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"La città gioca d'azzardo"(Sergio Martino, 1975)ha la logica tipica e la"morale" del fotoromanzo, con tanto di punizione dei"vilains"e anche, in quanto modo della"hùbris punita"del protagonista, che non è"cattivo", ma appunto un tracotante, una persona che esagera la propria capacità(di"baro"e giocatore a carte, a poker, quasi esclusivamente), con notazioni e dialoghi che talora fanno sorridere ma si inseriscono, appunto, nell'anzidetta logica... Da notare come la logica citata non sfugga mai a quanto ci si aspetterebbe conoscendola, come già detto, in parte: i cattivi finiscono male, finisce male(ma meno)il protagonista, con la"febbre delle carte"geneticamente trasmessa(oggi parleremmo di ludopatia, allora l'espressione era forse meno in uso o meno conosciuta, comunque), la regia di Sergio Martino, che certo non è uncle Alfred(Hitchcock, ò va sans dire...)è comunque adatta a questo B-movie non mal realizzato, "fotoromanzesco"senza che qui possiamo propriamente parlare di"poliziottesco", anche perché qui l'intervento della polizia è limitato al minimo, praticamente quasi inesistente.Sul fronte interpreti, Luc Merenda(che non è mai stato un grande attore)se la cava nel suo ruolo, Dayle Haddon era veramente bella, dunque adatta al ruolo, Enrico Maria Salerno e Corrado Pani(entrambi purtroppo non più tra noi), rispettivamente il padre-padrino e il figlio che con"golpe"lo elimina, sono due interpreti di razza, che si difendono in ogni occasione. El Gato
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