccato, aggiungerei io), tant'è che si va a collocare all'interno del quadro appeso nella sua stanza, insieme alla ragazza che lo aveva ispirato durante la stesura del racconto.
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Barton Fink è uno svagato e supponente scrittore di commedie che, una colta conosciuto il successo in teatro approda ad Hollywood.
Ambientato negli anni '40, a ridosso della seconda guerra mondiale, "Burton Fink" conserva le atmosfere e i colori del precedente "Crocevia della Morte", questa volta utilizzati con considerevoli picchi visionari e simbolici che puntano il dito dritto contro il tritacarne hollywoodiano, metafora di un successo banale e fatiscente.
Alla fine, se ho ben interpretato la storia, Barton, ormai preda dei suoi fantasmi, rimarrà intrappolato nelle sue fantasie di scrittore bloccato (e sciroccato, aggiungerei io), tant'è che si va a collocare all'interno del quadro appeso nella sua stanza, insieme alla ragazza che lo aveva ispirato durante la stesura del racconto.
Nonostante non si possano non apprezzare le metafore e l'originalità del film, devo dire che non mi ha entusiasmato più di tanto.
Soprattutto, non ho capito perché ambientare il film in quell'epoca e caratterizzare Barton come ebreo. Cosa c'entra col resto?
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