L'ultima tentazione di Cristo

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Un film di Martin Scorsese. Con Barbara Hershey, Harvey Keitel, Willem Dafoe, David Bowie, Verna Bloom.
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Titolo originale The Last Temptation of Christ. Religioso, durata 161 min. - USA 1988. - VM 14 - MYMONETRO L'ultima tentazione di Cristo * * * 1/2 - valutazione media: 3,58 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

La doppia natura secondo Scorsese Valutazione 4 stelle su cinque

di Fabal


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lunedì 19 dicembre 2016

Gesù è già adulto ma non ha ancora cominciato la sua predicazione né è del tutto consapevole del suo compito al mondo. Si limita a fabbricare croci per i Romani, convivendo con una misteriosa voce che riecheggia nel suo animo suggerendogli di essere il Figlio di Dio. Prova un sentimento verso la Maddalena, che mai però è riuscito ad amare come un uomo, tormentato dalla sua doppia natura. Egli vorrebbe vivere come gli altri, ma non ci riesce.
Dopo un breve soggiorno presso la tribù degli Esseni (che, per inciso, era l’unica delle quattro a contemplare l’immortalità dell’anima), dove parla con il loro capo già defunto, Gesù si convince di essere il Messia ed inizia la sua predicazione. Sceglie Giuda come primo apostolo, che inizialmente gli era ostile, ma in cui Gesù trova non tanto un allievo, ma un uomo forte in grado di dargli conforto e protezione. Il desiderio di recuperare la propria umanità, però, non lo abbandona mai, persino in punto di morte sulla croce.
 
Destinato a fare scalpore, il film di Scorsese uscì con un ritardo di ben cinque anni in seguito alle polemiche ricevute quando la critica venne conoscenza del progetto ispirato al già discusso romanzo L’Ultima tentazione, del greco Kazantakis. La produzione si vide così costretta ridurre il budget per la realizzazione del film che uscì nel 1988.
Stroncato dalla CEI e da parecchi intellettuali italiani, stupisce come in un paese già reduce dal ben più discutibile cinema pasoliniano, L’Ultima tentazione di Cristo sia stato accolto con i toni scandalistici di un film blasfemo. Cosa di moralmente offensivo effettivamente ci sia, è la domanda partorita da un giudizio intrinsecamente prevenuto: certo la figura del Cristo è artefatta, come spiega lo stesso titolo di testa in cui si specifica che la narrazione non si basa sui Vangeli ma sul conflitto tra carne e spirito. Quella che vediamo è un’interpretazione del Messia, vista da uno Scorsese evidentemente sensibile alla tematica della doppia natura, ma non per questo blasfema. L’umanizzazione eccessiva nell’interpretazione di Dafoe - discutibile fin che si vuole ma calzante con l’obiettivo della sceneggiatura - partorisce scene di inevitabile “forza”, come il rapporto sessuale con la Maddalena o un Gesù che segue la natura messianica in modo quasi allucinato, contraddittorio. Come se, invece di prendere consapevolezza dell’essere il Figlio di Dio, tutto fosse trattato come una costrizione, un estraniamento forzato che usurpa il libero arbitrio dell’essere umano Gesù. A tratti, è vero, sembra non l’incarnazione di Dio in terra ma un posseduto. Se questo sia blasfemo non spetta certamente alla critica cinematografica stabilirlo, ma ad altri.
Ma se l’opera di Scorsese non è un’opera di conversione, nemmeno è, al contrario, un film che furbescamente scandalizza per il gusto di costruire il suo fascino attorno alla censura. Né vorrebbe riproporre delle riletture cristiane a buon mercato giusto per mettersi contro al mondo cattolico e fare di Scorsese un profeta inascoltato. Anzi, la figura del Cristo ne esce potenziata come non mai proprio perché anch’Egli passa attraverso il perdono divino pur senza aver mai realmente peccato.
Lo spettatore che guarda L’Ultima Tentazione per il “piacere di essere scandalizzato”, come diceva Pasolini, rimarrà senz’altro deluso: perché se di controverso qualcosa ci può essere, di scandalistico non c’è proprio nulla. Né i baci di fratellanza sulla bocca, già raffigurati persino nella storia dell’arte e che nemmeno lontanamente suscitano riferimenti all’erotismo, né al rapporto sessuale con la Maddalena che rimane estremamente allusivo. Di eccessivo vi sono, forse, alcune esasperazioni simboliche: se il Satana che appare come serpente o come fuoco possono ancora essere “canoniche”, il Cristo che estrae il suo cuore dal petto brandendo la scure nell’altra mano è forse pacchiana, pur lasciando sempre il ragionevole dubbio che nel contenuto delle visioni vi sia lo zampino del demonio.
Ma simbologie crude, ugualmente forzate ed estranee ai Vangeli, le troviamo anche ne La passione di Cristo del 2004, film che ha spaccato la critica per il suo iperrealismo asettico, pur presentando infinite discrepanze tra la narrazione cinematografica e cronaca storica. Certo nel film di Gibson l’etica della sofferenza è più immediata, più accettabile: il patimento umano del Cristo è concreto, violentemente raccontato dalle immagini crude e non dalla psicologia intima di Gesù. Di cui però anche il Vangelo ci rivela l’angoscia nel celebre passo in cui, nell’orto di Getsemani poco prima della sua cattura, prega il Padre di allontanare il “calice” di dolore, grondando sudore come fosse sangue. Scena di cui Scorsese comprende l’importanza e che illustra con una notevole energia. Se dunque non fa scalpore la paura di Gesù, che pure è certo della protezione divina del Padre ma come uomo ha una naturale ripugnanza verso la morte e sofferenza, non capiamo perché quella medesima natura che porta anche il desiderio di unirsi a una donna e procreare possa far indignare. E questo non fa di Gesù un peccatore perché la “tentazione” ha sempre il carattere di una visione, di una possibilità intrinseca più che di una scelta deliberata di allontanamento dalla natura divina.
E nemmeno può fare scalpore il Battista dal sapore woodstockiano, dato che le riletture hippies della stessa figura di Gesù non erano nuove già allora. Stupisce come una strada già battuta dalla satira religiosa, e a tratti ridicolizzante come avvenne per i pur intelligenti film dei Monti Python, abbia riarmato l’indignazione per L’Ultima tentazione di Cristo. Che certamente non è un film ironico ma drammaticamente introspettivo, visionario e con una rivisitazione discutibile dei personaggi evangelici. Il Giuda di Harvey Keitel è il più importante degli apostoli: un uomo di limitati ma saldi principi, che quasi fa da padre alla parte umana di Gesù, e il cui tradimento è visto da Scorsese come un atto di fede attuato contro la sua stessa volontà.
Quello che si può e si deve dire sul film di Scorsese, non è un giudizio a priori sull’etica di mettere in scena una versione rivisitata della vita di Cristo. Semplicemente è l’interpretazione del regista, che non vuole né deve sostituire il Vangelo: non sopravvalutiamo così tanto il cinema. Diciamo invece che  L’ultima tentazione di Cristo è un ottimo film, con una bellissima interpretazione di Dafoe nei panni di un Gesù inedito, tormentato, contraddittorio, indeciso. Un ottimo film con qualche scena risparmiabile, simbologie non sempre azzeccate, ma un’atmosfera in fondo positiva e coinvolgente, che costringe lo spettatore ad una delle più piacevoli e importanti riflessioni che il cinema abbia mai stimolato.

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