Quattro bastardi per un posto all'inferno

Incroci di cinema dal sottosuolo: leggo i titoli di testa e mi balzano agli occhi due nomi. Francisco Riguera è il vecchio allampanato che dà un passaggio a Caine sul suo camion. E’ il Francisco Riguera che dà corpo al ‘Don Chisciotte’ incompiuto di Wells. E’ una faccia che non si può dimenticare, una interpretazione (quella del cavaliere) pari –a mio modesto avviso- solo a quella di Ciccio Ingrassia nel quasi omonimo ‘Don Chisciotte e Sancho Panza’ di Gianni Grimaldi (con Franco Franchi naturalmente nel ruolo del fedele scudiero). Secondo nome: Barry Sullivan è il protagonista di ‘Terrore dallo spazio’ di Bava. Qui è il professor Mallare che fa coppia con una bionda (Anna-Silvia Pinal) resa dura dalla sete di denaro; dura a tal punto da fare per lui il lavoro sporco, non abbastanza per assistere con fastidio al cinismo della madre che accetta denaro per la morte del figlio come fosse una cambiale non riscossa. Sottosuolo-sottomarino: c’è sempre qualcosa di sommerso da portare alla luce, ma non troppo. L’Africa è il regno della luce; ombra scarsa. Perfino l’oscurità è resa vivida dal calore del giorno. Sudore ovunque: sembra di sentirne sulla pelle la sensazione sudicia, come se i personaggi allungassero la loro ombra sul divano, e da lì scrutare nel salotto alla ricerca di qualcosa di valore. Non c’è redenzione: mai! Perfino Caine sarebbe stato capace di fuggire con Anna; avrebbe lasciarto Cicca nella fogna di posto in cui l’ha trovato. Ma è capace nei confronti del bambino di slanci assurdi. Caine sembra procedere nella sua vita a strappi, a salti ogni volta più arditi, a dover superare quella linea immaginaria che è il limite estremo della nostra vita. Può uccidere in uno slancio, e con quello stesso slancio prestare un milione di dollari ad un amico. Una mia cara amica –Sophie- un giorno si chiese cosa Caine avrebbe fatto dopo... Avrebbe portato Cicca con sé? Gli avrebbe fatto da padre? Conveniamo che se vi fosse stato un po’ di pellicola in più, avremmo visto Caine portare Cicca in albergo, farlo dormire su di un letto vero, magari gli avrebbe comprato con gli ultimi soldi una scatola di Avana, di quelli costosi. Poi sarebbe stato preda di uno slancio ulteriore ma successivo (forse la notizia di un carico di armi da far passare al confine) tale da dimenticare quello precedente. Se ne sarebbe andato così come un giorno era venuto: al verde. Un socio in affari non può essere un padre. Torniamo a Francisco Riguera. E’ curioso questo accostamento (casuale?), questo incrocio pericoloso ma suggestivo. Don Chisciotte e Caine? Perché no? Entrambi sono uomini che hanno un ‘quid’ di umanità in eccesso, il primo nel desiderare la trasfigurazione della vita in sogno tanto da divenire ciò che non è (e riuscirci perfino); il secondo nello sfidare la vita, ogni volta in maniera più ardita, fino ad arrivare a ridosso della morte, per poi schivarla con un salto. Il primo morirà una volta riacquistato il senno, il secondo morirebbe se sottoposto ad una andatura calcolata da agente di commercio. Fuller pervade il suo film di colori sporchi, accecanti, di personaggi sporchi, di inquadrature ora geometriche, ora ‘sporche’ anch’esse (i movimenti della camera a spalla sembrano cercare di inseguire disperatamente i personaggi, come se questi rifugissero dal farsi vedere). Ma c’è troppa luce. Non mi importa quello che potrebbe dire un purista (Fuller pare abbia cercato di ritirare la firma dal film). E’ un film bellissimo! E tanto basta!