g. romagna
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sabato 29 gennaio 2011
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mouchette
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Mouchette è una povera ragazzina di quattordici anni senza amici, con un padre autoritario ed assente, una madre morente ed un fratellino piccolo da accudire. Una notte si ritrova nel bosco durante una tempesta, e viene accolta nella propria capanna da un cacciatore ubriaco che crede di aver ucciso un guardiacaccia durante una lite. I due si accordano su come montare una storia per scagionare l'uomo, che poi è preda di un attacco epilettico. Quando rinviene si rifiuta di far andare via Mouchette e la violenta senza pietà. Al ritorno a casa della ragazzina la madre muore, si scopre che il guardiacaccia non è affatto morto e nel giro di poche ore in paese si viene a sapere della nottata della ragazzina, immediatamente vittima delle dicerie e delle cattiverie altrui.
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Mouchette è una povera ragazzina di quattordici anni senza amici, con un padre autoritario ed assente, una madre morente ed un fratellino piccolo da accudire. Una notte si ritrova nel bosco durante una tempesta, e viene accolta nella propria capanna da un cacciatore ubriaco che crede di aver ucciso un guardiacaccia durante una lite. I due si accordano su come montare una storia per scagionare l'uomo, che poi è preda di un attacco epilettico. Quando rinviene si rifiuta di far andare via Mouchette e la violenta senza pietà. Al ritorno a casa della ragazzina la madre muore, si scopre che il guardiacaccia non è affatto morto e nel giro di poche ore in paese si viene a sapere della nottata della ragazzina, immediatamente vittima delle dicerie e delle cattiverie altrui. Non potendo più resistere al perbenismo ed alla desolazione che la circondano, Mouchette si uccide affogandosi. Un desolante affresco di una realtà senza speranza e redenzione, in cui sono sempre i buoni a soccombere miseramente. Come in Au Hasard Balthazar, anche qui il cammino tra le miserie si conclude con l'estremo sacrificio, in una dimensione ancora più straziante perchè pregna non solo di desolazione ma anche di quella umana cattiveria, figlia del perbenismo, di cui i personaggi che attorniavano il povero asinello e la sua padroncina non erano dotati, schiavi soltanto della loro sventura inscalfibile. "Se non sono gigli son pur sempre figli vittime di questo mondo" avrebbe di loro detto De Andrè. Nemmeno questo può invece dirsi delle voci che qui spingono la piccola Mouchette al suicidio. Crudo, scarno, sintetico e straziante come una pugnalata al cuore, è una delle più elevate espressioni cinematografiche del maestro Bresson.
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[+] au hasard mouchette
(di arnaco)
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luca scial�
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venerdì 18 gennaio 2013
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la breve vita drammatica di mouchette
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In paesino di campagna francese vive Mouchette, ragazzina dalla vita difficile. La madre è gravemente ammalata al letto e deve accudire il fratellino neonato. Il padre è alcolizzato e vive di espedienti commerciando illegalmente alcool, aiutato dall'altro figlio. A ciò si aggiunge l'astio dei suoi compaesani. Un amico di famiglia abusa anche di lei. Tutti questi fattori hanno reso Mouchette asociale, inaccostabile, scostante. Ma le hanno anche reso la vita insopportabile.
A un anno da Au hasard Balthazar, Bresson ci regala un altro gioiello, dalla drammaticità dura e pura, ispirato a un romanzo di Georges Bernanos. Il minimo comune denominatore è lo stesso: una fanciulla e la vita difficile che si trova ad affrontare.
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In paesino di campagna francese vive Mouchette, ragazzina dalla vita difficile. La madre è gravemente ammalata al letto e deve accudire il fratellino neonato. Il padre è alcolizzato e vive di espedienti commerciando illegalmente alcool, aiutato dall'altro figlio. A ciò si aggiunge l'astio dei suoi compaesani. Un amico di famiglia abusa anche di lei. Tutti questi fattori hanno reso Mouchette asociale, inaccostabile, scostante. Ma le hanno anche reso la vita insopportabile.
A un anno da Au hasard Balthazar, Bresson ci regala un altro gioiello, dalla drammaticità dura e pura, ispirato a un romanzo di Georges Bernanos. Il minimo comune denominatore è lo stesso: una fanciulla e la vita difficile che si trova ad affrontare. Sebbene, rispetto al precedente, questa volta il regista francese rincari la dose, rendendo più difficile la vita della protagonista. Se un anno prima l'agnello sacrificale di una società infame era stato un asino, adesso è la protagonista stessa.
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stefanocapasso
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venerdì 2 novembre 2018
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relazioni senza amore
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Mouchette è una ragazza adolescente che vive in un paesino di campagna in condizioni di estremo disagio. La madre, che ha appena partorito, è in gravi condizioni di salute, padre e fratello svolgono operazioni e la gestione della casa e del piccolo ricadono sulle spalle della giovane ragazza. Mouchette ha un rapporto conflittuale con tutto il mondo intorno, non è amata da nessuno e non ama nessuno, vive in continuo conflitto con chiunque le sta intorno, cosi finisce per essere oggetto dei desideri sessuali di un guardiacaccia, al quale si assoggetterà.
Un film duro di Robert Bresson sulla condizione umana e sociale di una comunità di uomini che in un inestricabile gioco delle parti finisce per eleggere a vittima e carnefice la giovane ragazza, che a modo suo lotta finché può.
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Mouchette è una ragazza adolescente che vive in un paesino di campagna in condizioni di estremo disagio. La madre, che ha appena partorito, è in gravi condizioni di salute, padre e fratello svolgono operazioni e la gestione della casa e del piccolo ricadono sulle spalle della giovane ragazza. Mouchette ha un rapporto conflittuale con tutto il mondo intorno, non è amata da nessuno e non ama nessuno, vive in continuo conflitto con chiunque le sta intorno, cosi finisce per essere oggetto dei desideri sessuali di un guardiacaccia, al quale si assoggetterà.
Un film duro di Robert Bresson sulla condizione umana e sociale di una comunità di uomini che in un inestricabile gioco delle parti finisce per eleggere a vittima e carnefice la giovane ragazza, che a modo suo lotta finché può. Un film che riflette sulla mancanza di amore che è una costante di tante relazioni interpersonali e, come in questo caso, anche familiari che porta come conseguenza estrema al suicidio. Regia impeccabile, dialoghi quasi del tutto assenti e nemmeno necessari, recitazione a tratti straniata che permette di accostarsi al film con la giusta distanza per apprezzare appieno tanto il contenuto intellettuale quanto la dimensione emotiva
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carloalberto
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martedì 22 dicembre 2020
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racconto potente ed icastico di un dramma umano
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E’ un film scarno, icastico, in cui i dialoghi sono ridotti all’osso, la scenografia è fatta di poche cose, il bancone di un bar, l’interno di una bottega o di una povera casa, i personaggi sono quasi sempre taciturni, la loro gestualità è minima, l’espressione dei loro visi è essenziale.
La rabbia, la gioia, i sentimenti sono un lusso per uomini e donne, inselvatichiti da una vita misera, che sembra facciano fatica anche ad indossare la maschera della quotidiana rassegnazione di esistere.
La cinepresa indugia sugli uomini inquadrandoli spesso dalla vita in giù, come se i corpi non avessero volti, come se fossero privi di anima, assimilati alle bestie.
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E’ un film scarno, icastico, in cui i dialoghi sono ridotti all’osso, la scenografia è fatta di poche cose, il bancone di un bar, l’interno di una bottega o di una povera casa, i personaggi sono quasi sempre taciturni, la loro gestualità è minima, l’espressione dei loro visi è essenziale.
La rabbia, la gioia, i sentimenti sono un lusso per uomini e donne, inselvatichiti da una vita misera, che sembra facciano fatica anche ad indossare la maschera della quotidiana rassegnazione di esistere.
La cinepresa indugia sugli uomini inquadrandoli spesso dalla vita in giù, come se i corpi non avessero volti, come se fossero privi di anima, assimilati alle bestie.
La ragazza, come il fagiano che di dibatte per liberarsi dal lacciuolo rudimentale e più si agita e più si impicca da solo, come la lepre che fugge a zig zag cercando invano scampo al fuoco incrociato dei fucili da caccia, ha il destino già segnato.
In primo piano la vita corale dei miserabili abitanti, ammutoliti dalla loro stessa condizione primordiale, di un piccolo paese in una campagna arida che non offre lavoro a tutti, dove le case sono poco più che stamberghe, in qualche caso anche meno accoglienti del capanno di fortuna del cacciatore di frodo.
Mouchette è lì, piovuta da un altro mondo, angelo ribelle castigato da Dio e dagli uomini, quando canta, anche se stona, incanta con un fil di voce celestiale, per letto ha una stuoia, un giaciglio per animali, ai piedi calza duri zoccoli di legno e per veste indossa uno straccio, contrabbandieri di alcol il padre violento ed il fratello maggiore, assiste la madre, immobilizzata nel letto da un male senza nome, ed il fratellino, ancora un neonato, che piange ininterrottamente come se sapesse già cosa lo attende.
Bresson, come i maestri del neorealismo, prende gli attori dalla strada, essi non recitano, sono probabilmente soltanto sé stessi. Sullo sfondo, una storia d’amore appena accennata tra il bracconiere e la giovane barista, con il terzo incomodo, il guardiacaccia anziano, lo spasimante geloso, che, aizzato da un anonimo avventore del bar, giura di fargliela pagare al contendente più giovane. Tutto accade nel giorno di festa, quando le giostre sembrano dar tregua alla dura fatica di vivere. Ma la pausa è soltanto per gli uomini, che come galletti in abito buono si provocano a vicenda. E’ un mondo arcaico, violento e patriarcale, dove gli uomini sono poveri cristi, i vinti di Malavoglia, che sfogano le loro frustrazioni sulle donne, sembrando tutti in tacita combutta. Infatti, al di là della farsa dei ruoli, i poliziotti chiudono un occhio sul malaffare dei contrabbandieri, il guardacaccia e il bracconiere si minacciano di morte per poi finire ad ubriacarsi insieme.
Nella lunga sequenza delle macchine dell’autoscontro, tutto quello che resta di bello della breve vita di Mouchette, l’incontro casuale con un ragazzo, l’unico personaggio dal volto aperto e sorridente in tutta la pellicola, quasi il sogno ad occhi aperti di una vita diversa, forse soltanto un’illusione, comunque subito interrotto dagli schiaffi del padre che la riportano alla realtà.
La creatura ha già compreso, l’ignoranza non è un ostacolo all’intuizione, non c’è via di uscita, il mondo è una prigione e l’aspettativa è soltanto il dolore, la passione di un Cristo in croce, come quella di sua madre sofferente nel letto di morte, la madre in cui forse rivede se stessa in un futuro che le si annuncia imminente, già predata della sua innocenza. Spoiler…
Potente la sequenza finale, che rivela la drammaticità della situazione soltanto dopo i primi due tentativi di suicidio, che all’inizio, ambiguamente, possono sembrare il gioco innocente di una ragazzina che si lascia rotolare giù da una piccola china verso il laghetto con indosso il vestito nuovo, un sottile velo di principessa che l’avvolge per l’ultima volta, forse sognante la vita che non le è stata concessa.
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